Una storia importante: 17 anni d'amore
Gentili dottori,
quella che state per leggere è la storia di un grande amore, comunque andranno le cose da questo momento in poi.
E' la mia storia con R., che, tra gioie e dolori è andata avanti per 17 anni, sebbene non con continuità.
Io: pseudo-ribelle, aggressiva, maniaca del controllo e incredibilmente generosa.
Lui: garbato, gentile, onesto ed eterno Peter Pan.
R. vive con un obiettivo primario: difendere la propria libertà (di azione, pensiero, ...) ad ogni costo. Quindi, per quanto riguarda i rapporti di coppia, sono bandite esponenti del sesso femminile che osino chiedere famiglia, casa, matrimonio prima dei 40/50 anni. Io gli sono stata accanto, a volte felice e altre sofferente. Ogni passo fatto insieme è stata una conquista, per lui e per me. La convivenza, poi, è stata una magia, fino a quando ho capito che stavo camminando da sola: ho voluto più di una casa da dividere, ho voluto un progetto di vita insieme. Ma non avevo fatto i conti con "l'obiettivo primario": per R. convivere è già un progetto di vita insieme. Per tutto il resto c'è tempo, c'è modo, ... si vedrà.
Oggi ho quasi 39 anni (tra pochi giorni) e ricordo che circa 2 anni fa rimasi abbastanza allibita, poiché spontaneamente aveva iniziato a parlarmi di matrimonio, di un figlio. Mi sono sentita inadeguata: lui, l'immaturo della coppia, faceva progetti di vita; io, invece, ad un figlio nemmeno volevo pensare (l'ho sempre immaginato con la testa di mio fratello, un paranoico borderline che ha quasi distrutto la famiglia). Da allora ho iniziato a farmi prendere per mano (per una volta era lui a guidare me) e ho imparato a guardare alla possibilità di un bimbo tutto nostro con occhi diversi. Dentro di me, però, sapevo che qualcosa non tornava ed infatti R. ha fatto un passo indietro: niente bimbo. Subito dopo l'ho visto riacquistare quella che sembrava una serenità perduta. Da allora ha iniziato un'opera di denigrazione nei miei confronti e ricostruzione della realtà senza confini: io gli ho fatto passare 1 anno di inferno (la lunghezza del periodo aumenta ogni volta che ne parliamo: all'inizio erano 4 mesi), lui è stato messo da parte, lui è stato dato per scontato, io devo dimostrargli di essere la versione bella di me (quella degli ultimi anni), io devo cambiare, io devo dimostrare. Inutile dire che "dimostrare" non mi sta riuscendo affatto bene. Anzi, a suo dire, tutti i miei tentativi di salvare questo rapporto non fanno che dimostrare come la versione peggiore di me sia l'unica che esiste. Quando gli chiedo se sente la mia mancanza, risponde "sento la mancanza della versione bella". Io, dunque, sono due versioni di me stessa: valgo se prevale quella bella, non valgo se a prevalere è la brutta. Non so quale sia la mia versione, so che lo amo.. da sempre e che il tradimento che lui sospetta non c'è mai stato. So pure che ho sbagliato tanto. Vorrei ci fosse un modo ora per fare la cosa giusta, visto che lui con me non è felice. E non lo è. Davvero. Io? Io sono devastata.
quella che state per leggere è la storia di un grande amore, comunque andranno le cose da questo momento in poi.
E' la mia storia con R., che, tra gioie e dolori è andata avanti per 17 anni, sebbene non con continuità.
Io: pseudo-ribelle, aggressiva, maniaca del controllo e incredibilmente generosa.
Lui: garbato, gentile, onesto ed eterno Peter Pan.
R. vive con un obiettivo primario: difendere la propria libertà (di azione, pensiero, ...) ad ogni costo. Quindi, per quanto riguarda i rapporti di coppia, sono bandite esponenti del sesso femminile che osino chiedere famiglia, casa, matrimonio prima dei 40/50 anni. Io gli sono stata accanto, a volte felice e altre sofferente. Ogni passo fatto insieme è stata una conquista, per lui e per me. La convivenza, poi, è stata una magia, fino a quando ho capito che stavo camminando da sola: ho voluto più di una casa da dividere, ho voluto un progetto di vita insieme. Ma non avevo fatto i conti con "l'obiettivo primario": per R. convivere è già un progetto di vita insieme. Per tutto il resto c'è tempo, c'è modo, ... si vedrà.
