Ansia insostenibile e sensazione di non avere alcuna speranza
Gentili dottori,
lo scorso settembre sono partito per frequentare un master all'estero. La partenza è coincisa purtroppo con la scomparsa di mio padre. Da molto tempo soffro d'ansia, gravi problemi di autostima ed altre problematiche sociali, nonché di disturbi alimentari ormai da due anni, ma mia madre mi ha comunque spronato a partire per farmi uscire dalla mia condizione di NEET e perché il master è estremamente favorevole - ho una generosa borsa di studio e il corso è apparentemente con ottime prospettive di lavoro.
Tuttavia, arrivato qui, è andato tutto a scatafascio. Il corso oggettivamente non mi piace. La mia ansia è ormai costantemente a livelli drammatici e insostenibili, per cui per qualsiasi piccolo inconveniente perdo la testa e vado in crisi. Nonostante i miei colleghi siano simpatici non riesco a legare con nessuno ed evito di partecipare ai loro eventi. Non riesco a studiare nulla e verrò senz'altro bocciato ad almeno alcuni esami se non tutti, io che al liceo e nei miei precedenti studi universitari ero sempre il più bravo. Il mio disturbo alimentare ha avuto una pesante ricaduta, per cui senza entrare in dettagli inutili sono ora di nuovo decisamente sottopeso, il che comporta debolezza, incapacità di concentrazione, sonni pessimi, caduta di capelli, esercizio fisico maniacale, pensiero costante rivolto al cibo e freddo implacabile. Mi sento completamente fuori controllo e penso sempre più spesso al suicidio.
Vorrei abbandonare e tornare a casa, anche per aiutare mia madre che è sola e senza supporto. Tuttavia siamo temporaneamente in ristrettezze economiche e in questo momento il fatto di non pesare economicamente sulla mia famiglia è una manna dal cielo. Potrei cercare un lavoro vicino casa, ma capite anche voi quanto possa essere difficile per uno come me che non ha competenze né esperienza e che si sente a stento in grado di fare il cassiere al supermercato. Inoltre so che lasciare questo corso significherebbe mettere la definitiva pietra tombale su qualsiasi velleità di futuro e deludere definitivamente tutti, senza contare che il posto dove vive la mia famiglia non mi è mai piaciuto e ho sempre sognato di andarmene.
Qui non posso ricevere aiuto, ho anche pensato persino ad un ricovero presso un centro di disturbi alimentari ma non parlo la lingua e in ogni caso non sono cittadino del posto e non ho accesso a terapie gratuite (che comunque non potrei fare per via della lingua) né soldi per quelle private. Resta il fatto che io sto molto male e che a breve tornerò in Italia per le vacanze natalizie ed il solo pensiero di dover ritornare qui dopo mi riempie visceralmente di nera e profondissima angoscia.
Vi chiedo solo se avete una direzione da suggerire. Grazie e saluti.
lo scorso settembre sono partito per frequentare un master all'estero. La partenza è coincisa purtroppo con la scomparsa di mio padre. Da molto tempo soffro d'ansia, gravi problemi di autostima ed altre problematiche sociali, nonché di disturbi alimentari ormai da due anni, ma mia madre mi ha comunque spronato a partire per farmi uscire dalla mia condizione di NEET e perché il master è estremamente favorevole - ho una generosa borsa di studio e il corso è apparentemente con ottime prospettive di lavoro.
Tuttavia, arrivato qui, è andato tutto a scatafascio. Il corso oggettivamente non mi piace. La mia ansia è ormai costantemente a livelli drammatici e insostenibili, per cui per qualsiasi piccolo inconveniente perdo la testa e vado in crisi. Nonostante i miei colleghi siano simpatici non riesco a legare con nessuno ed evito di partecipare ai loro eventi. Non riesco a studiare nulla e verrò senz'altro bocciato ad almeno alcuni esami se non tutti, io che al liceo e nei miei precedenti studi universitari ero sempre il più bravo. Il mio disturbo alimentare ha avuto una pesante ricaduta, per cui senza entrare in dettagli inutili sono ora di nuovo decisamente sottopeso, il che comporta debolezza, incapacità di concentrazione, sonni pessimi, caduta di capelli, esercizio fisico maniacale, pensiero costante rivolto al cibo e freddo implacabile. Mi sento completamente fuori controllo e penso sempre più spesso al suicidio.
Vorrei abbandonare e tornare a casa, anche per aiutare mia madre che è sola e senza supporto. Tuttavia siamo temporaneamente in ristrettezze economiche e in questo momento il fatto di non pesare economicamente sulla mia famiglia è una manna dal cielo. Potrei cercare un lavoro vicino casa, ma capite anche voi quanto possa essere difficile per uno come me che non ha competenze né esperienza e che si sente a stento in grado di fare il cassiere al supermercato. Inoltre so che lasciare questo corso significherebbe mettere la definitiva pietra tombale su qualsiasi velleità di futuro e deludere definitivamente tutti, senza contare che il posto dove vive la mia famiglia non mi è mai piaciuto e ho sempre sognato di andarmene.
Qui non posso ricevere aiuto, ho anche pensato persino ad un ricovero presso un centro di disturbi alimentari ma non parlo la lingua e in ogni caso non sono cittadino del posto e non ho accesso a terapie gratuite (che comunque non potrei fare per via della lingua) né soldi per quelle private. Resta il fatto che io sto molto male e che a breve tornerò in Italia per le vacanze natalizie ed il solo pensiero di dover ritornare qui dopo mi riempie visceralmente di nera e profondissima angoscia.
Vi chiedo solo se avete una direzione da suggerire. Grazie e saluti.
[#1]
Caro Utente,
il quadro di sofferenza che descrive è complesso e mi spiace molto per lei che suo padre sia venuto a mancare proprio nel momento della sua partenza: questo evento ha sicuramente pesato sul suo stato psicologico e peggiorato il suo umore (immagino che sia ancora in lutto, non essendo trascorso molto tempo dalla sua perdita) oltre alla sua ansia.
