Il meno peggio dei due genitori

Gentili dottori,vi scrivo per avere un parere circa una eventuale nuova strada da intraprendere. Soffro d'ansia e di depressione dalla adolescenza,vivo con mio padre che e il meno peggio dei due genitori e lavoro con lui perché non essendo riuscita a finire gli studi per l'ansia,almeno poeto a casa uno stipendio decoroso,anche se,dovendo aiutare io mia madre che e disoccupata da sola dove potrei andare in una città costosa come quella in cui vivo? Il lavoro che faccio non mi piace perché è molto ansiogeno,poi,non è quello che volevo fare nella vita. Quindi,lo vivo in modo molto altalemante: a volte lo vedo bene,a volte piangerei e basta se ci penso...mio padre,soggetto ansioso da sempre,non fa cbe dirmi che non sono capace,oppure mettermi ancora più ansia. Ormai assumo il dosaggio massimo di venlafaxina e non vedo un grande miglioramento,anzi. Guido tutto il giorno,non posso assumere di certo ansiolitici nelle ore diurne. Ho solo voglia di fare sport,voglia di vita sociale sempre meno. Eppure amici ne ho sempre avuti molti e ho sempre avuto voglia di uscire. Vorrei uscire da questa situazione,ma non riesco,ovviamente,da sola in famiglia e senza una terapia adeguata,almeno,io sento che non basta quello che fa la specialista psichiatara e la psicologa...cosi non posso andare avanti. Grazie per l'attenzione
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Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
Cara Utente,

ho riletto la sua storia clinica prima di provare a rispondere al suo consulto e mi accorgo che le tematiche che ci ha proposto nel tempo sono, pur con sfumature in parte diverse, rimaste immutate.

Mi chiedo, e quindi lo chiedo a lei, che tipo di relazione terapeutica abbia instaurato con la sua curante.
Ad esempio, in un suo precedente consulto aveva accennato ad un aspetto della sua relazione con il paterno, di cui non aveva avuto il coraggio di parlare in terapia.
Ha poi avuto modo di elaborare quanto ci aveva scritto al riguardo con la sua psicologa?

Ancora in questo consulto odierno ci dice di non sentire che sia abbastanza quanto fanno per lei la psichiatra e la psicologa. Sente fiducia nelle figure che la seguono?

Credo sia importante che lei possa affidarsi completamente a chi ha il piacere di occuparsi di lei; diversamente il percorso terapeutico assume una valenza relativa, in cui non c'è spazio per una reale elaborazione dei suoi vissuti emotivi.

Spesso, ciò che mettiamo in atto nella stanza terapeutica sono le stesse dinamiche che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni; la invito pertanto a riflettere sul tipo di lavoro che sta facendo con la sua psicologa interrogandosi su quale, parallelamente, sia il suo modo di rapportarsi al mondo esterno; e soprattutto la invito a voler esternare i suoi dubbi, che spesso la spingono a chiedere opinioni on line, alla sua curante.

Forse proprio partendo da questi dubbi può fornirle ulteriori elementi per un aiuto più direttivo.

Resto in ascolto.

Un caro saluto

Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com

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Utente
Utente
Gentile dr Callina,la mia psicologa è al corrente del mio rapporto di esfremo attaccamento alla figura paterna ed è venuta anche al corrente delle nuove sfumature che sta prendendo di rabbia da parte mia. Come se lui e mia madre mi avessero rovinato la vita con le loro problematiche psicologiche curate male sicuramente. Quello che mi sto chiedendo e se devo intraprendere un tipo dj lavoro diverso da quel che faccio da anni ormai...non saprei dire che orientamento sia...ultimamente dalla stessa psicologa mi era stato propoosto emdr per quanto riguarda un certo tipo di trauma,ovvero,il trauma mai superato di distacco dal mio primo ragazzo,con cui da un anno ho recuperato,almeno,una parte di rapporto non di amicizia,ma quanto meno in apparenza cordiale. Se noto in lui una nota di nostalgia del passato io ho paura e mi chiudo in me stessa. In generale ho paura che lui possa ferire i miei sentimenti di nuovo. Oltre a a questo,vorrei capire se il problema famigliare così come e ad oggi posso affrontarlo in modo migliore,oppure altre proposte non mi vengono fatte,oltre la solita chiacchierata di 45 minuti ogni due settimane,perche altro modo non c'è. Mi pare di avere espresso gia alla professionista il mio dubbio. Per quanto riguarda la cura farmacologica io sarei orientata ad una riduzione del farmaco in favore di un lavoro piu efficace a livello psicologico. Grazie per la risposta. Cordialmente
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Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
Cara Utente,

il fatto che lei percepisca la terapia come "la solita chiacchierata di 45 minuti ogni due settimane", non è un segnale totalmente positivo; la terapia dovrebbe essere qualcosa in più rispetto a una "chiacchierata".

