Sono eccitato da ragazzi con disfunzioni sessuali
Non ho ancora mai avuto una relazione stabile, ma alcune esperienze di breve durata.
Da qualche anno sono iscritto in piscina perché sono molto alto ma sono a zero di muscoli e spalle. Cosa non secondaria, è anche una ottima occasione per vedere ragazzi nudi.
Fino ad ora ho avuto sempre rapporti sessuali solo con ragazzi e in piscina mi eccoti facilmente. In questi anni, nello spogliatoi ho avuto occasione di conoscere altri gay. Devo dire che ho avuto anche un discreto successo, forse anche perché sono estremamente magro e il costume da piscina attillati mi fa sembrare anche meglio dotato di quello che già sono.
Questo mi ha permesso di fare alcune esperienze sessuali.
In queste esperienze mi è capitato di avere rapporti con ragazzi che avevano problemi di erezione. Uno sicuramente per motivi di ansia e farmaci che doveva assumere, l'altro aveva un problema con le sue dimensioni e grande difficoltà a spogliarsi.
Mi sono accorto che trovo estremamente eccitanti i ragazzi con disfunzioni sessuali, più che gli altri.
Da un po' mi sono accorto che cerco di avvicinare soprattutto quei ragazzi che penso e spero possano avere delle difficoltà.
Da un po' mi sono fissato con un ragazzo che viene in piscina. Ha un bel fisico atletico e sembra sempre sapere il fatto suo, quindi all'inizio non l'ho molto considerato. Poi c'è stato un periodo che non trovavo nessuno interessante e abbiamo iniziato a parlare. Mi ha detto che è single, ma non che sia gay.
Mi incuriosisce perché non si fa mai vedere nudo. Quando arriva ha già il costume, che non toglie nemmeno per fare la doccia. Osservabili bene, talvolta mi sembra che abbia un costume imbottito, ma non ne sono sicuro.
A me piace molto stare nudo nello spogliatoio e farmi guardare. Mi sono avvicinato a lui spesso senza avere il costume. Mi sembra che non si sia imbarazzato molto e che mi abbia rivolto più di una occhiata. Una sera eravamo gli ultimi dello spogliatoio e a brucia pelo mi ha chiesto se sono gay. Io ho risposto di si, ma lui non ha aggiunto niente ed è andato via.
Da allora ho solo fantasie sessuali su di lui. In tutte le fantasie lui ha qualche problema al pene e mi eccito moltissimo.
La mia domanda è perché spero abbia problemi al pene?
Perché mi è piaciuto di più farlo con chi non riusciva ad avere l'erezione?
Mi ricordo, in particolare con il ragazzo con problemi di ansia che iniziavamo a toccarci insieme, ma lui proprio non riusciva a stimolarsi. Più lui si toccava senza esito e più io mi eccitavo. Quando raggiungevo l'erezione mi piaceva moltissimo toccargli il pene con il mio. Non credo di aver mai voluto umiliarlo, mi faceva provare piacere..
Dopo l' eiaculazione mi piaceva molto tenere il mio pene flaccido vicino al suo e continuare a toccarlo.
Non so se sono fantasie normali, sane o se ho un problema. A scuola non ho mai avuto vita facile e ho subito spesso episodi di bullismo, non vorrei avessero lasciato dei segni.
Mi piacerebbe ricevere un parere, grazie
Da qualche anno sono iscritto in piscina perché sono molto alto ma sono a zero di muscoli e spalle. Cosa non secondaria, è anche una ottima occasione per vedere ragazzi nudi.
Fino ad ora ho avuto sempre rapporti sessuali solo con ragazzi e in piscina mi eccoti facilmente. In questi anni, nello spogliatoi ho avuto occasione di conoscere altri gay. Devo dire che ho avuto anche un discreto successo, forse anche perché sono estremamente magro e il costume da piscina attillati mi fa sembrare anche meglio dotato di quello che già sono.
Questo mi ha permesso di fare alcune esperienze sessuali.
In queste esperienze mi è capitato di avere rapporti con ragazzi che avevano problemi di erezione. Uno sicuramente per motivi di ansia e farmaci che doveva assumere, l'altro aveva un problema con le sue dimensioni e grande difficoltà a spogliarsi.
Mi sono accorto che trovo estremamente eccitanti i ragazzi con disfunzioni sessuali, più che gli altri.
Da un po' mi sono accorto che cerco di avvicinare soprattutto quei ragazzi che penso e spero possano avere delle difficoltà.
Da un po' mi sono fissato con un ragazzo che viene in piscina. Ha un bel fisico atletico e sembra sempre sapere il fatto suo, quindi all'inizio non l'ho molto considerato. Poi c'è stato un periodo che non trovavo nessuno interessante e abbiamo iniziato a parlare. Mi ha detto che è single, ma non che sia gay.
Mi incuriosisce perché non si fa mai vedere nudo. Quando arriva ha già il costume, che non toglie nemmeno per fare la doccia. Osservabili bene, talvolta mi sembra che abbia un costume imbottito, ma non ne sono sicuro.
A me piace molto stare nudo nello spogliatoio e farmi guardare. Mi sono avvicinato a lui spesso senza avere il costume. Mi sembra che non si sia imbarazzato molto e che mi abbia rivolto più di una occhiata. Una sera eravamo gli ultimi dello spogliatoio e a brucia pelo mi ha chiesto se sono gay. Io ho risposto di si, ma lui non ha aggiunto niente ed è andato via.
Da allora ho solo fantasie sessuali su di lui. In tutte le fantasie lui ha qualche problema al pene e mi eccito moltissimo.
La mia domanda è perché spero abbia problemi al pene?
Perché mi è piaciuto di più farlo con chi non riusciva ad avere l'erezione?
Mi ricordo, in particolare con il ragazzo con problemi di ansia che iniziavamo a toccarci insieme, ma lui proprio non riusciva a stimolarsi. Più lui si toccava senza esito e più io mi eccitavo. Quando raggiungevo l'erezione mi piaceva moltissimo toccargli il pene con il mio. Non credo di aver mai voluto umiliarlo, mi faceva provare piacere..
Dopo l' eiaculazione mi piaceva molto tenere il mio pene flaccido vicino al suo e continuare a toccarlo.
Non so se sono fantasie normali, sane o se ho un problema. A scuola non ho mai avuto vita facile e ho subito spesso episodi di bullismo, non vorrei avessero lasciato dei segni.
Mi piacerebbe ricevere un parere, grazie
[#1]
Buon pomeriggio,
il suo consulto è ricco di aspetti che devono essere approfonditi in una sede idonea, dove potrà trovare nel tempo le risposte alle sue domande. In questa sede mi limito a lasciarle una suggestione, che sento evocata in me dalle parole del suo racconto e dalle riflessioni sul suo finire: a volte quello che gli altri vivono, o pensiamo che vivano, ha una risonanza dentro di noi; questo può essere legato al nostro mondo interiore.
