Riconoscere una dipendenza da terapeuta
Buonasera, scrivo nella speranza di ricevere alcuni chiarimenti sul rapporto che dovrebbe esserci tra un paziente e il suo terapeuta e in particolare sui limiti che dovrebbero regolarlo. Tre anni fa ho iniziato una relazione con un uomo più grande di me, che è in cura da una terapeuta da ormai quasi 10 anni; di questa donna ha una stima profonda e spesso dimostra un attaccamento nei suoi confronti che certe volte mi perplime, cercherò di spiegare brevemente perchè.
Fin dagli inizi della nostra relazione, l'importanza della terapia per il mio partner è stata centrale: e non faccio fatica a comprenderlo, avendo lui cominciato da giovanissimo per risolvere problemi di vario genere che ancora sta cercando di elaborare. Quello che francamente mi rende più perplessa è la confidenza che c'è tra il mio partner e la terapeuta: mi ha raccontato di aver fatto ritiri, viaggi, vacanze con questa persona, ed in effetti è capitato più volte da quando ci frequentiamo che siano presenti la dottoressa - e addirittura la sua famiglia - a cene ed eventi organizzati tra amici. In queste occasioni, ho notato da parte della terapeuta un comportamento molto più vicino a quello di un'amica che a quello di una professionista: chiede favori personali (per esempio, essere accompagnata da qualche parte o prendersi cura della sua casa in sua assenza); inoltre, ultimamente il mio partner si è molto isolato (ha anche perso il lavoro), ha progressivamente abbandonato molti amici di lunga data per concentrarsi di più sul rapporto con la sua terapeuta e con altri pazienti in cura da lei.
Da quel poco che so riguardo al rapporto tra medico e paziente, mi sembra che questo rapporto sia piuttosto "inconsueto" e temo che possa danneggiare il mio partner: negli ultimi mesi ho provato a parlare con lui di questa cosa, anche sull'efficacia reale di una terapia decennale, ma a quanto pare non sono credibile. A questo punto mi chiedo, sono io ad aver sbagliato a preoccuparmi? E' normale una terapia di così lunga durata? E nel caso non lo fosse, è possibile fare qualcosa per segnalare questa persona?
Fin dagli inizi della nostra relazione, l'importanza della terapia per il mio partner è stata centrale: e non faccio fatica a comprenderlo, avendo lui cominciato da giovanissimo per risolvere problemi di vario genere che ancora sta cercando di elaborare. Quello che francamente mi rende più perplessa è la confidenza che c'è tra il mio partner e la terapeuta: mi ha raccontato di aver fatto ritiri, viaggi, vacanze con questa persona, ed in effetti è capitato più volte da quando ci frequentiamo che siano presenti la dottoressa - e addirittura la sua famiglia - a cene ed eventi organizzati tra amici. In queste occasioni, ho notato da parte della terapeuta un comportamento molto più vicino a quello di un'amica che a quello di una professionista: chiede favori personali (per esempio, essere accompagnata da qualche parte o prendersi cura della sua casa in sua assenza); inoltre, ultimamente il mio partner si è molto isolato (ha anche perso il lavoro), ha progressivamente abbandonato molti amici di lunga data per concentrarsi di più sul rapporto con la sua terapeuta e con altri pazienti in cura da lei.
Da quel poco che so riguardo al rapporto tra medico e paziente, mi sembra che questo rapporto sia piuttosto "inconsueto" e temo che possa danneggiare il mio partner: negli ultimi mesi ho provato a parlare con lui di questa cosa, anche sull'efficacia reale di una terapia decennale, ma a quanto pare non sono credibile. A questo punto mi chiedo, sono io ad aver sbagliato a preoccuparmi? E' normale una terapia di così lunga durata? E nel caso non lo fosse, è possibile fare qualcosa per segnalare questa persona?
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Gentile Utente,
con tutti i limiti del consulto on line...
Da quello che scrive, sono molto perplessa, perchè il rapporto terapeuta-paziente è regolato dal Codice Deontologico ma anche dal buon senso e uscire con un paziente, invitarlo a casa, frequentarlo come fosse un amico è fuori dal mondo per quel che mi riguarda.
Vorrei chiederLe due cose:
1) questa professionista è davvero una psicologa iscritta all'Ordine Professionale? Lei ne parla come "medico": è un medico iscritto all'Ordine Professionale?
2) Per quale problematica il Suo compagno è in terapia? Che cosa ha risolto in dieci anni? Che cosa deve ancora risolvere?
In linea generale, comunque, una psicoterapia non deve durare anni (tanto meno dieci anni!), perchè il trattamento deve essere efficace ma anche efficiente.
