Sono in pace ma voglio morire
Buongiorno, avrei bisogno di un consulto da parte di più specialisti, prima di dover temo tornare in terapia. Ho 24 anni, ho sofferto di depressione durante gli ultimi anni dell’adolescenza, causa ed effetto dell’utilizzo di droghe pesanti. L’amore degli amici e la disponibilità dei miei parenti, mi hanno permesso di curarmi e di uscire dal baratro in cui ero sprofondata. Una delle cose che mi hanno aiutata di più a liberarmi della paura della morte e a trovare la serenità è stato l’approccio alla meditazione e alla filosofia indiana che mi hanno donato quella che io chiamo fede, un senso profondo di comunione con l’universo, la sensazione di essere solo uno degli infiniti e temporanei modi con cui Dio guarda il mondo. E ciò mi ha portato l’accettazione, la compassione, una pace profonda. Ogni giorno ringrazio per le cose belle che l’universo mi ha donato. Ho la possibilità di studiare, un tetto sulla testa, non soffro la fame , ho un uomo meraviglioso che è il centro della mia vita. Eppure ogni gesto che faccio, ogni piccolo progetto mi appaiono solo modi per ingannare il tempo nell’attesa di perdere la soggettività e tornare a far parte dell’universo. E questa cosa mi spaventa, perché la vita in se mi appare un miracolo incredibile, vedo la bellezza dell’universo, ma la mia di vita mi sembra priva di senso. Le cose per cui dovrei gioire mi lasciano indifferente esattamente come quelle per cui dovrei essere triste. Ogni cosa, in confronto all’eternità la sento piccola e ininfluente. Ed è bello, sia chiaro, perché sento inutile anche l’egoismo, riesco ad entrare in empatia con gli altri ad amare gli esseri viventi tutti. Eppure ogni giorno desidero morire, non voglio restare ad aspettare che arrivi il mio momento, voglio che finisca ora. È come se questa pace che mi ha invasa e che mi ha liberata della paura della morte, mi avesse tolto anche la voglia di vivere. Ho paura di potermi fare del male all’improvviso e distruggere così la gioia dei miei genitori. Mi sento distante dalle cose terrene e quotidiane del mondo ma da un lato vorrei avere qualcosa che mi ancori alla realtà che mi faccia sentire il senso della vita. Solo che, se così facendo, rischiassi di essere di nuovo in balia del dolore e dell’angoscia, se tornassi a vedere solo l’orrore del mondo? Mi sento divisa in due tra il desiderio di astrarmi completamente e magari andarmene in pace e quello di lottare e di vivere, e di sentire di nuovo il dolore e la gioia, con il rischio di frantumarmi. C’è nessuno che è al mondo da più tempo di me che può darmi un consiglio?
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>>> Mi sento divisa in due tra il desiderio di astrarmi completamente e magari andarmene in pace e quello di lottare e di vivere, e di sentire di nuovo il dolore e la gioia, con il rischio di frantumarmi
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In effetti la prima cosa che è evidente dal suo racconto è la forte (apparente) contraddizione fra la paura della morte e il desiderio di morire.
Le forme gravi di depressione insorgono, da un punto di vista psicologica, come espressione di rinuncia, derivante dall'incapacità di trovare il proprio posto nel mondo.
A tal proposito va detto che il rifugiarsi nelle forme contemplative, meditative, in una speranza nell'aldilà ecc. possono essere per chi soffre di questa percepita incompatibilità con il mondo una ulteriore tentata soluzione, cioè un tentativo per dare un senso a ciò che un senso pare non averlo.
E infatti è questo il punto d'arrivo del saggio: la vita non ha senso, o perlomeno non un senso assolutamente evidente, ma io scelgo di vivere lo stesso.
Il tentativo di razionalizzare ciò che non può essere razionalizzato di solito porta disagio.
Suggerimenti diretti da qui credo sarebbe pressoché inutile dargliene, se non è riuscita a trovare soluzione al suo problema attraverso percorsi terapeutici di persona.
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In effetti la prima cosa che è evidente dal suo racconto è la forte (apparente) contraddizione fra la paura della morte e il desiderio di morire.
Le forme gravi di depressione insorgono, da un punto di vista psicologica, come espressione di rinuncia, derivante dall'incapacità di trovare il proprio posto nel mondo.
A tal proposito va detto che il rifugiarsi nelle forme contemplative, meditative, in una speranza nell'aldilà ecc. possono essere per chi soffre di questa percepita incompatibilità con il mondo una ulteriore tentata soluzione, cioè un tentativo per dare un senso a ciò che un senso pare non averlo.
E infatti è questo il punto d'arrivo del saggio: la vita non ha senso, o perlomeno non un senso assolutamente evidente, ma io scelgo di vivere lo stesso.
Il tentativo di razionalizzare ciò che non può essere razionalizzato di solito porta disagio.
Suggerimenti diretti da qui credo sarebbe pressoché inutile dargliene, se non è riuscita a trovare soluzione al suo problema attraverso percorsi terapeutici di persona.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 3.4k visite dal 07/01/2019.
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