Quindi ciò che è per noi fonte di stimolo e interesse può rappresentare una via per capire noi stessi, capire ad esempio perché qualcosa sembra attrarci o farci sentire a nostro agio oppure perché qualcosa può generare in noi ansie e paure, non facendoci sentire all'altezza o alimentando in noi il timore di deludere ad esempio.
Se decidesse di fare una panoramica dal vivo ed eventualmente di approfondire i suoi vissuti e le sue esperienze, come mi sembra desiderare, avrà l'occasione di capire come mai prova attrazione per ragazzi che sente o crede in difficoltà. Tanto più mi sembra importante che possa procedere in tal senso, perché è fondamentale analizzare certi vissuti interiori, per assicurarsi che non si costituiscano come limiti che condizionino la sua esperienza.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
il suo consulto è ricco di aspetti che devono essere approfonditi in una sede idonea, dove potrà trovare nel tempo le risposte alle sue domande. In questa sede mi limito a lasciarle una suggestione, che sento evocata in me dalle parole del suo racconto e dalle riflessioni sul suo finire: a volte quello che gli altri vivono, o pensiamo che vivano, ha una risonanza dentro di noi; questo può essere legato al nostro mondo interiore.
Quindi ciò che è per noi fonte di stimolo e interesse può rappresentare una via per capire noi stessi, capire ad esempio perché qualcosa sembra attrarci o farci sentire a nostro agio oppure perché qualcosa può generare in noi ansie e paure, non facendoci sentire all'altezza o alimentando in noi il timore di deludere ad esempio.
Se decidesse di fare una panoramica dal vivo ed eventualmente di approfondire i suoi vissuti e le sue esperienze, come mi sembra desiderare, avrà l'occasione di capire come mai prova attrazione per ragazzi che sente o crede in difficoltà. Tanto più mi sembra importante che possa procedere in tal senso, perché è fondamentale analizzare certi vissuti interiori, per assicurarsi che non si costituiscano come limiti che condizionino la sua esperienza.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Ex utente
La ringrazio dottore per la risposta.
Si, ha ragione, ho proprio il desiderio di provare a capire e di approfondire.
Non sono sicuro di avere compreso bene questa parte:
"a volte quello che gli altri vivono, o pensiamo che vivano, ha una risonanza dentro di noi; questo può essere legato al nostro mondo interiore."
Mi sta dicendo che nelle disfunzioni sessuali che penso di vedere nelle vite degli altri, c'è qualcosa che può avere a che fare con il mio mondo interiore?
Approfondire le motivazioni di questo mio interesse potrebbe permettermi di capire meglio me stesso?
È un discorso che mi interessa moltissimo.
Capisco che sia una cosa da fare di persona, ma siccome io ci ho pensato molto mi interesserebbe una sua "suggestione" come ha scritto prima. Ho trovato, da parte sua, un modo molto delicato per dire che non avrebbe potuto esprimere un parere, ma che ha sentito di poter dire qualcosa.
Io ho vissuti interiori molto forti, che sicuramente condizionano la mia esperienza, ma che non sono ancora riuscito a capire se hanno a che fare con questa situazione.
Mio padre era molto violento con mia madre e fin da piccolo ho assistito alle sue violenze. Fino a che ero piccolo ero terrorizzato da lui, poi, crescendo ho cominciato a cercare di difendere mia madre. Lui non mi picchiava, perché mi diceva che mi sarei spezzato subito. Mi afferrava per i genitali e stringeva fino a che non mi calmavo. Mi chiamava piccolo gay.
Quando avevo quattordici anni c'è stato un episodio in cui temevo potesse uccidere mia madre. Mi sono scagliato contro di lui. Dopo poco è riuscito a immobilizzarmi e ha cominciato a stringermi i genitali e mi urlava contro. Malgrado mi facesse male non smettevo di dimenarmi e lui urlava ancora di più. Quella sera è morto di infarto stringendo i miei genitali, ma ero riuscito a salvare mia madre.
Ho fatto un tic con gli occhi per tre anni, non volevo più uscire di casa e vedere nessuno, ho perso un anno a scuola, ma poi è passata. I miei problemi sono iniziati a scuola. A 16 anni si vedeva già che ero efeminato. Sono sempre stato molto fragile come fisico e per un gay con un tic l'incontro con i bulli è molto probabile.
Ne ho patite molte e ho perso altri due anni di scuola. Ho frequentato un istituto professionale per 8 anni, ma alla fine mi sono ritirato prima del diploma, non ce la facevo più, ma non ho mai detto niente a nessuno. Ho perso soldi, ho subito umiliazioni, in alcuni casi ho preso anche botte, ma non ho avuto la forza di chiedere aiuto.
Da quando ho lasciato la scuola la mia vita è ripartita. Ho trovato lavoro in un supermercato e adesso mi sembra di essere sereno.
Io penso che tra quello che faccio e il fatto stesso di essere gay ci sia più di un legame con la mia storia, mi interessa molto comprenderli, per capire chi sono diventato e chi voglio essere. Mia madre in questo non mi può aiutare, mi vuole un mondo di bene e avrebbe dato la sua vita per salvarmi, ma non ha le risorse per aiutarmi a capire.
Non so se sono pronto a parlare di persona a qualcuno di queste cose. Qui è pubblico, ma l'anonimato e il fatto di non avere una persona di fronte lo rende più intimo.
Ripeto che comprendo che lei non possa fare molto a distanza, le sue riflessioni mi hanno stimolato molto e sarei estremamente felice se potesse regalarmene altre.
In ogni caso capirò e la ringrazio fin d'ora.
Si, ha ragione, ho proprio il desiderio di provare a capire e di approfondire.
Non sono sicuro di avere compreso bene questa parte:
"a volte quello che gli altri vivono, o pensiamo che vivano, ha una risonanza dentro di noi; questo può essere legato al nostro mondo interiore."
Mi sta dicendo che nelle disfunzioni sessuali che penso di vedere nelle vite degli altri, c'è qualcosa che può avere a che fare con il mio mondo interiore?
Approfondire le motivazioni di questo mio interesse potrebbe permettermi di capire meglio me stesso?
È un discorso che mi interessa moltissimo.
Capisco che sia una cosa da fare di persona, ma siccome io ci ho pensato molto mi interesserebbe una sua "suggestione" come ha scritto prima. Ho trovato, da parte sua, un modo molto delicato per dire che non avrebbe potuto esprimere un parere, ma che ha sentito di poter dire qualcosa.
Io ho vissuti interiori molto forti, che sicuramente condizionano la mia esperienza, ma che non sono ancora riuscito a capire se hanno a che fare con questa situazione.
Mio padre era molto violento con mia madre e fin da piccolo ho assistito alle sue violenze. Fino a che ero piccolo ero terrorizzato da lui, poi, crescendo ho cominciato a cercare di difendere mia madre. Lui non mi picchiava, perché mi diceva che mi sarei spezzato subito. Mi afferrava per i genitali e stringeva fino a che non mi calmavo. Mi chiamava piccolo gay.
