Mi sento sempre in colpa e constantemente in ansia

Buongiorno,
Sono una ragazza di quasi 18 anni.
Frequento un liceo, sono sempre andata bene a scuola e ho fatto sport fino a due anni fa circa. Da due anni a questa parte, mi sento "strana", vuota, come se non avessi piú un pretesto per fare qualcosa. Credo che il fatto che non accetti il mio corpo (passo dal saltare i pasti a fregarmene totalmente dell'alimentazione) e alcune situazioni familiari poco piacevoli mi abbiano portato a questo, senza contare che non ho un bel rapporto con i miei compagni e che abbia perso parecchie amicizie. Per quanto ci provi, non riesco a reagire. Inoltre, mi sento sempre in colpa e constantemente in ansia. Non mi sono rivolta a uno specialista perché non volevo coinvolgere i miei genitori (e non farli preoccupare, dato che anche mia madre ha sofferto di depressione); inoltre mi risulta complicato, essendo giunti a maggio, richiedere un colloquio con la psicologa della scuola. Perciò mi chiedevo, é possibile superare questo "stato" senza necessariamente ricorrere a dei medicinali/specialisti? Può sembrare banale ma, dato anche il mio carattere perfezionista, non tollero questa mia debolezza.
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Gentile utente,

nel suo racconto sono presenti così tanti elementi degni di nota clinica che pensare di poterli ricostruire tutti e dare un quadra della situazione sarebbe veramente difficile.
Lei ci racconta di non tollerare il suo corpo, di avere problemi nel rapporto con il cibo, di aver interrotto una serie di amicizie, di avere poco interesse, di sentirsi in colpa e in ansia e che non tollera il fatto di essere in questa condizione a causa della sua "personalità perfezionsita".

Per rispondere direttamente alla sua domanda: in alcuni casi è veramente consigliato un supporto di un professionista, poiché i sintomi vanno approfonditi e inquadrati all'interno di una cornice teorica che dia poi la possibilità, eventualmente, di intraprendere una terapia mirata con degli obbiettivi specifici stabiliti insieme al paziente. Se si dovesse rivolgere ad uno psicologo psicoterapeuta, questo non potrà somministrarle farmaci, ma potrebbe consigliare un colloquio da un medico psichiatra per iniziare, eventualmente, una terapia farmacologica parallela alla psicoterapia (questo, però non sempre succede).

In questa sede, però, potremmo discutere su cosa la fa preoccupare rispetto a dire di avere bisogno di parlare con un professionista del suo disagio. In che modo teme di far preoccupare i suoi genitori?

Cordiali saluti
Dr. Francesco Ziglioli
Psicologo - Brescia, Desenzano, Montichiari
Www.psicologobs.it

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Utente
Utente
Grazie della sua risposta,
mi rendo conto di aver menzionato in modo confuso vari pensieri senza preoccuparmi di esprimermi meglio, ma non volevo dilungarmi troppo.

Come ho già detto, mia mamma ha sofferto di depressione prima che nascessi/quando ero piú piccola e, quelle poche volte che torniamo sull'argomento, noto come per lei sia ancora difficile parlarne (nonostante ora l'abbia superata).
Per questo motivo non vorrei allarmarli quando forse non é necessario. A proposito di questo, vorrei anche dire che ciò che l'anno scorso mi ha frenato dall'accettare - sotto consiglio di un professore che aveva notato che ci fosse qualcosa che non andava - di rivolgermi a uno specialista, é stata la convinzione che non era nulla di preoccupante ma piuttosto solo una paranoia. É ciò che penso anche adesso, alternando momenti in cui mi sembra di non trovare una fine a questo problema.
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Che sia una sua "paranoia" o meno, resta il fatto che le crea disagio. Ogni problema che crea disagio alla persona, reale o immaginario, è appannaggio dello specialista.

Quanto ritiene conveniente continuare a "tenere nascosto" questo suo disagio alla sua famiglia? Quanto, invece, potrebbe essere un motivo per discutere insieme di cosa le sta succedendo e trovare, eventualmente, un supporto anche da parte dei genitori?
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Utente
Utente
Ora come ora non me la sento di parlarne con loro, perché mi blocco prima di arrivare all'argomento o ne rivelo solo una parte. Vorrei riuscire a schiarirmi le idee su ciò che sta succedendo, ma capisco anche che finché continuo con questo mio atteggiamento di testardaggine non vedrò molti risultati.
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Consideri che il fatto che lei sia ancora minorenne presupponga che, in caso di consulto psicologico, siano informati entrambi i genitori e che entrambi prestino il consenso.
Ma consideri anche il fatto che, parzialmente, si sta iniziando a dare delle risposte da sola ("ma capisco anche che finché continuo con questo mio atteggiamento di testardaggine non vedrò molti risultati.")

L'idea dello psicologo scolastico potrebbe essere ancora fattibile, se la scuola prevede la presenza anche nel mese di maggio. Però, per il suo caso ritengo più adeguato un consulto da un professionista in un ambito diverso (pubblico o privato, ma non scolastico). Questo perchè a scuola non si svolgono interventi di psicoterapia vera e propria, ma solo di ascolto empatico delle problematiche presentate degli alunni.
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Utente
Utente
Ho capito, ci rifletterò.
Grazie per la disponibilità.
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