Professionalità dello psicoterapeuta
Buonasera,
chiedo un consulto perché a seguito di alcune vicissitudini sono dubbiosa se prosegiure il mio percorso con il mio attuale psicoterapeuta o cambiare figura professionale.
Ho iniziato il percorso di psicoterapia ormai quasi due anni fa, dove sono emersi determinati problemi di cui ero già a conoscenza -sindrome dell'abbandono dovuta a una figura materna tossicodipendente e conseguente dipendenza affettiva.
Tutte problematiche di cui ero già a conoscenza; ma a cui, dopo quasi due anni, non mi sono stati forniti gli strumenti per affrontarle.
Ogni seduta mi sembra uno sfogo dove i consigli sono solo avere forza di volontà e capire da dove derivano i miei problemi, consigli che ricevo anche solo da semplici amici e che non comportano alcun beneficio alla mia vita.
Mi sono rivolta a questo professionista in quanto abbastanza rinomato e consigliatomi da persone di fiducia.
Peccato che, appunto, le sedute mi sembrino solo valvole di sfogo che non portano a altro.
Ho provato a parlarne con il terapeuta stesso, facendogli presente che, oltre che sfogarmi, avrei bisogno di capire anche come risolvere i miei problemi, oltre che a capirne solo le cause di cui, ripeto, ero a conoscenza anche prima.
La risposta è sempre 'Ci si arriva col tempo'.
Il colmo dei miei dubbi è arrivato quando, di fronte a una gravidanza indesiderata, e alla conseguente quanto sofferta scelta di ricorrere all'interruzione, mi sono dovuta confrontare con una figura che mi spingeva a tenere il bambino facendo leva sui miei sensi di colpa, perché se l'avessi ucciso sarebbe stato come essere come mia madre (una figura che non si è mai presa cura di me e che oltre all'abbandono mi ha dato solo botte).
Questa cosa mi ha ferito tantissimo. Lui ritiene, nonostante la sua posizine pro-life, di essere stato abbastanza professionale da aver messo da parte le sue convinzioni professionali a favore del suo lavoro.
Peccato che abbia fatto leva sul mio rapporto materno per convincermi a tenere un bambino che non ero pronta ad avere.
Vi chiedo quindi consiglio se sia il caso di cambiare figura.
Grazie anticipatamente
chiedo un consulto perché a seguito di alcune vicissitudini sono dubbiosa se prosegiure il mio percorso con il mio attuale psicoterapeuta o cambiare figura professionale.
Ho iniziato il percorso di psicoterapia ormai quasi due anni fa, dove sono emersi determinati problemi di cui ero già a conoscenza -sindrome dell'abbandono dovuta a una figura materna tossicodipendente e conseguente dipendenza affettiva.
Tutte problematiche di cui ero già a conoscenza; ma a cui, dopo quasi due anni, non mi sono stati forniti gli strumenti per affrontarle.
Ogni seduta mi sembra uno sfogo dove i consigli sono solo avere forza di volontà e capire da dove derivano i miei problemi, consigli che ricevo anche solo da semplici amici e che non comportano alcun beneficio alla mia vita.
Mi sono rivolta a questo professionista in quanto abbastanza rinomato e consigliatomi da persone di fiducia.
Peccato che, appunto, le sedute mi sembrino solo valvole di sfogo che non portano a altro.
Ho provato a parlarne con il terapeuta stesso, facendogli presente che, oltre che sfogarmi, avrei bisogno di capire anche come risolvere i miei problemi, oltre che a capirne solo le cause di cui, ripeto, ero a conoscenza anche prima.
La risposta è sempre 'Ci si arriva col tempo'.
Il colmo dei miei dubbi è arrivato quando, di fronte a una gravidanza indesiderata, e alla conseguente quanto sofferta scelta di ricorrere all'interruzione, mi sono dovuta confrontare con una figura che mi spingeva a tenere il bambino facendo leva sui miei sensi di colpa, perché se l'avessi ucciso sarebbe stato come essere come mia madre (una figura che non si è mai presa cura di me e che oltre all'abbandono mi ha dato solo botte).
Questa cosa mi ha ferito tantissimo. Lui ritiene, nonostante la sua posizine pro-life, di essere stato abbastanza professionale da aver messo da parte le sue convinzioni professionali a favore del suo lavoro.
Peccato che abbia fatto leva sul mio rapporto materno per convincermi a tenere un bambino che non ero pronta ad avere.