Quando avevo quattordici anni c'è stato un episodio in cui temevo potesse uccidere mia madre. Mi sono scagliato contro di lui. Dopo poco è riuscito a immobilizzarmi e ha cominciato a stringermi i genitali e mi urlava contro. Malgrado mi facesse male non smettevo di dimenarmi e lui urlava ancora di più. Quella sera è morto di infarto stringendo i miei genitali, ma ero riuscito a salvare mia madre.
Ho fatto un tic con gli occhi per tre anni, non volevo più uscire di casa e vedere nessuno, ho perso un anno a scuola, ma poi è passata. I miei problemi sono iniziati a scuola. A 16 anni si vedeva già che ero efeminato. Sono sempre stato molto fragile come fisico e per un gay con un tic l'incontro con i bulli è molto probabile.
Ne ho patite molte e ho perso altri due anni di scuola. Ho frequentato un istituto professionale per 8 anni, ma alla fine mi sono ritirato prima del diploma, non ce la facevo più, ma non ho mai detto niente a nessuno. Ho perso soldi, ho subito umiliazioni, in alcuni casi ho preso anche botte, ma non ho avuto la forza di chiedere aiuto.
Da quando ho lasciato la scuola la mia vita è ripartita. Ho trovato lavoro in un supermercato e adesso mi sembra di essere sereno.
Io penso che tra quello che faccio e il fatto stesso di essere gay ci sia più di un legame con la mia storia, mi interessa molto comprenderli, per capire chi sono diventato e chi voglio essere. Mia madre in questo non mi può aiutare, mi vuole un mondo di bene e avrebbe dato la sua vita per salvarmi, ma non ha le risorse per aiutarmi a capire.
Non so se sono pronto a parlare di persona a qualcuno di queste cose. Qui è pubblico, ma l'anonimato e il fatto di non avere una persona di fronte lo rende più intimo.
Ripeto che comprendo che lei non possa fare molto a distanza, le sue riflessioni mi hanno stimolato molto e sarei estremamente felice se potesse regalarmene altre.
In ogni caso capirò e la ringrazio fin d'ora.
[#3]
Salve,
comunica con intensità alcuni elementi significativi della sua storia, mostrando la sua sofferenza e le sue difficoltà, ma anche la sua forza.
Non posso entrare nel merito del suo racconto purtroppo, l'unico modo che ho per aiutarla in questa sede è invitarla a proseguire dal vivo. Se in passato non ha avuto la forza di chiedere aiuto, oggi lo sta facendo, quindi è importante che faccia un passo un più, senza desistere. Potrà scegliere quel professionista con il quale sentirà di volersi aprire.
Alcune nostre dinamiche relazionali possono derivare dai propri vissuti interiori, come lei ha compreso. Non dimentichi però che vi sono molti aspetti che caratterizzano l'essere umano. Per questo è necessario che lei possa riattraversare la sua storia e le sue esperienze relazionali in modo approfondito, con tempo e costanza e molto lavoro, senza dimenticarsi la complessità che ci caratterizza. La situazione familiare che descrive è piena di dettagli che possono aprire ulteriori capitoli della sua storia, è ricca di sfumature emotive che meritano la massima attenzione affinché possano essere comprese e utilizzate per la sua vita.
Rispetto alla sua attrazione per i ragazzi che crede in difficoltà, è importante guardarsi dentro per capire se ci sono alcuni vissuti interiori che creano attrazione per questi ragazzi oppure distanza per quelli che sente sicuri di sé. In quest'ultimo caso potremmo riferirci alla sua esperienza, quando parla di un ragazzo che "ha un bel fisico atletico e sembra sempre sapere il fatto suo, quindi all'inizio non l'ha molto considerato". In questa circostanza qualcosa sembra spingerla a tenere le distanze, a non investire, potremmo eventualmente anche dire a rinunciare, nonostante questo ragazzo fin da subito le sia piaciuto, se ho capito bene.
Approfondire le motivazioni del suo interesse per i ragazzi che crede in difficoltà e del suo (apparente?) disinteresse per chi non le sembra esserlo, quindi, potrebbe permetterle di capire meglio se stesso e, di conseguenza, vivere differenti modalità di stare in relazione. È un lavoro ambizioso, di grande valore e utilità, non facile ma non impossibile.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
comunica con intensità alcuni elementi significativi della sua storia, mostrando la sua sofferenza e le sue difficoltà, ma anche la sua forza.
Non posso entrare nel merito del suo racconto purtroppo, l'unico modo che ho per aiutarla in questa sede è invitarla a proseguire dal vivo. Se in passato non ha avuto la forza di chiedere aiuto, oggi lo sta facendo, quindi è importante che faccia un passo un più, senza desistere. Potrà scegliere quel professionista con il quale sentirà di volersi aprire.
Alcune nostre dinamiche relazionali possono derivare dai propri vissuti interiori, come lei ha compreso. Non dimentichi però che vi sono molti aspetti che caratterizzano l'essere umano. Per questo è necessario che lei possa riattraversare la sua storia e le sue esperienze relazionali in modo approfondito, con tempo e costanza e molto lavoro, senza dimenticarsi la complessità che ci caratterizza. La situazione familiare che descrive è piena di dettagli che possono aprire ulteriori capitoli della sua storia, è ricca di sfumature emotive che meritano la massima attenzione affinché possano essere comprese e utilizzate per la sua vita.
Rispetto alla sua attrazione per i ragazzi che crede in difficoltà, è importante guardarsi dentro per capire se ci sono alcuni vissuti interiori che creano attrazione per questi ragazzi oppure distanza per quelli che sente sicuri di sé. In quest'ultimo caso potremmo riferirci alla sua esperienza, quando parla di un ragazzo che "ha un bel fisico atletico e sembra sempre sapere il fatto suo, quindi all'inizio non l'ha molto considerato". In questa circostanza qualcosa sembra spingerla a tenere le distanze, a non investire, potremmo eventualmente anche dire a rinunciare, nonostante questo ragazzo fin da subito le sia piaciuto, se ho capito bene.
Approfondire le motivazioni del suo interesse per i ragazzi che crede in difficoltà e del suo (apparente?) disinteresse per chi non le sembra esserlo, quindi, potrebbe permetterle di capire meglio se stesso e, di conseguenza, vivere differenti modalità di stare in relazione. È un lavoro ambizioso, di grande valore e utilità, non facile ma non impossibile.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
Ex utente
Ho pensato tantissimo a quello che mi ha scritto.
In particolare mi ha spiazzato una cosa che sottolinea tra parentesi in questo passaggio:
"Approfondire le motivazioni del suo interesse per i ragazzi che crede in difficoltà e del suo (apparente?) disinteresse per chi non le sembra esserlo"
Sono giunto a questa riflessione. Io mi sono sempre sentito in difficoltà, in tantissime occasioni, le persone al top, quelle sotto i riflettori e ammirate da tutti non si possono interessare a me. Io sono l'ultimo e loro sono i primi.
