Disturbo borderline, disperazione e isolamento
Gentili dottori, gentili dottoresse,
vi scrivo disperata. La mia storia di vita, oggi, sembra avere un senso. Quel senso logico di fronte al quale le emozioni non cessano di frastagliarmi in continui e costanti alti e bassi. Sono tuttavia disperata. Vivo un forte isolamento sociale che si è aggravato a seguito della diagnosi che mi è stata fatta l'anno scorso portandomi in uno sconforto ancora più grande. Ho 44 anni. Mai e poi mai avrei immaginato che tutta la mia disperazione e il mio vuoto fossero riconducibili nell'area borderline. Il senso logico e la consavolezza sul piano razionale mi hanno fatto vedere le cause, rintracciabili nel mio caso in gravi traumi ripetuti durante la mia infanzia, che per anni non ho guardato in faccia. Non ero in grado di farlo. Poi in una terapia iniziata e durata otto mesi mi si è aperta in modo brutale e repentino una porta. La terapia, tuttavia, mi ha portato in una disperazione e in un dolore ancor più buio: l'amore/odio nei confronti della terapeuta non sono stati sostenuti dalla stessa che mi ha poi "abbandonata" dopo questa diagnosi abbinata al disturbo dipendente di personalità. Questo abbandono mi ha distrutta e sono andata da uno psichiatra/psicoterapeuta che si occupa dei disturbi di personalità che mi ha confermato l'area del disturbo borderline. Ho chiuso con lui la terapia dopo due mesi. Non mi sentivo ascoltata né considerata (storpiava spesso il mio nome, non si ricordava le cose che dicevo) e mi sono isolata di più. La cosa che mi distrugge è il desiderio di vita che viene soffocato dall'istinto per la morte. Ho sempre ritenuto di essere sbagliata di non meritare amore e con questa diagnosi ho avuto la conferma di essere sbagliata. Nessuno potrà mai amare una persona come me. Una borderline!È come se la diagnosi avesse confermato che il mondo mi respinge, che non sono degna di una vita serena né del bene delle persone. Che sono solo un oggetto carino usa e getta. Non vedo ne frequento persone. Ho paura delle dinamiche che possono instaurarsi. Dei rifiuti degli abbandoni.Non esco mai. Ho ancora quel legame emotivo malato e insano nei confronti di chi mi ha fatto male. Sono sola. Tuttavia non ho problemi di alcol, droga, di dipendenze sessuali o altro. Controllo però il peso e mi costringo a semi-digiuni per non ingrassare o per dimagrire ancora. Mi vedo grassa. Mi odio per non reagire. Sono tanto stanca. Ora mi chiedo e vi chiedo come posso ritrovare fiducia nella vita e nelle persone? Si può a 44 anni? Ormai sento la vita finita, senza prospettiva, senza nulla che possa più darmi un briciolo di speranza. Avrò mai una mia famiglia? A volte ho paura dei pensieri suicidari che mi impongo di non agire. È una lotta continua e sfinente. So che ho bisogno di aiuto ma non so più dove cercarlo (le ASL non fanno fare psicoterapia). È come se mi fossi abituata alla mia solitudine.Io vorrei conoscere nuove persone ma poi mi sento invasa dalla loro presenza oppure disprezzata. Vi chiedo una speranza.
