Psicoanalisi e Tbs per la cura di un sintomo

Buongiorno, scrivo per avere un parere esperto sul mio percorso terapeutico.
Nello specifico:
Nel 2015 ho iniziato un percorso di psicoanalisi (che dura tuttora) per problemi di depressione esistenziale, insoddisfazione, non riuscivo a dare la tesi di laurea pur avendo dato tutti gli esami con ottimi voti. Il percorso ha dato immediatamente buoni risultati, mi sono sentita meglio, più consapevole, ho imparato a reagire diversamente ad alcune situazioni, e frequentazioni nocive, ho costruito un linguaggio e analizzato molte questioni della mia vita. Insomma priprio quello che ci si aspetta da un' analisi, ma nel 2016 circa un anno dopo c'è stato l'insorgere di un sintomo. Un sintomo molto limitante ( mal di pancia improvvisi e necessità di andare in bagno) e quando non si tratta del sintono stesso, il vero limite lo costitusice l'ansia de sintomo stesso. Tutto questo ha finito per limitare la mia vita sempre di più e a ridurla a movimenti strettamente controllati, viaggi programmati, incontri in posti prestabiliti, sempre meno uscite ecc.
Ovviamente anche questo è diventato materia di seduta, e sul piano teorico ho la consapevolezza del perché si sia strutturato questo sintomo e delle sue "funzioni", tuttavia non mi abbandona e ormai sono quasi 3 anni che vivo nella paura e nell' ansia.
Il rapporto con il mio terapeuta è vitale per me e lo ritengo una continua scoperta, ho estrema fiducia nel nostro lavoro e non vorrei interromperlo, per cui avrei pensato
di integrarlo, per risolvere il sintomo nello specifico (in breve tempo si spera), con una terapia breve strategica (che ho letto essere più mirata per questo tipo di fobie). La domanda è: avrebbe senso fare un "integrazione" di questo genere?
So che le varie terapie spesso usano linguaggi diversi, questo potrebbe essere un problema? potrei in qualche modo vanificare il mio attuale percorso di analisi?
Grazie dell' ascolto
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

in questi casi è proprio il rapporto di fiducia nei confronti del proprio terapeuta che "impone" di confrontarsi con il professionista stesso,
per definirne la eventuale necessità
ma anche i confini di un intervento terzo.
A me talvolta succede quando c'è un invio da parte di Colleghi mirato ad un percorso "breve" di psicoterapia sessuale focale, ad es.,
situato all'interno di un altro percorso, ad es. di orientamento psicoanalitico.

Occorre trasparenza e chiarezza da parte di ognuno.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
Utente
Utente
Gentile dott.ssa,
grazie della risposta. Si certamente è in programma di avanzare la richiesta al mio terapeuta, perché trovo controproducente agire "di nascosto" in una situazione del genere. Più che altro volevo capire quanto la mia idea potesse avere senso, sentendo qualche altra esperienza simile (e magari anche positiva).
Grazie dell' ascolto
[#3]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Dalla mia risposta presumo abbia compreso che
sì,
ha senso chiarirsi con il Suo Psicoterapeuta.
La incoraggio a farlo.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti