Ruminazione e parentela con la rimuginazione
Buongiorno,
scrivo sulla sulla questione in oggetto, avendo sofferto a lungo di entrambe le cose che non si escludono a vicenda, ma che hanno un comune denominatore ossessivo.
Il fatto di essere soggetto a depressione, ha fatto da terreno di coltura, ma non spiega tutto. Entrare nel merito dei ragionamenti ruminativi peggiora le cose, nell'illusione di trovare un'intuizione giusta che elimini il problema. Ma qual è il problema? Che c'è un fatto che non mi piace, che non accetto assolutamente e allora metto in piedi una selva di ragionamenti per annullarlo, cosa che ho dolorosamente fatto per anni su cose grandi e piccole appartenenti al passato, col risultato di trovarmi la mente popolata di spettri. Oppure, guardando al futuro, di avere la certezza che accadranno avversità guai che non si sono ancora verificate.
Ho anche scritto su Medicitalia qualcosa e ho letto le esperienze di altri. E' tutta una disperata ricerca di una risposta, di un perché. Tutto nasce da qualcosa che non si vorrebbe, che non ci piace. Se uno resta insensibile a una circostanza sgradevole, non se ne fa un problema; ma se un altro è sensibile, vuole invece sapere, vuole trovare a tutti i costi un senso, per un'assurda motivazione: "quella circostanza non doveva accadere".
Alla fine ho trovato risposte apparentemente banali: quel che è stato, è stato; basta. Quel che sarà, si vedrà. Se qualcuno mi ha fatto male, ha fatto quel che ha fatto ed è come è; mentre io sono come sono. Alla tipica auto accusa: "perché non ho fatto in un altro modo?", ora rispondo: "perché ho fatto in quello".
Possono sempre accadere 1000 cose diverse; quella che si verifica, si chiama Destino. Quando faccio ruminazione, mi metto a combatterlo!; quando faccio rimuginazione, penso che sia scritto da qualche parte e mi metto a cercarlo!
Invece serve un sano fatalismo. Come lo studente che ha paura di essere colto in fallo in un punto o in un altro, ma alla fine si stufa e dice: "ho studiato e l'esame vada come vada" , e se ne va al mare.
Grazie a questi ragionamenti, ho trovato da qualche tempo una tranquillità che mi sembrava impossibile. Certo, tanti episodi spiacevoli del passato possono anche tornarmi in mente: ma tutti quei i ricordi sono come scatole. Solo che adesso sono vuote; non pesano.
Chiedo gentilmente qualche parere in merito o qualche suggerimento.
Grazie
scrivo sulla sulla questione in oggetto, avendo sofferto a lungo di entrambe le cose che non si escludono a vicenda, ma che hanno un comune denominatore ossessivo.
Il fatto di essere soggetto a depressione, ha fatto da terreno di coltura, ma non spiega tutto. Entrare nel merito dei ragionamenti ruminativi peggiora le cose, nell'illusione di trovare un'intuizione giusta che elimini il problema. Ma qual è il problema? Che c'è un fatto che non mi piace, che non accetto assolutamente e allora metto in piedi una selva di ragionamenti per annullarlo, cosa che ho dolorosamente fatto per anni su cose grandi e piccole appartenenti al passato, col risultato di trovarmi la mente popolata di spettri. Oppure, guardando al futuro, di avere la certezza che accadranno avversità guai che non si sono ancora verificate.
Ho anche scritto su Medicitalia qualcosa e ho letto le esperienze di altri. E' tutta una disperata ricerca di una risposta, di un perché. Tutto nasce da qualcosa che non si vorrebbe, che non ci piace. Se uno resta insensibile a una circostanza sgradevole, non se ne fa un problema; ma se un altro è sensibile, vuole invece sapere, vuole trovare a tutti i costi un senso, per un'assurda motivazione: "quella circostanza non doveva accadere".