Oggi ho quasi 39 anni (tra pochi giorni) e ricordo che circa 2 anni fa rimasi abbastanza allibita, poiché spontaneamente aveva iniziato a parlarmi di matrimonio, di un figlio. Mi sono sentita inadeguata: lui, l'immaturo della coppia, faceva progetti di vita; io, invece, ad un figlio nemmeno volevo pensare (l'ho sempre immaginato con la testa di mio fratello, un paranoico borderline che ha quasi distrutto la famiglia). Da allora ho iniziato a farmi prendere per mano (per una volta era lui a guidare me) e ho imparato a guardare alla possibilità di un bimbo tutto nostro con occhi diversi. Dentro di me, però, sapevo che qualcosa non tornava ed infatti R. ha fatto un passo indietro: niente bimbo. Subito dopo l'ho visto riacquistare quella che sembrava una serenità perduta. Da allora ha iniziato un'opera di denigrazione nei miei confronti e ricostruzione della realtà senza confini: io gli ho fatto passare 1 anno di inferno (la lunghezza del periodo aumenta ogni volta che ne parliamo: all'inizio erano 4 mesi), lui è stato messo da parte, lui è stato dato per scontato, io devo dimostrargli di essere la versione bella di me (quella degli ultimi anni), io devo cambiare, io devo dimostrare. Inutile dire che "dimostrare" non mi sta riuscendo affatto bene. Anzi, a suo dire, tutti i miei tentativi di salvare questo rapporto non fanno che dimostrare come la versione peggiore di me sia l'unica che esiste. Quando gli chiedo se sente la mia mancanza, risponde "sento la mancanza della versione bella". Io, dunque, sono due versioni di me stessa: valgo se prevale quella bella, non valgo se a prevalere è la brutta. Non so quale sia la mia versione, so che lo amo.. da sempre e che il tradimento che lui sospetta non c'è mai stato. So pure che ho sbagliato tanto. Vorrei ci fosse un modo ora per fare la cosa giusta, visto che lui con me non è felice. E non lo è. Davvero. Io? Io sono devastata.
[#1]
Gentile signora,
piuttosto inquietante questa affermazione: "Io, dunque, sono due versioni di me stessa: valgo se prevale quella bella, non valgo se a prevalere è la brutta. "
A dire il vero, mi sembra molto comodo ma altrettanto limitativo e infantile amare la versione bella di una persona. Soprattutto se penso che Lei sia in ottima compagnia: credo che tutti abbiamo diverse versioni, non solo la bella e la brutta, ma il vero problema è se Lei si convince che può essere amata solo in versione bella. Che cosa significherebbe poi, questa versione?
Nonostante gli errori commessi, Lei si vede così?
Che cosa significa per Lei fare la cosa giusta?
piuttosto inquietante questa affermazione: "Io, dunque, sono due versioni di me stessa: valgo se prevale quella bella, non valgo se a prevalere è la brutta. "
A dire il vero, mi sembra molto comodo ma altrettanto limitativo e infantile amare la versione bella di una persona. Soprattutto se penso che Lei sia in ottima compagnia: credo che tutti abbiamo diverse versioni, non solo la bella e la brutta, ma il vero problema è se Lei si convince che può essere amata solo in versione bella. Che cosa significherebbe poi, questa versione?
Nonostante gli errori commessi, Lei si vede così?
Che cosa significa per Lei fare la cosa giusta?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Assolutamente corretta la sua esternazione: ognuno è innumerevoli versioni di se stesso. Non so nemmeno dire quale sia la versione di me di una settimana fa, di un anno fa, o di un'ora fa. Lo stesso dovrebbe valere per lui, che, invece, pare sentirsi ingannato: fino ad un certo punto sono stata la versione "A" (premurosa, attenta, curata, ..), poi all'improvviso la versione "B" (sgarbata, poco o per nulla attenta, con la tendenza a riservargli l'ultimo posto nella mia scala delle priorità). Credo che, in parte, abbia ragione: da più di 2 anni lavoro dal lunedì alla domenica (durante la settimana sono un manager, mentre nel fine settimana aiuto i miei genitori nella caffetteria di famiglia, a causa di importanti emergenze familiari). Questo potrebbe spiegare (e non giustificare) la mia assenza. Il fatto di "aver mollato" dopo la sua marcia indietro sul figlio (inteso come progetto di vita insieme e naturale evoluzione di un rapporto, se da entrambi così è sentito e vissuto) potrebbe spiegare (e magari, forse, giustificare) la mia rabbia, che ha finito per tradursi in insofferenza nei confronti del suo "io bambino", sempre così dannatamente presente; di rancore per il suo apparente disinteresse verso il mio dolore; di errori verso lui e il nostro rapporto. Perchè di errori, va detto, ne ho fatti tanti. L'amore non è venuto meno mai, però. L'ho incontrato bambino, quest'uomo che ancora mi meraviglia, e ho provato a prenderlo per mano, sperando di crescere insieme. Ad un certo punto, mi sono accorta di camminare da sola. La scelta giusta è lasciarlo andare, immagino.
