Psicoterapia psicoanalitica o sistemica?
Gentili Dottori,
Alcuni di Voi hanno già replicato ad altri miei consulti, avevo provato a pubblicarne uno spiegando cosa mi è successo nel primo e ultimo colloquio con un terapeuta, ma nessuno mi ha degnato di risposta ed è stato pure eliminato.
Comunque sia, aldilà di questo, sono qui per chiedere umilmente un Vostro parere professionale. Provo a spiegare il tutto sinteticamente e chiaramente:
A seguito di una rottura (convivenza), adesso son passati 2 anni e vivo situazioni di stress acuto a lavoro, rimuginio e pensieri negativi, credo di non aver lasciato andare questa persona. E come, naturalmente, consigliate VOI, ho deciso di affidarmi ad un professionista.
Premetto che 3 anni fa, prima che accadesse ciò, facevo psicoterapia psicoanalitica, e mi trovavo bene con la collega, solo che non ho mai capito se ci fossero dei progressi. Io Le parlavo a ruota libera, Lei molto professionale mi ascoltava con empatia, e come previsto nel suo approccio, non mi chiedeva molte cose, quindi era una sorta di sfogo libero, svuotare tutto.
Ho provato a valutare un altro tipo di terapia, sistemica-relazionale, e sabato scorso feci il 1 colloquio. Mi trovai spiazzato, poiché questa collega mi fa molte domande e sembra che parli più lei che io, ma è normale, per conoscermi. Ho molta confusione in merito, perché mi sento un po' a disagio con quella nuova, come se fossi bloccato, anche se effettivamente ho solo avuto 1 incontro...ma il mio cuore mi porta dalla mia psicoanalista.. ho l'esigenza di sfogarmi con Lei, non ho mai pianto davanti a nessuno se non Lei, credo si sia creata un'empatia forte.
Allo stesso tempo mi chiedo: per la mia problematica, elaborazione del lutto etc, forse la psicoanalisi non è del tutto adatta..voglio dire, okay, mi sfogo, ma poi che giovamento potrei trarne? che progressi si farebbero?
E' qui il mio dubbio. Continuare con la collega nuova, con approccio differente e forse più indicato alla mia problematica, oppure tornare dalla mia vecchia terapeuta, sentirmi libero di sfogarmi, ma senza sapere se farò dei progressi?
P.S Non voglio citare cosa mi è successo con un altro terapeuta, che ho visto 3 giorni fa, perché va oltre il limite e sto già provvedendo a fare un esposto.
Attendo Vostre,
Saluti gentili.
Alcuni di Voi hanno già replicato ad altri miei consulti, avevo provato a pubblicarne uno spiegando cosa mi è successo nel primo e ultimo colloquio con un terapeuta, ma nessuno mi ha degnato di risposta ed è stato pure eliminato.
Comunque sia, aldilà di questo, sono qui per chiedere umilmente un Vostro parere professionale. Provo a spiegare il tutto sinteticamente e chiaramente:
A seguito di una rottura (convivenza), adesso son passati 2 anni e vivo situazioni di stress acuto a lavoro, rimuginio e pensieri negativi, credo di non aver lasciato andare questa persona. E come, naturalmente, consigliate VOI, ho deciso di affidarmi ad un professionista.
Premetto che 3 anni fa, prima che accadesse ciò, facevo psicoterapia psicoanalitica, e mi trovavo bene con la collega, solo che non ho mai capito se ci fossero dei progressi. Io Le parlavo a ruota libera, Lei molto professionale mi ascoltava con empatia, e come previsto nel suo approccio, non mi chiedeva molte cose, quindi era una sorta di sfogo libero, svuotare tutto.
Ho provato a valutare un altro tipo di terapia, sistemica-relazionale, e sabato scorso feci il 1 colloquio. Mi trovai spiazzato, poiché questa collega mi fa molte domande e sembra che parli più lei che io, ma è normale, per conoscermi. Ho molta confusione in merito, perché mi sento un po' a disagio con quella nuova, come se fossi bloccato, anche se effettivamente ho solo avuto 1 incontro...ma il mio cuore mi porta dalla mia psicoanalista.. ho l'esigenza di sfogarmi con Lei, non ho mai pianto davanti a nessuno se non Lei, credo si sia creata un'empatia forte.
Allo stesso tempo mi chiedo: per la mia problematica, elaborazione del lutto etc, forse la psicoanalisi non è del tutto adatta..voglio dire, okay, mi sfogo, ma poi che giovamento potrei trarne? che progressi si farebbero?
E' qui il mio dubbio. Continuare con la collega nuova, con approccio differente e forse più indicato alla mia problematica, oppure tornare dalla mia vecchia terapeuta, sentirmi libero di sfogarmi, ma senza sapere se farò dei progressi?
