La psicoterapia non funziona?
Salve, 6 anni fa ho cominciato una psicoterapia di indirizzo psicoanalitico. Ero nel pieno di una fase depressiva dovuta a varie situazioni difficoltose (perdita di un genitore, licenziamento dal posto di lavoro). Dopo un paio d'anni sono stata pian piano molto meglio: ho ricominciato a fare progetti, a ricercare lavoro e a formarmi, a frequentare gente, mi sono innamorata, ho viaggiato. Purtroppo da un annetto a questa parte parecchie cose hanno cominciato ad andare di nuovo storte … difficoltà al lavoro, allontanamento dalla mia rete sociale, ancora malattie e lutti in famiglia … e lentamente sono di nuovo precipitata in un pesante stato depressivo con ansia continua. Continuo ad andare dalla mia terapeuta, abbiamo un buon rapporto, cerca di essere di supporto e di incoraggiarmi dicendo che è solo una fase e passerà anche questa … ma io a questo punto ho perso ogni motivazione nel percorso. Le sto chiedendo da mesi se non sia forse il caso di affiancare una terapia farmacologica alla psicoterapia … non ho mai preso psicofarmaci, non so se possano essere d'aiuto o meno … ma confrontandomi con alcuni conoscenti mi dicevano che possono essere d'aiuto in momenti in cui l'umore e le energie sono così in basso. Quando le chiedo consigli sull'inizio di una terapia farmacologica mi dice chiaramente che la scelta è la mia … ma non mi incoraggia di certo ad incominciarla. Prima questione: è il caso che consulti uno psichiatra indipendentemente da quello che ne pensa o meno la terapeuta?
E ancora … dopo 6 ANNI di terapia è normale avere ricadute così forti? Capisco che il terapeuta non ha la bacchetta magica e non può tutelare il paziente da eventi spiacevoli esterni … e ripeto, questo sicuramente non è un periodo semplice per molte ragioni … ma è normale che sia nelle stesse condizioni in cui sono arrivata lì 6 anni fa se non peggio? Un percorso terapeutico non dovrebbe almeno un minimo renderci più forti e reattivi rispetto agli accadimenti esterni … innescare dei meccanismi di risposta alle avversità più adattivi? E qui la seconda domanda: con grande pena nel cuore, ma non è il caso di cominciare a chiedersi se la psicoterapia stia funzionando o meno?
Vi ringrazio per l'attenzione,
Alice
E ancora … dopo 6 ANNI di terapia è normale avere ricadute così forti? Capisco che il terapeuta non ha la bacchetta magica e non può tutelare il paziente da eventi spiacevoli esterni … e ripeto, questo sicuramente non è un periodo semplice per molte ragioni … ma è normale che sia nelle stesse condizioni in cui sono arrivata lì 6 anni fa se non peggio? Un percorso terapeutico non dovrebbe almeno un minimo renderci più forti e reattivi rispetto agli accadimenti esterni … innescare dei meccanismi di risposta alle avversità più adattivi? E qui la seconda domanda: con grande pena nel cuore, ma non è il caso di cominciare a chiedersi se la psicoterapia stia funzionando o meno?
Vi ringrazio per l'attenzione,
Alice
[#1]
Gentile Alice,
comprendo i suoi interrogativi, sono legittimi.
Da qui non è possibile entrare nel merito delle sue esperienze esistenziali né di una psicoterapia di lunga durata come la sua. Parliamo di un mondo in cui bisognerebbe sostare a lungo e approfonditamente. Mi sembra comunque di capire che sia un momento particolarmente duro e buio.
In questa sede, provo soltanto a lasciarle alcune suggestioni. Quando ci sono eventi spiacevoli ha ragione a dire che nessuno può tutelarla. Succede purtroppo, e non sempre possiamo evitare le difficoltà a lavoro o i lutti in famiglia, è la vita.
Leggendo le sue parole, mi ha fatto pensare che a volte facciamo i conti con alcune idealizzazioni. E il fatto che lei riconosca che il terapeuta non abbia la bacchetta magica potrebbe essere eventualmente un buon segno, anche se al momento per lei rappresenti un forte limite.
