La vita con un tumore
Cari dottori, sento il bisogno di esporre un mio problema a persone competenti ed estranee. Da 8 anni convivo e lotto con un tumore e qualche mese fa il mio oncologo mi dice chiaramente che non posso fare più niente se non cercare di controllare la malattia. Ma per quanti anni non si sa.. 5, 10, 20? Sicuramente non posso pretendere di arrivare alla vecchiaia e in teoria dovrei sentirmi fortunata perché comunque è un tipo di tumore che ti consente di vivere a lungo. A livello psicologico se i primi anni ha tirato in me una forza e un amore per la vita che non sapevo di avere ,alla lunga mi ha stancato e ho iniziato a soffrire di ansia e ipocondria, anche perché poi si sono aggiunti altri problemi di salute.. tanto per non farmi mancare niente. Sto cercando di vivere una vita "normale", mi sono laureata,lavoro, e ho un fidanzato.. cercando di fare finta di niente ma ci sono giorni che soffro perché non so se realmente avrò un futuro e quindi mi chiedo che senso ha tutto quello che faccio. Con il mio ragazzo sto insieme da 1 anno e mezzo e ha accettato la cosa(o forse non l'ha capita bene perché è da 2 anni che non faccio terapie ma solo controlli perché al momento la malattia è stabile), ma nei suoi confronti ho un grande senso di colpa, da un lato penso spesso di lasciarlo perché penso che meriterebbe tutto quello che io non ho avuto dalla vita: spensieratezza e una vita normale, di stare con una persona normale,con problemi normali. Dall'altra il mio, forse ,egoismo mi dice che merito anch'io di essere amata e mi vivo la storia. Il problema è che con lui non riesco ad aprirmi e dirgli quello che provo e quello che sento, o parlargli dei miei problemi.. un po' per "proteggerlo" ,un po' perché ho paura che mi potrebbe lasciare e avere un ricordo brutto sulla nostra storia. In pratica vivo negando la mia malattia e quello che sono.. a volte vorrei andare da uno psicologo per imparare a gestire meglio tutto quello che mi sta succedendo, ma non lo faccio sia per problemi economici sia perché il mio ragazzo è un po' ignorante a riguardo e pensa che lì ci vanno solo i pazzi.. non so che fare con lui. Vi ringrazio per qualsiasi consiglio mi darete.
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Gentile utente, desidero traquillizzarla e consigliarla, e per farlo ho letto anche i suoi messaggi precedenti. Mi sembra che lei abbia compreso da sola quali sono le coordinate essenziali della sua vita: convive con un tumore che inizialmente le ha fatto capire quanto la vita sia bella e preziosa; è riuscita a portare a termine cose che altri nemmeno iniziano, e malgrado le difficoltà si è laureata e lavora; ha avuto una prima relazione, e ora una seconda. Ha iniziato una terapia psicologica; ha ultimato le terapie per il tumore; ha subìto gli attacchi di quella serie di altri disturbi che le cure oncologiche portano con sé... e adesso, inevitabilmente, sta vivendo la classica fase depressiva di chi ha vinto la guerra, ma si guarda intorno e crede di vedere solo macerie. E' chiaro che nessuno le ha detto che psicologicamente è proprio questo il periodo più duro. Scrive: "qualche mese fa il mio oncologo mi dice chiaramente che non posso fare più niente se non cercare di controllare la malattia". In altre parole, è riuscita a cronicizzarla: non una sconfitta, ma un successo. Invece lei aggiunge: "Ma per quanti anni non si sa.. 5, 10, 20? Sicuramente non posso pretendere di arrivare alla vecchiaia". Primo, 5, 10 o 20 anni sono un tempo in cui la medicina fa passi impensabili. Secondo: ma chi di noi, qualunque sia il suo stato di salute, può contare con certezza di sopravvivere anche solo 24 ore? Se i nostri progetti fossero ritagliati sulla nostra fragilità, non dovremmo iniziare niente. Invece il tumore fa proprio questo: ci fa sentire che il tempo, e ogni nostro atto, ogni nostro desiderio, ogni affetto, hanno un valore enorme. Ma lei si sente in colpa verso il suo ragazzo perché pensa che meriterebbe "spensieratezza e una vita normale". E' proprio sicura che un'altra ragazza gli darebbe automaticamente queste cose? Inoltre lei si rammarica di non riuscire a dirgli fino in fondo i suoi pensieri, a volte dolorosi. Questa sua delicatezza lo protegge; via via che la vostra relazione si farà più profonda ci sarà una maggiore confidenza, ma sempre unita al coraggio e alla speranza.
Lei conclude dicendo: "In pratica vivo negando la mia malattia e quello che sono..".