Considerando la criticità della situazione (da più punti di vista) a mio avviso può fare una cosa sola: trovare una soluzione che le consenta di portare a termine il master in maniera proficua e poi, rientrato in Italia, intraprendere un percorso terapeutico serio per curare i disturbi dei quali soffre.
Trovandosi all'estero quello che può sicuramente fare è rivolgersi ad un medico psichiatra che possa prescriverle un farmaco che abbatta la sua ansia e le consenta di poter essere il più possibile sereno durante il periodo del master, che rappresenta indubbiamente una grande opportunità che immagino lei si sia guadagnato, se è accompagnato da una generosa borsa di studio.
Se si trova in un Paese europeo ha diritto alle cure, come cittadino europeo, ma se si trova negli Stati Uniti o in altro Paese che non le garantisce nemmeno una visita gratuita le suggerisco di organizzarsi subito per prenotare un appuntamento al Centro di Salute Mentale nella sua città durante il periodo nel quale sarà di ritorno a casa.
Non conosco le modalità di accesso nella sua Regione, ma è probabile che occorra l'impegnativa del medico di base e che sia il caso di chiedere a qualcuno di occuparsene perché riesca ad avere un appuntamento mentre sarà in Italia, cosa che si può garantire muovendosi in anticipo rispetto alla data del rientro.
Nel peggiore dei casi potrà sempre rivolgersi al Pronto Soccorso, dove ha sede il P.S. psichiatrico, nel corso di un'eventuale crisi, e ricevere in quella sede una prescrizione, ma è preferibile che non arrivi a questa soluzione e che torni a casa avendo già fissato il suo appuntamento al CSM.
Qui trova tutti i link ai vari Servizi: https://www.comune.roma.it/pcr/it/servizio_salute_mentale.page
Cosa ne dice?
il quadro di sofferenza che descrive è complesso e mi spiace molto per lei che suo padre sia venuto a mancare proprio nel momento della sua partenza: questo evento ha sicuramente pesato sul suo stato psicologico e peggiorato il suo umore (immagino che sia ancora in lutto, non essendo trascorso molto tempo dalla sua perdita) oltre alla sua ansia.
Considerando la criticità della situazione (da più punti di vista) a mio avviso può fare una cosa sola: trovare una soluzione che le consenta di portare a termine il master in maniera proficua e poi, rientrato in Italia, intraprendere un percorso terapeutico serio per curare i disturbi dei quali soffre.
Trovandosi all'estero quello che può sicuramente fare è rivolgersi ad un medico psichiatra che possa prescriverle un farmaco che abbatta la sua ansia e le consenta di poter essere il più possibile sereno durante il periodo del master, che rappresenta indubbiamente una grande opportunità che immagino lei si sia guadagnato, se è accompagnato da una generosa borsa di studio.
Se si trova in un Paese europeo ha diritto alle cure, come cittadino europeo, ma se si trova negli Stati Uniti o in altro Paese che non le garantisce nemmeno una visita gratuita le suggerisco di organizzarsi subito per prenotare un appuntamento al Centro di Salute Mentale nella sua città durante il periodo nel quale sarà di ritorno a casa.
Non conosco le modalità di accesso nella sua Regione, ma è probabile che occorra l'impegnativa del medico di base e che sia il caso di chiedere a qualcuno di occuparsene perché riesca ad avere un appuntamento mentre sarà in Italia, cosa che si può garantire muovendosi in anticipo rispetto alla data del rientro.
Nel peggiore dei casi potrà sempre rivolgersi al Pronto Soccorso, dove ha sede il P.S. psichiatrico, nel corso di un'eventuale crisi, e ricevere in quella sede una prescrizione, ma è preferibile che non arrivi a questa soluzione e che torni a casa avendo già fissato il suo appuntamento al CSM.
Qui trova tutti i link ai vari Servizi: https://www.comune.roma.it/pcr/it/servizio_salute_mentale.page
Cosa ne dice?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Utente
Gentilissima dottoressa,
innanzitutto la ringrazio per la sua risposta, che è molto pratica e senza giri di parole e che sicuramente posso usare come riferimento. Vorrei comunque espandere alcuni dei suoi punti anche per aiutarla a comprendere meglio il mio quadro.
Non so bene se sono in lutto per mio padre. Si può dire che non avessimo un gran rapporto: assolutamente non c'era odio, ma eravamo più simili a due coinquilini che a padre e figlio. Ad ogni modo nel periodo in cui è stato male sento di aver fatto quello che dovevo e potevo, anche perché io nella vita ho sempre avuto ansia estrema per ciò che riguardava me e le mie scelte, meno per quelle altrui: ossia in questo caso non ero "io" il problema e non dovevo decidere nulla, c'era solo una cosa da fare che era prendersi cura di mio padre ed è appunto ciò che ho fatto senza nemmeno pensare ad alternative. Il tutto è stato estremamente angosciante perché, anche se sapevamo che in teoria poteva succedere, le sue condizioni di salute sono comunque collassate repentinamente nel giro di pochi giorni e io mi sono trovato mio malgrado ad assistere fisicamente all'intero processo dall'inizio alla fine. Detto questo, dopo la sua morte ho ritenuto di essere relativamente sereno nonostante il lutto, proprio perché ritenevo di aver fatto ciò che dovevo fare. Quello che mi pesava e che mi pesa era soprattutto pensare a mia madre che proprio in questo momento ho lasciato da sola e che, nonostante sia stanca, abbattuta dal lutto e comunque non più giovane, è stata proprio lei a spronarmi a partire e ogni giorno mi incentiva ad andare avanti.
Eppure, visto come sto oggi, mi sto chiedendo se questa relativa serenità che credevo di avere riguardo alla scomparsa di mio padre non fosse invece un'illusione che mi ero costruito per evitare di affrontare certe emozioni.
Il master, oggettivamente, non mi piace. Questo al di là di qualsiasi sovrastruttura ansiogena che posso costruirvi sopra, o di qualsiasi carenza di autostima che mi spinge a credere di non essere in grado di completarlo. Non mi piacciono le materie e non riesco a vedermi impiegato in questo settore per tutta la vita, non fa proprio per me. Mi sono iscritto solo perché mi avevano dato la borsa di studio, che comunque mi fa solo sentire più in colpa nei confronti di quei miei compagni che non l'hanno ottenuta e che magari invece tengono davvero a questo corso. Inoltre io lo chiamo master ma non è un master all'italiana bensì una vera e propria laurea magistrale che dura due anni, e due anni nel mio stato sono tanti. Perciò non sono sicuro di "volerlo" completare, anzi, onestamente non credo proprio di volerlo.
Tuttavia in questo momento non sarei minimamente in grado di studiare ciò che mi piace davvero, la mia ansia arriverebbe a livelli davvero ingestibili e non riesco nemmeno ad immaginarlo; qui la borsa di studio mi consente quantomeno di non lavorare, cosa anche questa che non sarei assolutamente in grado di fare nelle mie condizioni attuali.
E, soprattutto, al momento non ho alternative valide.
Infine ultimamente il mio disturbo alimentare ha aggravato tutte le mie problematiche precedenti, rendendomi più ossessivo, rigido e ansioso riguardo a tutto; in questo momento mi rende anche difficile pensare chiaramente, perché presento molti dei sintomi di un individuo malnutrito - appena mi metto nel letto per cercare di dormire inizio automaticamente a costruire panini nella mia testa (e infatti poi dormo poco e male...la mia mente grida in continuazione "cibo!"), sono in grado di individuare qualcuno che mangia una torta a decine di metri di distanza e andare al supermercato per me è come guardare un film pornografico...e non è una metafora, né qualcosa che attivamente cerco.
Non sono mai uscito la sera da quando sono qui, ma posso elencarle con una certa sicurezza tutte le differenze fra i vari supermercati, quali sono quelli più grandi e forniti o quelli con i prezzi migliori, nonché l'assortimento delle varie panetterie e pasticcerie (assortimento che ovviamente mi limito a guardare).
Sono anche tornate la compulsione all'esercizio fisico e l'immagine corporea alterata, che invece non avevo quando l'anno scorso ero riuscito a ritornare al mio peso normale e che stanno assumendo anch'esse caratteri di pensiero ossessivo.
Mi sono accorto che sto micro-pianificando le mie giornate non solo per massimizzare le probabilità di riuscire a non mangiare, ma anche per minimizzare quelle di stare all'aperto al freddo - e io al mio peso normale non ero freddoloso.
Nella mia città natale ho uno psicologo con il quale ho seguito un percorso di terapia e che prima di partire sembrava ritenere io avessi ottenuto una stabilità sufficiente. Questo psicologo è anche psichiatra e mi ha più volte ventilato l'ipotesi di una terapia farmacologica.
Tuttavia qui è sempre entrata in gioco l'ansia, che genera in me una paura soverchiante e viscerale dei farmaci psichiatrici, non solo perché ho paura di diventarne dipendente a vita ma tra gli altri motivi anche perché ho un familiare stretto che è stato sotto antidepressivi per anni e non gli sono mai serviti a niente, anzi, hanno solo generato effetti collaterali a volte molto gravi e impattanti. Il terapista ha sempre cercato di rassicurarmi che i farmaci che mi prescriverebbe non darebbero dipendenza e che comunque sono problematiche eventualmente superabili nel contesto di una prescrizione controllata, ma io non riesco comunque a fidarmi e mi è addirittura capitato di avere incubi al riguardo.
Sono tuttavia consapevole che nelle mie condizioni è da stupidi pensare di potercela fare senza farmaci, quindi mi trovo ad un punto morto.
innanzitutto la ringrazio per la sua risposta, che è molto pratica e senza giri di parole e che sicuramente posso usare come riferimento. Vorrei comunque espandere alcuni dei suoi punti anche per aiutarla a comprendere meglio il mio quadro.
Non so bene se sono in lutto per mio padre. Si può dire che non avessimo un gran rapporto: assolutamente non c'era odio, ma eravamo più simili a due coinquilini che a padre e figlio. Ad ogni modo nel periodo in cui è stato male sento di aver fatto quello che dovevo e potevo, anche perché io nella vita ho sempre avuto ansia estrema per ciò che riguardava me e le mie scelte, meno per quelle altrui: ossia in questo caso non ero "io" il problema e non dovevo decidere nulla, c'era solo una cosa da fare che era prendersi cura di mio padre ed è appunto ciò che ho fatto senza nemmeno pensare ad alternative. Il tutto è stato estremamente angosciante perché, anche se sapevamo che in teoria poteva succedere, le sue condizioni di salute sono comunque collassate repentinamente nel giro di pochi giorni e io mi sono trovato mio malgrado ad assistere fisicamente all'intero processo dall'inizio alla fine. Detto questo, dopo la sua morte ho ritenuto di essere relativamente sereno nonostante il lutto, proprio perché ritenevo di aver fatto ciò che dovevo fare. Quello che mi pesava e che mi pesa era soprattutto pensare a mia madre che proprio in questo momento ho lasciato da sola e che, nonostante sia stanca, abbattuta dal lutto e comunque non più giovane, è stata proprio lei a spronarmi a partire e ogni giorno mi incentiva ad andare avanti.
Eppure, visto come sto oggi, mi sto chiedendo se questa relativa serenità che credevo di avere riguardo alla scomparsa di mio padre non fosse invece un'illusione che mi ero costruito per evitare di affrontare certe emozioni.
Il master, oggettivamente, non mi piace. Questo al di là di qualsiasi sovrastruttura ansiogena che posso costruirvi sopra, o di qualsiasi carenza di autostima che mi spinge a credere di non essere in grado di completarlo. Non mi piacciono le materie e non riesco a vedermi impiegato in questo settore per tutta la vita, non fa proprio per me. Mi sono iscritto solo perché mi avevano dato la borsa di studio, che comunque mi fa solo sentire più in colpa nei confronti di quei miei compagni che non l'hanno ottenuta e che magari invece tengono davvero a questo corso. Inoltre io lo chiamo master ma non è un master all'italiana bensì una vera e propria laurea magistrale che dura due anni, e due anni nel mio stato sono tanti. Perciò non sono sicuro di "volerlo" completare, anzi, onestamente non credo proprio di volerlo.
Tuttavia in questo momento non sarei minimamente in grado di studiare ciò che mi piace davvero, la mia ansia arriverebbe a livelli davvero ingestibili e non riesco nemmeno ad immaginarlo; qui la borsa di studio mi consente quantomeno di non lavorare, cosa anche questa che non sarei assolutamente in grado di fare nelle mie condizioni attuali.
E, soprattutto, al momento non ho alternative valide.
Infine ultimamente il mio disturbo alimentare ha aggravato tutte le mie problematiche precedenti, rendendomi più ossessivo, rigido e ansioso riguardo a tutto; in questo momento mi rende anche difficile pensare chiaramente, perché presento molti dei sintomi di un individuo malnutrito - appena mi metto nel letto per cercare di dormire inizio automaticamente a costruire panini nella mia testa (e infatti poi dormo poco e male...la mia mente grida in continuazione "cibo!"), sono in grado di individuare qualcuno che mangia una torta a decine di metri di distanza e andare al supermercato per me è come guardare un film pornografico...e non è una metafora, né qualcosa che attivamente cerco.
Non sono mai uscito la sera da quando sono qui, ma posso elencarle con una certa sicurezza tutte le differenze fra i vari supermercati, quali sono quelli più grandi e forniti o quelli con i prezzi migliori, nonché l'assortimento delle varie panetterie e pasticcerie (assortimento che ovviamente mi limito a guardare).
Sono anche tornate la compulsione all'esercizio fisico e l'immagine corporea alterata, che invece non avevo quando l'anno scorso ero riuscito a ritornare al mio peso normale e che stanno assumendo anch'esse caratteri di pensiero ossessivo.
Mi sono accorto che sto micro-pianificando le mie giornate non solo per massimizzare le probabilità di riuscire a non mangiare, ma anche per minimizzare quelle di stare all'aperto al freddo - e io al mio peso normale non ero freddoloso.
Nella mia città natale ho uno psicologo con il quale ho seguito un percorso di terapia e che prima di partire sembrava ritenere io avessi ottenuto una stabilità sufficiente. Questo psicologo è anche psichiatra e mi ha più volte ventilato l'ipotesi di una terapia farmacologica.
Tuttavia qui è sempre entrata in gioco l'ansia, che genera in me una paura soverchiante e viscerale dei farmaci psichiatrici, non solo perché ho paura di diventarne dipendente a vita ma tra gli altri motivi anche perché ho un familiare stretto che è stato sotto antidepressivi per anni e non gli sono mai serviti a niente, anzi, hanno solo generato effetti collaterali a volte molto gravi e impattanti. Il terapista ha sempre cercato di rassicurarmi che i farmaci che mi prescriverebbe non darebbero dipendenza e che comunque sono problematiche eventualmente superabili nel contesto di una prescrizione controllata, ma io non riesco comunque a fidarmi e mi è addirittura capitato di avere incubi al riguardo.
Sono tuttavia consapevole che nelle mie condizioni è da stupidi pensare di potercela fare senza farmaci, quindi mi trovo ad un punto morto.
[#3]
Penso che in questo stato lei non possa prendere alcuna decisione e che sia necessario che si stabilizzi per poter poi ragionare sul da farsi.
Anche se il master non è per così dire il sogno della sua vita quanto alle prospettive lavorative alle quali conduce studiare una cosa non significa essere condannati a fare quella cosa per tutta la vita: non so di preciso di quali studi si tratti, ma lei potrebbe entrare ad esempio in una grossa azienda in una certa posizione e poi fare carriera o chiedere uno spostamento interno per cambiare di fatto lavoro.
Molte delle competenze che si acquisiscono nel corso di un mater sono in realtà trasversali e spendibili in più di una successiva posizione lavorativa e lavorando acquisirà ulteriori competenze che le consentiranno di guardare eventualmente altrove per cercare un impiego magari in un ambito diverso.
Penso che uno dei problemi sia poi che lei non ha altre soddisfazioni dalla vita che conduce, perché eventuali amicizie, un rapporto di coppia, degli interessi coinvolgenti compenserebbero la carenza di interesse per quello che sta studiando.
Immagino che in parte la perdita di suo padre, in parte questo significativo cambiamento di vita e allontanamento dalla famiglia, abbiano destabilizzato i risultati che aveva ottenuto precedentemente in terapia.
Visto che - se ho capito bene - non si trova in un Paese nel quale può pensare di effettuare delle sedute sia per motivi economici che (immagino) linguistici (visto che bisogna padroneggiare profondamente una lingua straniera per potersi esprimere adeguatamente e comprendere a pieno ciò che lo psicologo dice in un contesto delicato come quello della terapia psicologica) mi sembra che l'opzione farmacologica sia l'unica percorribile.
Non si spaventi all'idea di assumere un farmaco perché i medicinali sono molti e diversi fra loro e il fatto che magari un certo farmaco possa non andare bene per una persona non significa che non ce ne siano altri che invece daranno risultati senza effetti collaterali sgradevoli.
Anche se il master non è per così dire il sogno della sua vita quanto alle prospettive lavorative alle quali conduce studiare una cosa non significa essere condannati a fare quella cosa per tutta la vita: non so di preciso di quali studi si tratti, ma lei potrebbe entrare ad esempio in una grossa azienda in una certa posizione e poi fare carriera o chiedere uno spostamento interno per cambiare di fatto lavoro.
Molte delle competenze che si acquisiscono nel corso di un mater sono in realtà trasversali e spendibili in più di una successiva posizione lavorativa e lavorando acquisirà ulteriori competenze che le consentiranno di guardare eventualmente altrove per cercare un impiego magari in un ambito diverso.
