Lutto fidanzata
Sono un giovane uomo di 30 anni ho viaggiato x l'Europa x stage tirocini progetti europei conoscendo tante persone e mi sono anche innamorato di una bella ragazza belga di 24 anni purtroppo a settembre ha avuto un aneurisma celebrale era quasi un anno che stavamo assieme e era una relazione bellissima, da allora mi sento mlt solo....non mi sento capito e sono in una totale confusione. Ho provato a sostituire il vuoto con altre ragazze, ma nn e' la stessa cosa e poi ho pensato di buttare al vento tt quello in cui credo e darmi all'edonismo più sfrenato. Come si puo' uscire da tale situazione?!
[#1]
Caro utente, lei avrà sentito tante volte i vecchi (e non solo psicologi), i filosofi e tutti quelli che "pensano", e che per cultura o per esperienza hanno una discreta ampiezza nella prospettiva storica, lamentarsi della superficialità e dell'inconsistenza dei valori odierni, dicendo che la civiltà dei consumi non dà la felicità, al contrario; e che non fornisce nulla, proprio nulla, che possa appena difenderci dal dolore della morte.
Ed ecco, ora lei lo sta sperimentando. Ha verificato che pretendere di dimenticare e sostituire un essere umano, per definizione unico, con un altro o con molti altri, non attenua il vuoto; che il cosiddetto "edonismo sfrenato" ci porta via solo tempo, salute, e alla fine anche la stima di noi stessi, senza darci nulla.
Dalle esperienze che ha vissuto, a me sembra che non le manchi l'intelligenza e una certa energia, al momento centrifugata da una perdita cui non sa dare un senso, una giustificazione.
Provi a vivere questo dolore fino in fondo, a raccogliersi in sé stesso, in un vero lutto, per capire chi era lei prima di incontrare questa ragazza dalla vita così luminosa e così breve. Chi era nel periodo in cui l'ha conosciuta e amata. Qualcosa di questo tesoro perduto certamente è rimasto. Lo vedrà riemergere, diventare valore positivo, e dare maggiore qualità al suo recuperato piacere di vivere, anche se adesso le sembra impossibile. Ma per fare questo non è opportuno puntare i piedi contro la sorte, ignorare la realtà del dolore, stordirsi di insignificanza. Occorre invece riconoscersi fino in fondo la capacità di soffrire la perdita, come si è avuta quella di amare.
Coraggio. Le sono vicina e sono certa che ce la può fare.
Ci tenga al corrente.
Ed ecco, ora lei lo sta sperimentando. Ha verificato che pretendere di dimenticare e sostituire un essere umano, per definizione unico, con un altro o con molti altri, non attenua il vuoto; che il cosiddetto "edonismo sfrenato" ci porta via solo tempo, salute, e alla fine anche la stima di noi stessi, senza darci nulla.
Dalle esperienze che ha vissuto, a me sembra che non le manchi l'intelligenza e una certa energia, al momento centrifugata da una perdita cui non sa dare un senso, una giustificazione.
Provi a vivere questo dolore fino in fondo, a raccogliersi in sé stesso, in un vero lutto, per capire chi era lei prima di incontrare questa ragazza dalla vita così luminosa e così breve. Chi era nel periodo in cui l'ha conosciuta e amata. Qualcosa di questo tesoro perduto certamente è rimasto. Lo vedrà riemergere, diventare valore positivo, e dare maggiore qualità al suo recuperato piacere di vivere, anche se adesso le sembra impossibile. Ma per fare questo non è opportuno puntare i piedi contro la sorte, ignorare la realtà del dolore, stordirsi di insignificanza. Occorre invece riconoscersi fino in fondo la capacità di soffrire la perdita, come si è avuta quella di amare.
Coraggio. Le sono vicina e sono certa che ce la può fare.
Ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Talvolta piango e vorrei essere felice il lavoro l'unica cosa che mi distrae e questa volontà di dare una svolta un po' di bad boy dopo l'accaduto....l'altra cosa pesante e' che non mi sento capirò da quelli che considero i miei amici....cm mai questa cosa e' una mia mispercezione o puo' capitare?!
[#3]
Caro ragazzo, il lavoro, come sta sperimentando, è l'anestetico più potente, perché ci costringe a recitare la parte della persona sana, a lavarci, vestirci e uscire ogni mattina, a crearci degli obiettivi e perseguirli, a parlare coi colleghi e con gli sconosciuti. Il dolore ha bisogno di pause che ci fanno respirare e ci fanno anche sperimentare come potremmo ritornare ad essere.
Ma poi siamo di nuovo soli, e nel tempo libero, così abbondante nella vita odierna, cosi obbligatoriamente dedicato al divertimento e al piacere, di nuovo ci aggredisce la sofferenza. Abbiamo bisogno di andare a fondo, capire noi stessi, consolarci davvero. La piaga, sotto la fasciatura che la protegge, ad intervalli va tuttavia aperta, per disinfettarla e curarla.
Ed ecco che i suoi amici non la capiscono. Troppo giovani o troppo superficiali per portare anche solo per poco il peso della sofferenza e quello della solidarietà? Mi chiedo però se non è il momento di capire chi sono quelli che lei chiama "amici".
Meglio fare il bad boy? Sembra un'altra fuga, una risposta di rabbia e di rivalsa al dolore che le è stato inflitto.
Mi sentirei piuttosto di darle due consigli. Primo: offrire il tempo che ha a disposizione al volontariato. La persona amata rivive nel bene fatto ad altri, il suo passaggio sulla terra non è stato inutile; il lutto acquista un senso.
Secondo: cercare uno psicologo che l'aiuti a sondare fino in fondo i suoi sentimenti, e a percorrere le tappe del recupero.
Ancora auguri, con tutta la mia comprensione.
