Senso di oppressione
Salve. Mi sento oppressa dall’ansia: per la prima volta da quand’ero bambina, ho ripreso a digrignare violentemente i denti di notte, e spesso di giorno. Soffro anche un senso di soffocamento nel respiro e in gola, e senso di vomito. Sembra un malessere generale legato alla mia situazione che non riesco più a gestire, perché nei rari momenti sereni mi calmo e tutto sparisce. Non azzardo diagnosi, ma sono depressa. Apatia totale, con picchi di negatività preoccupanti.
Il punto: non mi sento in diritto di vivermi la mia vita perché dipendo economicam. da mia madre, che disapprova tutto quello che faccio. A ciò si aggiunge il paragone con mia sorella, sempre elogiata. Stanca di vivere sotto la sua ombra, 2anni fá ho tagliato i ponti per via della sua superbia e sconsideratezza nei miei confronti. Provo a descrivere le mie circostanze in sintesi: mio padre è mancato che avevo 5 anni. Finito io il liceo, mia sorella e mio fratello ben più grandi si sono trasferiti all’estero, e mia madre si è rifatta una vita in una città lontana, con un uomo che la vuole tutta per sé. Non avendo alternative, ho iniziato l’università fuori, con tutte le dovute incertezze, mentre mia madre opinava che non fossi portata per la facoltà scelta e mi rinfacciava di averla lasciata sola. Ho trovato la mia strada, nel 2011 mi sono laureata col massimo e ho intrapreso la mia carriera creativa all’estero. Tutto ciò, chiaramente con il supporto economico di mia madre, ma mai morale. Alla fine ho scelto la priorità della mia vita: un amore dei tempi dell’università, non corrisposto ma in cui credevo tantissimo, per cui nel 2014 ho mollato tutto e sono tornata nella mia città universitaria. Spinta da mia madre, mi sono data da fare con lavori umili qualunque. Ho accantonato sempre più la mia professione perché, visto che ci riescono in pochi, percepisco la disapprovazione di mia madre, che non ha mai creduto in me. Dal 2017 sono cmq disoccupata pure come cameriera, quindi emarginata e sola, e ho avuto anche un infortunio grave alle gambe. Ho cercato un qualsiasi lavoro da seduta a destra e a manca, ma niente. Sono scoraggiata, me ne tornerei alla casa natale per confortarmi un attimo, ma negli anni è diventata inagibile. Quindi sono incastrata qui, e senza ragione di ripartire altrove. Mia madre mi paga l’affitto e si preoccupa per il mio futuro se lei dovesse mancare. La sua apprensione mi soffoca. Morale della favola: nego me stessa. Non mi concedo il minimo svago, perché mi sento in colpa. La cosa peggiore è che per la prima volta ho completam. inibito anche il mio talento. Intanto...dall altro lato c è un’ulteriore (contro)pressione: il famoso amore, tornato da me con le sue gambe dopo 9anni, è cotto ma mi rimprovera di implodere e di non mostrarmi al mondo, mentre l’ennesima ragazza più brillante me lo sta rubando di nuovo. Lui crede in me. So che il mio talento è tutto ciò che ho, e a cui posso affidarmi. Non voglio arrendermi, ma non vedo da dove emergere per respirare
Il punto: non mi sento in diritto di vivermi la mia vita perché dipendo economicam. da mia madre, che disapprova tutto quello che faccio. A ciò si aggiunge il paragone con mia sorella, sempre elogiata. Stanca di vivere sotto la sua ombra, 2anni fá ho tagliato i ponti per via della sua superbia e sconsideratezza nei miei confronti. Provo a descrivere le mie circostanze in sintesi: mio padre è mancato che avevo 5 anni. Finito io il liceo, mia sorella e mio fratello ben più grandi si sono trasferiti all’estero, e mia madre si è rifatta una vita in una città lontana, con un uomo che la vuole tutta per sé. Non avendo alternative, ho iniziato l’università fuori, con tutte le dovute incertezze, mentre mia madre opinava che non fossi portata per la facoltà scelta e mi rinfacciava di averla lasciata sola. Ho trovato la mia strada, nel 2011 mi sono laureata col massimo e ho intrapreso la mia carriera creativa all’estero. Tutto ciò, chiaramente con il supporto economico di mia madre, ma mai morale. Alla fine ho