Penso che uno dei problemi sia poi che lei non ha altre soddisfazioni dalla vita che conduce, perché eventuali amicizie, un rapporto di coppia, degli interessi coinvolgenti compenserebbero la carenza di interesse per quello che sta studiando.
Immagino che in parte la perdita di suo padre, in parte questo significativo cambiamento di vita e allontanamento dalla famiglia, abbiano destabilizzato i risultati che aveva ottenuto precedentemente in terapia.
Visto che - se ho capito bene - non si trova in un Paese nel quale può pensare di effettuare delle sedute sia per motivi economici che (immagino) linguistici (visto che bisogna padroneggiare profondamente una lingua straniera per potersi esprimere adeguatamente e comprendere a pieno ciò che lo psicologo dice in un contesto delicato come quello della terapia psicologica) mi sembra che l'opzione farmacologica sia l'unica percorribile.
Non si spaventi all'idea di assumere un farmaco perché i medicinali sono molti e diversi fra loro e il fatto che magari un certo farmaco possa non andare bene per una persona non significa che non ce ne siano altri che invece daranno risultati senza effetti collaterali sgradevoli.
[#4]
Utente
Gentilissima dottoressa,
innanzitutto la ringrazio ancora una volta per la risposta.
Purtroppo per quanto riguarda il master le cose non stanno come lei suggerisce. E' proprio un intero settore che non mi piace. Ci sono altri settori che mi piacciono ma l'idea di provare a dedicarmici è evidentemente fuori discussione.
E' vero però che al momento non ho altre soddisfazioni, ma una delle ragioni è proprio il mio costante stato di ansia e depressione anche legato a questo corso (non solo, ovviamente) e al disturbo alimentare.
Comunque al momento sono tornato a casa in Italia per le vacanze e noto già alcuni grossi cambiamenti. Sono infinitamente più tranquillo, dormo molto meglio, interagisco più facilmente con le persone, esco più di casa. Il mio disturbo alimentare è sempre a briglia sciolta, perché chiaramente non si cambia in un giorno, e hanno tutti ovviamente notato la mia drastica perdita di peso che è una specie di elefante nella stanza, però quantomeno da quando sono tornato sono riuscito ad assumere due pasti regolari al giorno grazie a quel minimo di controllo che la famiglia ancora esercita su di me.
Prima di Natale avrò un appuntamento col nutrizionista, ma so già che non servirà a niente perché al momento di tornare a vivere da solo all'estero ricadrò in un attimo nelle abitudini di prima.
Il solo pensiero di dover riandarmene da qui alla fine delle vacanze mi provoca un'angoscia senza fine.
Comunque la ringrazio, credo che abbia ragione lei ed è evidente che prima o poi dovrò ricorrere ai farmaci se voglio avere un minimo di stabilità emotiva. E' solo molto molto difficile accettarlo e farci i conti.
innanzitutto la ringrazio ancora una volta per la risposta.
Purtroppo per quanto riguarda il master le cose non stanno come lei suggerisce. E' proprio un intero settore che non mi piace. Ci sono altri settori che mi piacciono ma l'idea di provare a dedicarmici è evidentemente fuori discussione.
E' vero però che al momento non ho altre soddisfazioni, ma una delle ragioni è proprio il mio costante stato di ansia e depressione anche legato a questo corso (non solo, ovviamente) e al disturbo alimentare.
Comunque al momento sono tornato a casa in Italia per le vacanze e noto già alcuni grossi cambiamenti. Sono infinitamente più tranquillo, dormo molto meglio, interagisco più facilmente con le persone, esco più di casa. Il mio disturbo alimentare è sempre a briglia sciolta, perché chiaramente non si cambia in un giorno, e hanno tutti ovviamente notato la mia drastica perdita di peso che è una specie di elefante nella stanza, però quantomeno da quando sono tornato sono riuscito ad assumere due pasti regolari al giorno grazie a quel minimo di controllo che la famiglia ancora esercita su di me.
Prima di Natale avrò un appuntamento col nutrizionista, ma so già che non servirà a niente perché al momento di tornare a vivere da solo all'estero ricadrò in un attimo nelle abitudini di prima.
Il solo pensiero di dover riandarmene da qui alla fine delle vacanze mi provoca un'angoscia senza fine.
Comunque la ringrazio, credo che abbia ragione lei ed è evidente che prima o poi dovrò ricorrere ai farmaci se voglio avere un minimo di stabilità emotiva. E' solo molto molto difficile accettarlo e farci i conti.
[#5]
Se rientrando in Italia sta constatando che la situazione è decisamente migliorata si può pensare che l'allontanamento da casa sia un elemento centrale nel provocare il suo malessere attuale.
Posso chiederle come mai sta frequentando un master che non le interessa proprio per nulla quanto a contenuti e a prospettive alle quali può aprire?
Di cosa si tratta, nel concreto?
Cos'ha studiato in precedenza?
Posso chiederle come mai sta frequentando un master che non le interessa proprio per nulla quanto a contenuti e a prospettive alle quali può aprire?
Di cosa si tratta, nel concreto?
Cos'ha studiato in precedenza?
[#6]
Utente
Gentile dottoressa,
mi capirà se non rispondo dettagliatamente alle sue domande per evitare di divulgare dettagli personali che potrebbero compromettere il mio anonimato.
Frequento questo master perché sono laureato in una disciplina che purtroppo dà scarsissime opportunità di lavoro - inizialmente volevo fare altro, ma non mi ci iscrissi mai perché era una laurea difficile e io avevo paura; comunque dopo la laurea la mia idea iniziale, che era fare ricerca all'università, si è poi rivelata inattuabile per un misto di sfortuna (il mio professore è andato in pensione e non c'era nessun altro in grado di valorizzarmi o indirizzarmi), mia scarsa intraprendenza ed oggettiva difficoltà ad entrare in un mondo come quello accademico che in Italia offre condizioni di lavoro onestamente al limite dell'accettabile tra stipendi da fame e prospettive di carriera pressoché inesistenti. Le offerte che vedevo erano nulla più che anni di elemosina di miseri progettini e articoletti pagati una miseria, se pagati in generale, in attesa che qualcuno mi notasse. A malincuore ho quindi lasciato perdere quella strada.
