Crisi universita'

Salve gentilissimi. Sono un ragazzo di 20 anni iscritto al secondo anno di medicina. Vi scrivo perché al momento mi trovo veramente in preda ad un grandissimo disagio. In pratica vi spiego: nessuno mi ha obbligato ad affrontare questo tipo di facoltà, tuttavia ero convintissimo di voler fare questo. Così dal 5 anno di superiori ho studiato per il test, sono entrato anche se non proprio dove volevo ma molto vicino a casa e ho finito il primo anno, attualmente in pari. Il mio problema è che io vivo la vita universitaria davvero male, proietto il 99% del tempo sullo studio, sono terrorizzato dal poter bocciare un esame o restare indietro ma non tanto per l'esame in se' quanto invece per come reagirei io. Ora sto preparando un esame molto grosso, studio anche di sera e tutto il giorno senza mai fare altro, nel frattempo vedo i miei amici che lavorano o iscritti ad altre facoltà che escono si divertono e io non riesco a trovare il tempo di fare altro, in più sono abbattuto ancora di più dal fatto che essendo l'esame molto grosso scordo le cose molto velocemente, eppure vedo alcune miei compagni di corso che non la vedono così è fanno le cose normalmente, io invece sento una pressione enorme che per giunta nessuno mi mette. Guardo gli altri che lavorano e li invidio quasi come questa scelta mi fosse stata imposta. Tuttavia mi accorgo anche che quando studio e lo faccio senza ansia le cose mi piacciono, non so come dire, non è che non mi piacciano le materie ma alcuni periodi studio e non mi faccio prendere dall'ansia, ma la maggior parte delle volte cado preda del panico e sto davvero male. A volte penso a come potrebbe essere bello lasciare e lavorare, però dall'altra parte ho paura che potrei pentirmi tantissimo di averlo fatto. Sono come ad un bivio, e ho paura che scegliendo in modo sbagliato poi dopo comprometta ancora di più la situazione. Vorrei anche parlarne con qualcuno ma non riesco a trovare il coraggio, anche perché molti mi dicono che non ho motivo di preoccuparmi ma il fatto è' che io lo faccio di mio. Da una parte penso che andare avanti altri 4 anni e mezzo così, senza considerare poi la specializzazione potrebbe trasformarsi in un inferno, ma dall'altra ho paura di gettare via una occasione e qualcosa che magari mi piace e che sarebbe stata una opportunità. Inoltre altro problema: smetto ma poi che faccio? Perché non ho una idea su questo, e' come se fosse così: quando non ho ansia sono abbastanza convinto della scelta, ma quando sono in ansia e' come se non sapessi più cosa voglio dalla vita. In più vi dico che in passato ho sofferto di problemi legati all'umore e al l'ansia e s volte pensi anche che questo mio disagio sia magari il frutto di un disagio mentale più profondo che magari niente a a che fare con l'università e che lasciandola non risolva il problema. Non so davvero cosa fare e ci sto male, vorrei solo un consiglio che magari mi possa aiutare, scusate la lunghezza.
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Dr.ssa Serena Sassi Psicologo 67 1
Gentile ragazzo,

quali sono le motivazioni che l'hanno portata a decidere di studiare medicina?
Se tali motivazioni sono ancora presenti il problema probabilmente non sta nella scelta di iscriversi a medicina e, come lei ben dice, potrebbe pentirsi di un eventuale abbandono del percorso.
Del resto decisioni così importanti per la propria vita non dovrebbero mai essere prese quando ci si trova in preda all'ansia. Non sarebbe saggio.

Che cosa invidia alle persone che lavorano?

Aveva mai incontrato problemi analoghi nello studio in precedenza?

Quale reazione teme che avrebbe se dovesse venire bocciato ad un esame o se dovesse rimanere indietro con gli esami?

Cosa crede che succederebbe se ogni tanto si concedesse di uscire anche lei con gli amici?

Dr.ssa Serena Sassi

Psicologa

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Utente
Utente
Ma probabilmente alcune delle motivazioni sono ancora presenti, però a volte mi domando se ne valga la pena. Sto sprecando i giorni più belli e poi a volte penso magari al fatto che quando lavorerò troverò lavoro in un posto che non mi piace e mi sento morire lì. Del faitto di bocciare un esame temo la mia reazione mentale, ho paura che andrei giù mentalmente perciò studio al massimo per evitarlo, però questo mi carica di stress e pressioni, della gente che lavora invidio il fatto che faticoso quanto possa essere una volta che uno torna a casa può fare ciò che vuole, che un giorno almeno a settimana è libero, che ci sono delle ferie, ma sopratutto che non c’e La pressione costante che si ha in ambito universitario. Di fatto però non so davvero che fare. Grazie.
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Dr.ssa Serena Sassi Psicologo 67 1
Gentile ragazzo,

da quello che scrive sembrerebbe che la sua insofferenza non derivi tanto dall'università in sé, quanto piuttosto dal modo in cui la sta affrontando.