vi scrivo disperata. La mia storia di vita, oggi, sembra avere un senso. Quel senso logico di fronte al quale le emozioni non cessano di frastagliarmi in continui e costanti alti e bassi. Sono tuttavia disperata. Vivo un forte isolamento sociale che si è aggravato a seguito della diagnosi che mi è stata fatta l'anno scorso portandomi in uno sconforto ancora più grande. Ho 44 anni. Mai e poi mai avrei immaginato che tutta la mia disperazione e il mio vuoto fossero riconducibili nell'area borderline. Il senso logico e la consavolezza sul piano razionale mi hanno fatto vedere le cause, rintracciabili nel mio caso in gravi traumi ripetuti durante la mia infanzia, che per anni non ho guardato in faccia. Non ero in grado di farlo. Poi in una terapia iniziata e durata otto mesi mi si è aperta in modo brutale e repentino una porta. La terapia, tuttavia, mi ha portato in una disperazione e in un dolore ancor più buio: l'amore/odio nei confronti della terapeuta non sono stati sostenuti dalla stessa che mi ha poi "abbandonata" dopo questa diagnosi abbinata al disturbo dipendente di personalità. Questo abbandono mi ha distrutta e sono andata da uno psichiatra/psicoterapeuta che si occupa dei disturbi di personalità che mi ha confermato l'area del disturbo borderline. Ho chiuso con lui la terapia dopo due mesi. Non mi sentivo ascoltata né considerata (storpiava spesso il mio nome, non si ricordava le cose che dicevo) e mi sono isolata di più. La cosa che mi distrugge è il desiderio di vita che viene soffocato dall'istinto per la morte. Ho sempre ritenuto di essere sbagliata di non meritare amore e con questa diagnosi ho avuto la conferma di essere sbagliata. Nessuno potrà mai amare una persona come me. Una borderline!È come se la diagnosi avesse confermato che il mondo mi respinge, che non sono degna di una vita serena né del bene delle persone. Che sono solo un oggetto carino usa e getta. Non vedo ne frequento persone. Ho paura delle dinamiche che possono instaurarsi. Dei rifiuti degli abbandoni.Non esco mai. Ho ancora quel legame emotivo malato e insano nei confronti di chi mi ha fatto male. Sono sola. Tuttavia non ho problemi di alcol, droga, di dipendenze sessuali o altro. Controllo però il peso e mi costringo a semi-digiuni per non ingrassare o per dimagrire ancora. Mi vedo grassa. Mi odio per non reagire. Sono tanto stanca. Ora mi chiedo e vi chiedo come posso ritrovare fiducia nella vita e nelle persone? Si può a 44 anni? Ormai sento la vita finita, senza prospettiva, senza nulla che possa più darmi un briciolo di speranza. Avrò mai una mia famiglia? A volte ho paura dei pensieri suicidari che mi impongo di non agire. È una lotta continua e sfinente. So che ho bisogno di aiuto ma non so più dove cercarlo (le ASL non fanno fare psicoterapia). È come se mi fossi abituata alla mia solitudine.Io vorrei conoscere nuove persone ma poi mi sento invasa dalla loro presenza oppure disprezzata. Vi chiedo una speranza.
[#1]
Gentile utente,
Tutto il suo scritto riporta benissimo tanto i sintomi del disturbo borderline di personalità quanto l’estrema e profonda sofferenza che soprattutto la consapevolezza di avere un disturbo di personalità porta con se.
Ho ben capito che lei è riuscita a dare un senso <clinico> a segni: instabilità emotiva, senso di vuoto e credo anche rabbia, che prima non riusciva a collocare e comprendere.
Credo si tratti di una tremenda sofferenza che si è acuita proprio quando ha preso consapevolezza della diagnosi. La terapia, e il dolore che essa porta con se, l’hanno condotta a rintracciare i fattori causali nella sua infanzia. Questo accade in particolar modo proprio nel disturbo borderline. Esperienze di maltrattamenti e indifferenza emotiva durante l’età dello sviluppo conducono a quelli che vengono chiamati deficit metacognitivi (ovvero difficoltà di pensare ai propri stati mentali.). Nel Borderline i deficit maggiormente presenti sono:
1) autoriflessività: pensare ai propri pensieri in modo sano e non disfunzionale. Una carenza di autoriflessività è fisiologico che si accompagni a disregolazione emotiva e mancanza di coerenza interna (generalmente le persone con disturbo borderline appaiono emotivamente e comportamentalmente disorganizzate).
2) altro deficit è quello di decentramento: difficoltà di poter comprendere l’altro, i suoi pensieri, i suoi modi di fare etc. Ecco perché spesso ci si arrabbia con l’altro è si è incoerenti nella relazione con l’altro. In psicoterapia avviene spesso proprio questo: mi arrabbio terribilmente con il mio terapeuta. Ma perché avviene questo? Perché non di rado nella relazione tra terapeuta e paziente si innescano vari cortocircuiti: l’agonismo, il senso di non valore e non valere, la frustrazione. Questo a sua volta come mai avviene? Perché la relazione paziente terapeuta ri-propone nel paziente terribili dinamiche già vissute: non so se affidarmi o meno...
e se mi facesse del male?
e se venissi abbandonata/o?