Dovrebbe smuoverle qualcosa dentro e, a seconda dell'orientamento, fornirle strumenti più o meno pratici per sbloccare la situazione di stallo.

Potrebbe essere, invece, positivo il sentimento di rabbia che sta maturando verso suo padre; forse rappresenta una evoluzione, un primo passo verso una maggiore autonomia che sembrerebbe non essere stata una sua caratteristica fino ad ora.
Anche questo aspetto, comunque, andrebbe affrontato con la sua curante, di persona; on line possiamo solo fare delle ipotesi e darle alcuni spunti su cui riflettere.

Sarebbe da approfondire anche quanto dice rispetto al suo primo ragazzo:

" Se noto in lui una nota di nostalgia del passato io ho paura e mi chiudo in me stessa. In generale ho paura che lui possa ferire i miei sentimenti di nuovo."

Anche in questo caso, sembra quasi che lei non riesca a "prendere le distanze", a rendersi autonoma da figure affettive vissute in modo ambivalente.
Un po', forse, come accade con suo padre.

Nella sua richiesta, così come nelle precedenti, emerge forte il suo dubbio rispetto al percorso che sta facendo; come se volesse sapere da noi se sia utile continuare o provare a bussare ad altre porte.
Quello che posso dirle è che, dopo 5 anni di psicoterapia, anche fosse una terapia psicodinamica, dovrebbe aver avuto significativi miglioramenti; se così non fosse, consideri che esistono anche orientamenti più direttivi, tipo la cognitivo comportamentale o la breve strategica che, su alcune persone, danno maggiori risultati.

Solo lei può decidere se sia giusto continuare o meno la strada intrapresa; forse anche questo aspetto, rafforzato dalle sue ricerche di conferme on line, rientra nella sua difficoltà a rendersi completamente autonoma, delegando ad altri le sue scelte e ancorandosi, quasi fosse ancora una bambina, a una figura paterna che, di fatto, sembrerebbe vivere con sentimenti ambivalenti.

Un caro saluto
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Utente
Utente
Gentile dr,fotunatamente,mi sto convincendo che ha ragione la maggioranza delle persone che conosco e che mi apprezzano altrove e nonnin casa: il, mondo non è tutto così grigio come mi è stato dipinto da una persona sempre depressa,ansiosa e mai contenta e,fortunatamente,io non sono quella che lui crede che io sia. Anzi,io in 29 anni gli ho fatto sempre,mi passi il termine,da stampella. Non in senso materiale,ma emotivo. Quello che mi fa rabbia è aver sopportato un atteggiamento che non definirei proprio da genitore...quello di scaricare ansia sul figlio senza grande motiv,semprene comunque. Io sto diventando quello che mio padre è e non vorrei essere. Probabilmente è un modus vivendi che ho acquisito. Me ne accorgo ma ancora faccio fatica a non soffrire di quest'ansia. Per non parlare degli scontri verbali che ci sono a casa...io gli do colpa e lui non volendo sentirsi in colpa da le colpe a me. Forse davvero,non è risolvibile in altro modo la situazione,se non andando via di casa e facendo ulteriori sforzi lavorativamente parlando. Sforzi che,grazie a questa ansia che mi ritrovo,sono sempre il doppio di quelli degli altri. Devo sforzarmi davvero di evitare il meccanismo rabbia-litigio-ansia,che ricomincia sempre uguale daccapo ogni volta e accettare la situazione per quella che è ed e stata,tanto,dubito che a 60 anni quasi possa cambiare. A casa è impossibile dimenticare come sono andate le cose,purtroppo. Credo sianquesto quello che ho imparato dalla psicoterapia in questi anni. Grazie per le risposte
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Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
Cara Utente,

ha perfettamente ragione quando dice che difficilmente può aspettarsi che sia suo padre a cambiare. Il cambiamento deve venire da lei.

Le auguro che possa riuscire a spezzare questo cordone e a iniziare a ridefinire la relazione padre-figlia in modo adulto.

Certamente i suoi genitori hanno fatto quanto potevano per il suo bene, non hanno colpe; lei oggi è una donna adulta e ha bisogno di lasciarsi il passato alle spalle e guardare avanti, disancorandosi dalle dinamiche familiari che l'hanno tenuta legata a modelli disfunzionali.

Un caro saluto