Problemi affettivi
Gentili psicologi, avrei bisogno di aiuto, non per me, ma per una ragazza di 22 anni che ho conosciuto e vorrei aiutare senza secondi fini.
Conosco molto poco questa ragazza, ma mi ha dimostrato il suo bisogno di sfogarsi e parlare del fatto che è stata lasciata dal ragazzo ed è disperata. Successivamente abbiamo avuto modo di parlare a voce e pare che il ragazzo, oltre a trattarla piuttosto male con le parole, l'abbia già lasciata più volte nel giro di alcuni anni e poi siano tornati insieme quando lui si è rifatto vivo. Lei dice di essere ancora innamorata di lui e che aspetta che lui torni. Il problema è che visti gli insulti che lui ha rivolto a lei, e le sofferenze che le provoca, forse dovrebbe aprire un poco gli occhi e rendersi conto che farebbe meglio a trovarsene un altro.
A fare da cornice a questa triste vicenda c'è il fatto che lei ha pochissime relazioni sociali e problemi col padre. Dice di avere a volte crisi di panico.
La mia sensazione è che preferisce ricevere quel poco di affetto opportunista del suo (ex?) ragazzo al non riceverne affatto.
Le ho detto che dovrebbe parlare con uno psicologo, ma potrebbero esserci delle difficoltà oggettive nel farlo.
In che modo posso aiutarla?
Grazie mille
Conosco molto poco questa ragazza, ma mi ha dimostrato il suo bisogno di sfogarsi e parlare del fatto che è stata lasciata dal ragazzo ed è disperata. Successivamente abbiamo avuto modo di parlare a voce e pare che il ragazzo, oltre a trattarla piuttosto male con le parole, l'abbia già lasciata più volte nel giro di alcuni anni e poi siano tornati insieme quando lui si è rifatto vivo. Lei dice di essere ancora innamorata di lui e che aspetta che lui torni. Il problema è che visti gli insulti che lui ha rivolto a lei, e le sofferenze che le provoca, forse dovrebbe aprire un poco gli occhi e rendersi conto che farebbe meglio a trovarsene un altro.
A fare da cornice a questa triste vicenda c'è il fatto che lei ha pochissime relazioni sociali e problemi col padre. Dice di avere a volte crisi di panico.
La mia sensazione è che preferisce ricevere quel poco di affetto opportunista del suo (ex?) ragazzo al non riceverne affatto.
Le ho detto che dovrebbe parlare con uno psicologo, ma potrebbero esserci delle difficoltà oggettive nel farlo.
In che modo posso aiutarla?
Grazie mille
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Gentile utente,
un primo aiuto che si potrebbe dare ad una persona che sta vivendo con disagio una relazione difficile è non entrare in panico noi stessi.
Un'eccessiva vicinanza emotiva, infatti, potrebbe portare ad effetti opposti, motivandoci ad aiutare l'altro al fine di allontanare l'eccessivo disagio che staremmo provando di riflesso noi stessi.
Accettare con se stessi la possibilità di poter non essere di alcun reale aiuto non dovrebbe essere trascurata, in quanto rappresenterebbe paradossalmente un primo reale aiuto. Ciò infatti permetterebbe di comunicare indirettamente alla persona che è possibile affrontare la difficile situazione che si starebbe affrontando senza necessariamente allarmarsi.
In pratica, si adotta il meccanismo di "contagio emotivo" in senso strategico: se infatti ipotizziamo che la vicinanza ad una persona agitata possa portare noi stessi a vivere agitazione, riuscire a regolare i propri stati emotivi in presenza della stessa persona potrebbe aiutare di riflesso quest'ultima a fare altrettanto.
