Mancanza di autostima
Buonasera a tutti,
vi scrivo riguardo delle riflessioni che ho fatto sul mio stato attuale.
Ho 26 anni. Negli ultimi anni, nonostante un ciclo di terapia lungo due anni (poi interrotto perché sono andato per un anno all'estero) e un nuovo ciclo iniziato da qualche mese, e nonostante in questi anni abbia compiuto grandi passi avanti, primo fra tutti la completa accettazione della mia omosessualità, vissuta ormai alla luce del sole... ci sono dei pensieri molto negativi che faccio da sempre e che non smetto di fare.
In particolare ciò di cui non riesco a venire a capo è la mia (assoluta) mancanza di autostima. In alcuni momenti si fa sentire in modo solo lieve, in altri diventa insopportabile e si accompagna a pensieri che definirei autodistruttivi, come quelli del suicidio (che però è solo un pensiero e mai una reale intenzione). C'è qualcosa dentro di me che mi dà la convinzione che io valga meno degli altri, che io sia un buono a nulla, e non ho ancora capito come possa scrollarmi di dosso questi pensieri.
Da anni ormai mi trovo in una situazione di insoddisfazione riguardo la mia vita, in particolare sono insoddisfatto riguardo il percorso di studio e lavoro che ho scelto di intraprendere (il conservatorio e l'ambiente della musica classica), o meglio sui risultati finora conseguiti. Sebbene io non sia stato con le mani in mano e qualcosina me la sia guadagnata (peraltro parallelamente al conservatorio ho frequentato part time l'università, e tra poco conseguirò una laurea triennale), comunque mi sento molto indietro rispetto agli altri, sia i colleghi musicisti che gli amici "profani", che ormai si trovano in una fase della loro vita in cui riescono ad iniziare a concretizzare qualcosa, con un primo lavoro, delle belle e durature relazioni ecc. Confrontandomi con loro, non vedo un futuro minimamente stabile di fronte a me. Oltretutto, sono appena stato lasciato dal mio ragazzo dopo un anno e mezzo, relazione complicata dalla distanza ma nella quale credevo molto, e questo rende ancora più amaro il confronto.
Come faccio a capire se ho sbagliato totalmente strada nella vita, e se non dovrei dedicarmi a qualcosa a me più congeniale?
E perché non mi sento realmente aiutato dalla nuova psicologa, come non mi sentivo realmente aiutato dalla vecchia? Ho l'impressione, durante la terapia, di dare tutto me stesso, raccontando i particolari più scomodi, senza ricevere in cambio alcuno spunto realmente utile.
Mi scuso per la lunghezza e vi ringrazio in anticipo per le risposte.
vi scrivo riguardo delle riflessioni che ho fatto sul mio stato attuale.
Ho 26 anni. Negli ultimi anni, nonostante un ciclo di terapia lungo due anni (poi interrotto perché sono andato per un anno all'estero) e un nuovo ciclo iniziato da qualche mese, e nonostante in questi anni abbia compiuto grandi passi avanti, primo fra tutti la completa accettazione della mia omosessualità, vissuta ormai alla luce del sole... ci sono dei pensieri molto negativi che faccio da sempre e che non smetto di fare.
In particolare ciò di cui non riesco a venire a capo è la mia (assoluta) mancanza di autostima. In alcuni momenti si fa sentire in modo solo lieve, in altri diventa insopportabile e si accompagna a pensieri che definirei autodistruttivi, come quelli del suicidio (che però è solo un pensiero e mai una reale intenzione). C'è qualcosa dentro di me che mi dà la convinzione che io valga meno degli altri, che io sia un buono a nulla, e non ho ancora capito come possa scrollarmi di dosso questi pensieri.