Questa sensazione accompagna sempre i malati oncologici, e anche i loro familiari; a volte può esprimersi in profondi scoramenti o in improvvisi nervosismi, crisi di pianto o scatti di nervi... eppure non è altro che la consapevolezza del fatto che siamo fragili, mortali. E questa consapevolezza può avere dei risvolti preziosi, nel modo come gestiamo giorno per giorno le nostre scelte, i nostri affetti.
Per concludere, approvo anche l'ultima parte della sua lettera, dove dice che vorrebbe l'aiuto di una psicologa. La consapevolezza della nostra fragilità è un fardello a volte pesante da portare, ed è bene farlo con l'aiuto di uno specialista, proprio perché i momenti di scoramento e di ribellione non ci colgano all'improvviso e non ricadano su di noi, sul nostro partner, su tutti gli altri. In questo modo, tra l'altro, potrebbe spiegare a lui la scelta di vedere uno specialista: gli dica che il fardello che porta non deve gravare sulla vostra coppia. Un incontro anche quindicinale alle ASL o al Consultorio non dovrebbe costarle quasi nulla. Ho letto di un precedente tentativo di terapia che l'ha turbata, ma la strada è quella.
Le faccio infiniti auguri perché lei, così matura, delicata e coraggiosa, faccia della sua vita una cosa bella, per lei e per chi le vive vicino.
Lei conclude dicendo: "In pratica vivo negando la mia malattia e quello che sono..".
Questa sensazione accompagna sempre i malati oncologici, e anche i loro familiari; a volte può esprimersi in profondi scoramenti o in improvvisi nervosismi, crisi di pianto o scatti di nervi... eppure non è altro che la consapevolezza del fatto che siamo fragili, mortali. E questa consapevolezza può avere dei risvolti preziosi, nel modo come gestiamo giorno per giorno le nostre scelte, i nostri affetti.
Per concludere, approvo anche l'ultima parte della sua lettera, dove dice che vorrebbe l'aiuto di una psicologa. La consapevolezza della nostra fragilità è un fardello a volte pesante da portare, ed è bene farlo con l'aiuto di uno specialista, proprio perché i momenti di scoramento e di ribellione non ci colgano all'improvviso e non ricadano su di noi, sul nostro partner, su tutti gli altri. In questo modo, tra l'altro, potrebbe spiegare a lui la scelta di vedere uno specialista: gli dica che il fardello che porta non deve gravare sulla vostra coppia. Un incontro anche quindicinale alle ASL o al Consultorio non dovrebbe costarle quasi nulla. Ho letto di un precedente tentativo di terapia che l'ha turbata, ma la strada è quella.
Le faccio infiniti auguri perché lei, così matura, delicata e coraggiosa, faccia della sua vita una cosa bella, per lei e per chi le vive vicino.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Ma che idea si e' fatta della vita di un "tumorato/a" ?
Quella e' una sua scelta e non entro nel merito di farsi paralizzare la vita dall'idea della malattia e non dalla malattia visto che fa solo controlli e neanche piu' terapie ?
Chi lo dice che il suo ragazzo sarebbe spaventato da quello che non c'e' piu"
Nel mio blog Ragazze Fuori di Seno ci sono tanti ragazzi che accompagnano mogli e fidanzate a fare la terapia !
Perche' non prova a raccontare la sua esperienza alle sue compagne di avventura che hanno prognosi ben piu' severe della sua. E mi riferisco alle donne metastatiche che continuano a fare progetti e a non rinviare una vacanza malgrado le terapie aggressive.
Ci rifletta
https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-2950.html
Quella e' una sua scelta e non entro nel merito di farsi paralizzare la vita dall'idea della malattia e non dalla malattia visto che fa solo controlli e neanche piu' terapie ?
Chi lo dice che il suo ragazzo sarebbe spaventato da quello che non c'e' piu"
Nel mio blog Ragazze Fuori di Seno ci sono tanti ragazzi che accompagnano mogli e fidanzate a fare la terapia !
Perche' non prova a raccontare la sua esperienza alle sue compagne di avventura che hanno prognosi ben piu' severe della sua. E mi riferisco alle donne metastatiche che continuano a fare progetti e a non rinviare una vacanza malgrado le terapie aggressive.
Ci rifletta
https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-2950.html
Salvo Catania, MD
Chirurgo oncologo-senologia chirurgica
www.senosalvo.com
[#4]
Utente
Dottor Catania, non ho detto di essere guarita. Non ho potuto raccontare 8 anni di malattia perché sarebbe davvero troppo lungo. Ho fatto terapie per 6 anni,ho avuto metastasi ai polmoni e dopo l'ultima terapia il mio medico non mi ha fatto continuare le cure perché continuando con tutte queste radiazioni rischio la leucemia o la fibrosi polmonare, per fortuna però da 2 anni le metastasi sono ferme,ma prima o poi torneranno a crescere. L'obbiettivo per il mio medico sarebbe cronicizzarla.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 7k visite dal 19/10/2018.
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