Ansia e neurofeedback

Buongiorno,
ho letto un post precedente del 2014 in cui di diceva che il neurofeedback non ha effetti su stati dell'umore e depressione. Ho letto che viene utilizzato dagli anni 70 anche per curare l'ansia. Volevo sapere se lo stato di ansia viene definitivamente risolto, o meglio il paziente poi riesce a non farsi piu prendere da ansia e attacchi di panico, affrontando determinate situazioni, dopo il trattamento. Soffro di ansia generalizzata che mi sta creando gravi problemi a livello sociale e lavorativo, sono in cura da oramai 3 anni da due psicologi , effettuata la terapia EMDR e ho provato in maniera autonoma a praticare la mindfulness e il training autogeno (quest'ultimo anche con altro psicologo).
Volevo inoltre sapere in media quante sedute occorrono per la terapia di neurofeedback (ho letto che ne servono almeno 20)per avere un risultato permanente nel tempo e quanto viene a costare in media una seduta.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Caro Utente,

sottoponendosi a sedute di neurofeedback potrebbe avere dei risultati come potrebbe non averne: questo è impossibile da determinare a propri, perchè ognuno reagisce diversamente ai trattamenti. Questo significa anche che non si può sapere quante sedute servirebbero per vedere un miglioramento e se eventuali risultati si rivelerebbero poi stabili nel tempo o sarebbero solo temporanei.
Riguardo ai costi si tratta di un'informazione che non sono in grado di darle perchè ogni professionista applica le tariffe che ritiene congrue.

Vorrei farle però notare che da quanto riferisce sta ormai da tempo "rincorrendo il sintomo", cercando di eliminarlo con interventi focalizzati sul sintomo stesso esattamente come agirebbe se avesse una patologia medica (e cioè come cercherebbe di eliminare un cancro o anche solo dei calcoli che provocano forti dolori, se ne fosse affetto).

In ambito psicologico però questo tipo di approccio dà buoni risultati (e duraturi) solo a volte, e molte altre volte non ne dà affatto.

In realtà lei non non ha ancora fatto nulla per capire come mai sta male, passaggio non proprio secondario e superfluo.
I tentativi che ha attuato finora agiscono sulle *conseguenze* del problema e non sulle sue *cause* e il punto può essere proprio questo: capire perchè le succede quello che le succede e risolvere il problema estirpandolo alla radice, invece di cercare ulteriori interventi che non agirebbero affatto su ciò che determina e alimenta il suo malessere.

Se - ad esempio e per pura ipotesi - lei fosse cresciuto in una famiglia che le ha trasmesso ansia, sfiducia in sè stesso (e quindi scarsa autostima) e paura del mondo esterno a nulla potrebbe servire utilizzare strumenti che nulla potrebbero contro questo tipo di cause, perchè non ne consentirebbero l'individuazione, l'elaborazione psicologica e la risoluzione.
Ovviamente non conoscendola non posso sapere da cosa dipenda l'ansia invalidante che la sta attanagliando, ma le posso consigliare di cambiare prospettiva e di rivolgersi ad un mio collega che lavori seguendo un orientamento psicodinamico/psicoanalitico che le consenta di approfondire le cause del suo malessere e quindi di risolverle sul serio.

Le faccio tanti auguri,
dott.ssa Flavia Massaro
psicologa a Milano e Marino C.se
-www.serviziodipsicologia.it

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Utente
Utente
Buongiorno Dott.ssa,
grazie per la risposta, mi ha chiarito dei dubbi riguardo a tale tecnica. Purtroppo ho gia provato la psicoterapia, come suggerisce, per andare alle cause del problema. Negli ultimi 4 anni sono stato da due psicologi qui a Varese. Soffro di colon irritabile, l'ansia l'ho sempre provata come chiunque ma potevo gestirla facilmente, oggi non piu, in quanto mi colpisce direttamente anche a livello fisico causandomi situazioni di disagio che si riversano sulla sfera sociale in generale. Purtroppo i medici mi hanno detto che ad oggi non vi sono cure per questo tipo di situazione,speravo di trovare il modo di poter imparare ad affrontare le situazioni nuove senza dover provare ansia a priori in modo da non crearmi problemi fisiologici. Al momento applico delle "strategie" facendo uso anche di farmaci (xanax 1mg RP e a volte spasmomen somatico) sono stato anche dallo psichiatra che mi ha propinato vari farmaci (daparox venlafazxina lexil e olanzapina, tre dei quali mi hanno peggiorato la situazione causandomi scompensi sessuali o forte sonnolenza) nel giro di 8 mesi, ma non è servito a molto, oggi prendo "solo" xanax ma è come prendere l'acqua effetto quasi nullo, se l'attacco di ansia deve arrivare , arriva! La terapia del neurofeedback mi è stata proposta dalla mia attuale psicologa (credo sia arrivata all'ultima spiaggia anche lei nei tentativi) ... le sto tentando tutte e la cosa che mi scoraggia che non vi sia ancora un metodo scientifico per bloccare i sintomi e per risolvere in maniera definitiva gli attacchi di ansia , la paura spesso vince e si evitano le situazioni.....
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Caro Utente,