Nel terapeuta poi, se non ha una formazione specifica per il trattamento del DBP, si presentano vissuti soprattutto di incapacità/difficoltà nel prendersi cura del paziente.
Ecco che, con questi presupposti, la frustrazione e i timori di non essere capaci accomunano paziente e terapeuta e ciò porta i pazienti a sentirsi (percepirsi) nuovamente abbandonati e non compresi nel loro tremendo dolore e il terapeuta ad abbandonare il paziente (nello stesso modo in cui fa il paziente stesso). E le psicoterapie falliscono.
Comprendo inoltre benissimo la sua solitudine e la sofferenza che questa porta con se. **se ho timore dell’altro e/o di sentirmi abbandonata (come fossi un oggetto usa e getta) e la terapia non mi ha condotto a non avere questi timori, inevitabilmente i miei rapporti interpersonali saranno insoddisfacenti, vuoti, assenti**
Fondamentalmente credo (siamo solo online e lei capirà che non posso che presupporre) che il nucleo della sua sofferenza stia qui: <<Ho sempre ritenuto di essere sbagliata di non meritare amore e con questa diagnosi ho avuto la conferma di essere non voluta, non ascoltata, non amata, respinta, non degna di avere relazioni sane>>
Lei si è sempre sentita in difetto verso se stessa, e tanto la diagnosi quanto il rapporto con la terapeuta e lo psichiatra altro non hanno fatto che confermare:
1) quanto lei pensa di se stessa: non valgo a nulla, non sono capace, non vengo ascoltata e voluta.
2) e quindi, la sua grande paura: l’abbandono.
I due punti sono legati: non sono voluta quindi verrò abbandonata; vengo abbandonata e ciò mi conferma di non essere voluta.
Ora, nella disperazione comprensibile del suo vissuto doloroso lei cosa chiede?
<<mi chiedo e vi chiedo come posso ritrovare fiducia nella vita e nelle persone? Si può a 44 anni?>>
<>.
Alla prima domanda le rispondo dicendo di sì perché assolutamente possibile se si inizia a seguire una terapia psicologica specifica per la sua diagnosi. Il gold standard nella cura cura del DBP è la terapia dialettico-comportamentale ideata da una Collega americana sofferente proprio di disturbo borderline: Marsha M. Linehan. Quindi quello che da qui le suggerisco è di trovare un/una collega che conosca e sappia applicare questa terapia https://studicognitivi.it/tecnica/terapia-dialettico-comportamentale/.
È una terapia che aiuta molto soprattutto in due aspetti principali:
- acquisire maggiore consapevolezza emotiva e quindi di gestione delle emozioni dolorose e non;
- costruire e/o incrementare le competenze sociali (le abilità interpersonali).
Quindi, non conta l’età in cui si soffre ma la qualità delle cure a cui ci si affida.
Alla seconda domanda, quella riguardo la possibilità di avere una famiglia, non posso non dirle che:
1) intervengono talmente tante variabili nella costruzione di una famiglia che non possiamo anticipare il futuro;
2) ora è bene che si concentri nel prendersi cura di se stessa come suggerito. La dialectical behavior therapy la potrà aiutare ad avere un miglior rapporto con se stessa, con le sue emozioni, il suo modo di pensare e quindi (conseguentemente) con altre persone e iniziare a costruirsi una rete sociale che la faccia stare bene.
L’efficacia/benessere interpersonale non può che posporsi al benessere personale: se non sto bene con me stessa, non potrò stare bene con gli altri.
Che ne pensa?
Tutto il suo scritto riporta benissimo tanto i sintomi del disturbo borderline di personalità quanto l’estrema e profonda sofferenza che soprattutto la consapevolezza di avere un disturbo di personalità porta con se.
Ho ben capito che lei è riuscita a dare un senso <clinico> a segni: instabilità emotiva, senso di vuoto e credo anche rabbia, che prima non riusciva a collocare e comprendere.
