Sto male per amore, cosa devo fare?
Salve.
Fino a ieri ero fidanzato con un ragazzo. Ci siamo fidanzati a marzo 2016, dopo quasi un anno di corteggiamento da parte mia. I primi mesi è stato tutto stupendo, si è innamorato e siamo stati bene. A settembre 2016 sono partito per un Erasmus di 9 mesi, durante il quale sono iniziati i problemi. Al ritorno non ero più lo stesso. Lui ha cominciato a sentirmi più distante. Non ero più romantico e dolce come prima, non gli davo le stesse attenzioni di prima. Siamo andati avanti cercando di risolvere la situazione, parlandone e vivendo la nostra quotidianità. È andata avanti così, tra alti e bassi, per circa 2 anni.
Negli ultimi 2 mesi la situazione è precipitata. Lui mi ha chiesto di prendere una decisione, di capire se lo amo ancora e, in caso negativo, avere il coraggio di lasciarlo.
In molti momenti mi sembra di non amarlo più, non come prima. Sono attratto da altri ragazzi, mi è capitato spesso di flirtare (sui social), il sesso con lui non va più bene, non sopporto la sua pigrizia e a volte la relazione mi sembra un legame stretto. Razionalmente entrambi giungiamo alla conclusione che sia più giusto chiuderla. Ma poi non ci riesco.
A marzo ci siamo lasciati circa 3 volte, ma poi subito dopo provo una terribile ansia. Ho paura e lo imploro di tornare insieme, gli dico che posso fare di meglio, che posso impegnarmi di più. Spesso non ci credo nemmeno io mentre lo dico, altre volte invece lo credo possibile.
Ho una grande confusione in mente. Mi sento legatissimo a lui e non voglio perderlo. Mi convinco che lo amo e che possiamo stare insieme ma poi quando mi accontenta mi pento di nuovo. È un continuo saliscendi.
Ieri ci siamo lasciati ma stavolta mi ha detto che deve essere definitiva. Non vuole più darmi altre chances perché è distrutto da questo mio comportamento ed è convinto che io in fondo non lo amo più. Mi ha chiesto se ero sinceramente convinto di potermi impegnare più di quanto ho fatto finora ma gli ho detto di no. Così è andata.
Ora sto malissimo. Vedo 3 anni di fidanzamento cadermi addosso e mi sento perso per sempre.
Ho una psicologa, per DOC. Lei mi ha "diagnosticato" alcuni tratti di personalità borderline che vengono fuori nelle relazioni interpersonali. Mi ha detto che devo resistere all'impulsività del tornare indietro perché quel che faccio è solo erodere lentamente i rapporti finché non resta più nulla. Lei pensa che questo ragazzo possa rimanere un punto di riferimento nella mia vita se riesco a preservare il rapporto con lui, secondo lei lasciandolo e affrontando le conseguenze con responsabilità.
Ma come si fa? Mi sento perso, in questo momento penso di amarlo alla follia. Ho 26 anni e non ho mai avuto una relazione così lunga (ma ho vissuto tragicamente anche la fine delle precedenti, decisamente più brevi).
Fino a ieri ero fidanzato con un ragazzo. Ci siamo fidanzati a marzo 2016, dopo quasi un anno di corteggiamento da parte mia. I primi mesi è stato tutto stupendo, si è innamorato e siamo stati bene. A settembre 2016 sono partito per un Erasmus di 9 mesi, durante il quale sono iniziati i problemi. Al ritorno non ero più lo stesso. Lui ha cominciato a sentirmi più distante. Non ero più romantico e dolce come prima, non gli davo le stesse attenzioni di prima. Siamo andati avanti cercando di risolvere la situazione, parlandone e vivendo la nostra quotidianità. È andata avanti così, tra alti e bassi, per circa 2 anni.
Negli ultimi 2 mesi la situazione è precipitata. Lui mi ha chiesto di prendere una decisione, di capire se lo amo ancora e, in caso negativo, avere il coraggio di lasciarlo.
In molti momenti mi sembra di non amarlo più, non come prima. Sono attratto da altri ragazzi, mi è capitato spesso di flirtare (sui social), il sesso con lui non va più bene, non sopporto la sua pigrizia e a volte la relazione mi sembra un legame stretto. Razionalmente entrambi giungiamo alla conclusione che sia più giusto chiuderla. Ma poi non ci riesco.
A marzo ci siamo lasciati circa 3 volte, ma poi subito dopo provo una terribile ansia. Ho paura e lo imploro di tornare insieme, gli dico che posso fare di meglio, che posso impegnarmi di più. Spesso non ci credo nemmeno io mentre lo dico, altre volte invece lo credo possibile.
Ho una grande confusione in mente. Mi sento legatissimo a lui e non voglio perderlo. Mi convinco che lo amo e che possiamo stare insieme ma poi quando mi accontenta mi pento di nuovo. È un continuo saliscendi.