scelto la priorità della mia vita: un amore dei tempi dell’università, non corrisposto ma in cui credevo tantissimo, per cui nel 2014 ho mollato tutto e sono tornata nella mia città universitaria. Spinta da mia madre, mi sono data da fare con lavori umili qualunque. Ho accantonato sempre più la mia professione perché, visto che ci riescono in pochi, percepisco la disapprovazione di mia madre, che non ha mai creduto in me. Dal 2017 sono cmq disoccupata pure come cameriera, quindi emarginata e sola, e ho avuto anche un infortunio grave alle gambe. Ho cercato un qualsiasi lavoro da seduta a destra e a manca, ma niente. Sono scoraggiata, me ne tornerei alla casa natale per confortarmi un attimo, ma negli anni è diventata inagibile. Quindi sono incastrata qui, e senza ragione di ripartire altrove. Mia madre mi paga l’affitto e si preoccupa per il mio futuro se lei dovesse mancare. La sua apprensione mi soffoca. Morale della favola: nego me stessa. Non mi concedo il minimo svago, perché mi sento in colpa. La cosa peggiore è che per la prima volta ho completam. inibito anche il mio talento. Intanto...dall altro lato c è un’ulteriore (contro)pressione: il famoso amore, tornato da me con le sue gambe dopo 9anni, è cotto ma mi rimprovera di implodere e di non mostrarmi al mondo, mentre l’ennesima ragazza più brillante me lo sta rubando di nuovo. Lui crede in me. So che il mio talento è tutto ciò che ho, e a cui posso affidarmi. Non voglio arrendermi, ma non vedo da dove emergere per respirare
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>>> Non voglio arrendermi, ma non vedo da dove emergere per respirare
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Che ne direbbe di iniziare a emergere da questo rapporto così invischiato, controdipendente e rancoroso con sua madre?
Inizi a prendersi le sue responsabilità e a comportarsi più da adulta e meno da figlia.
>>> Tutto ciò, chiaramente con il supporto economico di mia madre, ma mai morale
>>>
Vede, se questo può essere stato poco carino da parte di sua madre, lei lo ha accettato e di fatto ha definito se stessa come vittima e dipendente: "accetto soldi da una madre che mi disprezza".
Quindi la sua emancipazione non potrà che partire dall'attribuire meno importanza a ciò che è stato e a ciò che gli altri le hanno fatto, e a prendere in mano le redini della sua vita.
Partendo da quello che ha, cercando di fare il meglio che può.
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Che ne direbbe di iniziare a emergere da questo rapporto così invischiato, controdipendente e rancoroso con sua madre?
Inizi a prendersi le sue responsabilità e a comportarsi più da adulta e meno da figlia.
>>> Tutto ciò, chiaramente con il supporto economico di mia madre, ma mai morale
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Vede, se questo può essere stato poco carino da parte di sua madre, lei lo ha accettato e di fatto ha definito se stessa come vittima e dipendente: "accetto soldi da una madre che mi disprezza".
Quindi la sua emancipazione non potrà che partire dall'attribuire meno importanza a ciò che è stato e a ciò che gli altri le hanno fatto, e a prendere in mano le redini della sua vita.
Partendo da quello che ha, cercando di fare il meglio che può.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Utente
Salve dott. Santonocito
La ringrazio tantissimo per il suo riscontro ed è confortante potermi confrontare con lei.
Vorrei poter parlare con mia madre, ma non posso farlo. Quando le espongo i miei punti di vista si sente a sua volta colpevole, si agita in maniera smisurata. Ogni volta che ci ho provato la sua emotività è venuta fuori in una maniera così violenta che ho temuto che si sentisse male. Dentro di lei sa di non avermi cresciuta e indirizzata, sa di non aver avuto questa forza...perciò denigra le mie decisioni, perché le ho prese da sola e lei non ne ha preso mai parte.
Ecco perché dovrei risolvere la mia questione del senso di colpa in maniera autonoma...ed è proprio su questo che cerco consiglio.