P.S Non voglio citare cosa mi è successo con un altro terapeuta, che ho visto 3 giorni fa, perché va oltre il limite e sto già provvedendo a fare un esposto.
Attendo Vostre,
Saluti gentili.
[#1]
Gent.le Utente,
la relazione terapeutica che si instaura con lo psicologo dovrebbe essere basata sulla fiducia e sull'autenticità, qualsiasi dubbio o perplessità dovrebbe essere esplicitato dal cliente e discusso all'interno della seduta, arrivando ad una conclusione sulla direzione da prendere: proseguire il percorso o concluderlo.
Avendo già fatto un colloquio con un altro specialista senza aver chiarito la situazione con la psicanilista rischia solo di aumentare la confusione.
Non è accettabile che in tre anni non si sia avviato un processo di cambiamento ma questo è avvenuto in parte perché la sua insoddisfazione non è stata esplicitata e, sottolineo in parte, poichè sarebbe compito dello specialista verificare periodicamente il grado di soddisfazione del cliente.
la relazione terapeutica che si instaura con lo psicologo dovrebbe essere basata sulla fiducia e sull'autenticità, qualsiasi dubbio o perplessità dovrebbe essere esplicitato dal cliente e discusso all'interno della seduta, arrivando ad una conclusione sulla direzione da prendere: proseguire il percorso o concluderlo.
Avendo già fatto un colloquio con un altro specialista senza aver chiarito la situazione con la psicanilista rischia solo di aumentare la confusione.
Non è accettabile che in tre anni non si sia avviato un processo di cambiamento ma questo è avvenuto in parte perché la sua insoddisfazione non è stata esplicitata e, sottolineo in parte, poichè sarebbe compito dello specialista verificare periodicamente il grado di soddisfazione del cliente.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#2]
Utente
Gentile Dott.ssa Camplone,
Mi perdoni, credo di essermi spiegato male.
La psicoterapia analitica l'ho iniziata ad inizi 2016, quindi 3 anni fa, ma non è durata tutti e 3 gli anni.. bensì, 5 mesi circa, per poi sospendere (mi sono trasferito).
Dunque può immaginare che non è stato molto tempo, in questi 5 mesi l'avrò vista una ventina di volte circa.
Ripeto, Lei stava seduta di fronte a me, e comunicava con lo sguardo, nei suoi occhi vedevo cosa provava quando mi ascoltava.
Io all'epoca parlavo dei miei conflitti in famiglia, di mio padre, e tiravo fuori tutte quelle cose che non avevo mai fatto, ero un 18enne un po' troppo chiuso.
Dunque quando uscivo, alla fine del colloquio, sentivo che mi ero tolto un macigno dal petto, respiravo profondamente ed ero più consapevole di tutto.
Ma come ho già spiegato, può immaginare che, per una situazione diversa, mi sorgono delle domande.
Il problema adesso non è più la famiglia, o per meglio dire, il fulcro della mia sofferenza adesso è la dipendenza affettiva e tutto ciò che comporta la fine di una relazione. Mi chiedo se tornare da Lei e impostare nuovamente questo tipo di terapia, potrebbe servirmi..solo questo.
Cosa potrei fare?
Grazie,
Saluti.
Mi perdoni, credo di essermi spiegato male.
La psicoterapia analitica l'ho iniziata ad inizi 2016, quindi 3 anni fa, ma non è durata tutti e 3 gli anni.. bensì, 5 mesi circa, per poi sospendere (mi sono trasferito).
Dunque può immaginare che non è stato molto tempo, in questi 5 mesi l'avrò vista una ventina di volte circa.
Ripeto, Lei stava seduta di fronte a me, e comunicava con lo sguardo, nei suoi occhi vedevo cosa provava quando mi ascoltava.
Io all'epoca parlavo dei miei conflitti in famiglia, di mio padre, e tiravo fuori tutte quelle cose che non avevo mai fatto, ero un 18enne un po' troppo chiuso.
Dunque quando uscivo, alla fine del colloquio, sentivo che mi ero tolto un macigno dal petto, respiravo profondamente ed ero più consapevole di tutto.
Ma come ho già spiegato, può immaginare che, per una situazione diversa, mi sorgono delle domande.
Il problema adesso non è più la famiglia, o per meglio dire, il fulcro della mia sofferenza adesso è la dipendenza affettiva e tutto ciò che comporta la fine di una relazione. Mi chiedo se tornare da Lei e impostare nuovamente questo tipo di terapia, potrebbe servirmi..solo questo.
Cosa potrei fare?
Grazie,
Saluti.
[#3]
Quella che descrive non sembra essere una psicoterapia ma solo dei colloqui di sostegno psicologico, l'ascolto è fondamentale ma non è sufficiente.