Magari invece potrebbe essere proprio questo l'inizio di un possibile cambiamento, che deve essere ancora affrontato in modo idoneo, soprattutto attraverso quella forza necessaria che deve poter trovare, senza scoraggiarsi, dentro se stessa. Per poter poi sperare ancora nel futuro.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
comprendo i suoi interrogativi, sono legittimi.
Da qui non è possibile entrare nel merito delle sue esperienze esistenziali né di una psicoterapia di lunga durata come la sua. Parliamo di un mondo in cui bisognerebbe sostare a lungo e approfonditamente. Mi sembra comunque di capire che sia un momento particolarmente duro e buio.
In questa sede, provo soltanto a lasciarle alcune suggestioni. Quando ci sono eventi spiacevoli ha ragione a dire che nessuno può tutelarla. Succede purtroppo, e non sempre possiamo evitare le difficoltà a lavoro o i lutti in famiglia, è la vita.
Leggendo le sue parole, mi ha fatto pensare che a volte facciamo i conti con alcune idealizzazioni. E il fatto che lei riconosca che il terapeuta non abbia la bacchetta magica potrebbe essere eventualmente un buon segno, anche se al momento per lei rappresenti un forte limite.
Magari invece potrebbe essere proprio questo l'inizio di un possibile cambiamento, che deve essere ancora affrontato in modo idoneo, soprattutto attraverso quella forza necessaria che deve poter trovare, senza scoraggiarsi, dentro se stessa. Per poter poi sperare ancora nel futuro.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Utente
Salve dott. De Sanctis,
rispondo dopo mesi perché presa dalla quotidianità non ho avuto modo di replicare.
La sua "suggestione" ... "inizio di un possibile cambiamento" ... mi ha sicuramente fatto avvertire sensazioni positive.
Sono passati 3 mesi ... sto un po' meglio ... il mio umore mi sta dando un po' di sollievo e sto lentamente tornando a fare cose. Trovare lavoro è sempre un enorme problema (vivo al Sud!!!) e anche la vita sociale fatica a decollare. Quindi, a parte il mio tono umorale, è proprio il contesto ambientale che non è proprio facilitante. Ma diciamo che un minimo ho ricominciato a far cose per cercare di rompere lo stallo e il vuoto in cui sono caduta ... senza aspettative né grosse speranze ma vediamo che succede un passo alla volta.
La terapia è continuata in questi mesi ... ho esposto i miei dubbi alla mia terapeuta sull'efficacia del nostro percorso ... e lei ha replicato che è normale che dopo anni e in momenti difficili ci si pongano interrogativi come i miei.
La mia terapeuta nei prossimi mesi farà una sospensione delle sedute ... forse ci rivedremo l'autunno prossimo. L'ultima seduta lei stessa ha tirato fuori il discorso di cominciare a pensare alla fine della terapia (farà l'interruzione e poi dovremmo entrare in fase finale). Non ci siamo sbilanciate più di tanto sull'argomento: dopo questi 6 anni, a suo dire, è opportuno pensare ad un'interruzione che magari mi farebbe bene e potrebbe darmi la possibilità di sbloccarmi in tante cose. O sennò mi ha consigliato di cambiare completamente approccio e prendere parte ad una gruppoterapia che lei stessa tiene (in realtà è tanto tempo che mi consiglia di entrare nel gruppo ... ma è un'iter terapeutico che non mi interessa affatto e glielo ribadisco ogni volta che me lo propone!!).
Mi chiedo ... come si decide la fine di un percorso terapeutico? E' un momento delicato ... perché tirare fuori proprio in questo momento di ricaduta l'ipotesi di interruzione? Il terapeuta stabilisce un limite temporale e se il paziente sta bene o sta male entro quel limite la terapia si deve interrompere e arrivederci e grazie?
O forse è proprio arrivato il momento di cercare un altro terapeuta? E' un'idea che mi gira in testa da mesi ... forse in qualche modo gliel'ho trasmessa ... forse è proprio evidente che qualcosa non sta funzionando ... ah boh, aiutatemi !!!
