Relazione che genera ansia e non comprendo perchè
Ho lasciato da più di un anno il mio ex dopo aver iniziato una relazione con un altro uomo.
L'ho lasciato per rispetto verso di lui, ma anche per le fortissime pressioni ricevute dall'altro, che nel frattempo ha lasciato - senza che io glielo avessi mai chiesto - moglie e due figli (e non manca di ricordarmelo nei momenti di tensione).
Il mio ex però mi aspetta ancora e soffre molto.
La nostra relazione durava da 10 anni: era obiettivamente in un momento di "stanca", ma non abbiamo mai affrontato una vera e propria "crisi". Semplicemente io ho "perso la testa" per questa persona, caratterialmente l'opposto di lui.
Il mio ex mi garantiva libertà, indipendenza e possibilità di esprimermi creativamente. Avevamo però poca conversazione, anche a causa dell'ambito lavorativo molto diverso. Lui è il tipo "vivi e lascia vivere" e probabilmente a me andava bene.
Col compagno attuale abbiamo invece una bella conversazione, molti interessi ci accomunano, ma lui è molto possessivo e talvolta mi fa sentire quasi soffocata di attenzioni (mi vergogno quasi a dirlo) e non gradisce troppo il mio essere molto estroversa e sociale (cosa che ho limitato per due anni ma ora non riesco più a reprimere)
Io ora sto quindi continuando la relazione con lui, ma frequentarlo mi genera ansia e senso di colpa. Non faccio che chiedermi come sta il mio ex e spesso penso di lasciarlo per alleviare la pressione, da quanto mi fa stare male. Ansia, angoscia, oppressione al petto, mancanza d'aria...queste le sensazioni che mi accompagnano quotidianamente.
Quando sto col mio attuale compagno non posso negare di starci bene, ma appena mi allontano mi sale l'ansia alla sola idea di doverlo rivedere. E' una situazione obiettivamente piuttosto folle....
Non riesco a comprendere a cosa sia dovuto questo stato d'animo: se ad un eccesso di empatia per l'ex, se al senso di colpa verso di lui, o se a qualcosa che non va nella nuova relazione, perché mi sembra assurdo arrivare ad essere tentati di chiudere una storia per non sentire l'angoscia.
Grazie per le risposte.
L'ho lasciato per rispetto verso di lui, ma anche per le fortissime pressioni ricevute dall'altro, che nel frattempo ha lasciato - senza che io glielo avessi mai chiesto - moglie e due figli (e non manca di ricordarmelo nei momenti di tensione).
Il mio ex però mi aspetta ancora e soffre molto.
La nostra relazione durava da 10 anni: era obiettivamente in un momento di "stanca", ma non abbiamo mai affrontato una vera e propria "crisi". Semplicemente io ho "perso la testa" per questa persona, caratterialmente l'opposto di lui.
Il mio ex mi garantiva libertà, indipendenza e possibilità di esprimermi creativamente. Avevamo però poca conversazione, anche a causa dell'ambito lavorativo molto diverso. Lui è il tipo "vivi e lascia vivere" e probabilmente a me andava bene.
Col compagno attuale abbiamo invece una bella conversazione, molti interessi ci accomunano, ma lui è molto possessivo e talvolta mi fa sentire quasi soffocata di attenzioni (mi vergogno quasi a dirlo) e non gradisce troppo il mio essere molto estroversa e sociale (cosa che ho limitato per due anni ma ora non riesco più a reprimere)
Io ora sto quindi continuando la relazione con lui, ma frequentarlo mi genera ansia e senso di colpa. Non faccio che chiedermi come sta il mio ex e spesso penso di lasciarlo per alleviare la pressione, da quanto mi fa stare male. Ansia, angoscia, oppressione al petto, mancanza d'aria...queste le sensazioni che mi accompagnano quotidianamente.
Quando sto col mio attuale compagno non posso negare di starci bene, ma appena mi allontano mi sale l'ansia alla sola idea di doverlo rivedere. E' una situazione obiettivamente piuttosto folle....
Non riesco a comprendere a cosa sia dovuto questo stato d'animo: se ad un eccesso di empatia per l'ex, se al senso di colpa verso di lui, o se a qualcosa che non va nella nuova relazione, perché mi sembra assurdo arrivare ad essere tentati di chiudere una storia per non sentire l'angoscia.
Grazie per le risposte.
[#1]
Gentile signora,
ho letto il precedente consulto che di recente ha postato su questo sito. Lei ha cambiato diverse volte terapeuta e tipo di terapia, ma vorrei chiederLe prima di tutto quali fossero gli obiettivi terapeutici fissati.
Infatti, lavorare su tanti aspetti in una terapia non ha molto senso, perchè non si arriva mai ad un punto.
Adesso il problema è l'ansia? Ha mai pensato di imparare a gestire questa? E se l'attribuzione che fa delle ragioni dell'ansia non fosse neppure nella relazione chiusa ma in altro?
Inoltre, nelle terapie brevi non è neppure così fondamentale intercettare le motivazioni dello stato ansioso, che a volte non ci sono neppure. E' importante che il paziente impari a vivere bene sapendo come si fa a gestire in modo funzionale l'ansia e ad eliminare l'ansia patologica.
Cordiali saluti,
ho letto il precedente consulto che di recente ha postato su questo sito. Lei ha cambiato diverse volte terapeuta e tipo di terapia, ma vorrei chiederLe prima di tutto quali fossero gli obiettivi terapeutici fissati.
Infatti, lavorare su tanti aspetti in una terapia non ha molto senso, perchè non si arriva mai ad un punto.
Adesso il problema è l'ansia? Ha mai pensato di imparare a gestire questa? E se l'attribuzione che fa delle ragioni dell'ansia non fosse neppure nella relazione chiusa ma in altro?
Inoltre, nelle terapie brevi non è neppure così fondamentale intercettare le motivazioni dello stato ansioso, che a volte non ci sono neppure. E' importante che il paziente impari a vivere bene sapendo come si fa a gestire in modo funzionale l'ansia e ad eliminare l'ansia patologica.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1k visite dal 10/06/2019.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.