[#3]
Gentile signora,
prima di pensare a decisioni drastiche, come lasciarlo, si può vedere attraverso un percorso di coppia di capire che cosa sta succedendo nella coppia e come proseguire.
Uno psicologo psicoterapeuta può aiutarvi anche nella comunicazione, perchè spesso le coppie faticano a comunicare in una maniera efficace.
Sareste propensi ad una terapia di coppia insieme?
Cordiali saluti,
prima di pensare a decisioni drastiche, come lasciarlo, si può vedere attraverso un percorso di coppia di capire che cosa sta succedendo nella coppia e come proseguire.
Uno psicologo psicoterapeuta può aiutarvi anche nella comunicazione, perchè spesso le coppie faticano a comunicare in una maniera efficace.
Sareste propensi ad una terapia di coppia insieme?
Cordiali saluti,
[#4]
Utente
Da circa due anni seguo una terapia con una psicologa molto competente e che, soprattutto, gode della mia piena fiducia e con la quale ho avuto modo di capire che, benchè ancora in grado di meravigliarmi, poteva esserci il rischio che stessi vivendo un "amore briciola" (per dirlo alla Telfner). Lui trova difficoltoso intraprendere una terapia che lo coinvolga singolarmente, ancor di più in coppia.
Sono andata via di casa ormai da 7 mesi, a causa delle sue insofferenze a determinati miei atteggiamenti, che, a suo dire, sono riconducibili alla famosa "versione B" di me stessa. A questo va aggiunta, ed è stata determinante, la convinzione che io lo abbia tradito. Ritiene altresì che io abbia "deciso" di mettere in atto atteggiamenti che gli hanno creato sofferenza (metterlo in secondo piano rispetto a tutto il resto, trattarlo male,...). Diversamente, lui ha sbagliato (trascurandomi, in realtà, più spesso di quanto sia disposto ad ammettere; facendo marcia indietro sul bambino; ...) senza volerlo. Questo approccio è suo da sempre: "se non lo faccio di proposito, non ho colpe. E non lo faccio mai di proposito". Non voglio dire che faccia fatica a prendersi delle responsabilità, quanto ad accettarne fino in fondo le conseguenze. Mi contesta grandi cose, come l'averlo messo da parte per mesi (più se ne parla, più diventano "anni"), e piccole cose, come non amare fino in fondo il suo lato bambino, visto che, ad esempio, non mi piace vedere i suoi robot dappertutto. A volte mi chiedo: davvero siamo arrivati a discutere di questo? Del fatto che non mi sono curata come avrei dovuto, del numero dei robot e di dove sono collocati, ecc? Il tempo (solo) delle (mie) colpe dovrebbe finire. Per ricominciare, consapevoli e desiderosi. Invece...
Sono andata via di casa ormai da 7 mesi, a causa delle sue insofferenze a determinati miei atteggiamenti, che, a suo dire, sono riconducibili alla famosa "versione B" di me stessa. A questo va aggiunta, ed è stata determinante, la convinzione che io lo abbia tradito. Ritiene altresì che io abbia "deciso" di mettere in atto atteggiamenti che gli hanno creato sofferenza (metterlo in secondo piano rispetto a tutto il resto, trattarlo male,...). Diversamente, lui ha sbagliato (trascurandomi, in realtà, più spesso di quanto sia disposto ad ammettere; facendo marcia indietro sul bambino; ...) senza volerlo. Questo approccio è suo da sempre: "se non lo faccio di proposito, non ho colpe. E non lo faccio mai di proposito". Non voglio dire che faccia fatica a prendersi delle responsabilità, quanto ad accettarne fino in fondo le conseguenze. Mi contesta grandi cose, come l'averlo messo da parte per mesi (più se ne parla, più diventano "anni"), e piccole cose, come non amare fino in fondo il suo lato bambino, visto che, ad esempio, non mi piace vedere i suoi robot dappertutto. A volte mi chiedo: davvero siamo arrivati a discutere di questo? Del fatto che non mi sono curata come avrei dovuto, del numero dei robot e di dove sono collocati, ecc? Il tempo (solo) delle (mie) colpe dovrebbe finire. Per ricominciare, consapevoli e desiderosi. Invece...
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.4k visite dal 31/05/2019.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.