Paura di essere rifiutato dalle donne
Gentili dottori, sono un uomo di quasi 34 anni, a detta di alcune amiche di bella presenza e di piacevole compagnia, tuttavia anche se non ritengo di avere una bassa autostima, non ho molta esperienza, e non ho mai avuto relazioni durature con una donna. Da qualche mese ho conosciuto una ragazza di una decina d'anni più giovane di me che mi ha mostrato diversi segnali d'interesse, prima di conoscerci lei mi lanciava vari sguardi languidi anche prolungati ed accompagnati da un bel sorriso, da lì nonostante le mie insicurezze e la paura del rifiuto che ancora oggi mi accompagna essendo già stato rifiutato diverse volte in passato, decisi di conoscerla con una scusa, anche lei però da quel che vedo non si lascia andare facilmente ed è piuttosto timida e chiusa, difatti varie volte quando l'ho incontrata nel tentativo di instaurare una conversazione vedevo che lei era sfuggente ed è capitato che siamo rimasti in silenzi imbarazzanti. Circa 2 mesi fa mi feci coraggio e le feci capire in modo velato ma chiaro il mio interesse, ma lei disse e suppongo a causa delle sue insicurezze, che le davo fastidio. Ogni volta che la incrocio noto che mi guarda sempre con molto interesse, se non la saluto io lei non saluta, e quando la saluto lei risponde con voce bassa e tremolante e qualche volta rivolge il suo sguardo verso il basso, tutto questo non fa altro che aumentare la mia ansia d'approccio che già c'è, vorrei sbloccare questa situazione ma ogni qual volta la incontro per strada mi blocco e non riesco a dire nulla, so che se probabilmente ci riprovassi in modo deciso lei questa volta non mi rifiuterebbe nuovamente, in passato per altri problemi di ansia mi sono rivolto ad uno psicologo psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale, il quale mi disse che solo esponendomi, e solo collezionando una serie di rifiuti avrei potuto superare definitivamente questa paura, attualmente per motivi economici non posso permettermi di iniziare un nuovo percorso con un terapeuta, e vorrei anche espormi, inizio anche, già quel che ho fatto conoscendo questa ragazza cosa che in passato non avrei mai fatto, ho ottenuto qualche piccolo miglioramento, ma sento che l'ansia quando la incontro è ancora forte, ogni volta che la vedo avverto una sensazione allo stomaco un pò come quando si va sulle montagne russe di un parco giochi, mi dico se evito di espormi non farò altro che rafforzare questa paura, anche oggi me lo sono detto quando il tentativo di rimandare e di evitare di incontrarla mi era venuto, ma mi sono fatto forza ed invece che cambiare strada sono andato dove sapevo di poterla incontrare, poi però nonostante questo, non riesco a fare di più, e vorrei fare di più invece, ma appunto la paura mi blocca, so che dovrei essere più sicuro di me io per primo per rassicurare anche lei riguardo i suoi dubbi, ma la paura del rifiuto e di star male mi blocca, c'è qualche suggerimento pratico da poter mettere in atto quando quest'ansia mi assale e mi paralizza?
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Gentile utente, lei ha scritto molto a lungo, ma non ha detto l'essenziale, che sarebbe questo: ma lei questa ragazza l'ha davvero conosciuta, nel senso che vi siete incontrati in casa di amici, al lavoro o in una qualunque delle situazioni in cui due persone di solito si conoscono, o piuttosto l'ha abbordata per la strada? Sa, per esempio, come la ragazza si chiama?
Tutto quello che lei dice, i lunghi silenzi imbarazzati "nel tentativo di istaurare una conversazione" e peggio ancora: "le feci capire in modo velato ma chiaro il mio interesse, ma lei disse e suppongo a causa delle sue insicurezze, che le davo fastidio" non sembrano il normale colloquio che si svolge tra due persone che sono state presentate da conoscenti e che si trovano a proprio agio in un ambiente rassicurante.
Ora, attaccare discorso con una ragazza per la strada, o meglio in un parco, FORSE può essere un sistema a quindici anni, quando i due sono in compagnia di amici e quando si è così vicini all'età infantile che qualche libertà può essere ammessa. Ma oltre i trent'anni, un uomo che da solo abborda una sconosciuta per la strada con l'intenzione di farle capire di provare dell'interesse per lei, crea solamente fastidio, forse paura. Come, infatti, la ragazza le ha puntualmente comunicato.
Cerchi di riflettere, anche con l'aiuto delle sue amiche. E ci scriva ancora, per precisare se il suo incontro con la ragazza si è svolto in maniera diversa da quella da me ipotizzata. In ogni caso, buone vacanze.