Il mio non è disinteresse, è realismo. Cerco di essere attratto da obiettivi che posso raggiungere.
Il ragazzo in piscina sicuramente era attraente fin da subito, ma mi rendo conto che lo è diventato ai miei occhi solo quando ho cominciato a pensare che avesse il costume imbottito. Non era più il primo, ma uno da fondo classifica, uno di noi. Mi ha considerato, si è abbassato al mio livello e allora diventa interessante.
Forse è una sorta di protezione, forse soffrirei troppo ad appassionarmi a persone irraggiungibili.
Ha ragione, la mia situazione familiare apre tanti capitoli. Ho voluto raccontarle uno dei più dolorosi perché non ne parlo mai con nessuno e volevo vedere se ero in grado di scriverlo. Lei dice che ho cominciato a chiedere aiuto e che mi basta un piccolo passo in più per farlo dal vivo. A me sembra che il passo sia enorme. Ho provato a immaginarmi nel suo studio. A pensare alle sue espressioni, ai suoi sguardi, l'imbarazzo che avrei provato, il disagio, il dover rispondere lì e subito, senza il tempo di riflettere, meditare, ponderare.
Lei in particolare ha una modalità di sviluppare la relazione molto delicata, pesa molto le parole, mi sembra molto attento a non urtare la sensibilità dell'altro, è sicuramente una persona che mi piacerebbe incontrare, ma non credo che riuscirei a parlarle di queste cose dal vivo, non riuscirei a sostenere il suo sguardo, non ci riesco mai. Mi fa sentire a disagio essere osservato, guardare negli occhi. Una relazione dal vivo, inoltre, è appesantita da un sacco di convenevoli, per romperle il ghiaccio, per riprendere il filo del discorso, tutte finzioni che non sopporto.
Qui lei è sempre arrivato subito al punto e mi ha scritto quello che mi voleva dire.
Mi dispiace moltissimo che lei non possa entrare nel merito.
Sono affascinato dalla possibilità che descrive: "capire meglio se stesso e, di conseguenza, vivere differenti modalità di stare in relazione".
Per troppo tempo, anzi, per tutta la vita, non ho parlato di quello che mi accadeva, non ho analizzato i fatti, le situazioni, i comportamenti con qualcuno che avesse la capacità di andare oltre il mio solo punto di vista.
Anche il fatto di essere gay è un qualcosa che non ho mai affrontato con qualcuno che mi potesse aiutare a capire.
Lei ha visto tante direzioni, tanti spunti, ha in mente tante riflessioni...riprendo le parole che ha usato in conclusione, che mi piacciono moltissimo "un lavoro ambizioso, di grande valore e utilità, non facile ma non impossibile".
Mi sembra di avere la soluzione a un passo e non arrivarci. Un traduttore potrebbe accompagnarmi a rileggere la mia vita e aiutarmi a interpretare i momenti cruciale, ma è un traduttore con cui non posso parlare, perché on line non si deve fare e dal vivo non sono in grado.
Non ce la faccio proprio.
Non riuscirei ad affrontare una situazione in cui io racconto le cose più importanti della mia vita e di fronte ho una persona che mi considera uno dei tanti da ascoltare per dovere, a cui apparentemente dedicare interesse, ma che sta solo riempiendo un'ora del suo tempo, in attesa che arrivi il prossimo.
Qui mi sembra che il rapporto tra noi sia stato più onesto e sincero. Mi spiego, lei ha scelto di rispondermi la prima volta, lei ha scelto di continuare a rispondermi, lei ha scelto di farlo diciamo a fondo perduto, senza un tornaconto, senza un secondo fine, lei ha voluto dedicarmi il suo tempo, magari era in studio o persino a casa, quindi un tempo privato di maggiore valore. Mi sembra molto più vero on line che dal vivo.
Comprendo che non vedendomi non può raccogliere tante altre informazioni che dal vivo le comunicherei, anche involontariamente. Sicuramente il suo lavoro sarebbe ancora più efficace, ma io mi sentirei spiato, osservato, in qualche modo giudicato e quindi a disagio.
Lei dice: "è necessario che lei possa riattraversare la sua storia e le sue esperienze relazionali in modo approfondito, con tempo e costanza e molto lavoro, senza dimenticarsi la complessità che ci caratterizza".
Questo è quello di cui sento di avere bisogno, ma non sono pronto a farlo dal vivo, è un passo che mi spaventa, non ho mai saputo mostrare i miei sentimenti a nessuno e lì mi troverei a raccontare le mie paure più pronde.
Le faccio ancora una domanda, come potrei fare a scegliere il professionista con cui farlo. Non intendo dire la specializzazione da cercare, quello è un capitolo di cui non so nulla e non saprei neanche farle domande.
Intendo dire come faccio a scegliere la persona che c'è dietro il professionista?
Lei è stato il primo e l'unico e per quello che ci siamo detti mi piace, sia per la forma sia per il contenuto. Mi sembra professionale, ma anche sinceramente coinvolto. Mi sono trovato bene. Ma se non fosse stato così e se mi fossi trovato dal vivo, avrei magari dovuto cambiare e ancora cambiare. Non so se siano tutti come lei o se sia stato particolarmente fortunato, ma come potrei fare a cercarne uno che mi possa incontrare dal vivo e sia come lei? Mi perdoni se la domanda è sciocca.
C'è un'altra cosa che mi ha sorpreso, nelle sue prime parole:
"mostrando la sua sofferenza e le sue difficoltà, ma anche la sua forza"
La parola forza, non avevo mai pensato mi potesse appartenere. Le posso chiedere perché ha scritto questa parola?
La ringrazio molto perché, anche se ha detto di non poter entrare nel merito, mi ha fatto aprire un portone sul mio passato e i suoi fantasmi e mi ha fatto capire che è arrivato il momento di affrontarli. Devo solo capire come fare a trovare qualcuno che mi accompagni in questo viaggio.
In particolare mi ha spiazzato una cosa che sottolinea tra parentesi in questo passaggio:
"Approfondire le motivazioni del suo interesse per i ragazzi che crede in difficoltà e del suo (apparente?) disinteresse per chi non le sembra esserlo"
Sono giunto a questa riflessione. Io mi sono sempre sentito in difficoltà, in tantissime occasioni, le persone al top, quelle sotto i riflettori e ammirate da tutti non si possono interessare a me. Io sono l'ultimo e loro sono i primi.
Il mio non è disinteresse, è realismo. Cerco di essere attratto da obiettivi che posso raggiungere.
Il ragazzo in piscina sicuramente era attraente fin da subito, ma mi rendo conto che lo è diventato ai miei occhi solo quando ho cominciato a pensare che avesse il costume imbottito. Non era più il primo, ma uno da fondo classifica, uno di noi. Mi ha considerato, si è abbassato al mio livello e allora diventa interessante.
Forse è una sorta di protezione, forse soffrirei troppo ad appassionarmi a persone irraggiungibili.