Tutto ciò, unito ai miei cronici problemi di indecisione, ansia ed autostima inesistente mi ha fatto precipitare in uno stato di NEET prolungato.
Ho trovato questo master in cui era sufficiente il mio titolo per entrare e in più mi davano questa generosa borsa di studio per studiare all'estero in un'università prestigiosa in una bellissima città. Mi sono iscritto solo perché avevo bisogno di uscire dalla palude, non avevo alternative valide e volevo andarmene da qui. Inoltre il rapporto con mia madre stava diventando teso perché lei giustamente, per quanto comprensiva e disponibile potesse essere, tollerava sempre più a fatica la mia nullafacenza. Dovevo agire in fretta e così ho fatto, ma si è rivelata ancora una volta la scelta sbagliata.
mi capirà se non rispondo dettagliatamente alle sue domande per evitare di divulgare dettagli personali che potrebbero compromettere il mio anonimato.
Frequento questo master perché sono laureato in una disciplina che purtroppo dà scarsissime opportunità di lavoro - inizialmente volevo fare altro, ma non mi ci iscrissi mai perché era una laurea difficile e io avevo paura; comunque dopo la laurea la mia idea iniziale, che era fare ricerca all'università, si è poi rivelata inattuabile per un misto di sfortuna (il mio professore è andato in pensione e non c'era nessun altro in grado di valorizzarmi o indirizzarmi), mia scarsa intraprendenza ed oggettiva difficoltà ad entrare in un mondo come quello accademico che in Italia offre condizioni di lavoro onestamente al limite dell'accettabile tra stipendi da fame e prospettive di carriera pressoché inesistenti. Le offerte che vedevo erano nulla più che anni di elemosina di miseri progettini e articoletti pagati una miseria, se pagati in generale, in attesa che qualcuno mi notasse. A malincuore ho quindi lasciato perdere quella strada.
Tutto ciò, unito ai miei cronici problemi di indecisione, ansia ed autostima inesistente mi ha fatto precipitare in uno stato di NEET prolungato.
Ho trovato questo master in cui era sufficiente il mio titolo per entrare e in più mi davano questa generosa borsa di studio per studiare all'estero in un'università prestigiosa in una bellissima città. Mi sono iscritto solo perché avevo bisogno di uscire dalla palude, non avevo alternative valide e volevo andarmene da qui. Inoltre il rapporto con mia madre stava diventando teso perché lei giustamente, per quanto comprensiva e disponibile potesse essere, tollerava sempre più a fatica la mia nullafacenza. Dovevo agire in fretta e così ho fatto, ma si è rivelata ancora una volta la scelta sbagliata.
[#7]
mi spiace per lei, che ha dovuto abbandonare la strada che le sarebbe piaciuto percorrere, e le auguro di riuscire a trovare qualche aspetto positivo anche nell'attuale situazione.
ha fatto un passo molto lungo e coraggioso per "uscire dalla palude" ed è comprensibile che questo possa pesarle.
spero che in questi giorni di vacanza sia riuscito a sottoporsi ad una visita qui in italia.
ha fatto un passo molto lungo e coraggioso per "uscire dalla palude" ed è comprensibile che questo possa pesarle.
spero che in questi giorni di vacanza sia riuscito a sottoporsi ad una visita qui in italia.
[#8]
Utente
gentile dottoressa,
purtroppo la mia terapista era fuori città e l'ho solo potuta brevemente sentire via mail.
sono andato però dal nutrizionista, che in risposta alle mie abbuffate natalizie mi ha proibito di mangiare dolci - in sostanza sto peggio di prima anche da quel punto di vista.
sono estremamente sconfortato e non intravedo vie d'uscita. le sue risposte però mi hanno fatto stare meglio seppur solo per un attimo. le auguro un buon proseguimento festivo.
purtroppo la mia terapista era fuori città e l'ho solo potuta brevemente sentire via mail.
sono andato però dal nutrizionista, che in risposta alle mie abbuffate natalizie mi ha proibito di mangiare dolci - in sostanza sto peggio di prima anche da quel punto di vista.
sono estremamente sconfortato e non intravedo vie d'uscita. le sue risposte però mi hanno fatto stare meglio seppur solo per un attimo. le auguro un buon proseguimento festivo.
[#10]
Utente
sì, ci ho provato, ma purtroppo i tempi sono eccessivamente ristretti ed inoltre la mia psichiatra di fiducia sarebbe la mia psicologa, che è anche psichiatra.
per il resto speravo almeno che il nutrizionista non rafforzasse i miei atteggiamenti disturbati e mi aiutasse a trovare un minimo di equilibrio. ma forse ha ragione lui e sono io che non capisco. comunque grazie ancora per le risposte.
per il resto speravo almeno che il nutrizionista non rafforzasse i miei atteggiamenti disturbati e mi aiutasse a trovare un minimo di equilibrio. ma forse ha ragione lui e sono io che non capisco. comunque grazie ancora per le risposte.
