Separazione

Buonasera dottori, vi scrivo questo mio sfogo. Ho 30 anni, sono gay, ed è da pochi giorni terminata la mia seconda relazione, durata 1anno. ripeto gli stessi schemi della precedente (durata 9 anni): mi lacero dal dolore e il pensiero è fisso, l’ansia monta a dismisura e noto che il suo canale di sfogo è chiamare l’ex e lagnarmi (sono stato lasciato in entrambe i casi), piangere, per poi alla fine sentirmi chiudere il telefono in faccia. A quel punto, nonostante l’ennesimo e scontato rifiuto stranamente mi sento meglio. Ora che ci penso sembra quasi un aspetto sadico il mio. Vivo momenti di lucidità, caratterizzati dalla presa di coscienza che in realtà vengo lasciato perché sono stato io dentro di me, inconsciamente, a lasciare loro per primo, senza arrivare dunque a verbalizzare l’intenzione: alla fine li cerco meno, non sono più progettuale mentre loro lo diventano sempre più arrivando entrambe a maturare il desiderio concreto di convivere. E poi vivo momenti in cui il mio cervello sembra avvolto dalla nebbia, sale la crisi di panico e lo chiamo con la scusa di chiedergli cosa fa, per poi piangere a singhiozzi per il fatto che mi manchi la quotidianità con lui. Se mi guardassi dall’esterno mi direi che comportandomi così aumento il mio dolore poiché esaspero l’altra parte, che invece mi chiede giustamente distacco e allontanamento. Eppure, sempre osservandomi in questo modo mi sembra quasi che sia questo che voglio ottenere: l’impossibilità fisica di contattare l’altro. Ovvero essere bloccato in ogni canale di comunicazione (con i nuovi telefoni è possibile), insomma arrivare a un limite che non è dettato dal buonsenso, ma dall’esagerazione, in modo tale che sia come più “facile” per me accettare la resa. Sembra una matassa, forse lo è, perché sono giorni di forte confusione e dolore per me, ma sospendendo ogni giudizio, e illuminando il mio comportamento con la fredda luce della razionalità scopro (forse) che in me la parte lucida desidera la libertà, l’essere single, la parte emotiva assolutamente no. E le due parti non si comunicano, non scendono mai a compromessi, si fanno dispetti, cercano di prevaricare l’una sull’altra utilizzando risorse: mi sento infatti stanco fisicamente e svuotato. Non amo più questo ragazzo: eppure mi manca la sua voce, il suo buongiorno, le sue attenzioni; eppure stando insieme a lui mi sentivo schiacciato, prevaricato. Due diversi “eppure”, che vogliono di volta in volta vincere. Era così anche nella precedente relazione, durata 9 anni, da cui siamo usciti sfibrati, ma ringraziando Dio ne sono uscito. Anche qui un ostacolo incomprensibile per me: non riesco a fare tesoro della mia esperienza pregressa,ovvero non credevo di poter "vivere" senza di lui dopo 9 anni, eppure mi sono addirittura reinnamorato: ora di nuovo questa forte e lacerante sensazione che mi fa sentire sciocco e alimenta l'ansia, e tutto il circolo vizioso spiegato prima. ho fatto un colloquio con una psicoterapeuta, non saprei dove mi porterà.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

sono contenta che ha ".. fatto un colloquio con una psicoterapeuta,.."
anche se non sa
"dove mi porterà."

Niente di male.

All'inizio di un percorso non si sa esattamente quale sia la meta,
ma si conosce l'obiettivo:
quello di uscire da quella ripetitività affettivo-relazionale che La porta sempre sugli stessi passi,
gli stessi che Lei descrive con lucidità
ma che da solo non riesce a modificare.
Abbia fiducia e pazienza;
ben tenendo presente che solo l'impegno personale al cambiamento Le permetterà di "sfruttare" al meglio la psicoterapia.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
è corretta questa affermazione che ho trovato in un articolo che parla dell'analisi transazionale (l'indirizzo clinico su cui è specializzata la mia psicoterapeuta)?
"In mancanza di segni di riconoscimento positivi, piuttosto che niente, ci accontentiamo di quelli negativi. Per questo un bambino preferirà essere sgridato piuttosto che essere ignorato, una moglie sceglierà lo scontro piuttosto che il silenzio. O ancora, una persona depressa agirà inconsciamente in modo da provocare negli altri una reazione brusca, per poter confermare la sua posizione di vittima."
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Ciò può essere chiesto alla Sua Psicoterapeuta,
anche se una frase tolta dal contesto significa poco.

Potrà però essere contestualizzata in rapporto a Lei, eventualmente.

Le consigliamo di evitare il "doppio canale" di richieste
- di persona e online -
al fine
di eliminare confusione e
di favorire l'alleanza terapeutica di persona.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti