Problema indipendenza - genitore

Gentili dottori, sono stato cresciuto da due genitori che non sono mai andato d’accordo, hanno sempre litigato apertamente davanti a me, non mi hanno impartito un’educazione appropriata. Da un paio di mesi mi sono dimesso dalla società di mio padre e ho deciso di stravolgere tutto, ma è una cosa difficile che richiede tempo e impegno. Inoltre ho sicuramente bisogno di un aiuto psicologico dato che non riesco a vivere serenamente e sono bloccato, non riesco a reagire. Il problema è che mio padre, forse anche sentendosi tradito dalla mia presa posizione, periodicamente mi pressa e mi invita bruscamente a reagire, facendo indirettamente leva sul fatto che sono maggiorenne e non indipendente, mantenuto ora come ora da lui. Si sente in diritto di assumere questa posizione di potere su di me e di esibirsi in impetuose sfuriate periodiche. Dato che è sempre stato un tipo aggressivo e vendicativo anche con me figlio ( O con mia madre ad esempio ), mi chiedevo se potessi considerare queste dinamiche come violenza psicologica dato che in realtà io covo il desiderio di reagire ma mi sento in difficoltà, non sono di certo bloccato nell’inerzia per scelta, e lui è di fatto il primo dei bastoni tra le ruote poichè non mi sento per nulla sostenuto dal suo atteggiamento. Naturalmente ho provato a parlare ed esprimermi in ogni modo con entrambi i miei genitori: Con calma, con rabbia, con semplicità e in modo più articolato. Solo mia mamma è più capace di comprendermi, ma lei stessa è bloccata in un matrimonio forzato e non è soddisfatta delle relazioni familiari. Inoltre nel quadro è compreso il fatto che anche con la buona volontà di intraprendere una terapia, sarei comunque costretto a cercare i soldi a mio padre. In alternativa potrei in qualche modo stringere i denti e sperare che mi assumano come cassiere per potermi pagare la cura , il fatto è che ho un umore basso ed una scarsa motivazione. Mi sento appunto in difficoltà ed incatenato dalle dinamiche descritte. In realtà vorrei più di tutto la calma per poter riflettere e scegliere ciò che davvero sento mi piaccia. Sono perfino ambizioso e nonostante tutto il male sono convinto che con le circostanze ambientali favorevoli riuscirei ad avere la forza di reagire ed intraprendere una rotta decisa e consapevole. Nel momento in cui avessi la legittimità di farlo prenderei addirittura misure legali se dovessi continuare ad avvertire questo pressing/ minaccia da parte sua: Pur se in cuor mio gli voglio bene, ancor più voglio il diritto di poter vivere la mia vita serenamente..
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

Lei sembra dibattersi tra un Suo mondo interiore fatto di desideri di autorealizzazione e di aspettative,
e il mondo concreto, che prevede alcuni requisiti per realizzare alcuni tra i propri sogni
tra cui l'indipendenza economica.

Prima di "dimettersi dalla società di Suo padre" aveva valutato come sarebbe cambiata la Sua vita senza un reddito?
A quali vincoli
- forse ancora maggiori -
avrebbe dovuto sottostare in tale situazione?

La scoraggio dal pensare ad aspetti lagali.
Ritengo non rappresentino pensieri evolutivi per Lei.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Attivo dal 2019 al 2019
Ex utente
Gentile dottoressa, io ci ho pensato: E ho deciso ugualmente di farlo in preda ad esasperazione, dato che avendo provato ad aprirmi in tutti modi a mio padre ed essendo stato sminuito in ogni modo, stanco di litigare e di ricevere critiche giudicanti all'ordine del giorno, ho capito che la situazione non sarebbe potuta migliorare poichè lui è chiuso nelle sue idee. Devo, io, colpevolizzarmi per aver commesso un "errore razionale" sulla base di un desiderio di benessere? E, se pure io volessi abbandonare ogni ispirazione e accontentarmi della più disponibile concretezza per sopravvivere e campare, sono io un essere umano del tutto solo e privo di qualsiasi appoggio emotivo per cui l'unica è stringere i denti e rigare dritto nonostante io avverta un costante malumore e non abbia la facoltà di vivere serenamente la mia esistenza? Sto chiedendo perchè, nel caso, provvedo di conseguenza, vado via di casa e mi propongo come cameriere nel primo locale di seconda mano che capita a tiro. Certo, la considererei una rassegna, una sconfitta, e inoltre il fatto che ho sicuramente bisogno di un aiuto psicologico ( Forse di farmaci, visto l'umore ), mi renderebbe la cosa incredibilmente pesante. Ma dalla risposta che mi ha dato evinco che l'unica è contare su me stesso anche se sto cercando di ammetterle, pur essendo orgoglioso, che sento bisogno di un sostegno che non posso permettermi. Sarebbe meno evolutivo forzare mio padre a lasciarmi vivere la mia vita, piuttosto che continuare a subire in silenzio con la probabile complicazione di venire assorbito sempre di più nel circolo negativo in cui mi trovo?