[#11]
non credo che lei "non capisca" e mi spiace che abbia ricavato questo pesante giudizio dalla visita con il nutrizionista: credo che sia in estrema difficoltà e che per questo si renda impellente la necessità di trovare una soluzione.
se la sua psichiatra di fiducia, come immagino, la conosce bene, forse può proporle un colloquio telefonico più esteso e chiederle di farle avere i medicinali consegnando la ricetta a sua mamma, che potrà spedirglieli.
in ogni caso ora è necessario che lei non torni all'estero con la sensazione di essere anche "sbagliato", oltre a quella di non avere speranze.
tutto si può risolvere, ma è necessario che lei si attivi per farsi seguire.
se nel luogo in cui frequenta il master non esiste proprio la possibilità di accedere ad una visita psichiatrica il mio consiglio è quello che le ho dato prima, e se non esiste alcun servizio psicologico rivolto agli studenti o comunque a lei accessibile le suggerisco di contattare uno psicologo italiano che effettui sedute a distanza, via skype, in modo tale da essere seguito e non più abbandonato a sé stesso dal punto di vista psicologico.
se la sua psichiatra di fiducia, come immagino, la conosce bene, forse può proporle un colloquio telefonico più esteso e chiederle di farle avere i medicinali consegnando la ricetta a sua mamma, che potrà spedirglieli.
in ogni caso ora è necessario che lei non torni all'estero con la sensazione di essere anche "sbagliato", oltre a quella di non avere speranze.
tutto si può risolvere, ma è necessario che lei si attivi per farsi seguire.
se nel luogo in cui frequenta il master non esiste proprio la possibilità di accedere ad una visita psichiatrica il mio consiglio è quello che le ho dato prima, e se non esiste alcun servizio psicologico rivolto agli studenti o comunque a lei accessibile le suggerisco di contattare uno psicologo italiano che effettui sedute a distanza, via skype, in modo tale da essere seguito e non più abbandonato a sé stesso dal punto di vista psicologico.
[#12]
Utente
la mia psicologa/psichiatra è ben disposta a seguirmi ma, purtroppo o per fortuna, contraria alle sedute online. mi ha già detto che preferisce non seguirmi se non rimango qui, perché ritiene che la terapia non sarebbe efficace e che io abbia bisogno di un supporto continuo e fisicamente "presente".
ho anche preso in considerazione l'ipotesi di farmi seguire presso un centro per dca dove ci sarebbero sia psichiatra che psicologo che nutrizionista, ma il problema è sempre lo stesso, ossia quello logistico/organizzativo. anche supponendo una terapia outpatient dovrei comunque frequentare regolarmente il centro ed in più il tutto verrebbe a costare parecchio, per cui in ogni caso avrei bisogno di un lavoro qui che al momento non ho e prevedibilmente continuerò a non avere.
la sensazione di completa mancanza di vie d'uscita è molto forte. mi sento destinato all'obesità o alla bulimia nervosa o a chissà cos'altro ed in generale ad essere profondamente infelice e disfunzionale per il resto della vita. proverò a seguire il suo consiglio e cercare un terapista a distanza, ma in realtà sono anch'io abbastanza dell'opinione che non sia la stessa cosa di una terapia de visu e onestamente non ho una gran voglia di spenderci dei soldi - perché una terapia del genere sarebbe senza dubbio costosa, e per quanto io ne abbia bisogno è comunque un aspetto che non posso non tenere in conto dato che sarei io personalmente a dover sostenere le spese.
le auguro nuovamente una buona serata.
(piccola chiosa non direttamente correlata al problema: il computer mi impedisce per qualche ragione di inserire le lettere maiuscole. la prego di perdonarmi)
ho anche preso in considerazione l'ipotesi di farmi seguire presso un centro per dca dove ci sarebbero sia psichiatra che psicologo che nutrizionista, ma il problema è sempre lo stesso, ossia quello logistico/organizzativo. anche supponendo una terapia outpatient dovrei comunque frequentare regolarmente il centro ed in più il tutto verrebbe a costare parecchio, per cui in ogni caso avrei bisogno di un lavoro qui che al momento non ho e prevedibilmente continuerò a non avere.
la sensazione di completa mancanza di vie d'uscita è molto forte. mi sento destinato all'obesità o alla bulimia nervosa o a chissà cos'altro ed in generale ad essere profondamente infelice e disfunzionale per il resto della vita. proverò a seguire il suo consiglio e cercare un terapista a distanza, ma in realtà sono anch'io abbastanza dell'opinione che non sia la stessa cosa di una terapia de visu e onestamente non ho una gran voglia di spenderci dei soldi - perché una terapia del genere sarebbe senza dubbio costosa, e per quanto io ne abbia bisogno è comunque un aspetto che non posso non tenere in conto dato che sarei io personalmente a dover sostenere le spese.
le auguro nuovamente una buona serata.
(piccola chiosa non direttamente correlata al problema: il computer mi impedisce per qualche ragione di inserire le lettere maiuscole. la prego di perdonarmi)
[#13]
A mio avviso il primo passo dev'essere la terapia farmacologica, perché lei è così disperato che solo agendo da questo punto di vista potrà iniziare a essere più tranquillo e a sentire la spinta a cercare anche altre soluzioni (terapia psicologica) pensando che possano essere efficaci e non un inutile tentativo di fare qualcosa per lei stesso.
In certi casi i farmaci sono indispensabili per aiutare il paziente a uscire dallo stato di profondo malessere e la invito a prendere in maggiore considerazione questa possibilità.
Può chiedere un consulto in Psichiatria a questo riguardo per esprimere i suoi dubbi.
Il mio suggerimento di farsi seguire a distanza riguarda più che altro la necessità che lei possa avere un supporto e un riferimento, piuttosto che trovarsi completamente solo come è stato nei primi mesi del master, lontano da casa.
Ci pensi e mi faccia sapere!
In certi casi i farmaci sono indispensabili per aiutare il paziente a uscire dallo stato di profondo malessere e la invito a prendere in maggiore considerazione questa possibilità.
Può chiedere un consulto in Psichiatria a questo riguardo per esprimere i suoi dubbi.
Il mio suggerimento di farsi seguire a distanza riguarda più che altro la necessità che lei possa avere un supporto e un riferimento, piuttosto che trovarsi completamente solo come è stato nei primi mesi del master, lontano da casa.
Ci pensi e mi faccia sapere!
[#14]
Utente
Gentilissima dottoressa Massaro,
le chiedo nuovamente consiglio. Purtroppo la situazione non è cambiata in meglio: continuo a provare un'ansia devastante. Gli esami sono fra due settimane e sarebbero sei, ma io non sono riuscito a studiare assolutamente nulla, né mi ricordo alcunché dalle lezioni dal momento che non riuscivo mai ad ascoltare i professori.
Una mia conoscenza mi ha trovato un lavoretto a casa, facile, per cui non servono qualifiche e che ha orari estremamente comodi. La paga è ovviamente molto bassa, ma io non avrei praticamente spese e comunque sarebbe qualcosa che mi permetterebbe di pagarmi quel poco che mi serve mentre nel frattempo mi faccio curare e sfrutto la rete di supporto fornita dalla mia famiglia.
Tuttavia è un lavoro che non è per nulla sicuro: è perfettamente possibile che mi tengano solo per un mese e poi non gli serva più, e a quel punto magari mi pentirei di aver lasciato l'università. Purtroppo non posso fare entrambe le cose (lavorare e studiare) o anche solo interrompere momentaneamente gli studi, perché il mio corso non è strutturato in quel modo e non lo consente: se interrompo adesso devo lasciare definitivamente, tertium non datur.
La mia conoscenza vuole una risposta a breve, quindi devo prendere una decisione molto in fretta perché poi può darsi che io non riesca a trovare più nulla per mesi e mesi. Già in questo caso sono stato estremamente fortunato.
Non ho idea di cosa fare. So che a casa starei meglio, ma devo anche pensare al lungo termine. In fondo si tratta di lasciare un corso prestigioso e completamente spesato in una città estera. E' un'opportunità che non avrò mai più. E' letteralmente una scelta che potrebbe decidere il futuro di tutta la mia vita.
Al tempo stesso guardo il piano di studi dei prossimi semestri e le emozioni dominanti sono noia e ansia, anziché interesse, e non so dove finiscano i doveri e le responsabilità e dove inizi invece la necessità di far qualcosa per stare meglio.
Ho provato varie volte a contattare la mia terapista-psichiatra, ma non riesco mai a trovarla perché è sempre impegnata. Ho provato anche a chiedere aiuto al servizio di consulenza dell'università e non avevano appuntamenti prima di metà febbraio (tra l'altro nel secondo semestre andrei comunque da un'altra parte, quindi non servirebbe a niente). L'unica persona con cui posso parlare è mia madre, e le posso chiedere consiglio, ma naturalmente non può decidere lei per me e comunque mi sento tragicamente in colpa nei suoi confronti.
Sono estremamente solo e scoraggiato. A volte provo talmente tanta ansia che mi sento fisicamente male, mi sembra che mi manchi il respiro. Se rimango qui so che fallirò tutti o quasi tutti gli esami e mi sentirò ancor più ansioso e depresso. Al tempo stesso non vorrei accorgermi che in realtà sto solo utilizzando la scusa dell'ansia per sottrarmi alle mie responsabilità e stare a casa a vegetare anziché impegnarmi per qualcosa nella vita, e quindi pentirmi profondamente di ciò che ho fatto.
le chiedo nuovamente consiglio. Purtroppo la situazione non è cambiata in meglio: continuo a provare un'ansia devastante. Gli esami sono fra due settimane e sarebbero sei, ma io non sono riuscito a studiare assolutamente nulla, né mi ricordo alcunché dalle lezioni dal momento che non riuscivo mai ad ascoltare i professori.
Una mia conoscenza mi ha trovato un lavoretto a casa, facile, per cui non servono qualifiche e che ha orari estremamente comodi. La paga è ovviamente molto bassa, ma io non avrei praticamente spese e comunque sarebbe qualcosa che mi permetterebbe di pagarmi quel poco che mi serve mentre nel frattempo mi faccio curare e sfrutto la rete di supporto fornita dalla mia famiglia.
Tuttavia è un lavoro che non è per nulla sicuro: è perfettamente possibile che mi tengano solo per un mese e poi non gli serva più, e a quel punto magari mi pentirei di aver lasciato l'università. Purtroppo non posso fare entrambe le cose (lavorare e studiare) o anche solo interrompere momentaneamente gli studi, perché il mio corso non è strutturato in quel modo e non lo consente: se interrompo adesso devo lasciare definitivamente, tertium non datur.
La mia conoscenza vuole una risposta a breve, quindi devo prendere una decisione molto in fretta perché poi può darsi che io non riesca a trovare più nulla per mesi e mesi. Già in questo caso sono stato estremamente fortunato.
Non ho idea di cosa fare. So che a casa starei meglio, ma devo anche pensare al lungo termine. In fondo si tratta di lasciare un corso prestigioso e completamente spesato in una città estera. E' un'opportunità che non avrò mai più. E' letteralmente una scelta che potrebbe decidere il futuro di tutta la mia vita.
Al tempo stesso guardo il piano di studi dei prossimi semestri e le emozioni dominanti sono noia e ansia, anziché interesse, e non so dove finiscano i doveri e le responsabilità e dove inizi invece la necessità di far qualcosa per stare meglio.
Ho provato varie volte a contattare la mia terapista-psichiatra, ma non riesco mai a trovarla perché è sempre impegnata. Ho provato anche a chiedere aiuto al servizio di consulenza dell'università e non avevano appuntamenti prima di metà febbraio (tra l'altro nel secondo semestre andrei comunque da un'altra parte, quindi non servirebbe a niente). L'unica persona con cui posso parlare è mia madre, e le posso chiedere consiglio, ma naturalmente non può decidere lei per me e comunque mi sento tragicamente in colpa nei suoi confronti.
Sono estremamente solo e scoraggiato. A volte provo talmente tanta ansia che mi sento fisicamente male, mi sembra che mi manchi il respiro. Se rimango qui so che fallirò tutti o quasi tutti gli esami e mi sentirò ancor più ansioso e depresso. Al tempo stesso non vorrei accorgermi che in realtà sto solo utilizzando la scusa dell'ansia per sottrarmi alle mie responsabilità e stare a casa a vegetare anziché impegnarmi per qualcosa nella vita, e quindi pentirmi profondamente di ciò che ho fatto.
Questo consulto ha ricevuto 14 risposte e 4k visite dal 12/12/2018.
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