Dubbi sulla terapia

Buonasera dottori, vi scrivo per un consiglio. Da un anno seguo un percorso di psicoterapia, che mi sta aiutando tantissimo. Ho deciso di intraprendere questo percorso in un periodo di crisi, diciamo che ero caduta in uno stato ansioso-depressivo e la terapia mi ha fatto fare enormi passi avanti nella gestione dell' ansia e in generale a livello personale, infatti adesso va decisamente meglio. Ho instaurato col mio terapeuta un ottimo rapporto già da subito, pian piano lui ha assunto per me un ruolo di guida sempre più importante nell' orientare le mie scelte quotidiane. Per questo motivo le sedute sono diventate ben presto fondamentali per me, per avere quei consigli e quell' attenzione del terapeuta nei miei confronti che mi facevano sentire meglio e miglioravano la mia esistenza in generale. Adesso però è cambiato qualcosa, da quando, qualche seduta fa, ho notato nel terapeuta un' insofferenza notevole nell' ascoltare il mio discorso, atteggiamento che avevo notato anche prima in modo impercettibile ma a cui non avevo dato molto peso e che invece in quel momento era diventato piuttosto evidente. Dopo qualche seduta ho manifestato al terapeuta questa mia sensazione, lui si è scusato ammettendomi che durante quella seduta non stava molto bene (anche se facendolo mi è sembrato un pochino seccato) e la cosa sembrava essersi chiarita lì. Il problema per il quale vi scrivo è che però purtroppo, dopo quell' episodio, continuo ad avere la sensazione che il mio terapeuta si annoi durante le mie sedute e che sia abbastanza insofferente a me, nonostante le sedute successive siano state impeccabili da parte sua sul piano professionale. Non so spiegare, nonostante lui mi dedichi ancora molto tempo e attenzione e le sue sedute continuino ad essere una mano santa per me, ho come la vaga sensazione che ci sia qualcosa di impostato, come se lui si imponesse di essere corretto e cordiale per non farmi notare la sua insofferenza, dopo l' appunto che gli avevo fatto. Certo, sembra ancora sinceramente interessato a me sul piano umano, ma è come se si fosse spezzato qualcosa. Mi sento di troppo, e tendo sempre a interpretare le sue battute come segni di insofferenza nei miei confronti. Non so se questa sia una mia percezione distorta dovuta al mio vissuto personale o se c'è qualcosa di vero in quello che sento. Ho paura a parlargli in maniera più approfondita di questo disagio, perché ogni volta che con battute allusive gli faccio notare la mia paura di annoiarlo, lui sembra abbastanza seccato dal mio comportamento. Il problema è che quando ricevo questa impressione di insofferenza da parte sua rimango profondamente ferita e torno a casa depressa dopo la seduta. In alcuni momenti di rabbia ho addirittura pensato di interrompere la terapia o di diluire il numero di sedute, ma nello stesso tempo non voglio farlo perché io ho ancora davvero bisogno del suo aiuto. Cosa pensate di questa situazione? Grazie in anticipo!
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile utente,

Penso che dovrebbe esprimere al terapeuta proprio questa paura: Ho paura a parlargli in maniera più approfondita di questo disagio , dicendogli quale è la paura più grande che ha proprio nel parlargli di questa paura.
Quale è questa paura?

Questo deve capire e riferire!
Su questo timore verosimilmente ci sarà da discutere in seduta.

Anche perché la conseguenza di ciò che sta accadendo è questa: Il problema è che quando ricevo questa impressione di insofferenza da parte sua rimango profondamente ferita e torno a casa depressa dopo la seduta .

Insieme alla paura, o meglio, al motivo di questo timore gli dica proprio ciò che ha scritto e cioè che si sente tristemente ferita da questa percezione di insofferenza.

La terapia è anche questa ed esplicitare questo timore le tornerà utile! Vi tornerà utile!
Di contro, non facendolo, la terapia sarà in stallo e lei starà sempre più sofferente.

Molti auguri per tutto!

Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

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Utente
Utente
Gentile dottore, la ringrazio moltissimo per la sua risposta. Penso che la mia paura sia quella di spezzare l'equilibrio che si è creato in terapia, anche perché quando gli ho fatto notare le mie impressioni sul fatto che si stesse annoiando, il mio terapeuta si è mostrato leggermente risentito, anche se poi mi ha ringraziato di avergli fatto notare la cosa. Proverò a introdurre questo argomento in seduta, sperando di superare questa situazione. Grazie dei consigli!
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Bene!
È molto importante che il contenuto delle ansie/paure, che come in questo caso verosimilmente riguardano la relazione terapeutica, venga esposto e quindi discusso tra paziente e curante durante i colloqui.

Lieto dell’aiuto

Stia bene!
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Utente
Utente
Buongiorno dottori, scrivo per chiedere di nuovo un vostro parere riguardo la situazione che si è creata di recente nel rapporto con il mio terapeuta. Avevo già scritto in precedenza dei problemi che avevo avuto, della mia percezione della sua insofferenza durante le sedute. Successivamente ho provato a chiarire con lui più di una volta, gli ho fatto presente più volte il problema e mi sono sempre sentita rispondere che questa mia sensazione faceva parte del mio problema, che dipendeva da come io interpretassi la realtà in base al mio vissuto. Ho cercato di capire, alla fine mi sono anche convinta che lui avesse ragione. Poi, nell' ultimo mese e mezzo è successo più volte che lui mi disdicesse le sedute un' ora o comunque pochissimo tempo prima degli appuntamenti, con scuse che mi sembravano ogni volta poco credibili. Io inizialmente, presa dalla rabbia, ho deciso di disertare un appuntamento con una scusa qualsiasi, poi recentemente, durante una seduta, mi sono bloccata, non riuscivo più a parlare, e quindi lui alla fine è riuscito a tirarmi fuori tutto il risentimento che avevo e gli ho fatto capire che ero molto arrabbiata con lui per questa instabilità a cui mi sottoponeva, gli ho anche detto che le sedute per me non erano più da tempo un punto di riferimento sicuro, gli ho ammesso di pensare che le sue scuse non fossero valide, ma che semplicemente mi disdicesse le sedute spesso perché non aveva voglia di avere a che fare con una paziente pesante come me. Poi è successo che, il giorno dopo una seduta, fossi molto in ansia per via di un colloquio di lavoro che dovevo affrontare qualche giorno dopo, durante la seduta precedente non ne avevamo parlato a sufficienza, e allora io, divorata dall' ansia, gli ho chiesto se era possibile fissare una seduta in via eccezionale l'indomani, perché avevo bisogno di aiuto. Mi sono resa conto che fosse una richiesta un po' insolita e ho avuto paura, in quel momento, di appesantire il mio terapeuta, ma poi alla fine ho detto a me stessa che in fondo non c'era nulla di grave a chiedere un sostegno in un momento di difficoltà. Il punto è che, però, lui non ha risposto, né un si, né un no. La cosa che mi ha ferita di più è stata proprio la sua indifferenza, persino se mi avesse risposto con un tono di rimprovero sarebbe stato meglio. Ma niente, nessuna risposta. Il colloquio di lavoro alla fine per fortuna è andato bene, l'ansia si è dileguata, ma rimane la sofferenza e la tristezza per il fatto di sentirmi così abbandonata da lui. Tra l'altro sono tornata per il periodo delle vacanze estive nel mio paese d'origine e sottolineo che i rapporti con la mia famiglia sono molto difficili e io mi sento sola, abbandonata a me stessa e destinata a essere ignorata e mai amata da nessuno nel modo in cui ne ho bisogno. In questi giorni sto maturando l' idea di abbandonare la terapia, proprio perché fatta in questo modo forse mi danneggia anziché aiutarmi. Non so se la mia possa essere una decisione definitiva oppure se sarà solo provvisoria, davvero non so come comportarmi. Cosa ne pensate? Secondo voi cosa dovrei fare? Grazie di cuore in anticipo a chi mi risponderà!
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Una cosa che mi pare non le abbia chiesto è quale è la diagnosi che le ha fatto il collega (?)
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Utente
Utente
Salve, in realtà lui non mi ha mai parlato di diagnosi, io ho deciso di intraprendere questo percorso terapeutico perché in un periodo critico avevo dei momenti di forte ansia serale e non riuscivo a sbloccarmi a livello lavorativo. Lui a questo proposito è sempre stato molto evasivo, una volta in cui gli ho detto di credere di essere depressa mi ha risposto che a lui non è mai piaciuto mettere etichette sui pazienti, per cui non saprei cosa rispondere. Scrivevo nel messaggio precedente che quando gli ho comunicato di percepire un'insofferenza da parte sua, il terapeuta mi ha risposto che faceva parte del mio problema, poi non ha motivato, io ho capito che lui stesse in quel momento facendo riferimento alla mia storia personale, e precisamente al fatto che sin da piccola mi sono spesso sentita ignorata e presa pochissimo in considerazione dai miei genitori (cosa che effettivamente avveniva) e che mi sento ancora adesso così nei confronti di alcune persone.
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
(...)sin da piccola mi sono spesso sentita ignorata e presa pochissimo in considerazione dai miei genitori(...)
e probabilmente è così che ci si sente anche nei confronti del terapeuta.
Quindi occorrerebbe lavorare molto sui vissuti emotivo-relazionali che la fanno soffrire. Questo si può fare quando è presente una buona relazione terapeutica. La invito nuovamente a confrontarsi con il collega riguardo la tematica emersa e poi eventualmente, se il suo stato di malessere dovesse proseguire in modo frequente e intenso, valutare la possibilità di rivolgersi ad un collega psicologo psicoterapeuta sistemico-relazionale.

Molti auguri per tutto!
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Utente
Utente
Grazie mille per la risposta e per il prezioso consiglio che terrò sicuramente in considerazione, anche se spero che la situazione possa migliorare con il mio terapeuta! Saluti!
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Prego

Molti auguri davvero!
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Utente
Utente
Grazie!