il punto è che ogni persona è differente dalle altre, perciò tutto quello che ha una validazione scientifica non è automaticamente efficace per tutti (questo vale sia in campo psicologico, sia in ambito medico e farmacologico).

I tentativi che riferisce di aver effettuato finora per venire a capo del problema (EMDR, Mindfulness, TA) costituiscono trattamenti focalizzati soprattutto sul sintomo e cioè sulle conseguenze di un problema "sottostante", mentre il mio consiglio è quello di rivolgersi ad uno psicologo che utilizzi un metodo differente, più analitico e più concentrato sulla sua storia di vita e di relazione, che è ciò che l'ha portata oggi ad essere chi lei è, problemi inclusi.

In questo senso non è detto che il neurofeedback sia inutile (non si può sapere in anticipo che risultati darà, cosa che vale per qualsiasi terapia, o tecnica, o trattamento), ma non le consentirebbe sicuramente di compiere quel lavoro di analisi delle cause del suo malessere che, da quanto scrive, non è stato ancora effettuato.
Per questo le suggerisco uno psicologo di orientamento psicodinamico/psicoanalitico, con il quale approfondire tutti quegli aspetti che non ha esplorato mentre era (comprensibilmente) impegnato a combattere contro i sintomi, invece di comprenderli e dar loro un senso.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

Lei scrive di aver intrapreso più trattamenti psicologi e/o psicoterapici ma di non aver risolto il problema.
Poichè la sindrome del colon irritabile è una patologia complessa, perchè ci sono fattori psicologici coinvolti e sui quali - accanto alla terapia farmacologica- è fondamentale lavorare in psicoterapia.

Ovviamente non conosco le ragioni per le quali l'attuale curante Le ha suggerito il neurofeedback, ma non credo sia l'ultima spiaggia. A mio avviso è fondamentale che Lei si rivolga ad uno psicologo specializzato in psicoterapia che sia molto abile nel trattamento della sindrome del colon irritabile che non è un semplice disturbo d'ansia.

Infatti, i temi più critici sottostanti sui quali bisogna lavorare in psicoterapia possono essere il perfezionismo, la tendenza ad autocolpevolizzarsi e ad essere poco assertivi, non affrontare i conflitti per timore di affrontare le conseguenze che sono viste come pesantissime e negative, ecc... ovvero tutto ciò che permette a chi ne soffre di focalizzarsi sui segnali del proprio corpo (anche i minimi, anche quelli che altre persone ignorano), ma non sui propri bisogni.

L'attenzione alle sensazioni corporee è spesso molto selettiva e -come nei disturbi d'ansia- vi è una "lettura" piuttosto pesante di queste sensazioni, come se potessero avere conseguenze terribili.

Come la persona ansiosa che ha l'affanno si focalizza sul cuore e teme che possa esplodere o sentirsi il rumore del battito dall'esterno, l'attenzione per il colon irritabile è sulla pancia, sui movimenti, doloretti, fastidi, con pensieri catastrofici tipo "tutti se ne accorgeranno/sentiranno", "non riuscirò ad arrivare in bagno", "sento il parere di un altro medico", ecc...