Ha mai pensato che prima di decidere se abbandonare o meno, esiste la possibilità di provare ad affrontare lo studio in modo diverso, per vedere se i suoi dubbi se ne andrebbero?

Lei scrive:
"ho paura che andrei giù mentalmente perciò studio al massimo per evitarlo, però questo mi carica di stress e pressioni"

Penso che il problema si trovi qui. Non so cosa intenda per "andare giù mentalmente" e se ne ha voglia ce lo può spiegare, ma sono sicura che se anche si verificasse quello che teme (essere bocciato ad un esame o rimanere indietro) sopravvivrebbe. Si sta facendo mettere in scacco da questo pensiero.

Da quello che dice non è il fatto di essere uno studente universitario che adesso le crea disagio, ma il modo in cui Lei ha deciso di esserlo. Se ci riflette si renderà conto che alcune delle cose che invidia a chi lavora, se volesse potrebbe averle già.

Pensa che avere un giorno libero a settimana potrebbe farla stare meglio? Se lo conceda, scelga un giorno della settimana in cui non studierà affatto e farà ciò che più le piace.
Vuole delle ferie? Le prenda, si prenda quelle due-tre-quattro settimane all'anno in cui si concederà di non studiare. Non saranno ferie retribuite in denaro, ma la sua retribuzione potrà essere quella di sentirsi meglio, di recuperare energie che potranno esserle utili per studiare più produttivamente quando si rimetterà sui libri (dopo il giorno libero e le ferie).

"e poi a volte penso magari al fatto che quando lavorerò troverò lavoro in un posto che non mi piace e mi sento morire lì".

A parte il fatto che un lavoro non è per sempre (se si trova lavora in un posto che non fa per noi si può attivarsi per cambiarlo), questo timore potrebbe concretizzarsi anche se lei domani lasciasse medicina e si mettesse a cercare lavoro in altro ambito. La soluzione quindi non sta nell'abbandonare o non abbandonare, ma di nuovo nel non farsi mettere ko dal proprio pensiero.

Cosa ne pensa?

Cosa valga la pena fare e cosa no starà a lei deciderlo.
[#4]
Utente
Utente
Forse ha ragione ma infatti io vorrei prenderla in maniera diversa, però è come se mi autoimponessi questo, penso oggi non ho studiato, se bocciassi l’esame probabilmente dipenderebbe da queste giornate che ho perso quindi devo studiare. La cosa che mi fa invidiare gli altri che lavorano e’ l’essere sgombri nella mente sotto questo punto di vista, mentre l paura del bocciare un esame, consiste nel fatto che per come sono fatto la prenderei male, anche se sono consapevole che prima o poi e’ molto probabile che accada, in più quando ci sono esami molto grossi e mnemonici mi scoraggio quando vedo che dimentico alcune cose e mi domando come fanno gli altri s farcela studiando meno o semplicemente a viverla più tranquilla. A me piacerebbe solo ogni tanto fare un giro anche il pomeriggio senza avere pensieri nella testa costantemente rivolti agli esami, come fanno tutti insomma. La ringrazio ancora.
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Dr.ssa Serena Sassi Psicologo 67 1
Gentile ragazzo,

rispetto a questa sua affermazione:

"se bocciassi l’esame probabilmente dipenderebbe da queste giornate che ho perso quindi devo studiare"

posso garantirle che il profitto in termini di apprendimento non dipende tanto dalla quantità di tempo che si dedica allo studio, quanto dalla qualità del tempo che vi si dedica.

Anche gli altri senza dubbio dimenticano alcune cose (soprattutto se la quantità di nozioni mnemoniche da apprendere è notevole). Fa parte del fatto di essere umani e quindi fallibili.

Come ha detto, quella di non concedersi giornate libere dallo studio è un'autoimposizione. Dal momento che però questa sua modalità le sta creando un disagio tale da mettere in discussione la sua scelta universitaria, se non riesce da solo a provare a svincolarsi da questa autoimposizione per verificarne gli effetti, potrebbe esserle utile un consulto in presenza.