Depressione e autosabotaggio

Salve. Sono una donna di 30 anni e da circa due anni sono in preda a un circolo vizioso che mi porta a non lavorare, a piangermi addosso, vivere nell'apatia, essere incapace di prendere decisioni. Sto frequentando un dottorato di ricerca, sono circa a metà del percorso e ho fatto poco o nulla. Continuo ad autosabotarmi, a rimandare e poi sono in preda ad ansia e panico. Il fallimento è inevitabile.
Per quasi un anno ho seguito una psicoterapia e penso di aver sabotato anche quella. Inizialmente mi ha aiutata, è migliorata perlopiù la percezione dei miei problemi; di fatto, la mia vita non è cambiata, nessuna cattiva abitudine (procrastinazione, malinconia, sigarette, ossessioni, uso quasi quotidiano di cannabis, isolamento sociale, immobilismo) davvero rimossa, nessuna buona abitudine consolidata. È diventato troppo importante, ho riversato sul rapporto terapeutico la mia energia e le mie aspettative, mi sono innamorata del terapeuta in modo malato, tra ossessioni vaghe e speranze, credo di aver delegato a lui la responsabilità di "salvarmi", e ho usato la "scusa" della terapia per continuare ad assentarmi dalla mia vita.
Ora ho interrotto la terapia ma prima di chiudere mi sono esposta, ho parlato del mio sentimento, argomento su cui sono sempre stata reticente, gli ho detto di essere dipendente da quel contesto e che lo stavo usando per sabotarmi e non affrontare la mia vita, che non c'era senso nel continuare solo perché lui mi mancava. In questi mesi ho mortificato questo "amore", me lo sono spiegato, l'ho giustificato per reggere il senso di colpa, finché, nel panico, ho avvertito l'esigenza di prendere una decisione, una qualsiasi, nella mia vita per stare meno male, e ho interrotto la terapia. Da fatto ho provocato un rifiuto come, con cura meticolosa, provoco periodicamente il fallimento in altri ambiti.
Il mio rapporto di coppia (convivo da diversi anni con il mio compagno) sta crollando, lui è giustamente stanco di farmi da "badante", la mia emotività spenta o fuori controllo gli sta facendo male, e a questo si aggiunge il mio costante senso di colpa nei suoi confronti.
Ho 30 anni, un fallimento che verrà ratificato tra qualche mese, il percorso che credevo di aver finalmente trovato si è dissolto, a causa mia, a causa di questo dolore immotivato e alienante, a causa della mia pigrizia e paura di fallire. Non ho praticamente amici, se non quelli di vecchissima data, che sono tutti andati avanti, mentre io sono bloccata, non riesco ad interagire, allontano le persone. L'unico rapporto in cui potevo esprimere me stessa senza la paura di un rifiuto, l'ho trasformato in problema. Continuo a spostare il dovere, le emozioni, l'impegno. Continuo a rimandare e ad alienarmi, non avverto alcun entusiasmo per la mia vita, solo colpa. È un incubo. Sono un incubo.
In questo momento non me la sento di riprendere la terapia o iniziarne un'altra. Cos'altro potrei fare? Come liberarmi di questa me che sono diventata scegliendo di non vivere?
[#1]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 591 67
Gentile utente,

ci chiede:
"..In questo momento non me la sento di riprendere la terapia o iniziarne un'altra. Cos'altro potrei fare?"

Lei qui non ci parla di terapia farmacologica.

Nessuno specialista glieLa ha consigliata, nel tempo del Suo malessere?
Per le forme depressive prolungate l'abbinamento di psicoterapia e farmaci può essere vincente:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6285-depressione-psicoterapia-e-piu-efficace-dei-soli-farmaci-nel-lungo-periodo.html .

Cosa ci può dire al riguardo?

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa Brunialti, la ringrazio per la celere risposta. Non ho mai seguito una terapia farmacologica, il mio terapeuta non è psichiatra e ho dichiarato dall'inizio di non voler prendere farmaci.
Capisco che sul malessere di lungo termine siano utili e, forse, risolutivi, ma mi spaventano troppo.



Saluti
[#3]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 591 67
I farmaci la spaventano PIU' della situazione che sta già vivendo ora?
Più dell'uso di cannabis,
più dell'andare in pezzi della Sua relazione,
più del possibile fallimento del Suo dottorato?

Anche il rifiuto dei farmaci fa parte dell'autosabotaggio di cui il titolo?

Dispiace che Lei escluda questa possibilità "chimica" transitoria,
pur essendo al contempo così sofferente.
Può servirLe il parere degli Psichiatri del blog, rispetto ai farmaci?

Deciderà poi Lei cosa fare.

Nel frattempo Le faccio tanti auguri,
affinchè possa riprendere le fila della Sua vita
di giovane donna.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
[#4]
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa Brunialti,
Non so se sia anche questo autosabotaggio, non mi stupirebbe molto. Ho visto, negli anni, alcune persone a me vicine diventare dipendenti da psicofarmaci senza, di fatto, risolvere i propri problemi, e ne ho il terrore. Capisco che stabilizzare chimicamente l'umore mi aiuterebbe a riprendere una routine produttiva, ma in realtà non so se sia quello che voglio, se la sofferenza non derivi solo da scelte sbagliate nella mia vita e dalla paura di ricominciare tutto alla mia giovane ma non giovanissima età. Ovviamente non potrò averne una visione lucida sul lungo o almeno medio termine finché l'umore non si stabilizzerà un minimo.
Richiederò un consulto de visu a uno psichiatra per valutare la possibilità di una terapia farmacologica.
Grazie,
Cordiali saluti
[#5]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 591 67
Ne sarei lieta.

Se ritiene,
ci faccia avere Sue News dopo la visita psichiatrica.

dott. Brunialti
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