Tale strategia non risolve il problema alla base, ma apre alla possibilità di intraprendere un dialogo a "mente lucida" con la persona. L'invito, come giustamente ha sottolineato, è quello di inviare tale persona a rivolgersi ad uno specialista, demandando a tale figura l'eventuale responsabilità di presa in carico emotiva della persona. L'assenza di competenze professionali specifiche di gestione dei propri stati mentali ed emozioni potrebbe infatti esporla ad un carico di stress eccessivo e rischioso per il suo stesso equilibrio psico-emotivo.
In un'ottica di promozione della salute e prevenzione del disagio proprio ed altrui, appare pertanto saggio porsi dei limiti nell'offrire supporto che sarebbe opportuno non oltrepassare, pena il rischio comportare per sé e/o per l'altro un peggioramento più che un reale miglioramento.
Tenga presente che possono occorrere dei tempi "fisiologici" perché una persona possa comprendere che un determinato tipo di relazione comporti più effetti negativi che positivi per la propria persona. Questo processo può quindi associarsi a sofferenze che nel lungo termine aiuterebbero la persona stessa a crescere e migliorarsi. Come dire che delle volte bisogna lasciare che le persone si sbuccino le ginocchia inciampando da sole perché le stesse possano cambiare, piuttosto che prevenire ad ogni costo una loro possibile caduta.
Nella speranza che tali spunti possano esserle utili, la saluto cordialmente.
Dr. Alessio Congiu
un primo aiuto che si potrebbe dare ad una persona che sta vivendo con disagio una relazione difficile è non entrare in panico noi stessi.
Un'eccessiva vicinanza emotiva, infatti, potrebbe portare ad effetti opposti, motivandoci ad aiutare l'altro al fine di allontanare l'eccessivo disagio che staremmo provando di riflesso noi stessi.
Accettare con se stessi la possibilità di poter non essere di alcun reale aiuto non dovrebbe essere trascurata, in quanto rappresenterebbe paradossalmente un primo reale aiuto. Ciò infatti permetterebbe di comunicare indirettamente alla persona che è possibile affrontare la difficile situazione che si starebbe affrontando senza necessariamente allarmarsi.
In pratica, si adotta il meccanismo di "contagio emotivo" in senso strategico: se infatti ipotizziamo che la vicinanza ad una persona agitata possa portare noi stessi a vivere agitazione, riuscire a regolare i propri stati emotivi in presenza della stessa persona potrebbe aiutare di riflesso quest'ultima a fare altrettanto.
Tale strategia non risolve il problema alla base, ma apre alla possibilità di intraprendere un dialogo a "mente lucida" con la persona. L'invito, come giustamente ha sottolineato, è quello di inviare tale persona a rivolgersi ad uno specialista, demandando a tale figura l'eventuale responsabilità di presa in carico emotiva della persona. L'assenza di competenze professionali specifiche di gestione dei propri stati mentali ed emozioni potrebbe infatti esporla ad un carico di stress eccessivo e rischioso per il suo stesso equilibrio psico-emotivo.
In un'ottica di promozione della salute e prevenzione del disagio proprio ed altrui, appare pertanto saggio porsi dei limiti nell'offrire supporto che sarebbe opportuno non oltrepassare, pena il rischio comportare per sé e/o per l'altro un peggioramento più che un reale miglioramento.
Tenga presente che possono occorrere dei tempi "fisiologici" perché una persona possa comprendere che un determinato tipo di relazione comporti più effetti negativi che positivi per la propria persona. Questo processo può quindi associarsi a sofferenze che nel lungo termine aiuterebbero la persona stessa a crescere e migliorarsi. Come dire che delle volte bisogna lasciare che le persone si sbuccino le ginocchia inciampando da sole perché le stesse possano cambiare, piuttosto che prevenire ad ogni costo una loro possibile caduta.
Nella speranza che tali spunti possano esserle utili, la saluto cordialmente.
Dr. Alessio Congiu
Dr. Alessio Congiu
Psicologo-Psicoterapeuta
T. +39 345 465 8419
alessio.congiu@hotmail.it
alessiocongiupsicologo.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 875 visite dal 26/05/2019.
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