disturbo bipolare.
Salve,
ho un problema con mio padre.
Mi hanno diagnosticato il disturbo bipolare da poco perché ho iniziato ad avere manie di persecuzione e pensieri disturbanti dovuti alla depressione.
Il mio attuale ragazzo si è accorto che non stavo bene e mi ha convinta ad andare da uno psichiatra, mentre i miei genitori non conoscono questi problemi e l’hanno sempre attribuito al mio carattere.
Mia mamma non comprende cos’ho ma già mi sta vicino.
Mio padre non capisce e non vuole capire. Ora sono in depressione, sono lucida ma non sto bene. Non riesco a studiare da molto tempo e mi rimprovera di essere svogliata. Quando sto male per le manie di persecuzione, mi rimprovera tantissimo e si arrabbia, dice che non ho forza di volontà di stare meglio e mi vengono soltanto fantasie stupide e questi pensieri sono soltanto un modo per non studiare, se studiassi non avrei questi pensieri stupidi .
Per esempio, ho problemi a guardare il telegiornale e, se gli chiedo di cambiare canale che sennò sto male, lui se ne frega di me, neanche mi risponde, per lui è un capriccio, non esiste, non ha senso quello che gli chiedo... Ha vissuto delle mie fasi euforiche e anche lì mi rimproverava e hanno solo contribuito a farmi svalutare ai suoi occhi. Più mi rimprovera e più sto male. Ha parlato con il mio medico ma anche a lui ha detto che sto passando giusto un un momentino di tristezza e che il medico deve aiutarmi a studiare e recuperare. Dice che non vuole saperne della diagnosi e per lui sto benissimo.
Anche il medico non gli ha fatto cambiare idea. Mi rimprovera anche perché prendo dei farmaci e vuole che li tolga, dice che mi fanno male e che sto benissimo. Mi dice che io sono fantasiosa e che mi sono inventata tutto con il medico, che qualsiasi medico mi darebbe dei farmaci soltanto andandoci a parlare, che nessun medico mi manderebbe a casa senza farmaci.
Per lui sono solo svogliata e un po’ triste come tutti i ragazzi di oggi...
Cosa dovrei fare?
Intanto ignoro altrimenti starei soltanto peggio.
Grazie in anticipo.
ho un problema con mio padre.
Mi hanno diagnosticato il disturbo bipolare da poco perché ho iniziato ad avere manie di persecuzione e pensieri disturbanti dovuti alla depressione.
Il mio attuale ragazzo si è accorto che non stavo bene e mi ha convinta ad andare da uno psichiatra, mentre i miei genitori non conoscono questi problemi e l’hanno sempre attribuito al mio carattere.
Mia mamma non comprende cos’ho ma già mi sta vicino.
Mio padre non capisce e non vuole capire. Ora sono in depressione, sono lucida ma non sto bene. Non riesco a studiare da molto tempo e mi rimprovera di essere svogliata. Quando sto male per le manie di persecuzione, mi rimprovera tantissimo e si arrabbia, dice che non ho forza di volontà di stare meglio e mi vengono soltanto fantasie stupide e questi pensieri sono soltanto un modo per non studiare, se studiassi non avrei questi pensieri stupidi .
Per esempio, ho problemi a guardare il telegiornale e, se gli chiedo di cambiare canale che sennò sto male, lui se ne frega di me, neanche mi risponde, per lui è un capriccio, non esiste, non ha senso quello che gli chiedo... Ha vissuto delle mie fasi euforiche e anche lì mi rimproverava e hanno solo contribuito a farmi svalutare ai suoi occhi. Più mi rimprovera e più sto male. Ha parlato con il mio medico ma anche a lui ha detto che sto passando giusto un un momentino di tristezza e che il medico deve aiutarmi a studiare e recuperare. Dice che non vuole saperne della diagnosi e per lui sto benissimo.
Anche il medico non gli ha fatto cambiare idea. Mi rimprovera anche perché prendo dei farmaci e vuole che li tolga, dice che mi fanno male e che sto benissimo. Mi dice che io sono fantasiosa e che mi sono inventata tutto con il medico, che qualsiasi medico mi darebbe dei farmaci soltanto andandoci a parlare, che nessun medico mi manderebbe a casa senza farmaci.
Per lui sono solo svogliata e un po’ triste come tutti i ragazzi di oggi...
Cosa dovrei fare?
Intanto ignoro altrimenti starei soltanto peggio.
Grazie in anticipo.