Ha ragione, la mia situazione familiare apre tanti capitoli. Ho voluto raccontarle uno dei più dolorosi perché non ne parlo mai con nessuno e volevo vedere se ero in grado di scriverlo. Lei dice che ho cominciato a chiedere aiuto e che mi basta un piccolo passo in più per farlo dal vivo. A me sembra che il passo sia enorme. Ho provato a immaginarmi nel suo studio. A pensare alle sue espressioni, ai suoi sguardi, l'imbarazzo che avrei provato, il disagio, il dover rispondere lì e subito, senza il tempo di riflettere, meditare, ponderare.
Lei in particolare ha una modalità di sviluppare la relazione molto delicata, pesa molto le parole, mi sembra molto attento a non urtare la sensibilità dell'altro, è sicuramente una persona che mi piacerebbe incontrare, ma non credo che riuscirei a parlarle di queste cose dal vivo, non riuscirei a sostenere il suo sguardo, non ci riesco mai. Mi fa sentire a disagio essere osservato, guardare negli occhi. Una relazione dal vivo, inoltre, è appesantita da un sacco di convenevoli, per romperle il ghiaccio, per riprendere il filo del discorso, tutte finzioni che non sopporto.
Qui lei è sempre arrivato subito al punto e mi ha scritto quello che mi voleva dire.
Mi dispiace moltissimo che lei non possa entrare nel merito.
Sono affascinato dalla possibilità che descrive: "capire meglio se stesso e, di conseguenza, vivere differenti modalità di stare in relazione".
Per troppo tempo, anzi, per tutta la vita, non ho parlato di quello che mi accadeva, non ho analizzato i fatti, le situazioni, i comportamenti con qualcuno che avesse la capacità di andare oltre il mio solo punto di vista.
Anche il fatto di essere gay è un qualcosa che non ho mai affrontato con qualcuno che mi potesse aiutare a capire.
Lei ha visto tante direzioni, tanti spunti, ha in mente tante riflessioni...riprendo le parole che ha usato in conclusione, che mi piacciono moltissimo "un lavoro ambizioso, di grande valore e utilità, non facile ma non impossibile".
Mi sembra di avere la soluzione a un passo e non arrivarci. Un traduttore potrebbe accompagnarmi a rileggere la mia vita e aiutarmi a interpretare i momenti cruciale, ma è un traduttore con cui non posso parlare, perché on line non si deve fare e dal vivo non sono in grado.
Non ce la faccio proprio.
Non riuscirei ad affrontare una situazione in cui io racconto le cose più importanti della mia vita e di fronte ho una persona che mi considera uno dei tanti da ascoltare per dovere, a cui apparentemente dedicare interesse, ma che sta solo riempiendo un'ora del suo tempo, in attesa che arrivi il prossimo.
Qui mi sembra che il rapporto tra noi sia stato più onesto e sincero. Mi spiego, lei ha scelto di rispondermi la prima volta, lei ha scelto di continuare a rispondermi, lei ha scelto di farlo diciamo a fondo perduto, senza un tornaconto, senza un secondo fine, lei ha voluto dedicarmi il suo tempo, magari era in studio o persino a casa, quindi un tempo privato di maggiore valore. Mi sembra molto più vero on line che dal vivo.
Comprendo che non vedendomi non può raccogliere tante altre informazioni che dal vivo le comunicherei, anche involontariamente. Sicuramente il suo lavoro sarebbe ancora più efficace, ma io mi sentirei spiato, osservato, in qualche modo giudicato e quindi a disagio.
Lei dice: "è necessario che lei possa riattraversare la sua storia e le sue esperienze relazionali in modo approfondito, con tempo e costanza e molto lavoro, senza dimenticarsi la complessità che ci caratterizza".
Questo è quello di cui sento di avere bisogno, ma non sono pronto a farlo dal vivo, è un passo che mi spaventa, non ho mai saputo mostrare i miei sentimenti a nessuno e lì mi troverei a raccontare le mie paure più pronde.
Le faccio ancora una domanda, come potrei fare a scegliere il professionista con cui farlo. Non intendo dire la specializzazione da cercare, quello è un capitolo di cui non so nulla e non saprei neanche farle domande.
Intendo dire come faccio a scegliere la persona che c'è dietro il professionista?
Lei è stato il primo e l'unico e per quello che ci siamo detti mi piace, sia per la forma sia per il contenuto. Mi sembra professionale, ma anche sinceramente coinvolto. Mi sono trovato bene. Ma se non fosse stato così e se mi fossi trovato dal vivo, avrei magari dovuto cambiare e ancora cambiare. Non so se siano tutti come lei o se sia stato particolarmente fortunato, ma come potrei fare a cercarne uno che mi possa incontrare dal vivo e sia come lei? Mi perdoni se la domanda è sciocca.
C'è un'altra cosa che mi ha sorpreso, nelle sue prime parole:
"mostrando la sua sofferenza e le sue difficoltà, ma anche la sua forza"
La parola forza, non avevo mai pensato mi potesse appartenere. Le posso chiedere perché ha scritto questa parola?
La ringrazio molto perché, anche se ha detto di non poter entrare nel merito, mi ha fatto aprire un portone sul mio passato e i suoi fantasmi e mi ha fatto capire che è arrivato il momento di affrontarli. Devo solo capire come fare a trovare qualcuno che mi accompagni in questo viaggio.
[#5]
Buon pomeriggio,
voglio dirle che le sue riflessioni sono importanti, questo è un segno favorevole a mio avviso.
L'idea di proseguire il nostro dialogo dal vivo non è un passo piccolo, ha ragione. Sente imbarazzo e nutre dei timori, ma è comunque riuscito a immaginarsi nel mio studio. Mi sembra di poter dire che accanto alle difficoltà sente anche un desiderio. Non lo trascuri, è importante.
Un ulteriore vissuto che emerge sembra essere il comprensibile bisogno che ci sia interesse da parte dell'interlocutore. Quando lei dice di essere "l'ultimo", da una parte esprime una convinzione dal carattere assoluto, dall'altra forse vorrebbe essere smentito, fare cioè una nuova esperienza di sé, in cui essere se stesso e sentire, appunto, interesse. Potersi concepire come una persona interessante, e non come l’ultimo , le consentirebbe effettivamente di vedere gli altri non più come irraggiungibili , come invece sembra accadere oggi.
Quello che mi preme comunicarle in questa sede è che l'emergere dei suoi vissuti è estremamente vantaggioso, l'importante è che non diventino un ostacolo insormontabile per la sua ricerca e per il cambiamento che desidera fare.
Relativamente al professionista, ha intuito alcune sensazioni nei miei confronti, mi sembra sentire curiosità e partecipazione, questi sono parametri che indicano una capacità di selezione e la possibilità di scelta. Mi sento di dire quindi che sembra avere gli strumenti per fare la sua scelta, anche se non è sempre facile incontrare il professionista giusto per sé, con il quale decidere l’opportunità di fare insieme un "viaggio" particolarmente ambizioso e trasformativo.