Credo si tratti di una tremenda sofferenza che si è acuita proprio quando ha preso consapevolezza della diagnosi. La terapia, e il dolore che essa porta con se, l’hanno condotta a rintracciare i fattori causali nella sua infanzia. Questo accade in particolar modo proprio nel disturbo borderline. Esperienze di maltrattamenti e indifferenza emotiva durante l’età dello sviluppo conducono a quelli che vengono chiamati deficit metacognitivi (ovvero difficoltà di pensare ai propri stati mentali.). Nel Borderline i deficit maggiormente presenti sono:
1) autoriflessività: pensare ai propri pensieri in modo sano e non disfunzionale. Una carenza di autoriflessività è fisiologico che si accompagni a disregolazione emotiva e mancanza di coerenza interna (generalmente le persone con disturbo borderline appaiono emotivamente e comportamentalmente disorganizzate).
2) altro deficit è quello di decentramento: difficoltà di poter comprendere l’altro, i suoi pensieri, i suoi modi di fare etc. Ecco perché spesso ci si arrabbia con l’altro è si è incoerenti nella relazione con l’altro. In psicoterapia avviene spesso proprio questo: mi arrabbio terribilmente con il mio terapeuta. Ma perché avviene questo? Perché non di rado nella relazione tra terapeuta e paziente si innescano vari cortocircuiti: l’agonismo, il senso di non valore e non valere, la frustrazione. Questo a sua volta come mai avviene? Perché la relazione paziente terapeuta ri-propone nel paziente terribili dinamiche già vissute: non so se affidarmi o meno...
e se mi facesse del male?
e se venissi abbandonata/o?
Nel terapeuta poi, se non ha una formazione specifica per il trattamento del DBP, si presentano vissuti soprattutto di incapacità/difficoltà nel prendersi cura del paziente.
Ecco che, con questi presupposti, la frustrazione e i timori di non essere capaci accomunano paziente e terapeuta e ciò porta i pazienti a sentirsi (percepirsi) nuovamente abbandonati e non compresi nel loro tremendo dolore e il terapeuta ad abbandonare il paziente (nello stesso modo in cui fa il paziente stesso). E le psicoterapie falliscono.
Comprendo inoltre benissimo la sua solitudine e la sofferenza che questa porta con se. **se ho timore dell’altro e/o di sentirmi abbandonata (come fossi un oggetto usa e getta) e la terapia non mi ha condotto a non avere questi timori, inevitabilmente i miei rapporti interpersonali saranno insoddisfacenti, vuoti, assenti**
Fondamentalmente credo (siamo solo online e lei capirà che non posso che presupporre) che il nucleo della sua sofferenza stia qui: <<Ho sempre ritenuto di essere sbagliata di non meritare amore e con questa diagnosi ho avuto la conferma di essere non voluta, non ascoltata, non amata, respinta, non degna di avere relazioni sane>>
Lei si è sempre sentita in difetto verso se stessa, e tanto la diagnosi quanto il rapporto con la terapeuta e lo psichiatra altro non hanno fatto che confermare:
1) quanto lei pensa di se stessa: non valgo a nulla, non sono capace, non vengo ascoltata e voluta.
2) e quindi, la sua grande paura: l’abbandono.
I due punti sono legati: non sono voluta quindi verrò abbandonata; vengo abbandonata e ciò mi conferma di non essere voluta.
Ora, nella disperazione comprensibile del suo vissuto doloroso lei cosa chiede?
<<mi chiedo e vi chiedo come posso ritrovare fiducia nella vita e nelle persone? Si può a 44 anni?>>
<>.
Alla prima domanda le rispondo dicendo di sì perché assolutamente possibile se si inizia a seguire una terapia psicologica specifica per la sua diagnosi. Il gold standard nella cura cura del DBP è la terapia dialettico-comportamentale ideata da una Collega americana sofferente proprio di disturbo borderline: Marsha M. Linehan. Quindi quello che da qui le suggerisco è di trovare un/una collega che conosca e sappia applicare questa terapia https://studicognitivi.it/tecnica/terapia-dialettico-comportamentale/.
È una terapia che aiuta molto soprattutto in due aspetti principali:
- acquisire maggiore consapevolezza emotiva e quindi di gestione delle emozioni dolorose e non;
- costruire e/o incrementare le competenze sociali (le abilità interpersonali).
Quindi, non conta l’età in cui si soffre ma la qualità delle cure a cui ci si affida.
Alla seconda domanda, quella riguardo la possibilità di avere una famiglia, non posso non dirle che:
1) intervengono talmente tante variabili nella costruzione di una famiglia che non possiamo anticipare il futuro;
2) ora è bene che si concentri nel prendersi cura di se stessa come suggerito. La dialectical behavior therapy la potrà aiutare ad avere un miglior rapporto con se stessa, con le sue emozioni, il suo modo di pensare e quindi (conseguentemente) con altre persone e iniziare a costruirsi una rete sociale che la faccia stare bene.
L’efficacia/benessere interpersonale non può che posporsi al benessere personale: se non sto bene con me stessa, non potrò stare bene con gli altri.
Che ne pensa?
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#2]
Utente
Gentile dottore Pizzoleo, la ringrazio per avermi letta e per aver risposto così celermente e in maniera approfondita. Mi ritrovo in tutto quello che scrive e che osserva. La rabbia, ad esempio, è fortissima e tanta. In me è autodiretta. Se mi arrabbio con qualcuno punisco me stessa anche con un solo pensiero di inadeguatezza. Ed è terribile guardarsi a quest'età e vedere come negli anni tutto sia andato sempre allo stesso modo. E come io stessa abbia contribuito in maniera maggiore a fare in modo che le cose andassero così. Possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Se qualcuno mi avesse detto sei borderline forse oggi non sarei nel buio perché mi sarei curata prima. Avrei capito prima e oggi avrei una qualità della vita decente visto che non posso tornare indietro e cambiare le cose successe. La terapia che ho fatto, come avrà sicuramente capito, era quella psicodinamica. Su di me è stata sfinente, sebbene rispetti ogni tipo di indirizzo. Il fatto è che sento ancora un legame molto forte con la prima terapeuta nei confronti della quale dentro di me, lo ammetto, nutro una gran rabbia. Mi sento anche colpevole spesso: mi ripeto che mi avrebbe aiutata se non fossi stata quella che sono che passa tra il momento idilliaco a quello svalutante. Per me però la terapia è onestà e se mi si chiede di dire ciò che penso lo dico. Vede dottore io ho un gran bisogno di "attaccarmi" a qualcuno e lo so che non va bene. Tutte le volte che mi sono attaccata a qualcuno non sapevo neppure chi fossi io stessa. Pur di non essere abbandonata ero esattamente quello che l'altro voleva. A questo non sono più disposta. Però mi rendo conto che sono terribile tra gli alti e bassi repentini che ho. Tra il vedere qualcuno come meraviglioso e poi basta un minimo battito di ciglia per sentirmi rifiutata. Si può davvero guarire? Quando l'ho chiesto mi hanno parlato di anni stare meglio perché sono molto adulta. E di questo soffro. Non ho la possibilita economica per sostenere una spesa per anni con tutte le incognite della riuscita. Leggerò il link che mi ha inviato e proverò a pensarci. La paura però è tanta. Non reggerei un altro abbandono. O un altro rifiuto. Mi sento al limite delle forze. La ringrazio intanto per ogni parola e per la speranza.
[#3]
Cerco di approfondire gli aspetti che ritengo importanti condividere e sui quali la invito a riflettere:
1) <<<è terribile guardarsi a quest'età e vedere come negli anni tutto sia andato sempre allo stesso modo. E come io stessa abbia contribuito in maniera maggiore a fare in modo che le cose andassero così. Possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Se qualcuno mi avesse detto sei borderline forse oggi non sarei nel buio perché mi sarei curata prima>>>. Questo che scrive è un tratto depressivo: si guarda al passato ruminando su ciò che si sarebbe potuto fare. Si sta sul <<why>>; sul perché è successo questo?
Anche stati e tratti depressivi possono rientrare nello spettro borderline ma quanto ci è utile stare sui <<perché>> e non pensare ai <<come>> potersi attivare per affrontare cure che, come le ho scritto, esistono e sono riconosciute valide e attendibi dal panorama scientifico internazionale?
Ok, lei ha 44 anni... ma sa quante persone anche più grandi di lei (diciamolo chiaramente: lei pensa che a 44 anni non si possa più tornare indietro perché è la tristezza e le delusioni terapeutiche che glielo fanno pensare) imparano ogni giorno, giorno dopo giorno, seduta terapeutica dopo seduta terapeutica ad appropriarsi di strategie di gestione dei sintomi di un disturbo di personalità? Tante. Davvero tante!
Lei poi dice: se magari qualcuno se ne fosse accorto e mi avesse detto <<sei borderline>> io mi sarei curata.
Ne siamo certi? I disturbi di personalità sono ego-sintonici. Che vuol dire? Vuol dire che chi ne soffre non è consapevole di avere un problema e, forse, l’invito alla cura sarebbe stato recapitato al mittente con gli interessi...
Nella sfortuna di aver conosciuto la diagnosi sarebbe auspicabile pensare:
- a quante persone non hanno questa possibilità e rimangono nel limbo della sofferenza una vita intera;
- che lei, proprio perché consapevole del problema e delle dinamiche del problema (che potrà acquisire con la terapia dialettico comportamentale) ha una carta estremamente favorevole da giocarsi per costruirsi una qualità di vita migliore tendente al benessere.
Punto n.2) <<mi ripeto che mi avrebbe aiutata se non fossi stata quella che sono che passa tra il momento idilliaco a quello svalutante>>. Anche questo è un pensiero tendenzialmente depressivo. Se una caratteristica del DBP è quella dell’instabilità emotivo/affettiva, non poteva e non può non averla o nasconderla perché non avendola sarebbe riuscita la terapia. L’instabilità è un sintomo e come tale andava e, spero per lei, andrà trattato. Perdoni il paragone sciocco ma è come se io facendomi male al tendine durante la semifinale di un torneo di calcetto fossi costretto a saltare la finale. Se vado a pensare: mannaggia! potevo non giocarla la semifinale!
che ottengo? Nulla! Quello era il percorso che dovevo fare...
Quello dell’instabilità è un sintomo che non poteva non avere perché tipico del processo borderline.
Punto n. 3) <<<io ho un gran bisogno di "attaccarmi" a qualcuno e lo so che non va bene>>>. Anche questo rientra nella sintomatologia Borderline (spesso si tende a considerarlo come tratto dipendente di personalità ma spesso non è così) perché se temo l’abbandono, lo stare sola/o, devo necessariamente trovare a chi attaccarmi. Solo che poi, essendo borderline, non mantengo la relazione in modo sano e funzionale.
Le hanno parlato di anni?
Si ma non le hanno detto quanti anni...
Perdoni l’ironia...
Chi soffre di un DBP ha bisogno di apprendere abilità (Skills) emotive/comportamentali e relazionali e per farlo non necessariamente occorrono anni. È questo glielo dico perché mi occupo personalmente di DBP. Per questo le ho consigliato là dialettico comportamentale (DBT). Ok?
Ogni terapia, anche quella per un attacco di panico, ha l’incognita della riuscita. Ogni terapia psicologica e medica. Abbandonarsi al destino infausto rimuginando su quello che poteva essere ci blocca. Attivarci ci sblocca anche in termini di riuscita terapeutica.
Le faccio molti auguri per tutto sperando che possa intraprendere una cura opportuna che le consenta di avere la serenità che le manca.
Dai disturbi di personalità si guarisce! Come si guarisce? Imparando a gestire la sintomatologia.
Un caro saluto
1) <<<è terribile guardarsi a quest'età e vedere come negli anni tutto sia andato sempre allo stesso modo. E come io stessa abbia contribuito in maniera maggiore a fare in modo che le cose andassero così. Possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Se qualcuno mi avesse detto sei borderline forse oggi non sarei nel buio perché mi sarei curata prima>>>. Questo che scrive è un tratto depressivo: si guarda al passato ruminando su ciò che si sarebbe potuto fare. Si sta sul <<why>>; sul perché è successo questo?
