Qualche problema nel percorso analitico

Buongiorno gentili dottori, sono una ragazza di 22 anni. Ho iniziato un percorso psicoterapeutico poco meno di tre anni fa, a causa di difficoltà nella scelta del percorso da intraprendere dopo la maturità, difficoltà di comunicazione in famiglia e sempre maggiore chiusura nei confronti delle relazioni amicali e del mondo esterno in genere, accompagnati da disagio alimentare e profonda tristezza, scoraggiamento e perdita di senso. Il lavoro con la dott.ssa è diventato progressivamente più intenso e coinvolgente anche se faticoso, dovendo più volte fare i conti con resistenze (che a poco a poco diventano più consapevoli). Anche grazie alla sua competenza ho potuto scegliere ed iniziare l'università, che oggi è fonte di gran parte del mio benessere, riprendere e migliorare le relazioni e in generale maturare una consapevolezza e un modo di approcciarmi al vivere che prima sembrava inimmaginabile. Nonostante la gran parte dei problemi che io portavo, abbiamo deciso di proseguire con un setting analitico, che mi facilita nel pensare e nel parlare ma non del tutto. C'è ancora una parte della mia vita che io non riesco a raccontare, fondamentalmente perché mi vergogno (eventi e questioni relazionali in infanzia e prima adolescenza). Qualche volta ho cercato di farle capire che sento che dovrei parlarne ma non ci riesco, ma la dott.ssa non mi sollecita e aspetta che arrivi il tempo in cui se ne potrà parlare. Mi genera una forte rabbia, poi, il fatto che spesso lei interrompa la seduta proprio quando io avrei più bisogno della sua presenza e del suo contenimento (probabilmente riconducibile alla tecnica dell'orientamento che usa). Penso molto a lei e spesso la immagino felice, soddisfatta, sempre capace (quello che mi arriva dai contatti con lei sono una notevole competenza e professionalità). Questo fantasticare ha sempre un effetto negativo su di me: sento di non valere niente, di non essere capace in nulla se non nelle cose più inutili, di non avere possibilità di migliorare, come se il suo benessere escludesse il mio. A volte penso che la dott.ssa mi odi e che farei meglio a non presentarmi più; mi sento un peso e una noia per lei. Questo vortice di sensazioni arriva ad affossarmi e ad impedirmi persino di concentrarmi nello studio.
Allora mi chiedo: cosa può significare tutto questo? Da dove arriva?
Non riesco a mettere fine alla rabbia per quando non sono soddisfatta della seduta nè al senso di abbandono per quando la sento lontana e felice, magari al mare con suo marito; e non riesco nemmeno a parlare di questi temi in seduta. Allora come fare a dare un luogo alla complessità di tutto ciò che una seduta e il rapporto con l'analista mi genera?
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 592 67
Gentile utente,

ha fatto bene a mettere nero su bianco questi Suoi sentimenti ed emozioni,
più frequenti di quanto creda nel percorso della psicoterapia.

Ha fatto bene perchè così potrà farne una stampa
e farla leggere alla Sua Psicoterapeuta,
in seduta naturalmente.

E' come se Lei in seduta volesse conservare una parte degli indumenti,
quando l'ottimale è giungere ad essere "nudi".
Con pudore, imbarazzo nello svelarsi..
e tutto quanto è connesso.
Naturalmente parlo di una nudità interiore,
che tendenzialmente giunge a non voler avere segreti con la propria Psy.
Ma questo è un punto d'arrivo di un percorso.

Quanto al fatto che
"..spesso lei interrompa la seduta proprio quando io avrei più bisogno della sua presenza e del suo contenimento.."
faccio notare che spesso è l'incoscio del pz. che scoperchia certe pentole bollenti proprio quando mancano pochi minuti al termine,
tattica inconsapevole per "trattenere" la terapeuta attraverso l'importanza di quanto scoperchiato.
Ma la terapeuta competente conosce questa dinamica e la evita.

Ultima riflessione.
Se può, eviti l'idealizzazione della figura e della persona della Psicoterapeuta;
certamente gli studi, l'analisi personale, la supervisione costante ci portano ad essere professioniste competenti e sempre migliori,
e la vita personale spesso va in parallelo.
Ma tra questo e l'essere rappresentate come Wonder Woman ... ce ne passa!

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Utente
La ringrazio molto dott.ssa Brunialti, per la tempestività della Sua risposta e per le riflessioni che propone. Cercherò sicuramente di farne tesoro.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 592 67
Se ritiene,
ci tenga al corrente.

Saluti cari.
Dott. Brunialti
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Utente
Utente
Volentieri! Grazie ancora per l'ascolto.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 592 67
Prego. Lieta.

:-)
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Utente
Utente
Buonasera, scrivo qui perché non sono riuscita a parlare di queste cose con la terapeuta e la situazione è peggiorata. Da dieci giorni (quando c'è stata l'ultima seduta) mi ritrovo immersa in pianti inconsolabili. Il tempo non strutturato di questi giorni di festa e la solitudine facilitano l'emergere di un insieme piuttosto confuso di immagini, ricordi, sensazioni e pensieri che vagano senza meta e senza sosta. Riesco ad identificare alcuni temi rispetto ai quali in questi giorni ho maturato consapevolezze e collegamenti, ma da sola non riesco ad elaborarli. Quindi, come gestire una massa di pensieri percepiti come nuclei difficili e importanti se non c'è la possibilità di parlarne in seduta? (Che implicitamente è: come si vive e si pensa quando non si va più in seduta?). Gran parte dell'angoscia, infatti, è legata proprio a ciò che il rapporto con la terapeuta e il pensiero di lei generano in me. Qualcosa si è rotto, continuamente mi perdo in fantasie rispetto alla fine dell'analisi (con una tristezza profondissima). So che terminare il percorso proprio ora non è proprio un'idea geniale, ma mi sembra l'unica soluzione per smettere di stare così male. Nel terrore di perdere i confini del pensiero e impazzire, le scritto chiedendo un supporto per messaggio. Lei risponde, tuttavia la sento distante e superficiale. So che è vacanza per lei (e l'averla disturbata mi urta moltissimo) ma l'idea di non poter più contare sulla sua presenza mi distrugge. Mi sembra assurdo che io sia più impegnata nella relazione con la terapeuta che con il mio fidanzato. Mi chiedo cosa rappresenti lei per me, per quale motivo io abbia investito con tanta energia su di lei e sul nostro lavoro, se sia il caso di parlarle anche di questo proprio ora... senza trovare risposte.
Grazie a chi avrà voglia di esprimere un pensiero in merito.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 592 67
Gentile utente,

"..scrivo qui perché non sono riuscita a parlare di queste cose con la terapeuta e la situazione è peggiorata."

Come più volte diciamo,
scrivere qui può rappresentare la scappatoia per non parlarne in seduta
quando si ha la fortuna di aver già iniziato un lavoro con una propria terapeuta in carne ed ossa.
L'online NON è sostitutivo del rapporto vis-à-vis,
in nessun modo.

Come del resto non sono sostitutivi eventuali SMS del paziente alla Psy,
che unicamente la cortesia di qualche rara Psicoteraputa ancora accetta:
il percorso della psicoterapia si svolge nella stanza della terapia. Questo è lo spazio/tempo da utilizzare al meglio. Il resto sono forzature improduttive.

Le risposte non le troverà qui,
ma assieme alla sua Curante quando vi incontrete
ma unicamente se Lei sarà determinata nell'affrontare i propri .. fantasmi
nel luogo/tempo "giusti".

Dott. Brunialti