Quanto alla forza che il suo racconto mi ha comunicato, posso dirle che accanto alle sue difficoltà e alla sua sofferenza, ha mostrato anche una capacità di farvi fronte.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
voglio dirle che le sue riflessioni sono importanti, questo è un segno favorevole a mio avviso.
L'idea di proseguire il nostro dialogo dal vivo non è un passo piccolo, ha ragione. Sente imbarazzo e nutre dei timori, ma è comunque riuscito a immaginarsi nel mio studio. Mi sembra di poter dire che accanto alle difficoltà sente anche un desiderio. Non lo trascuri, è importante.
Un ulteriore vissuto che emerge sembra essere il comprensibile bisogno che ci sia interesse da parte dell'interlocutore. Quando lei dice di essere "l'ultimo", da una parte esprime una convinzione dal carattere assoluto, dall'altra forse vorrebbe essere smentito, fare cioè una nuova esperienza di sé, in cui essere se stesso e sentire, appunto, interesse. Potersi concepire come una persona interessante, e non come l’ultimo , le consentirebbe effettivamente di vedere gli altri non più come irraggiungibili , come invece sembra accadere oggi.
Quello che mi preme comunicarle in questa sede è che l'emergere dei suoi vissuti è estremamente vantaggioso, l'importante è che non diventino un ostacolo insormontabile per la sua ricerca e per il cambiamento che desidera fare.
Relativamente al professionista, ha intuito alcune sensazioni nei miei confronti, mi sembra sentire curiosità e partecipazione, questi sono parametri che indicano una capacità di selezione e la possibilità di scelta. Mi sento di dire quindi che sembra avere gli strumenti per fare la sua scelta, anche se non è sempre facile incontrare il professionista giusto per sé, con il quale decidere l’opportunità di fare insieme un "viaggio" particolarmente ambizioso e trasformativo.
Quanto alla forza che il suo racconto mi ha comunicato, posso dirle che accanto alle sue difficoltà e alla sua sofferenza, ha mostrato anche una capacità di farvi fronte.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#6]
Ex utente
Mi scusi dottore se non le ho più risposto, ma sono stato molto male.
Una sera, uscendo dalla piscina, sono stato aggredito da tre ragazzi che volevano derubarmi. Mi hanno spintonato per prendermi il cellulare e i soldi, che io ho lasciato subito, poi hanno capito che avevo anche la macchina. Ho cercato di difendere le chiavi, ma mi hanno dato un sacco di botte e alla fine mi hanno preso anche quelle.
Sono rimasto a terra per un bel po' perché non passava nessuno e non avevo il telefono. Non riuscivo a smettere di piangere. Mi hanno rotto due costole, una gamba e un polso, ma soprattutto non riuscivo a farmi passare l'agitazione.
Mi hanno prescritto delle gocce e ho cominciato a vedere uno psicologo.
Lo scopo ovviamente era parlare dell'aggressione, ma la mia speranza era che fosse una persona a cui provare a raccontare anche tutto il resto.
Purtroppo non le assomiglia per niente, non ha il suo modo di fare che mi piace tanto. Magari dal vivo sarebbe più difficile anche con lei, ma qui mi sono sentito ascoltato, non sotto interrogatorio, compreso e mai giudicato. In questo caso è tutto diverso. Tutte le mie paure di non trovare la persona giusta sembra si stiano materializzando. Magari servirà un po' di tempo, anche se con lei mi sono trovato bene da subito.
Volevo chiederle un consiglio su come posso fare.
Non sono mai tranquillo, non riesco a dormire senza sognare quello che mi è successo. A volte mi sembra di riviverlo anche da sveglio e non mi sento mai al sicuro. Scatto per niente, suoni rumori o gesti assolutamente inoffensivi, ma che a me sembrano minacciosi.
Sto proprio male.
Perché c'è tutta questa violenza nella mia vita? È così evidente a tutti che sono facile da attaccare? Che non mi so difendere?
Anche questo episodio rinforza la mia convinzione di essere un ultimo.
La sua idea di potermi vivere in modo diverso, di potermi percepire come una persona interessante mi aveva fatto sperare, ma la realtà è subito venuta a bastonarmi, nel vero senso della parola. Fa male, e non parlo solo delle ossa...
Io sono l'ultimo, dove pensavo di poter andare?
Sto proprio male.
Ancora più male per mia mamma e per come l'ha presa male.
È come se fossi tornato a rivivere gli episodi di violenza del mio passato, con mio padre, a scuola...è una porta che non vuole essere chiusa.
Mi può aiutare in qualche modo?
Non so come uscirne, le gocce non sembrano bastare e le sedute con lo psicologo sono anche esse motivo di ansia.
Non so se sono davvero forte come aveva scritto lei, ma per un po' mi era piaciuto pensarlo.
Prima di cadere in questo baratro avevo anche avvicinato quel ragazzo della piscina di cui le avevo parlato. Mi ha spiegato che non è gay, ma mi aveva detto che poteva essere interessato ad avere un rapporto sessuale con un uomo, soprattutto se più dotato di lui. Ero eccitatissimo, ma poi è successo questo e non l'ho più visto. Non ho un suo riferimento per contattarlo, chissà che cosa penserà non vedendomi. Non so se abbiano saputo dell'aggressione in piscina.
La ringrazio per tutto quello che mi ha scritto le altre volte. Spero che abbia ancora voglia di dedicarmi un po' del suo tempo, con la cura e sensibilità che ha saputo usare le altre volte. Ci spero tanto, ne avrei proprio bisogno. Sto proprio male
Una sera, uscendo dalla piscina, sono stato aggredito da tre ragazzi che volevano derubarmi. Mi hanno spintonato per prendermi il cellulare e i soldi, che io ho lasciato subito, poi hanno capito che avevo anche la macchina. Ho cercato di difendere le chiavi, ma mi hanno dato un sacco di botte e alla fine mi hanno preso anche quelle.
Sono rimasto a terra per un bel po' perché non passava nessuno e non avevo il telefono. Non riuscivo a smettere di piangere. Mi hanno rotto due costole, una gamba e un polso, ma soprattutto non riuscivo a farmi passare l'agitazione.
Mi hanno prescritto delle gocce e ho cominciato a vedere uno psicologo.
Lo scopo ovviamente era parlare dell'aggressione, ma la mia speranza era che fosse una persona a cui provare a raccontare anche tutto il resto.
Purtroppo non le assomiglia per niente, non ha il suo modo di fare che mi piace tanto. Magari dal vivo sarebbe più difficile anche con lei, ma qui mi sono sentito ascoltato, non sotto interrogatorio, compreso e mai giudicato. In questo caso è tutto diverso. Tutte le mie paure di non trovare la persona giusta sembra si stiano materializzando. Magari servirà un po' di tempo, anche se con lei mi sono trovato bene da subito.
Volevo chiederle un consiglio su come posso fare.
Non sono mai tranquillo, non riesco a dormire senza sognare quello che mi è successo. A volte mi sembra di riviverlo anche da sveglio e non mi sento mai al sicuro. Scatto per niente, suoni rumori o gesti assolutamente inoffensivi, ma che a me sembrano minacciosi.
Sto proprio male.
Perché c'è tutta questa violenza nella mia vita? È così evidente a tutti che sono facile da attaccare? Che non mi so difendere?
Anche questo episodio rinforza la mia convinzione di essere un ultimo.
La sua idea di potermi vivere in modo diverso, di potermi percepire come una persona interessante mi aveva fatto sperare, ma la realtà è subito venuta a bastonarmi, nel vero senso della parola. Fa male, e non parlo solo delle ossa...
Io sono l'ultimo, dove pensavo di poter andare?
Sto proprio male.
Ancora più male per mia mamma e per come l'ha presa male.
È come se fossi tornato a rivivere gli episodi di violenza del mio passato, con mio padre, a scuola...è una porta che non vuole essere chiusa.
Mi può aiutare in qualche modo?
Non so come uscirne, le gocce non sembrano bastare e le sedute con lo psicologo sono anche esse motivo di ansia.
Non so se sono davvero forte come aveva scritto lei, ma per un po' mi era piaciuto pensarlo.
Prima di cadere in questo baratro avevo anche avvicinato quel ragazzo della piscina di cui le avevo parlato. Mi ha spiegato che non è gay, ma mi aveva detto che poteva essere interessato ad avere un rapporto sessuale con un uomo, soprattutto se più dotato di lui. Ero eccitatissimo, ma poi è successo questo e non l'ho più visto. Non ho un suo riferimento per contattarlo, chissà che cosa penserà non vedendomi. Non so se abbiano saputo dell'aggressione in piscina.
La ringrazio per tutto quello che mi ha scritto le altre volte. Spero che abbia ancora voglia di dedicarmi un po' del suo tempo, con la cura e sensibilità che ha saputo usare le altre volte. Ci spero tanto, ne avrei proprio bisogno. Sto proprio male
[#7]
Buongiorno,
leggo con dispiacere la situazione che descrive, immagino quanto spaventosa, mortificante e ingiusta sia stata. Non è facile, rivive quell'episodio terribile, sta male. Mi sembra di rintracciare nelle sue parole un senso di vergogna e di solitudine.
Purtroppo la realtà può riservare momenti difficili, ma non si scoraggi. Sento in lei il desiderio di credere ancora che ci sia una realtà differente, in cui non sentirsi indifeso e attaccabile, in cui poterci essere, riconoscendosi interessante, più forte, più fiducioso.
Deve fare le sue valutazioni circa il professionista che la segue, potersi prendere cura di sé, lo deve a se stesso. Piano piano, per trovare una dimensione possibile, in cui vivere in modo più sereno, costruendo amicizie e affetti intorno a sé, cercando di coltivare le sue passioni. E magari potendosi trovare di nuovo davanti a quel ragazzo della piscina che la incuriosisce o incontrare un giorno un ragazzo con il quale poter vivere un reciproco interesse.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
leggo con dispiacere la situazione che descrive, immagino quanto spaventosa, mortificante e ingiusta sia stata. Non è facile, rivive quell'episodio terribile, sta male. Mi sembra di rintracciare nelle sue parole un senso di vergogna e di solitudine.
Purtroppo la realtà può riservare momenti difficili, ma non si scoraggi. Sento in lei il desiderio di credere ancora che ci sia una realtà differente, in cui non sentirsi indifeso e attaccabile, in cui poterci essere, riconoscendosi interessante, più forte, più fiducioso.
Deve fare le sue valutazioni circa il professionista che la segue, potersi prendere cura di sé, lo deve a se stesso. Piano piano, per trovare una dimensione possibile, in cui vivere in modo più sereno, costruendo amicizie e affetti intorno a sé, cercando di coltivare le sue passioni. E magari potendosi trovare di nuovo davanti a quel ragazzo della piscina che la incuriosisce o incontrare un giorno un ragazzo con il quale poter vivere un reciproco interesse.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#8]
Ex utente
Per un po' dovrò usare una sedia a rotelle perché non posso usare le stampelle e siamo senza macchina, era l'unica che avevamo. Mia madre ha detto che per un po' non potremo averne un'altra, non abbiamo abbastanza da parte in questo momento.
Le costole mi fanno ancora male, ma soprattutto sono sempre agitato. Il medico da cui sono andato mi ha detto che piano piano mi aumenterà la dose delle gocce.
Lei ha ragione sia sulla solitudine sia sulla vergogna. Mi vergogno per non essere capace di difendermi. Non parlo solo del fare a botte, qui erano anche tre contro uno. È proprio che nei rapporti con gli altri io riesco sempre a diventare la parte debole. Ogni tanto mi è capitato di vendere qualcosa di usato per fare due soldi e alla fine mi rendo conto che ho sempre accettato il prezzo che ha fatto l'altro. Se c'è un ostacolo non ci provo neanche, mollo, odio lo scontro e quindi lascio la strada all'altro.
Quando avevo avuto il tic agli occhi mi ricordo che era un incubo. Mi sembrava fosse un'insegna luminosa che dicesse: "sta male, attaccate lui che è debole"...e gli altri puntualmente lo facevano. Quando sono stato bocciato ho cambiato anche scuola e mi sono detto, posso cambiare tutto, ricominciare. Dopo un mese ero quello sfigato con il tic a cui rubare la merenda. Allora ho capito che non era la scuola e gli altri, ma ero io.
C'è stato un periodo in cui mi chiamavano Pisellone. Avevamo cominciato a frequentare la piscina con la scuola e in costume si vede. Invece di avere un vanto anche questa era una vergogna perché dicevano che non lo sapevo usare con le ragazze. Si cominciava a capire che ero Gay.
"Trovare una dimensione possibile, in cui vivere in modo più sereno" fino a qui credevo di essere faticosamente riuscito ad arrivare.
Il pezzo dopo "costruendo amicizie e affetti intorno a sé, cercando di coltivare le sue passioni" non sono mai riuscito ad averlo. Il mio mondo è sempre stato solo mia madre, nessun altro si è avvicinato a me se non per farmi del male.
Questa parte poi " incontrare un giorno un ragazzo con il quale poter vivere un reciproco interesse" mi sembra proprio un miraggio.
Lei dice "Deve fare le sue valutazioni circa il professionista che la segue, potersi prendere cura di sé, lo deve a se stesso".
Concordo pienamente, ma con lui per ora non mi trovo. Quando so che de vo andare sono sempre in ansia perché devo pensare a qualcosa da dire, da spiegare. Avrei voglia che capisse tutto lui e mi dicesse fai così. Una specie di ginnastica passiva, per chi non è forte abbastanza per farla da solo.
Mi rendo conto che non è possibile.
Secondo lei dopo quanto tempo è ragionevole provare a cambiare? Che cosa posso fare per fare funzionare meglio gli incontri?