Vi chiedo quindi consiglio se sia il caso di cambiare figura.
Grazie anticipatamente
[#1]
Gentile ragazza,
da quello che mi pare di capire, lei ha una storia di abbandoni che probabilmente deve risolvere perchè potrebbero (ma non è detto e io non La conosco personalmente) incidere sul modo in cui Lei gestisce le Sue relazioni, anche da adulta.
Ciò premesso, sono stati messi a fuoco obiettivi terapeutici?
Se sì, quali? Qualcuno di questi è stato raggiunto, anche solo in parte?
Che tipo di psicoterapia sta facendo?
Le psicoterapie non sono tutte uguali, ma non sono mai uno sfogatoio, perchè da una parte è sensato lasciare spazio al pz per esprimere la propria sofferenza. Anche questo spazio, però, deve essere contenuto, altrimenti non se ne esce più e, come Lei ha purtroppo sperimentato, non abbiamo risultati.
Lei che cosa vorrebbe cambiare nella Sua vita?
Quali sono gli aspetti di disagio ora?
da quello che mi pare di capire, lei ha una storia di abbandoni che probabilmente deve risolvere perchè potrebbero (ma non è detto e io non La conosco personalmente) incidere sul modo in cui Lei gestisce le Sue relazioni, anche da adulta.
Ciò premesso, sono stati messi a fuoco obiettivi terapeutici?
Se sì, quali? Qualcuno di questi è stato raggiunto, anche solo in parte?
Che tipo di psicoterapia sta facendo?
Le psicoterapie non sono tutte uguali, ma non sono mai uno sfogatoio, perchè da una parte è sensato lasciare spazio al pz per esprimere la propria sofferenza. Anche questo spazio, però, deve essere contenuto, altrimenti non se ne esce più e, come Lei ha purtroppo sperimentato, non abbiamo risultati.
Lei che cosa vorrebbe cambiare nella Sua vita?
Quali sono gli aspetti di disagio ora?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Ex utente
Gentile Dott.ssa,
ha centrato esattamente il punto. Il mio passato di abbandono materno incide notevolmente sulle mie attuali relazioni da adulta, ne sono consapevole ed è proprio su questo che vorrei lavorare.
Purtroppo però non è stato fissato alcun 'obiettivo terapeutico'. Ogni volta che ho provato a parlare di obiettivi, la risposta è stata 'vedremo nel tempo, ci si lavora'. E questo ha avuto come risultato il vivere le sedute come un semplice sfogatoio, che non è quello di cui avrei bisogno.
Il mio terapeuta è di linea prevalentemente psicoanalitica.
Non pretendo di ottenere dalla psicoterapia una bacchetta magica ai miei problemi, ma di fatto sto spendendo soldi solo per sfogarmi.
Essendo però il mio terapeuta il primo e l'unico sperimentato -e appunto rinomato- volevo capire se fosse un problema mio o se fosse il caso di rivolgermi a qualcun altro.
La ringrazio anticipatamente della disponibilità.
ha centrato esattamente il punto. Il mio passato di abbandono materno incide notevolmente sulle mie attuali relazioni da adulta, ne sono consapevole ed è proprio su questo che vorrei lavorare.
Purtroppo però non è stato fissato alcun 'obiettivo terapeutico'. Ogni volta che ho provato a parlare di obiettivi, la risposta è stata 'vedremo nel tempo, ci si lavora'. E questo ha avuto come risultato il vivere le sedute come un semplice sfogatoio, che non è quello di cui avrei bisogno.
Il mio terapeuta è di linea prevalentemente psicoanalitica.
Non pretendo di ottenere dalla psicoterapia una bacchetta magica ai miei problemi, ma di fatto sto spendendo soldi solo per sfogarmi.
Essendo però il mio terapeuta il primo e l'unico sperimentato -e appunto rinomato- volevo capire se fosse un problema mio o se fosse il caso di rivolgermi a qualcun altro.
La ringrazio anticipatamente della disponibilità.
[#3]
Il punto è che gli eventi del passato (che nessuno può cambiare, ma che possono assumere un peso diverso) devono essere sistemati e riletti in una chiave più funzionale per il pz nella psicoterapia. Mi spiego meglio. Se una persona subisce abbandoni da parte delle figure di accudimento nell'infanzia, certamente ne soffre, ma non ne resterà imprigionato a vita. Insomma, non deve essere una condanna a priori l'abbandono o la carenza di cure, sebbene siano importantissime per l'essere umano.