Spero vivamente in una vostra replica per far chiarezza
Grazie per l'attenzione e cari saluti,
Alice
rispondo dopo mesi perché presa dalla quotidianità non ho avuto modo di replicare.
La sua "suggestione" ... "inizio di un possibile cambiamento" ... mi ha sicuramente fatto avvertire sensazioni positive.
Sono passati 3 mesi ... sto un po' meglio ... il mio umore mi sta dando un po' di sollievo e sto lentamente tornando a fare cose. Trovare lavoro è sempre un enorme problema (vivo al Sud!!!) e anche la vita sociale fatica a decollare. Quindi, a parte il mio tono umorale, è proprio il contesto ambientale che non è proprio facilitante. Ma diciamo che un minimo ho ricominciato a far cose per cercare di rompere lo stallo e il vuoto in cui sono caduta ... senza aspettative né grosse speranze ma vediamo che succede un passo alla volta.
La terapia è continuata in questi mesi ... ho esposto i miei dubbi alla mia terapeuta sull'efficacia del nostro percorso ... e lei ha replicato che è normale che dopo anni e in momenti difficili ci si pongano interrogativi come i miei.
La mia terapeuta nei prossimi mesi farà una sospensione delle sedute ... forse ci rivedremo l'autunno prossimo. L'ultima seduta lei stessa ha tirato fuori il discorso di cominciare a pensare alla fine della terapia (farà l'interruzione e poi dovremmo entrare in fase finale). Non ci siamo sbilanciate più di tanto sull'argomento: dopo questi 6 anni, a suo dire, è opportuno pensare ad un'interruzione che magari mi farebbe bene e potrebbe darmi la possibilità di sbloccarmi in tante cose. O sennò mi ha consigliato di cambiare completamente approccio e prendere parte ad una gruppoterapia che lei stessa tiene (in realtà è tanto tempo che mi consiglia di entrare nel gruppo ... ma è un'iter terapeutico che non mi interessa affatto e glielo ribadisco ogni volta che me lo propone!!).
Mi chiedo ... come si decide la fine di un percorso terapeutico? E' un momento delicato ... perché tirare fuori proprio in questo momento di ricaduta l'ipotesi di interruzione? Il terapeuta stabilisce un limite temporale e se il paziente sta bene o sta male entro quel limite la terapia si deve interrompere e arrivederci e grazie?
O forse è proprio arrivato il momento di cercare un altro terapeuta? E' un'idea che mi gira in testa da mesi ... forse in qualche modo gliel'ho trasmessa ... forse è proprio evidente che qualcosa non sta funzionando ... ah boh, aiutatemi !!!
Spero vivamente in una vostra replica per far chiarezza
Grazie per l'attenzione e cari saluti,
Alice
[#3]
Buon pomeriggio Alice,
ho l’impressione che lei, pur avendo dei dubbi, non sembri desiderare la fine della terapia.
Come le dicevo, non riusciamo ad aiutarla, non potendo entrare nel merito della sua terapia, che è un percorso molto complesso. Oltretutto possono esserci differenti punti di vista e il modo di lavorare di un terapeuta può essere anche molto differente da quello di un altro.
Quello che posso fare in questa sede è, allora, limitarmi ad accennarle il mio punto di vista. Nel mio modo di lavorare, un terapeuta non stabilisce una data di fine a priori. Se qualcosa non funziona , forse non è ora di interrompere. Se il terapeuta ritiene che il percorso non possa essere più di beneficio per il paziente, deve esplicitarlo. Va detto, tuttavia, che un’interruzione non può sbloccare certi malesseri e nodi del paziente e non credo, a mio avviso, nell’opportunità di cambiare modalità di incontro, da individuale a gruppale ad esempio.
Ora è importante capire se sente di poterne ancora parlare, prima di rivolgersi a un altro terapeuta, provando a darsi ulteriore tempo per riflettere insieme alla sua terapeuta sui vissuti che stanno emergendo dentro di lei.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
ho l’impressione che lei, pur avendo dei dubbi, non sembri desiderare la fine della terapia.
Come le dicevo, non riusciamo ad aiutarla, non potendo entrare nel merito della sua terapia, che è un percorso molto complesso. Oltretutto possono esserci differenti punti di vista e il modo di lavorare di un terapeuta può essere anche molto differente da quello di un altro.
Quello che posso fare in questa sede è, allora, limitarmi ad accennarle il mio punto di vista. Nel mio modo di lavorare, un terapeuta non stabilisce una data di fine a priori. Se qualcosa non funziona , forse non è ora di interrompere. Se il terapeuta ritiene che il percorso non possa essere più di beneficio per il paziente, deve esplicitarlo. Va detto, tuttavia, che un’interruzione non può sbloccare certi malesseri e nodi del paziente e non credo, a mio avviso, nell’opportunità di cambiare modalità di incontro, da individuale a gruppale ad esempio.
Ora è importante capire se sente di poterne ancora parlare, prima di rivolgersi a un altro terapeuta, provando a darsi ulteriore tempo per riflettere insieme alla sua terapeuta sui vissuti che stanno emergendo dentro di lei.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
Utente
Grazie dottore,
capisco che riassumere in poche righe 6 anni di terapia, relazione e vita dà una versione troppo limitata dello stato delle cose e diventa difficile per voi entrare in merito.
Ma anche solo ascoltare un altro punto di vista è molto utile (soprattutto da un professionista del settore).
Qualcosa che non va c'è la mia ricaduta (e diciamo che quella è stata determinata anche da eventi esterni) la mia terapeuta che mi consiglia un cambio di modalità terapeutica (il gruppo) e io che a mia volta ne cerco un'altra (la terapia farmacologica) e ora questa nuova di ipotizzare una fine della terapia in un momento così delicato della relazione terapeutica e così duro della mia vita.
Prima della sospensione momentanea abbiamo un'ultima seduta la prossima settimana e non so se riesco a tirare fuori tutto.
Riguardo ai miei vissuti: aver sentito parlare dell'ipotesi di fine della terapia mi ha fatto provare rabbia (perché non è stata una soluzione concordata ma imposta!) e paura (come si diceva nella prima conversazione di mesi fa, ci sono sempre delle idealizzazioni e l'idea che dopo una terapia di 6 anni sto ancora così in balia delle onde mi fa provare terrore e senso di fallimento). E dall'altra parte, l'idea di contattare un nuovo professionista e cominciare da zero punto e daccapo tutto dall'inizio mi fa provare un senso di sollievo.
Diciamo pure che sono molto confusa
Grazie mille per l'attenzione porgo i miei più cordiali saluti,
Alice
capisco che riassumere in poche righe 6 anni di terapia, relazione e vita dà una versione troppo limitata dello stato delle cose e diventa difficile per voi entrare in merito.
Ma anche solo ascoltare un altro punto di vista è molto utile (soprattutto da un professionista del settore).
Qualcosa che non va c'è la mia ricaduta (e diciamo che quella è stata determinata anche da eventi esterni) la mia terapeuta che mi consiglia un cambio di modalità terapeutica (il gruppo) e io che a mia volta ne cerco un'altra (la terapia farmacologica) e ora questa nuova di ipotizzare una fine della terapia in un momento così delicato della relazione terapeutica e così duro della mia vita.
Prima della sospensione momentanea abbiamo un'ultima seduta la prossima settimana e non so se riesco a tirare fuori tutto.
Riguardo ai miei vissuti: aver sentito parlare dell'ipotesi di fine della terapia mi ha fatto provare rabbia (perché non è stata una soluzione concordata ma imposta!) e paura (come si diceva nella prima conversazione di mesi fa, ci sono sempre delle idealizzazioni e l'idea che dopo una terapia di 6 anni sto ancora così in balia delle onde mi fa provare terrore e senso di fallimento). E dall'altra parte, l'idea di contattare un nuovo professionista e cominciare da zero punto e daccapo tutto dall'inizio mi fa provare un senso di sollievo.
Diciamo pure che sono molto confusa
Grazie mille per l'attenzione porgo i miei più cordiali saluti,
Alice
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.3k visite dal 17/12/2018.
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