Per tutte queste ragioni, io ritengo che le indicazioni del curante siano corrette, perchè i protocolli di intervento per la sindrome del colon irritabile prevedono sia di intercettare il legame tra pensieri disfunzionali (come ad esempio quelli citati sopra), che non fanno altro che terrorizzare ulteriormente il paziente (che teme di non guarire mai), inoltre il lavoro sul corpo e sul sintomo è un allenamento per far sì che il paziente non associ ogni "movimento" della pancia al colon irritabile. L'attenzione selettiva sul corpo deve essere smorzata e sganciata dai sintomi e dall'ansia, così come deve imparare a gestire l'ansia anticipatoria in terapia.

Training di assertività, tecniche di rilassamento e gestione dello stress possono essere affiancate alla psicoterapia.

Posso chiederLe se Lei ha già fatto tutto ciò?
Se sì, su quali aspetti ha avuto benefici?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr. Massimiliano Iacucci Psicologo, Psicoterapeuta 146 4
Oltre quanto detto dalle due esperte colleghe vorrei dire che in qualsiasi tipo di psicoterapia vengono analizzate le cause del disturbo.
Il biofeedback può permetterle di apprendere delle nuove modalità per gestire il suo livello di attivazione fisiologica che possono quindi aiutarla a ridurre i suoi livelli di stress.

Tenga però conto che lei sembra una persona molto attenta ai suoi stati corporeo e, l'attenzione selettiva, è uno dei principali meccanismi di mantenimento dell'ansia e delle somatizzazioni ad essa collegata.

Dr. Massimiliano Iacucci - Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
https://www.ordinepsicologilazio.it/albo/massimilianoiacucci/

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Utente
Utente
Buongiorno dottori,
grazie per le risposte. Come le dicevo in realtà ho cominciato un percorso dai 20 ai 24 anni per poi riprenderlo a 34 fino ad oggi che che ho 38. Le problematiche che mi hanno portato oggi ad essere cosi le conosco bene, bullismo subito a scuola e in parte anche in alcuni contesti lavorativi, situazione familiare direi drammatica con un padre che ha subito anche condanna penale , un fallimento della società dei miei quando ero adolescente .... il problema è che il passato non si cancella e vivere oggi il presente come si dovrebbe è sempre facile dirlo a parole ma difficile nei fatti.

Come avete accennato è vero che pensare al problema fa aumentare l'ansia. Ho subito una situazione traumatica di una malattia vissuta in vacanza dalla quale non mi sono piu ripreso. Come se rivivessi lo stato di preoccupazione ogni volta che mi sento messo alle strette o in casi in cui non si vedono vie di "fuga" il mio problema oggi non è tanto il passato ma il presente con la situazione traumatica che rivivo ogni volta e che procurandomi , l'ansia mi porta a problemi fisici che innescano una paura, di conseguenza, a priori , anticipatoria. Un esempio: domenica dopo un aperitivo ero in coda in macchina e dopo 5 minuti trovandomi in una strada in cui non si poteva neanche fare inversione di manovra, la preoccupazone è arrivata da se pensieri come "adesso sto male come in vacanza, se mi viene un attacco non posso controllarlo,non posso neanche scendere dall'auto, me la faro addosso ecc ecc un escalation difficilmente controllabile che provoca dolori di pancia, ho provato a controllarla focalizzandomi sul respiro, applicando tecniche varie di rilassamento ma il pensiero della catastrofe è piu forte della concentrazione in se. Fare training autogeno , mindfulness in un periodo in cui sono nella mia comfort zone serve a poco o niente , perche quello che si aspetta una persona è che applicando determinate tecniche possa riuscire almeno a controllare i pensieri negativi, ma cio è nel mio caso è impossibile. Provero come ha suggerito la dott.ssa Pileci a cercare un esperto in sindrome da colon irritabile.

Le uniche strategie che mi hanno permesso di ottenere un risultato concreto(ero arrivato ad avere paura anche solo a prendere un caffe con un'amica) è purtroppo prendere dei farmaci e affrontare piu volte la cosa per renderla un'abitudine , ma è stressante frustrante in ogni caso, ad oggi evito magari situazioni di uscite con piu amici o nuove conoscenze, viaggi lunghi, non prenderei mai un treno o aereo. Mi basterebbe riuscire a eliminare il pensiero negativo che mi riporta alla situazione traumatica vissuta in vacanza per stare bene ma sembra impossibile... il secondo psicologo era arrivato banalmente a dirmi che bisogna evitare di pensarci (fosse facile ) gli ho risposto che se fosse cosi avrei gia risolto il problema e non aveva senso continuare la terapia con lui. Basterebbe inibire totalmente la risposta fisica all'ansia per affrontare le cose senza paure. L'ansia anticipatori, da prestazione ecc come dicevo la gestivo benissimo oggi mi crea questo scompenso...
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

come scrive Lei, è proprio su questi pensieri che la psicoterapia ad esempio cognitivo-comportamentale va a lavorare:

"...."adesso sto male come in vacanza, se mi viene un attacco non posso controllarlo,non posso neanche scendere dall'auto, me la faro addosso ecc ecc...."

perchè sono proprio questi pensieri a mantenere in piedi il problema. Sono d'accordo con la prescrizione di FARE ciò che Le verrebbe facile evitare, perchè è vero che si crea un'abitudine e quando ci si abitua, il problema viene risolto.

Molte situazioni potrebbero essere fonte d'ansia per chiunque, ma non è evitandole che una persona può risolverle, ma affrontandole. Di solito lo psicoterapeuta indica anche COME FARE al proprio paziente.

Cordiali saluti,
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
"ho cominciato un percorso dai 20 ai 24 anni per poi riprenderlo a 34 fino ad oggi che che ho 38"

Di che tipo di percorso si trattava?

Sono sicuramente d'accordo sul fatto che "il passato non si cancella", ma si può modificare la maniera in cui lo si percepisce e si può lavorare sulle conseguenze che provoca nel presente, perchè i problemi e le difficoltà derivano sempre da qualcosa che è accaduto in precedenza.

Il fatto che lei sia rimasto "traumatizzato" e che riviva continuamente la paura che ha provato quando, in passato, è stato male in vacanza, le dimostra come il problema sia costituito al contempo da quello che ha vissuto (il passato) e dalle conseguenze (presenti) di come l'ha vissuto.

Immagino che abbia effettuato le sedute di EMDR per lavorare su quel ricordo, ma se non è riuscito a scalfirlo nè nella rievocazione nè nelle conseguenze emotive è possibile che quell'episodio abbia intercettato una preesistente fragilità e quindi abbia agito riattivando una ferita o sollecitando un punto critico, che esistono perchè si sono creati nel corso della sua storia di vita.

E' possibile che lei sia sopraffatto da emozioni che non ha ancora potuto elaborare e che derivano anche dai fatti che riporta:

"Le problematiche che mi hanno portato oggi ad essere cosi le conosco bene, bullismo subito a scuola e in parte anche in alcuni contesti lavorativi, situazione familiare direi drammatica con un padre che ha subito anche condanna penale , un fallimento della società dei miei quando ero adolescente"

e non deve perdere la speranza di riuscire a superare tutto questo.
Quello che le suggerisco di prendere in considerazione è che, a di là di quegli eventi che metterebbero in crisi qualunque figlio, è possibile che una parte non irrilevante delle sue difficoltà (mi riferisco al bullismo subito a scuola e sul lavoro) non sia una causa prima del suo disagio, ma abbia alle spalle altre cause che hanno reso proprio lei vulnerabile e bersaglio dell'altrui aggressività.
C'è sempre un perchè, quando una persona diventa bersaglio degli altri e non riesce a difendersi adeguatamente, e spesso nella storia di questo soggetti sono presenti carenze da parte della famiglia nel corso della crescita, violenze o maltrattamenti e altre cause ancora.

In questo senso è possibile che lei non abbia ancora ricostruito con precisione tutti i passaggi della storia del suo malessere e non abbia ancora fatto luce sulle dinamiche che hanno portato la sua vita in una certa direzione, incluso il fatto di essere diventato bersaglio per atti di bullismo.
E' comprensibile che lei abbia sofferto e soffra per aver subito in più contesti certi comportamenti altrui, ma questo non dice nulla sul perchè ne è diventato oggetto e quindi sul come può non essere più una vittima.

Ovviamente il lavoro di ulteriore approfondimento che le suggerisco dovrebbe essere intrapreso se e quando se la sentisse e desiderasse trattare il suo problema anche da una diversa angolazione.
In ogni caso se intraprendesse un ulteriore tipo di trattamento focalizzato sul sintomo e non venisse a capo del problema le consiglierei di tener presente che esiste anche questa possibilità.
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