La finalità della psicoterapia è quella di spezzare il meccanismo attuato dal pz. che potrà essere rivolto alla ricerca di conferme e di test nelle relazioni successive, proprio per scongiurare un abbandono. Il risultato, però, è che dall'esterno non è ben leggibile tutto ciò (da parte degli altri o del pz stesso prima della terapia) e quindi è proprio questa modalità che genera il problema nelle relazioni.
E' chiaro che bisogna parlarne, ma bisogna anche osservare attentamente la sequenza problematica insieme (pz e terapeuta) ed è fondamentale che il pz. diventi consapevole di ciò che gli accade, dell'impatto che la sua reazione di "autoprotezione" ha sull'altro e soprattutto capace di una nuova modalità, che deve essere più "smart" e più funzionale.
Se io ne parlo e basta, non promuovo necessariamente un cambiamento, come Lei stessa conferma. Magari potrò sentirmi momentaneamente meglio, perchè appunto mi sono sfogata. Ma a questo punto, anche gli amici servono per questo.
Lo psicoterapeuta, invece, deve aiutare ad intercettare la sequenza problematica e ad assegnare un significato diverso, prendendone le distanze, altrimenti quella memoria sarà sempre dolorosissima. Anzi, più se ne parla per sfogarsi, più si corre il rischio di rendere questa ferita sempre più "infetta".
Il pz. sta bene quando diventa capace di rileggere la propria storia e narrarla con una certa distanza (che non è il distacco!) che è tipica di chi ha elaborato un abbandono.
Di solito il pz. che ha una storia del genere ha una bassa autostima e un'aspettativa di rifiuto/abbandono. Non voglio assolutamente banalizzare perchè l'essere umano soffre moltissimo e si dispera per l'abbandono (anche da adulto), ma due anni di psicoterapia per sistemare questa modalità disfunzionale sembrerebbero tanti.
In psicoterapia, dopo una valutazione iniziale, che può comprendere anche più colloqui, si fissano immediatamente obiettivi sensati, percorribili e tempificabili (per l'efficienza di una terapia, non solo per la sua efficacia) e si procede per raggiungere questi obiettivi, non a casaccio.
Cordiali saluti,
La finalità della psicoterapia è quella di spezzare il meccanismo attuato dal pz. che potrà essere rivolto alla ricerca di conferme e di test nelle relazioni successive, proprio per scongiurare un abbandono. Il risultato, però, è che dall'esterno non è ben leggibile tutto ciò (da parte degli altri o del pz stesso prima della terapia) e quindi è proprio questa modalità che genera il problema nelle relazioni.
E' chiaro che bisogna parlarne, ma bisogna anche osservare attentamente la sequenza problematica insieme (pz e terapeuta) ed è fondamentale che il pz. diventi consapevole di ciò che gli accade, dell'impatto che la sua reazione di "autoprotezione" ha sull'altro e soprattutto capace di una nuova modalità, che deve essere più "smart" e più funzionale.
Se io ne parlo e basta, non promuovo necessariamente un cambiamento, come Lei stessa conferma. Magari potrò sentirmi momentaneamente meglio, perchè appunto mi sono sfogata. Ma a questo punto, anche gli amici servono per questo.
Lo psicoterapeuta, invece, deve aiutare ad intercettare la sequenza problematica e ad assegnare un significato diverso, prendendone le distanze, altrimenti quella memoria sarà sempre dolorosissima. Anzi, più se ne parla per sfogarsi, più si corre il rischio di rendere questa ferita sempre più "infetta".
Il pz. sta bene quando diventa capace di rileggere la propria storia e narrarla con una certa distanza (che non è il distacco!) che è tipica di chi ha elaborato un abbandono.
Di solito il pz. che ha una storia del genere ha una bassa autostima e un'aspettativa di rifiuto/abbandono. Non voglio assolutamente banalizzare perchè l'essere umano soffre moltissimo e si dispera per l'abbandono (anche da adulto), ma due anni di psicoterapia per sistemare questa modalità disfunzionale sembrerebbero tanti.
In psicoterapia, dopo una valutazione iniziale, che può comprendere anche più colloqui, si fissano immediatamente obiettivi sensati, percorribili e tempificabili (per l'efficienza di una terapia, non solo per la sua efficacia) e si procede per raggiungere questi obiettivi, non a casaccio.
Cordiali saluti,
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.3k visite dal 17/03/2019.
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