Non vorrei aver dipinto mia madre come un mostro. È chiaro che lei fosse molto attaccata a me, e cercasse di interferire nel mio diventare grande per non perdermi.
È assolutamente vero che mi comporto da figlia, ma non ho alternative e per rendermi emancipata dovrei solo finire in mezzo a una strada. Non c è nulla di strano nel farsi aiutare dai genitori, a qualunque età, ma non me ne sto approfittando.
La disoccupazione è una realtà, non è un alibi. io il lavoro lo cerco e, visto che non ne esce fuori manco uno, ultimamente sto pure cercando di inventarmelo. Per il momento ogni giorno sono schiacciata dalla preoccupazione di dover trovare qualcosa per campare alla giornata . Vorrei tanto trovare anche solo un grammo di concentrazione per rimettermi in pista col mio lavoro
La ringrazio tantissimo per il suo riscontro ed è confortante potermi confrontare con lei.
Vorrei poter parlare con mia madre, ma non posso farlo. Quando le espongo i miei punti di vista si sente a sua volta colpevole, si agita in maniera smisurata. Ogni volta che ci ho provato la sua emotività è venuta fuori in una maniera così violenta che ho temuto che si sentisse male. Dentro di lei sa di non avermi cresciuta e indirizzata, sa di non aver avuto questa forza...perciò denigra le mie decisioni, perché le ho prese da sola e lei non ne ha preso mai parte.
Ecco perché dovrei risolvere la mia questione del senso di colpa in maniera autonoma...ed è proprio su questo che cerco consiglio.
Non vorrei aver dipinto mia madre come un mostro. È chiaro che lei fosse molto attaccata a me, e cercasse di interferire nel mio diventare grande per non perdermi.
È assolutamente vero che mi comporto da figlia, ma non ho alternative e per rendermi emancipata dovrei solo finire in mezzo a una strada. Non c è nulla di strano nel farsi aiutare dai genitori, a qualunque età, ma non me ne sto approfittando.
La disoccupazione è una realtà, non è un alibi. io il lavoro lo cerco e, visto che non ne esce fuori manco uno, ultimamente sto pure cercando di inventarmelo. Per il momento ogni giorno sono schiacciata dalla preoccupazione di dover trovare qualcosa per campare alla giornata . Vorrei tanto trovare anche solo un grammo di concentrazione per rimettermi in pista col mio lavoro
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>>> Vorrei poter parlare con mia madre, ma non posso farlo. Quando le espongo i miei punti di vista si sente a sua volta colpevole, si agita in maniera smisurata
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Credo si renda perfettamente conto anche lei che continua a definire la sua situazione con: "Mia madre non mi capisce. Cerco di spiegarle, ma non mi capisce".
E invece è proprio ciò che NON dovrebbe fare: dare spiegazioni o cercare la comprensione di sua madre, alla sua età.
Il punto non è se sua madre sia buona o cattiva. Ovviamente ogni genitore cerca di fare il meglio, anche se ottiene risultati disastrosi.
Il punto è che dovrebbe svincolarsi dalla sua posizione di figlia e concentrarsi non su sua madre che non capisce, ma su ciò che vuole lei dalla vita.
Sarebbe ingenuo, anche da parte mia, aspettarsi che un semplice consulto online le cambi la vita. Se ritiene di aver bisogno psicologico dovrebbe chiedere dei colloqui veri e propri a un collega.
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Credo si renda perfettamente conto anche lei che continua a definire la sua situazione con: "Mia madre non mi capisce. Cerco di spiegarle, ma non mi capisce".
E invece è proprio ciò che NON dovrebbe fare: dare spiegazioni o cercare la comprensione di sua madre, alla sua età.
Il punto non è se sua madre sia buona o cattiva. Ovviamente ogni genitore cerca di fare il meglio, anche se ottiene risultati disastrosi.
Il punto è che dovrebbe svincolarsi dalla sua posizione di figlia e concentrarsi non su sua madre che non capisce, ma su ciò che vuole lei dalla vita.
Sarebbe ingenuo, anche da parte mia, aspettarsi che un semplice consulto online le cambi la vita. Se ritiene di aver bisogno psicologico dovrebbe chiedere dei colloqui veri e propri a un collega.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.6k visite dal 22/01/2019.
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