Anche stati e tratti depressivi possono rientrare nello spettro borderline ma quanto ci è utile stare sui <<perché>> e non pensare ai <<come>> potersi attivare per affrontare cure che, come le ho scritto, esistono e sono riconosciute valide e attendibi dal panorama scientifico internazionale?
Ok, lei ha 44 anni... ma sa quante persone anche più grandi di lei (diciamolo chiaramente: lei pensa che a 44 anni non si possa più tornare indietro perché è la tristezza e le delusioni terapeutiche che glielo fanno pensare) imparano ogni giorno, giorno dopo giorno, seduta terapeutica dopo seduta terapeutica ad appropriarsi di strategie di gestione dei sintomi di un disturbo di personalità? Tante. Davvero tante!
Lei poi dice: se magari qualcuno se ne fosse accorto e mi avesse detto <<sei borderline>> io mi sarei curata.
Ne siamo certi? I disturbi di personalità sono ego-sintonici. Che vuol dire? Vuol dire che chi ne soffre non è consapevole di avere un problema e, forse, l’invito alla cura sarebbe stato recapitato al mittente con gli interessi...
Nella sfortuna di aver conosciuto la diagnosi sarebbe auspicabile pensare:
- a quante persone non hanno questa possibilità e rimangono nel limbo della sofferenza una vita intera;
- che lei, proprio perché consapevole del problema e delle dinamiche del problema (che potrà acquisire con la terapia dialettico comportamentale) ha una carta estremamente favorevole da giocarsi per costruirsi una qualità di vita migliore tendente al benessere.
Punto n.2) <<mi ripeto che mi avrebbe aiutata se non fossi stata quella che sono che passa tra il momento idilliaco a quello svalutante>>. Anche questo è un pensiero tendenzialmente depressivo. Se una caratteristica del DBP è quella dell’instabilità emotivo/affettiva, non poteva e non può non averla o nasconderla perché non avendola sarebbe riuscita la terapia. L’instabilità è un sintomo e come tale andava e, spero per lei, andrà trattato. Perdoni il paragone sciocco ma è come se io facendomi male al tendine durante la semifinale di un torneo di calcetto fossi costretto a saltare la finale. Se vado a pensare: mannaggia! potevo non giocarla la semifinale!
che ottengo? Nulla! Quello era il percorso che dovevo fare...
Quello dell’instabilità è un sintomo che non poteva non avere perché tipico del processo borderline.
Punto n. 3) <<<io ho un gran bisogno di "attaccarmi" a qualcuno e lo so che non va bene>>>. Anche questo rientra nella sintomatologia Borderline (spesso si tende a considerarlo come tratto dipendente di personalità ma spesso non è così) perché se temo l’abbandono, lo stare sola/o, devo necessariamente trovare a chi attaccarmi. Solo che poi, essendo borderline, non mantengo la relazione in modo sano e funzionale.
Le hanno parlato di anni?
Si ma non le hanno detto quanti anni...
Perdoni l’ironia...
Chi soffre di un DBP ha bisogno di apprendere abilità (Skills) emotive/comportamentali e relazionali e per farlo non necessariamente occorrono anni. È questo glielo dico perché mi occupo personalmente di DBP. Per questo le ho consigliato là dialettico comportamentale (DBT). Ok?
Ogni terapia, anche quella per un attacco di panico, ha l’incognita della riuscita. Ogni terapia psicologica e medica. Abbandonarsi al destino infausto rimuginando su quello che poteva essere ci blocca. Attivarci ci sblocca anche in termini di riuscita terapeutica.
Le faccio molti auguri per tutto sperando che possa intraprendere una cura opportuna che le consenta di avere la serenità che le manca.
Dai disturbi di personalità si guarisce! Come si guarisce? Imparando a gestire la sintomatologia.
Un caro saluto
[#4]
Utente
Ho letto il link che mi ha inviato e ho apprezzato molto il contenuto. Il fatto che lei mi dica che si può guarire da un disturbi di personalità in questo momento mi ha non solo rincuorato ma anche dato una possibilità che ho visto svanire dentro di me giorno per giorno.
Ha ragione io guardo sempre indietro, mi fisso su cose che spesso sono inutili sapere. Io cerco una soluzione per non cadere nell'inferno che conosco bene visto che ho tentato il suicidio molti anni fa e un'altra volta invece sono andata al PS per paura di agirlo. Quel periodo, ormai 20 anni fa, è stato l'inferno. Cercherò dottore qualcuno nella zona anche solo per una prima valutazione, per una prima conoscenza. Non so da dove partire per la ricerca. La città in cui vivo ha molti lacaniani e molti terapeuti ad orientamento psicodinamico. Se cerco sull'albo devo inserire qualche parola specifica secondo lei? Ho bisogno di parlare qualcuno. La ringrazio per gli auguri e per il suo tempo. Spero di poter trovare una soluzione e un percorso più confacente al mio stato. Mi sembra impossibile ma forse un ultimo tentativo su una strada mai esplorata lo devo a me stessa.
Ha ragione io guardo sempre indietro, mi fisso su cose che spesso sono inutili sapere. Io cerco una soluzione per non cadere nell'inferno che conosco bene visto che ho tentato il suicidio molti anni fa e un'altra volta invece sono andata al PS per paura di agirlo. Quel periodo, ormai 20 anni fa, è stato l'inferno. Cercherò dottore qualcuno nella zona anche solo per una prima valutazione, per una prima conoscenza. Non so da dove partire per la ricerca. La città in cui vivo ha molti lacaniani e molti terapeuti ad orientamento psicodinamico. Se cerco sull'albo devo inserire qualche parola specifica secondo lei? Ho bisogno di parlare qualcuno. La ringrazio per gli auguri e per il suo tempo. Spero di poter trovare una soluzione e un percorso più confacente al mio stato. Mi sembra impossibile ma forse un ultimo tentativo su una strada mai esplorata lo devo a me stessa.
[#5]
<<<forse un ultimo tentativo su una strada mai esplorata lo devo a me stessa>>>
Togliamo il forse???
Se desidera indicazioni terapeutiche e di strutture cliniche specializzate mi contatti pure tramite mail che trova nella mia pagina personale
Togliamo il forse???
Se desidera indicazioni terapeutiche e di strutture cliniche specializzate mi contatti pure tramite mail che trova nella mia pagina personale
[#6]
Utente
Torno a riscrivervi perché a causa di una brutta delusione lavorativa, nella quale avevo investito molte energie e tempo per poter avere un miglioramento anche economico ma soprattutto per favorire la mia autostima, sono caduta ancora di più in un abisso terribile. Con brutti pensieri e voglia di stare a letto a dormire costantemente. Mi sento molto turbata. Se guardo alla mia solarità o presunta tale che avevo da ragazzina, quando nulla affiorava alla mente, mi chiedo dove abbia messo tutta quella forza e gioia per la vita. Oggi questa vita mi stanca e sono delusa da me. Dalla mia incapacità a cambiare rotta, dalla rabbia che mi assale davanti alle ingiustizie e ancor di piu dal fatto che chiedo aiuto, anche solo per bere un caffè e nessuno risponde. Perché questo è: le persone che conosco le chiamo e non rispondono. Si fanno sentire con calma. Quando hanno qualcosa da chiedermi. E io vorrei essere forte e non rispondere io ma non riesco. Sono vittima di me stessa. Disperata senza ascolto. Con la testa che mi scoppia quando penso di voler morire. Con la rabbia che mi spezza e come una mendicante in cerca di affetto. E non lo trovo. Sono una donna finita senza spazio nella vita. Perché, cosa sbaglio? Cosa mi manca per essere una persona che gli altri cercano? O quanto meno rispondano? Non ho piu le parole per dire nulla. Cosi resto a casa qualche giorno perché a me questa vita non piace così e non riesco a cambiare nulla. Il mio valore pari zero è quello che ho. E trovo assurdo che nel mondo nessuno risponda ad un grido di aiuto sebbene silente. Non mi lamento mai con gli altri. Per non appesantirli. Perché sono così sbagliata per tutti?
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 18.2k visite dal 20/01/2019.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.