Cordiali saluti,
con tutti i limiti del consulto on line...
Da quello che scrive, sono molto perplessa, perchè il rapporto terapeuta-paziente è regolato dal Codice Deontologico ma anche dal buon senso e uscire con un paziente, invitarlo a casa, frequentarlo come fosse un amico è fuori dal mondo per quel che mi riguarda.
Vorrei chiederLe due cose:
1) questa professionista è davvero una psicologa iscritta all'Ordine Professionale? Lei ne parla come "medico": è un medico iscritto all'Ordine Professionale?
2) Per quale problematica il Suo compagno è in terapia? Che cosa ha risolto in dieci anni? Che cosa deve ancora risolvere?
In linea generale, comunque, una psicoterapia non deve durare anni (tanto meno dieci anni!), perchè il trattamento deve essere efficace ma anche efficiente.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Gentile dottoressa, intanto La ringrazio per la rapidità nella risposta. Per quanto riguarda le Sue domande:
1) Sì, ho controllato dal sito ufficiale dell'Ordine e la terapeuta in questione risulta iscritta nella "sezione A". Anche per questo la situazione mi sembra assurda: come dice Lei, anch'io la trovo contraria a qualsiasi logica, e mi domando se non vi sia qualche norma che regoli il giusto rapporto tra paziente e terapeuta.
2) Le domande che Lei pone le ho io stessa poste al mio partner quando ho cercato di farlo riflettere sull'efficacia di questa terapia: a detta sua, ha iniziato per risolvere problemi legati all'ansia, "un po' di depressione" (sic!) e attacchi di panico. Dice di continuare settimanalmente per il supporto che la terapia gli dà e perchè nell'ambito della terapia riesce ad ascoltare se stesso. Non nascondo di essere preoccupata a questo punto.
1) Sì, ho controllato dal sito ufficiale dell'Ordine e la terapeuta in questione risulta iscritta nella "sezione A". Anche per questo la situazione mi sembra assurda: come dice Lei, anch'io la trovo contraria a qualsiasi logica, e mi domando se non vi sia qualche norma che regoli il giusto rapporto tra paziente e terapeuta.
2) Le domande che Lei pone le ho io stessa poste al mio partner quando ho cercato di farlo riflettere sull'efficacia di questa terapia: a detta sua, ha iniziato per risolvere problemi legati all'ansia, "un po' di depressione" (sic!) e attacchi di panico. Dice di continuare settimanalmente per il supporto che la terapia gli dà e perchè nell'ambito della terapia riesce ad ascoltare se stesso. Non nascondo di essere preoccupata a questo punto.
[#3]
L'art. 28 del Codice Deontologico degli Psicologi recita:
"Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano
interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare
interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con
le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in
particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto
professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto
professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere
patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo
non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale"
L'art. 30, in aggiunta a quanto sopra, recita:
"Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali."
Chiedere favori personali ad un paziente (che nel rapporto terapeutico professionale è la parte vulnerabile e più debole) è una scorrettezza, perchè il rapporto professionale con il pz termina con la fine della seduta.
Sono certa ci siano altre persone cui chiedere un favore; perchè proprio uno dei pazienti?
Inoltre, che senso ha per il Suo compagno invitare la terapeuta con tutta la sua famiglia a cena?
Per quanto riguarda la psicoterapia, non posso esprimermi nel merito dell'efficacia di questa specifica situazione, in quanto non la conosco direttamente, ma in genere i disturbi d'ansia si trattano velocemente; dieci anni di psicoterapia, come già detto, mi sembrano molti.
Cordiali saluti,
"Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano
interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare
interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con
le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in
particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto
professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto
professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere
patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo
non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale"
L'art. 30, in aggiunta a quanto sopra, recita:
"Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali."
Chiedere favori personali ad un paziente (che nel rapporto terapeutico professionale è la parte vulnerabile e più debole) è una scorrettezza, perchè il rapporto professionale con il pz termina con la fine della seduta.
Sono certa ci siano altre persone cui chiedere un favore; perchè proprio uno dei pazienti?
Inoltre, che senso ha per il Suo compagno invitare la terapeuta con tutta la sua famiglia a cena?
Per quanto riguarda la psicoterapia, non posso esprimermi nel merito dell'efficacia di questa specifica situazione, in quanto non la conosco direttamente, ma in genere i disturbi d'ansia si trattano velocemente; dieci anni di psicoterapia, come già detto, mi sembrano molti.
Cordiali saluti,
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.5k visite dal 28/03/2019.
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