Da anni ormai mi trovo in una situazione di insoddisfazione riguardo la mia vita, in particolare sono insoddisfatto riguardo il percorso di studio e lavoro che ho scelto di intraprendere (il conservatorio e l'ambiente della musica classica), o meglio sui risultati finora conseguiti. Sebbene io non sia stato con le mani in mano e qualcosina me la sia guadagnata (peraltro parallelamente al conservatorio ho frequentato part time l'università, e tra poco conseguirò una laurea triennale), comunque mi sento molto indietro rispetto agli altri, sia i colleghi musicisti che gli amici "profani", che ormai si trovano in una fase della loro vita in cui riescono ad iniziare a concretizzare qualcosa, con un primo lavoro, delle belle e durature relazioni ecc. Confrontandomi con loro, non vedo un futuro minimamente stabile di fronte a me. Oltretutto, sono appena stato lasciato dal mio ragazzo dopo un anno e mezzo, relazione complicata dalla distanza ma nella quale credevo molto, e questo rende ancora più amaro il confronto.
Come faccio a capire se ho sbagliato totalmente strada nella vita, e se non dovrei dedicarmi a qualcosa a me più congeniale?
E perché non mi sento realmente aiutato dalla nuova psicologa, come non mi sentivo realmente aiutato dalla vecchia? Ho l'impressione, durante la terapia, di dare tutto me stesso, raccontando i particolari più scomodi, senza ricevere in cambio alcuno spunto realmente utile.
Mi scuso per la lunghezza e vi ringrazio in anticipo per le risposte.
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"perché non mi sento realmente aiutato dalla nuova psicologa, come non mi sentivo realmente aiutato dalla vecchia? Ho l'impressione, durante la terapia, di dare tutto me stesso, raccontando i particolari più scomodi, senza ricevere in cambio alcuno spunto realmente utile."
Gentile Utente,
come mai non si è rivolto allo stesso professionista che Le era stato molto utile in passato? Attualmente ha cambiato città?
Nella terapia precedente, aveva lavorato solo o principalmente sull'accettazione dell'omosessualità o anche sul problema della scarsa autostima?
Da una parte, leggendo il Suo post, mi pare però che ci siano delle situazioni contingenti che La portano a porsi domande e ad essere giù. Ad esempio la mancanza di stabilità o il dubbio sulla scelta lavorativa, nonchè la storia sentimentale finita.
Chiunque al posto Suo non farebbe i salti di gioia per la questione lavorativa e sentimentale, quindi da una parte la situazione è da "normalizzare" nel senso che è ovvio essere giù davanti alle perdite di persone o cose. Dall'altra, sarebbe utile impostare il lavoro terapeutico sul rafforzamento della stima di sè.
Cordiali saluti,
Gentile Utente,
come mai non si è rivolto allo stesso professionista che Le era stato molto utile in passato? Attualmente ha cambiato città?
Nella terapia precedente, aveva lavorato solo o principalmente sull'accettazione dell'omosessualità o anche sul problema della scarsa autostima?
Da una parte, leggendo il Suo post, mi pare però che ci siano delle situazioni contingenti che La portano a porsi domande e ad essere giù. Ad esempio la mancanza di stabilità o il dubbio sulla scelta lavorativa, nonchè la storia sentimentale finita.
Chiunque al posto Suo non farebbe i salti di gioia per la questione lavorativa e sentimentale, quindi da una parte la situazione è da "normalizzare" nel senso che è ovvio essere giù davanti alle perdite di persone o cose. Dall'altra, sarebbe utile impostare il lavoro terapeutico sul rafforzamento della stima di sè.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
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Utente
Grazie per la risposta.
Non mi sono spiegato bene forse: intendevo dire che dalla vecchia terapista non mi sentivo molto aiutato, e che i progressi che ho fatto penso siano dovuti soprattutto al mio impegno. Poi sono stato un anno all'estero e, tornato in Italia, dopo qualche mese mi sono rivolto a un'altra professionista, ma di nuovo mi sento aiutato solo poco.
Al momento in particolare la fine della relazione mi distrugge, non riesco ancora ad accettarlo.
Non mi sono spiegato bene forse: intendevo dire che dalla vecchia terapista non mi sentivo molto aiutato, e che i progressi che ho fatto penso siano dovuti soprattutto al mio impegno. Poi sono stato un anno all'estero e, tornato in Italia, dopo qualche mese mi sono rivolto a un'altra professionista, ma di nuovo mi sento aiutato solo poco.
Al momento in particolare la fine della relazione mi distrugge, non riesco ancora ad accettarlo.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.3k visite dal 28/04/2019.
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