[#1]
Gentile ragazza,
<<<Intanto ignoro altrimenti starei soltanto peggio>>>. Non mi pare che lei stia ignorando la diatriba malattia si/malattia no con suo padre. Le dico questo perché tutto il suo scritto appare veramente colmo di sofferenza riferita alla mancata comprensione da parte di suo papà. Come potrebbe essere diversamente? Sta attraversando una fase depressiva che da quanto (e come) scrive e proprio ciò che ci scrive evidenzia probabilmente due cose:
1) un sintomo stesso della fase di calo dell’umore;
2) la necessità che suo padre riconosca il suo malessere psicologico.
Ora, lei ci scrive: <<cosa dovrei fare?>>>
Le do un suggerimento pregandola di condividerlo con la sua psichiatra: perché non associare alla farmacoterapia (necessaria) una psicoterapia?
Le dico questo fondamentalmente per due motivi specifici:
1) la terapia psicologica le darebbe modo (in associazione ai farmaci) di comprendere e avvertire, in anticipo temporale, quale delle due emozioni prevalenti (euforia/mania e tristezza/depressione) sta iniziando a manifestarsi, e questo le consentirebbe di attuare le dovute contromisure cognitive e comportamentali affinché ne l’euforia ne la depressione la sovrastino inglobandola in turbinii emotivi difficili da controllare. La psicoterapia per un disturbo bipolare (che sia I o II) dovrebbe avere proprio questo obiettivo principale: concorrere, insieme al farmaco, a dare l’opportunità al paziente di stabilizzare e *sapere come* stabilizzare l’umore decrementandone le fluttuazioni.
2) secondo motivo, a mio modesto e lontano parere (lei ben comprenderà che siamo solo online), è che la psicoterapia potrebbe veramente farle comprendere come mai questa necessità di essere riconosciuta patologica da suo padre. Necessità che al momento la fa soffrire tanto...
Lei mi da l’idea di essere anche arrabbiata con suo papà (mi corregga se sbaglio). Allora: se ho questa necessità, perché ce l’ho? e una volta capito il perché, quali strategie e tecniche emotive, di pensiero e comportamentali poter mettere in atto per non soffrire (o soffrire meno) di fronte all’indifferenza emotiva paterna?
Secondo me quella della psicoterapia sarebbe una carta importante che potrebbe giocarsi a favore non solo di un benessere personale ma anche emotivo/relazionale.
Cordiali saluti
<<<Intanto ignoro altrimenti starei soltanto peggio>>>. Non mi pare che lei stia ignorando la diatriba malattia si/malattia no con suo padre. Le dico questo perché tutto il suo scritto appare veramente colmo di sofferenza riferita alla mancata comprensione da parte di suo papà. Come potrebbe essere diversamente? Sta attraversando una fase depressiva che da quanto (e come) scrive e proprio ciò che ci scrive evidenzia probabilmente due cose:
1) un sintomo stesso della fase di calo dell’umore;
2) la necessità che suo padre riconosca il suo malessere psicologico.
Ora, lei ci scrive: <<cosa dovrei fare?>>>
Le do un suggerimento pregandola di condividerlo con la sua psichiatra: perché non associare alla farmacoterapia (necessaria) una psicoterapia?
Le dico questo fondamentalmente per due motivi specifici:
1) la terapia psicologica le darebbe modo (in associazione ai farmaci) di comprendere e avvertire, in anticipo temporale, quale delle due emozioni prevalenti (euforia/mania e tristezza/depressione) sta iniziando a manifestarsi, e questo le consentirebbe di attuare le dovute contromisure cognitive e comportamentali affinché ne l’euforia ne la depressione la sovrastino inglobandola in turbinii emotivi difficili da controllare. La psicoterapia per un disturbo bipolare (che sia I o II) dovrebbe avere proprio questo obiettivo principale: concorrere, insieme al farmaco, a dare l’opportunità al paziente di stabilizzare e *sapere come* stabilizzare l’umore decrementandone le fluttuazioni.
2) secondo motivo, a mio modesto e lontano parere (lei ben comprenderà che siamo solo online), è che la psicoterapia potrebbe veramente farle comprendere come mai questa necessità di essere riconosciuta patologica da suo padre. Necessità che al momento la fa soffrire tanto...
Lei mi da l’idea di essere anche arrabbiata con suo papà (mi corregga se sbaglio). Allora: se ho questa necessità, perché ce l’ho? e una volta capito il perché, quali strategie e tecniche emotive, di pensiero e comportamentali poter mettere in atto per non soffrire (o soffrire meno) di fronte all’indifferenza emotiva paterna?
Secondo me quella della psicoterapia sarebbe una carta importante che potrebbe giocarsi a favore non solo di un benessere personale ma anche emotivo/relazionale.
Cordiali saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3.9k visite dal 18/01/2019.
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