Alla fine ho trovato risposte apparentemente banali: quel che è stato, è stato; basta. Quel che sarà, si vedrà. Se qualcuno mi ha fatto male, ha fatto quel che ha fatto ed è come è; mentre io sono come sono. Alla tipica auto accusa: "perché non ho fatto in un altro modo?", ora rispondo: "perché ho fatto in quello".
Possono sempre accadere 1000 cose diverse; quella che si verifica, si chiama Destino. Quando faccio ruminazione, mi metto a combatterlo!; quando faccio rimuginazione, penso che sia scritto da qualche parte e mi metto a cercarlo!
Invece serve un sano fatalismo. Come lo studente che ha paura di essere colto in fallo in un punto o in un altro, ma alla fine si stufa e dice: "ho studiato e l'esame vada come vada" , e se ne va al mare.
Grazie a questi ragionamenti, ho trovato da qualche tempo una tranquillità che mi sembrava impossibile. Certo, tanti episodi spiacevoli del passato possono anche tornarmi in mente: ma tutti quei i ricordi sono come scatole. Solo che adesso sono vuote; non pesano.
Chiedo gentilmente qualche parere in merito o qualche suggerimento.
Grazie
[#1]
Gentile utente,
Sono lieto per lei perché in questo periodo ha raggiunto una serenità consapevole che verosimilmente le mancava da tempo.
Più che un parere le do ragione quando dice che ruminazione e rimuginio sono due poli opposti dello stesso problema.
Ruminando ci martoriamo di domande sul passato e rimuginando sul futuro e concordo con lei quando parla di “sano fatalismo” che altro non è che tollerare l’incertezza della vita avendo consapevolezza che è distruttivo psicologicamente costruire il nostro futuro sul dubbio, sulla vulnerabilità, sulla paura che possa accadere qualcosa che temiamo, nello stesso modo in cui lo è pensare e ripensare al passato ruminando. Quando pensiamo al passato altro non facciamo che riportarlo nel presente e provare dolore.
Molte ricerche in psicologia e psicoterapia cognitiva hanno dimostrato come persone sofferenti di sindromi depressive o ansiose tendano a pensare che ruminare e rimuginare (quindi chiedersi costantemente:“perché?” Come ho fatto? come farò? Etc etc... possa portare a risolvere un problema. Ma è completamente l’opposto.
Il rimuginio ad esempio rappresenta un errore (bias) metacognitivo che non conduce a trovare soluzioni. Anzi...
Quindi, che poter fare?
ben venga il “qui ed ora”. Stare nel presente! Godersi il momento!
progettare un futuro scevro dalla fragilità del timore che possa accadere qualcosa.
Può leggere questi http://www.stateofmind.it/2017/02/rimuginio-ruminazione-psicologia/
http://www.stateofmind.it/2016/04/rimuginio-mente-energia/
Ho notato che i suoi consulti su medicitalia sono tanti e non ho avuto il tempo di leggerli tutti. Quindi, per curiosità personale, le chiedo se è stato in psicoterapia (?) e/o se va in psicoterapia.
Spero che questa sua consapevolezza sia l’inizio di una visione del mondo più serena e sana!
Ps: “Certo, tanti episodi spiacevoli del passato possono anche tornarmi in mente“. Questo accade a tutti noi.
È inevitabile...
Quello che serve è cambiare la prospettiva di pensare a quelli episodi!
Cordiali saluti
Sono lieto per lei perché in questo periodo ha raggiunto una serenità consapevole che verosimilmente le mancava da tempo.
Più che un parere le do ragione quando dice che ruminazione e rimuginio sono due poli opposti dello stesso problema.
Ruminando ci martoriamo di domande sul passato e rimuginando sul futuro e concordo con lei quando parla di “sano fatalismo” che altro non è che tollerare l’incertezza della vita avendo consapevolezza che è distruttivo psicologicamente costruire il nostro futuro sul dubbio, sulla vulnerabilità, sulla paura che possa accadere qualcosa che temiamo, nello stesso modo in cui lo è pensare e ripensare al passato ruminando. Quando pensiamo al passato altro non facciamo che riportarlo nel presente e provare dolore.
