Essere adulti, ma sentire il peso genitoriale
Salve,
ho 28 anni vivo e lavoro a Milano da diversi anni. Sono arrivata in questa città, che adoro, qualche anno fa per studiare. Non era la mia "prima volta" universitaria: avevo tentato un percorso in Economia che non avevo completato.
Sono sempre stata una brava studentessa: quando ho lasciato Economia avevo una media del 28 ed ero in regola con gli esami. Il problema vero è che per tutta la vita mi sono accontentata di quello che i miei genitori sceglievano per me, perché io ero confusa e tentare di piacergli e renderli orgogliosi di me mi sembrava il modo migliore per accrescere la mia autostima decisamente bassa (dovuta, tra le altre cose, ad un problema di aumento ponderale che nascondeva una patologia che ormai tengo d'occhio).
Ad un certo punto ho deciso che dovevo andar via dalla realtà del sud in cui vivevo, che mi faceva male a livello psicologico. Il compromesso con i miei genitori è stato quello che seguissi un percorso universitario. Il problema è che non provavo un interesse smaccato per nessuna facoltà, mi piaceva la musica, mi sarebbe piaciuto un percorso in quel campo, ma non era ritenuto uno studio reale. Mi sono iscritta alla facoltà di lettere, durante gli studi ho iniziato a lavorare come giornalista freelance, occupandomi di musica e cinema. Poi è arrivata l'Epifania: la radio! Ho seguito un corso e iniziato a collaborare con delle radio a singhiozzi. Ad oggi lavoro sempre come freelance barcamenandomi tra ufficio stampa e giornalismo e rincorrendo il sogno radiofonico. Nel frattempo non mi sono laureata. Mi mancano 3 esami. 3 esami che non riesco a dare perché sono i più complessi, perché nel frattempo ho affrontato (all'insaputa della mia famiglia) una malattia e un lutto importanti e mi sono resa conto che stavo facendomi sfuggire la vita dalle mani. Mi sono sempre impegnata per rendere i miei genitori fieri, inutile mentire, piacere è una cosa che mi interessa, ma stavo cadendo in un circolo vizioso per cui ad ogni traguardo raggiunto c'era sempre la domanda sul perché non puntassi ad uno stipendio fisso, sulle ragioni che mi spingevano a buttarmi via, quando potevo "fare di più".
Posso fare di più? Sì, ma per chi? Ad un certo punto, grazie ad una persona molto speciale che ha smesso di combattere per sè e al mio fianco troppo presto, ho capito che non era importante fare di più, ma essere felici. E io volevo esserlo. La mia vita è un po' crollata, ho provato ad andare dallo psicologo, ma mi imbarazzavo, gli raccontavo una versione abbellita della verità (lo so, non è una mossa molto intelligente, l'ho detto che piacere è quasi una malattia per me) e quindi nulla, ho mollato.
Non sono mai stata una che molla, ma in questo momento vorrei prima arrivare dove voglio e poi magari concedere ai miei la gratificazione della laurea, è davvero così sbagliato? L'idea che ai miei genitori serva una condizione per volermi bene mi ferisce, anche se sono adulta. Perché io voglio loro bene nonostante gli errori.
ho 28 anni vivo e lavoro a Milano da diversi anni. Sono arrivata in questa città, che adoro, qualche anno fa per studiare. Non era la mia "prima volta" universitaria: avevo tentato un percorso in Economia che non avevo completato.
Sono sempre stata una brava studentessa: quando ho lasciato Economia avevo una media del 28 ed ero in regola con gli esami. Il problema vero è che per tutta la vita mi sono accontentata di quello che i miei genitori sceglievano per me, perché io ero confusa e tentare di piacergli e renderli orgogliosi di me mi sembrava il modo migliore per accrescere la mia autostima decisamente bassa (dovuta, tra le altre cose, ad un problema di aumento ponderale che nascondeva una patologia che ormai tengo d'occhio).
Ad un certo punto ho deciso che dovevo andar via dalla realtà del sud in cui vivevo, che mi faceva male a livello psicologico. Il compromesso con i miei genitori è stato quello che seguissi un percorso universitario. Il problema è che non provavo un interesse smaccato per nessuna facoltà, mi piaceva la musica, mi sarebbe piaciuto un percorso in quel campo, ma non era ritenuto uno studio reale. Mi sono iscritta alla facoltà di lettere, durante gli studi ho iniziato a lavorare come giornalista freelance, occupandomi di musica e cinema. Poi è arrivata l'Epifania: la radio! Ho seguito un corso e iniziato a collaborare con delle radio a singhiozzi. Ad oggi lavoro sempre come freelance barcamenandomi tra ufficio stampa e giornalismo e rincorrendo il sogno radiofonico. Nel frattempo non mi sono laureata. Mi mancano 3 esami. 3 esami che non riesco a dare perché sono i più complessi, perché nel frattempo ho affrontato (all'insaputa della mia famiglia) una malattia e un lutto importanti e mi sono resa conto che stavo facendomi sfuggire la vita dalle mani. Mi sono sempre impegnata per rendere i miei genitori fieri, inutile mentire, piacere è una cosa che mi interessa, ma stavo cadendo in un circolo vizioso per cui ad ogni traguardo raggiunto c'era sempre la domanda sul perché non puntassi ad uno stipendio fisso, sulle ragioni che mi spingevano a buttarmi via, quando potevo "fare di più".