Ieri ci siamo lasciati ma stavolta mi ha detto che deve essere definitiva. Non vuole più darmi altre chances perché è distrutto da questo mio comportamento ed è convinto che io in fondo non lo amo più. Mi ha chiesto se ero sinceramente convinto di potermi impegnare più di quanto ho fatto finora ma gli ho detto di no. Così è andata.
Ora sto malissimo. Vedo 3 anni di fidanzamento cadermi addosso e mi sento perso per sempre.
Ho una psicologa, per DOC. Lei mi ha "diagnosticato" alcuni tratti di personalità borderline che vengono fuori nelle relazioni interpersonali. Mi ha detto che devo resistere all'impulsività del tornare indietro perché quel che faccio è solo erodere lentamente i rapporti finché non resta più nulla. Lei pensa che questo ragazzo possa rimanere un punto di riferimento nella mia vita se riesco a preservare il rapporto con lui, secondo lei lasciandolo e affrontando le conseguenze con responsabilità.
Ma come si fa? Mi sento perso, in questo momento penso di amarlo alla follia. Ho 26 anni e non ho mai avuto una relazione così lunga (ma ho vissuto tragicamente anche la fine delle precedenti, decisamente più brevi).
[#1]
Gentile Utente,
Lei scrive:
"ho vissuto tragicamente anche la fine delle precedenti, decisamente più brevi"
"Ho una psicologa, per DOC. Lei mi ha "diagnosticato" alcuni tratti di personalità borderline che vengono fuori nelle relazioni interpersonali. "
Nelle persone con questa diagnosi, le relazioni vengono vissute in modo molto intenso, tra un tira e molla che si protrae per molto tempo, e la sofferenza maggiore deriva proprio dall'abbandono, ragion per cui la chiusura delle relazioni (anche di quella terapeutica) è dolorosissima e complicatissima.
Quali sono gli obiettivi terapeutici che avete messo a fuoco e sui quali state lavorando?
Cordiali saluti,
Lei scrive:
"ho vissuto tragicamente anche la fine delle precedenti, decisamente più brevi"
"Ho una psicologa, per DOC. Lei mi ha "diagnosticato" alcuni tratti di personalità borderline che vengono fuori nelle relazioni interpersonali. "
Nelle persone con questa diagnosi, le relazioni vengono vissute in modo molto intenso, tra un tira e molla che si protrae per molto tempo, e la sofferenza maggiore deriva proprio dall'abbandono, ragion per cui la chiusura delle relazioni (anche di quella terapeutica) è dolorosissima e complicatissima.
Quali sono gli obiettivi terapeutici che avete messo a fuoco e sui quali state lavorando?
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
La ringrazio per la risposta. In realtà non sto più facendo una vera e propria psicoterapia ma vado solo saltuariamente (circa ogni 3 o 4 settimane) per un follow up (questo per ragioni economiche, non di "guarigione").
Lei cerca di aiutarmi nell'interpretare sintomi ed emozioni, ricorrendo anche a schemi cognitivi psicoterapeutici e a tecniche di rilassamento per la gestione dell'ansia. Ovviamente sottolinea quanto sarebbe importante il "non far nulla", lo stare nelle emozioni e nell'ansia senza agire impulsivamente. Ma non è sempre facile e sono ancora confuso riguardo i miei sentimenti.
Secondo Lei è possibile che io semplicemente non voglia accettare l'idea di non provare più amore verso questo ragazzo? È possibile che io abbia solo paura della solitudine e che sia "innamorato" della stabilità della relazione più che della persona? (Questo non contrasterebbe con la mia voglia, spesso, di star solo e pensare alle mie cose? )
La psicologa ha detto che è plausibile una lettura di questo tipo, anche perché le mie relazioni di amicizia sono scarse e non molto intense, per cui ponendo fine alla relazione io mi ritroverei effettivamente quasi solo, senza "cuscinetti", come ha detto lei.
Cordiali saluti
Lei cerca di aiutarmi nell'interpretare sintomi ed emozioni, ricorrendo anche a schemi cognitivi psicoterapeutici e a tecniche di rilassamento per la gestione dell'ansia. Ovviamente sottolinea quanto sarebbe importante il "non far nulla", lo stare nelle emozioni e nell'ansia senza agire impulsivamente. Ma non è sempre facile e sono ancora confuso riguardo i miei sentimenti.
Secondo Lei è possibile che io semplicemente non voglia accettare l'idea di non provare più amore verso questo ragazzo? È possibile che io abbia solo paura della solitudine e che sia "innamorato" della stabilità della relazione più che della persona? (Questo non contrasterebbe con la mia voglia, spesso, di star solo e pensare alle mie cose? )
La psicologa ha detto che è plausibile una lettura di questo tipo, anche perché le mie relazioni di amicizia sono scarse e non molto intense, per cui ponendo fine alla relazione io mi ritroverei effettivamente quasi solo, senza "cuscinetti", come ha detto lei.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 997 visite dal 23/04/2019.
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