Molte ricerche in psicologia e psicoterapia cognitiva hanno dimostrato come persone sofferenti di sindromi depressive o ansiose tendano a pensare che ruminare e rimuginare (quindi chiedersi costantemente:“perché?” Come ho fatto? come farò? Etc etc... possa portare a risolvere un problema. Ma è completamente l’opposto.
Il rimuginio ad esempio rappresenta un errore (bias) metacognitivo che non conduce a trovare soluzioni. Anzi...
Quindi, che poter fare?
ben venga il “qui ed ora”. Stare nel presente! Godersi il momento!
progettare un futuro scevro dalla fragilità del timore che possa accadere qualcosa.
Può leggere questi http://www.stateofmind.it/2017/02/rimuginio-ruminazione-psicologia/
http://www.stateofmind.it/2016/04/rimuginio-mente-energia/
Ho notato che i suoi consulti su medicitalia sono tanti e non ho avuto il tempo di leggerli tutti. Quindi, per curiosità personale, le chiedo se è stato in psicoterapia (?) e/o se va in psicoterapia.
Spero che questa sua consapevolezza sia l’inizio di una visione del mondo più serena e sana!
Ps: “Certo, tanti episodi spiacevoli del passato possono anche tornarmi in mente“. Questo accade a tutti noi.
È inevitabile...
Quello che serve è cambiare la prospettiva di pensare a quelli episodi!
Cordiali saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#2]
Utente
Grazie, Dottor Pizzoleo per l'incoraggiamento.
Gradatamente ho capito che la verbosità mentale, sempre maggiore e più articolata era il vero problema e che quindi la miglior difesa è la semplificazione, perfino la banalizzazione. Meglio non mettermi a giocare a fare l'analista, ma affidarmi piuttosto al senso comune, al senso pratico, ai proverbi:
"se son rose, fioriranno";
"chi vivrà vedrà";
"acqua passata non macina più";
"pestare acqua nel mortaio" (l'attività di ruminazione e rimuginazione).
Poi esiste una parola un po' dimenticata , ma rasserenante: la rassegnazione:
"Accettazione della volontà altrui anche se contraria alla propria; disposizione dell’animo ad accogliere senza reagire fatti che appaiono inevitabili, indipendenti dal proprio volere" (Treccani)
Circa la sua domanda, so da tempo che una psicoterapia mi serve. Sceglierò il professionista con l'aiuto del mio psichiatra della ASL. Il quale suggerisce che sia una terapia cognitiva, non comportamentale.
Questo perché ho bisogno di migliorare la capacità di riconoscere quel che mi accade, la consapevolezza.
Ancora grazie
Buona serata
Gradatamente ho capito che la verbosità mentale, sempre maggiore e più articolata era il vero problema e che quindi la miglior difesa è la semplificazione, perfino la banalizzazione. Meglio non mettermi a giocare a fare l'analista, ma affidarmi piuttosto al senso comune, al senso pratico, ai proverbi:
"se son rose, fioriranno";
"chi vivrà vedrà";
"acqua passata non macina più";
"pestare acqua nel mortaio" (l'attività di ruminazione e rimuginazione).
Poi esiste una parola un po' dimenticata , ma rasserenante: la rassegnazione:
"Accettazione della volontà altrui anche se contraria alla propria; disposizione dell’animo ad accogliere senza reagire fatti che appaiono inevitabili, indipendenti dal proprio volere" (Treccani)
Circa la sua domanda, so da tempo che una psicoterapia mi serve. Sceglierò il professionista con l'aiuto del mio psichiatra della ASL. Il quale suggerisce che sia una terapia cognitiva, non comportamentale.
Questo perché ho bisogno di migliorare la capacità di riconoscere quel che mi accade, la consapevolezza.
Ancora grazie
Buona serata
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3.5k visite dal 04/11/2018.
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