Posso fare di più? Sì, ma per chi? Ad un certo punto, grazie ad una persona molto speciale che ha smesso di combattere per sè e al mio fianco troppo presto, ho capito che non era importante fare di più, ma essere felici. E io volevo esserlo. La mia vita è un po' crollata, ho provato ad andare dallo psicologo, ma mi imbarazzavo, gli raccontavo una versione abbellita della verità (lo so, non è una mossa molto intelligente, l'ho detto che piacere è quasi una malattia per me) e quindi nulla, ho mollato.
Non sono mai stata una che molla, ma in questo momento vorrei prima arrivare dove voglio e poi magari concedere ai miei la gratificazione della laurea, è davvero così sbagliato? L'idea che ai miei genitori serva una condizione per volermi bene mi ferisce, anche se sono adulta. Perché io voglio loro bene nonostante gli errori.
[#1]
Buonasera,
Mi colpisce molto il titolo di questo consulto, in quanto Lei per prima riconosce il Suo essere adulta, ma poi fa fatica a sganciarsi dai Suoi, non fisicamente.
Ma il problema non sono i Suoi genitori ma Lei. È pronta a essere davvero adulta anche se i Suoi genitori non dovessero condividere le Sue scelte? Oppure farà un passo indietro se ciò dovesse accadere?
I Suoi genitori la pensano un pochino come tantissimi genitori ma i figli non restano intrappolati....
Cordiali saluti,
Mi colpisce molto il titolo di questo consulto, in quanto Lei per prima riconosce il Suo essere adulta, ma poi fa fatica a sganciarsi dai Suoi, non fisicamente.
Ma il problema non sono i Suoi genitori ma Lei. È pronta a essere davvero adulta anche se i Suoi genitori non dovessero condividere le Sue scelte? Oppure farà un passo indietro se ciò dovesse accadere?
I Suoi genitori la pensano un pochino come tantissimi genitori ma i figli non restano intrappolati....
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Grazie per la sua risposta.
So benissimo che sembro del tutto folle, visto che ho in mano la risposta al mio problema, ma non ho il coraggio di "rompere" questa sudditanza psicologica. È che in questo periodo sto ottenendo risultati professionali di un certo rilievo, ma non poter condividere la gioia della cosa con le persone per cui sono stata per molti anni una ragazza modello mi fa male. Nessun buon voto scolastico mi ha mai reso felice come lo sono oggi, mentre prima lo erano loro. Perché non riescono a vederlo ed essere contenti per e con me? Forse diventare grandi è rinunciare anche ad inorgoglire i genitori a favore di un tuo stato d'animo migliore. Mi volevano perfetta, li capisco. Ci ho provato, ma io proprio non lo sono e quello che mi piace non fa figo con gli altri genitori con cui duellare a suon di cv delle prole. Vorrei godermi la mia vita senza sentirmi in parte una delusione solo perché lo sono per loro.
So benissimo che sembro del tutto folle, visto che ho in mano la risposta al mio problema, ma non ho il coraggio di "rompere" questa sudditanza psicologica. È che in questo periodo sto ottenendo risultati professionali di un certo rilievo, ma non poter condividere la gioia della cosa con le persone per cui sono stata per molti anni una ragazza modello mi fa male. Nessun buon voto scolastico mi ha mai reso felice come lo sono oggi, mentre prima lo erano loro. Perché non riescono a vederlo ed essere contenti per e con me? Forse diventare grandi è rinunciare anche ad inorgoglire i genitori a favore di un tuo stato d'animo migliore. Mi volevano perfetta, li capisco. Ci ho provato, ma io proprio non lo sono e quello che mi piace non fa figo con gli altri genitori con cui duellare a suon di cv delle prole. Vorrei godermi la mia vita senza sentirmi in parte una delusione solo perché lo sono per loro.
[#3]
Gentile Utente,
non sembra affatto folle ed è comprensibile la paura a rompere questo meccanismo relazionale, ma è l'unico modo in cui riuscirà a diventare ciò che vuole.
Il "coraggio" per cambiare è proprio ciò che serve.
Sul "come" cambiare, uno psicologo psicoterapeuta potrebbe darLe una mano, dal momento che Lei è consapevole di tutto ciò che riguarda il problema, ma è bloccata sulle modalità.
Cordiali saluti,
non sembra affatto folle ed è comprensibile la paura a rompere questo meccanismo relazionale, ma è l'unico modo in cui riuscirà a diventare ciò che vuole.
Il "coraggio" per cambiare è proprio ciò che serve.
Sul "come" cambiare, uno psicologo psicoterapeuta potrebbe darLe una mano, dal momento che Lei è consapevole di tutto ciò che riguarda il problema, ma è bloccata sulle modalità.
Cordiali saluti,
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.2k visite dal 22/04/2019.
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