La scelta non deve essere in funzione dell'orientamento dello specialista, la ricerca sui fattori di efficacia in psicoterapia ha dimostrato che il fattore discriminante riguarda la qualità della relazione terapeutica, quindi soltanto lei puù valutare con quale specialista si sente accettato, compreso empaticamente e non giudicato, poichè queste sono le condizioni necessarie e sufficienti per avviare un processo di cambiamento e di crescita personale.
La scelta non deve essere in funzione dell'orientamento dello specialista, la ricerca sui fattori di efficacia in psicoterapia ha dimostrato che il fattore discriminante riguarda la qualità della relazione terapeutica, quindi soltanto lei puù valutare con quale specialista si sente accettato, compreso empaticamente e non giudicato, poichè queste sono le condizioni necessarie e sufficienti per avviare un processo di cambiamento e di crescita personale.
[#4]
Utente
Gentile Dott.ssa Camplone,
La ringrazio per le delucidazioni esaustive.
Effettivamente la collega di cui parlo è molto calma e pacata, non sono sicuro che sia stato solo un sostegno psicologico, poiché Lei parlando poco, non mi ha mai spiegato concretamente che percorso stessimo facendo o altro..ero io a "far tutto" ecco.
Sicuramente l'orientamento è psicoanalitico, perché l'ho conosciuta grazie ad una scuola di psicoterapia psicoanalitica freudiana, e da lì poi abbiamo deciso di intraprendere questo percorso.
L'unica cosa che mi spinge a rivalutare la collega è il fatto di sentirmi libero, non giudicato e di avere la possibilità di sfogarmi senza problemi. Forse prima di proseguire con la nuova terapeuta, potrei chiamarla e spiegarle circa i miei dubbi..
La ringrazio per le delucidazioni esaustive.
Effettivamente la collega di cui parlo è molto calma e pacata, non sono sicuro che sia stato solo un sostegno psicologico, poiché Lei parlando poco, non mi ha mai spiegato concretamente che percorso stessimo facendo o altro..ero io a "far tutto" ecco.
Sicuramente l'orientamento è psicoanalitico, perché l'ho conosciuta grazie ad una scuola di psicoterapia psicoanalitica freudiana, e da lì poi abbiamo deciso di intraprendere questo percorso.
L'unica cosa che mi spinge a rivalutare la collega è il fatto di sentirmi libero, non giudicato e di avere la possibilità di sfogarmi senza problemi. Forse prima di proseguire con la nuova terapeuta, potrei chiamarla e spiegarle circa i miei dubbi..
[#6]
Utente
Gentile Dott.ssa Camplone,
La ringrazio per il consiglio, che tenevo a seguire.
Ho chiamato la mia ex terapeuta e Le ho solo accennato qualcosa, dicendole che mi piacerebbe fare un percorso con Lei ma se poteva aiutarmi dato che la problematica adesso è di natura diversa, non come 3 anni fa.. Lei mi ha stupito, e mi ha detto che vorrebbe tanto aiutarmi..un po' di commozione da parte mia che ho ricordato tutto il precedente percorso svolto.. Avrò modo di confrontarmi con Lei sul percorso migliore e avere un quadro generale giovedì della prossima settimana.
Nella giornata di domani avrò il 2 colloquio con l'attuale terapeuta, e sono curioso di vedere come andrà. Se la mia sensazione di inadeguatezza verrà a galla, temo che sarò costretto a dirglielo.. non so, penso che domani sarà un appuntamento "decisivo".
La ringrazio per il consiglio, che tenevo a seguire.
Ho chiamato la mia ex terapeuta e Le ho solo accennato qualcosa, dicendole che mi piacerebbe fare un percorso con Lei ma se poteva aiutarmi dato che la problematica adesso è di natura diversa, non come 3 anni fa.. Lei mi ha stupito, e mi ha detto che vorrebbe tanto aiutarmi..un po' di commozione da parte mia che ho ricordato tutto il precedente percorso svolto.. Avrò modo di confrontarmi con Lei sul percorso migliore e avere un quadro generale giovedì della prossima settimana.
Nella giornata di domani avrò il 2 colloquio con l'attuale terapeuta, e sono curioso di vedere come andrà. Se la mia sensazione di inadeguatezza verrà a galla, temo che sarò costretto a dirglielo.. non so, penso che domani sarà un appuntamento "decisivo".
[#7]
Utente
Cara Dott.ssa Camplone,
Sono felice di poterLe dare aggiornamenti in merito al colloquio che ho avuto quest'oggi con la nuova terapeuta, esattamente il secondo.
Quest'oggi siamo entrati più "in profondità" della questione. Mi ha proposto di fare una mappa, dove al centro mi trovavo io come persona, e di fare dei collegamenti esterni usando delle frecce, indicando persone e cose che mi rendono felice o al contrario, e dunque rapporti conflittuali etc.
Dopodiché l'abbiamo commentata insieme, e La collega è arrivata ad una conclusione.
A suo dire, dopo 2 sedute, è quasi convinta che il fulcro della situazione sia mio padre, la figura paterna nella mia vita, con gli abusi fisici (violenza) e le assenze..
Mi ha spiegato che il lutto che sto elaborando adesso dovuto alla rottura, è strettamente correlato alla situazione di mio padre, sono due tematiche connesse tra di loro. Lei sostiene che il mio sia un attaccamento, dovuto alla mancanza della figura paterna, e di conseguenza, vi è questa dipendenza e porto sicuro che cerco in un ragazzo. Proprio per questo motivo, mi ha spiegato che è molto frequente vedere persone bloccate, con problemi familiari alle spalle, poiché si tratta di "lutto complicato".
Pertanto bisognerebbe prima chiarire l'aspetto di mio padre e lavorare su quello, per poi spostarci sull'attaccamento, e sul mio modo di relazionarmi con i ragazzi, per avere interazioni sane e non disfunzionali. Mi ha detto che sembro molto chiuso e diffidente perciò lavoreremo su quello, che è necessario che io i lasci andare e pianga per buttar tutto fuori. Dunque per poter risolvere la mia situazione di rimuginio con l'ex, bisogna necessariamente passare da lì. Infine mi ha capito e mi ha detto di non preoccuparmi troppo o farmi ossessioni sul percorso ma lasciar fare da sé.
Lei cosa ne pensa Dottoressa? Crede che tutto ciò, ossia complicazioni sull'elaborazione del lutto e attaccamento, POSSA essere frutto della mancanza paterna e di un'infanzia fatta di traumi e violenza? E una cosa non mi è chiara, una volta individuato ciò, come si procede a lavorare? parlando di quel determinato argomento?
In ogni caso, come da accordo, giovedì prossimo vedrò l'ex analista per avere pure una valutazione da Lei, visto che conosce i miei vissuti in famiglia e quant'altro..
Attendo Sue,
Buona giornata.
Sono felice di poterLe dare aggiornamenti in merito al colloquio che ho avuto quest'oggi con la nuova terapeuta, esattamente il secondo.
Quest'oggi siamo entrati più "in profondità" della questione. Mi ha proposto di fare una mappa, dove al centro mi trovavo io come persona, e di fare dei collegamenti esterni usando delle frecce, indicando persone e cose che mi rendono felice o al contrario, e dunque rapporti conflittuali etc.
Dopodiché l'abbiamo commentata insieme, e La collega è arrivata ad una conclusione.
A suo dire, dopo 2 sedute, è quasi convinta che il fulcro della situazione sia mio padre, la figura paterna nella mia vita, con gli abusi fisici (violenza) e le assenze..
Mi ha spiegato che il lutto che sto elaborando adesso dovuto alla rottura, è strettamente correlato alla situazione di mio padre, sono due tematiche connesse tra di loro. Lei sostiene che il mio sia un attaccamento, dovuto alla mancanza della figura paterna, e di conseguenza, vi è questa dipendenza e porto sicuro che cerco in un ragazzo. Proprio per questo motivo, mi ha spiegato che è molto frequente vedere persone bloccate, con problemi familiari alle spalle, poiché si tratta di "lutto complicato".
Pertanto bisognerebbe prima chiarire l'aspetto di mio padre e lavorare su quello, per poi spostarci sull'attaccamento, e sul mio modo di relazionarmi con i ragazzi, per avere interazioni sane e non disfunzionali. Mi ha detto che sembro molto chiuso e diffidente perciò lavoreremo su quello, che è necessario che io i lasci andare e pianga per buttar tutto fuori. Dunque per poter risolvere la mia situazione di rimuginio con l'ex, bisogna necessariamente passare da lì. Infine mi ha capito e mi ha detto di non preoccuparmi troppo o farmi ossessioni sul percorso ma lasciar fare da sé.
Lei cosa ne pensa Dottoressa? Crede che tutto ciò, ossia complicazioni sull'elaborazione del lutto e attaccamento, POSSA essere frutto della mancanza paterna e di un'infanzia fatta di traumi e violenza? E una cosa non mi è chiara, una volta individuato ciò, come si procede a lavorare? parlando di quel determinato argomento?
In ogni caso, come da accordo, giovedì prossimo vedrò l'ex analista per avere pure una valutazione da Lei, visto che conosce i miei vissuti in famiglia e quant'altro..
Attendo Sue,
Buona giornata.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 1.2k visite dal 30/05/2019.
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