Mi spiego. Mi fa un sacco di domande, ma che non mi sembrano collegate con quello di cui parlo. Come se avesse in mente tutto un suo ragionamento, ma che non mi spiega. Scrive tantissime cose, anche quando io non parlo.
Non mi sembra di fare una chiacchierata, ma una specie di esame, in cui non capisco le domande e non so neanche se sto andando bene. Con lei non mi ero sentito così.
Magari è normale. Anche lei farebbe così dal vivo? Magari sono io che sbaglio, ma non mi fa stare bene.
Le gocce poi mi sembra che mi facciano come addormentare, ma non mi calmano.
Forse sto peggio di quando è morto mio padre. Non sto soffrendo solo per questo ultimo episodio, ma per tutte le sofferenze che ha fatto tornare a galla, che non ho mai davvero superato.
Questa situazione mi sta affossando.
Ho pensato molto anche alla sua frase in cui parla di passioni. Non saprei dire se ne ho. Mi sono sempre talmente concentrato sul sopravvivere che credo di non averne coltivate. Pensandoci molto forse c'è una cosa che mi piace: fotografare la natura e gli animali, non le persone. Non lo faccio da talmente tanto tempo che non mi ricordo più. Lo facevo con mio nonno, che mi portava nel bosco quando andava per funghi. Quello è un ricordo sereno, che mi da pace. Mi sono sempre chiesto se sapesse del comportamento di suo figlio (mio padre). Prima che lui morisse c'erano già stati diversi episodi di violenza, ma è dopo la sua morte che sono diventati molto gravi. Chissà che cosa avrebbe fatto, chissà se mi avrebbe salvato.
La ringrazio per essersi interessato a me e mi spiace che sia a Roma, altrimenti le chiederei un appuntamento.
Le costole mi fanno ancora male, ma soprattutto sono sempre agitato. Il medico da cui sono andato mi ha detto che piano piano mi aumenterà la dose delle gocce.
Lei ha ragione sia sulla solitudine sia sulla vergogna. Mi vergogno per non essere capace di difendermi. Non parlo solo del fare a botte, qui erano anche tre contro uno. È proprio che nei rapporti con gli altri io riesco sempre a diventare la parte debole. Ogni tanto mi è capitato di vendere qualcosa di usato per fare due soldi e alla fine mi rendo conto che ho sempre accettato il prezzo che ha fatto l'altro. Se c'è un ostacolo non ci provo neanche, mollo, odio lo scontro e quindi lascio la strada all'altro.
Quando avevo avuto il tic agli occhi mi ricordo che era un incubo. Mi sembrava fosse un'insegna luminosa che dicesse: "sta male, attaccate lui che è debole"...e gli altri puntualmente lo facevano. Quando sono stato bocciato ho cambiato anche scuola e mi sono detto, posso cambiare tutto, ricominciare. Dopo un mese ero quello sfigato con il tic a cui rubare la merenda. Allora ho capito che non era la scuola e gli altri, ma ero io.
C'è stato un periodo in cui mi chiamavano Pisellone. Avevamo cominciato a frequentare la piscina con la scuola e in costume si vede. Invece di avere un vanto anche questa era una vergogna perché dicevano che non lo sapevo usare con le ragazze. Si cominciava a capire che ero Gay.
"Trovare una dimensione possibile, in cui vivere in modo più sereno" fino a qui credevo di essere faticosamente riuscito ad arrivare.
Il pezzo dopo "costruendo amicizie e affetti intorno a sé, cercando di coltivare le sue passioni" non sono mai riuscito ad averlo. Il mio mondo è sempre stato solo mia madre, nessun altro si è avvicinato a me se non per farmi del male.
Questa parte poi " incontrare un giorno un ragazzo con il quale poter vivere un reciproco interesse" mi sembra proprio un miraggio.
Lei dice "Deve fare le sue valutazioni circa il professionista che la segue, potersi prendere cura di sé, lo deve a se stesso".
Concordo pienamente, ma con lui per ora non mi trovo. Quando so che de vo andare sono sempre in ansia perché devo pensare a qualcosa da dire, da spiegare. Avrei voglia che capisse tutto lui e mi dicesse fai così. Una specie di ginnastica passiva, per chi non è forte abbastanza per farla da solo.
Mi rendo conto che non è possibile.
Secondo lei dopo quanto tempo è ragionevole provare a cambiare? Che cosa posso fare per fare funzionare meglio gli incontri?
Mi spiego. Mi fa un sacco di domande, ma che non mi sembrano collegate con quello di cui parlo. Come se avesse in mente tutto un suo ragionamento, ma che non mi spiega. Scrive tantissime cose, anche quando io non parlo.
Non mi sembra di fare una chiacchierata, ma una specie di esame, in cui non capisco le domande e non so neanche se sto andando bene. Con lei non mi ero sentito così.
Magari è normale. Anche lei farebbe così dal vivo? Magari sono io che sbaglio, ma non mi fa stare bene.
Le gocce poi mi sembra che mi facciano come addormentare, ma non mi calmano.
Forse sto peggio di quando è morto mio padre. Non sto soffrendo solo per questo ultimo episodio, ma per tutte le sofferenze che ha fatto tornare a galla, che non ho mai davvero superato.
Questa situazione mi sta affossando.
Ho pensato molto anche alla sua frase in cui parla di passioni. Non saprei dire se ne ho. Mi sono sempre talmente concentrato sul sopravvivere che credo di non averne coltivate. Pensandoci molto forse c'è una cosa che mi piace: fotografare la natura e gli animali, non le persone. Non lo faccio da talmente tanto tempo che non mi ricordo più. Lo facevo con mio nonno, che mi portava nel bosco quando andava per funghi. Quello è un ricordo sereno, che mi da pace. Mi sono sempre chiesto se sapesse del comportamento di suo figlio (mio padre). Prima che lui morisse c'erano già stati diversi episodi di violenza, ma è dopo la sua morte che sono diventati molto gravi. Chissà che cosa avrebbe fatto, chissà se mi avrebbe salvato.
La ringrazio per essersi interessato a me e mi spiace che sia a Roma, altrimenti le chiederei un appuntamento.
[#9]
Buonasera,
i suoi vissuti e le sue domande sono importanti, vorrei poterle approfondire insieme a lei. Purtroppo online non riesco ad aiutarla più di così. Voglio salutarla con un caro augurio ricordandole, se ce ne fosse bisogno, di non rinunciare alla sua ricerca e di dare valore a se stesso.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
i suoi vissuti e le sue domande sono importanti, vorrei poterle approfondire insieme a lei. Purtroppo online non riesco ad aiutarla più di così. Voglio salutarla con un caro augurio ricordandole, se ce ne fosse bisogno, di non rinunciare alla sua ricerca e di dare valore a se stesso.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 4.4k visite dal 10/02/2019.
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Approfondimento su Bullismo
Il bullismo comprende una serie di comportamenti violenti intenzionali di tipo fisico o verbale ripetuti nel tempo nei confronti di una determinata persona. Si può manifestare anche in modo virtuale online e sui social network (cyberbullismo).