Ma poi siamo di nuovo soli, e nel tempo libero, così abbondante nella vita odierna, cosi obbligatoriamente dedicato al divertimento e al piacere, di nuovo ci aggredisce la sofferenza. Abbiamo bisogno di andare a fondo, capire noi stessi, consolarci davvero. La piaga, sotto la fasciatura che la protegge, ad intervalli va tuttavia aperta, per disinfettarla e curarla.
Ed ecco che i suoi amici non la capiscono. Troppo giovani o troppo superficiali per portare anche solo per poco il peso della sofferenza e quello della solidarietà? Mi chiedo però se non è il momento di capire chi sono quelli che lei chiama "amici".
Meglio fare il bad boy? Sembra un'altra fuga, una risposta di rabbia e di rivalsa al dolore che le è stato inflitto.
Mi sentirei piuttosto di darle due consigli. Primo: offrire il tempo che ha a disposizione al volontariato. La persona amata rivive nel bene fatto ad altri, il suo passaggio sulla terra non è stato inutile; il lutto acquista un senso.
Secondo: cercare uno psicologo che l'aiuti a sondare fino in fondo i suoi sentimenti, e a percorrere le tappe del recupero.
Ancora auguri, con tutta la mia comprensione.
[#5]
Caro utente, la sua è una domanda essenziale, e vorrei che la mia risposta le arrivasse con tutta la sincerità con cui la penso e la scrivo e non come una sciocca bugia consolatoria: sì, si può.
Se mi sta chiedendo se potrà dimenticare e tornare nello stato di leggerezza di prima, le dico di no. Anzi, se è la dimensione di inconsapevolezza di un tempo ciò che ostinatamente continuerà a perseguire, il rischio è di trovarsi deluso, inacidito, forse pieno di rabbia.
Mi piacerebbe che lei leggesse le parole con cui una grande psicologa, Gianna Schelotto, conclude il suo libro "Distacchi e altri addii" (Oscar Mondadori).
Le consiglierei di leggere per intero questo libro, ma forse all'inizio non ce la farà. Le sembrerà superficiale, inadeguato, scritto da una che ha conosciuto solo "tollerabili" perdite... Ma se non arriverà alla fine non scoprirà mai quanto profondo può essere l'abisso che alcuni hanno attraversato riuscendo tuttavia a uscirne feriti, ma interi; anzi, in un certo senso, migliorati, più idonei alla vita.
Come ho cercato di dirle nella prima risposta e come Gianna Schelotto dice molto meglio di me, per fare questo occorre accettare la propria perdita fino in fondo. Non tutti ne sono capaci; a me sembra che lei ne abbia gli strumenti.
L'aiuto di uno psicologo può aiutarla, ma è il cammino che lei sceglie per sua volontà che fa la differenza.
Sentirà dire da molti: "Se sono forte, devo farcela da solo". Sciocchezze. La forza sta nel volersi dirigere verso la propria salvezza cercando tutti i mezzi, non nel farlo da soli.
Verrà un giorno in cui potrà di nuovo ridere, amare, abbracciare qualcuno mettendoci tutta l'anima; ma non potrà più rivolgere uno sguardo superficiale a chi soffre, sentire annunciare un lutto senza provare empatia.
Le sue stesse inevitabili future avversità le sembreranno meno insopportabili, più dolci; scoprirà con sorpresa che il regalo di quella pena antica, che in questo momento è così viva e lacerante, è stato proprio quello di renderla nello stesso tempo più sensibile e meno vulnerabile.
Con tutta la mia vicinanza e i miei auguri. Ci tenga al corrente.
Se mi sta chiedendo se potrà dimenticare e tornare nello stato di leggerezza di prima, le dico di no. Anzi, se è la dimensione di inconsapevolezza di un tempo ciò che ostinatamente continuerà a perseguire, il rischio è di trovarsi deluso, inacidito, forse pieno di rabbia.
Mi piacerebbe che lei leggesse le parole con cui una grande psicologa, Gianna Schelotto, conclude il suo libro "Distacchi e altri addii" (Oscar Mondadori).
Le consiglierei di leggere per intero questo libro, ma forse all'inizio non ce la farà. Le sembrerà superficiale, inadeguato, scritto da una che ha conosciuto solo "tollerabili" perdite... Ma se non arriverà alla fine non scoprirà mai quanto profondo può essere l'abisso che alcuni hanno attraversato riuscendo tuttavia a uscirne feriti, ma interi; anzi, in un certo senso, migliorati, più idonei alla vita.
Come ho cercato di dirle nella prima risposta e come Gianna Schelotto dice molto meglio di me, per fare questo occorre accettare la propria perdita fino in fondo. Non tutti ne sono capaci; a me sembra che lei ne abbia gli strumenti.
L'aiuto di uno psicologo può aiutarla, ma è il cammino che lei sceglie per sua volontà che fa la differenza.
Sentirà dire da molti: "Se sono forte, devo farcela da solo". Sciocchezze. La forza sta nel volersi dirigere verso la propria salvezza cercando tutti i mezzi, non nel farlo da soli.
Verrà un giorno in cui potrà di nuovo ridere, amare, abbracciare qualcuno mettendoci tutta l'anima; ma non potrà più rivolgere uno sguardo superficiale a chi soffre, sentire annunciare un lutto senza provare empatia.
Le sue stesse inevitabili future avversità le sembreranno meno insopportabili, più dolci; scoprirà con sorpresa che il regalo di quella pena antica, che in questo momento è così viva e lacerante, è stato proprio quello di renderla nello stesso tempo più sensibile e meno vulnerabile.
Con tutta la mia vicinanza e i miei auguri. Ci tenga al corrente.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 3.1k visite dal 12/04/2019.
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