Tutto quello che lei dice, i lunghi silenzi imbarazzati "nel tentativo di istaurare una conversazione" e peggio ancora: "le feci capire in modo velato ma chiaro il mio interesse, ma lei disse e suppongo a causa delle sue insicurezze, che le davo fastidio" non sembrano il normale colloquio che si svolge tra due persone che sono state presentate da conoscenti e che si trovano a proprio agio in un ambiente rassicurante.
Ora, attaccare discorso con una ragazza per la strada, o meglio in un parco, FORSE può essere un sistema a quindici anni, quando i due sono in compagnia di amici e quando si è così vicini all'età infantile che qualche libertà può essere ammessa. Ma oltre i trent'anni, un uomo che da solo abborda una sconosciuta per la strada con l'intenzione di farle capire di provare dell'interesse per lei, crea solamente fastidio, forse paura. Come, infatti, la ragazza le ha puntualmente comunicato.
Cerchi di riflettere, anche con l'aiuto delle sue amiche. E ci scriva ancora, per precisare se il suo incontro con la ragazza si è svolto in maniera diversa da quella da me ipotizzata. In ogni caso, buone vacanze.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
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Utente
Gentile dott.ssa Potenza, la ringrazio innanzitutto per la risposta. Le rispondo a quanto mi ha chiesto. La conosco di persona, so come si chiama, ci siamo conosciuti sul suo luogo di lavoro durante una sua pausa prima di rientrare a lavoro, la settimana precedente a fine orario di lavoro ci trovammo anche con altre persone a parlare così come accade a volte anche tra sconosciuti che per esempio attendono alla fermata dell'autobus, da quella circostanza ci siamo sempre salutati nei giorni seguenti pur non conoscendoci ancora, così incontrandola nuovamente la settimana successiva appunto durante la sua pausa prima di tornare a lavoro, ci presentammo, fui io a prendere l'iniziativa, io le dissi "comunque piacere io sono..." e con una stretta di mano lei fece altrettanto dicendomi il suo nome, e riuscimmo ad avere una conversazione piacevole, pur non toccando argomenti più intimi e personali, prendemmo un caffè insieme e parlammo del più e del meno, del suo lavoro, delle sue giornate, questo genere di cose insomma, la conversazione è avvenuta in un luogo pubblico con tante persone e lei era sempre stata a suo agio. Successivamente poi, in altre occasioni, lei non aprendosi con me alle mie domande, e restando io a corto di argomenti, ci sono stati quei silenzi imbarazzanti, e lei si allontanava perfino da me, così che quella volta di cui dicevo nel primo post di questo consulto, scherzosamente le dissi "ho capito perché ti allontani da me.." e le dicevo qualcosa di simpatico, ma lei non sembrava gradire, ed alla fine mi disse che le davo fastidio, ma certamente non era spaventata, così la salutai e me ne andai. Da qui però la sua ambiguità, lei lavora in un centro commerciale, ed ogni volta che passavo di lì continuava a lanciare sguardi ammiccanti e sorrisi, molte altre volte si è sentita in imbarazzo ma mai spaventata, insomma i tratti classici della persona timida ed insicura, però allo stesso tempo non essendo nemmeno io così sicuro di me, molte volte mi sono sentito in imbarazzo, a disagio, e tutto questo, per quanto io possa immaginare, potrebbe averla indotta a pensare almeno inizialmente, ora non più, qualcosa del tipo "ma cosa vuole da me?" tanto che in qualche occasione mi ha anche chiesto esplicitamente cosa volessi io da lei, cioè ha sempre avuto un comportamento ambiguo, negli incontri per strada è sempre stata fredda e scostante, poi sul suo luogo di lavoro o in altri luoghi pubblici, mi ha sempre comunicato interesse anche con la gestualità, sguardi, sorrisi, ecc., io ad un certo punto non riesco più a capire cosa voglia lei da me, se debba fermarmi perché le sto causando fastidio, o se invece lei voglia che le dichiari apertamente il mio interesse, forse la mia insicurezza è dovuta proprio a ciò, alla paura di essere invadente oltre che ad essere rifiutato, come devo interpretare tutto ciò? Insisto chiedendole un chiarimento o la dimentico per sempre? Grazie ancora e buone vacanze anche a lei.
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Chiedere un chiarimento mi sembra superfluo, perché a questo punto i fatti sono già chiari: la ragazza a quel che capisco è una commessa o una cassiera, quindi "sul suo luogo di lavoro o in altri luoghi pubblici, mi ha sempre comunicato interesse anche con la gestualità, sguardi, sorrisi, ecc.". A lei, come a tutti gli altri clienti, uomini e donne, vecchi e giovani, presumo. Poi, lasciato il lavoro, la ragazza torna alla propria vita privata. E' vero che una volta ha accettato di prendere un caffè con lei, forse per gentilezza, forse per un'iniziale curiosità che si è spenta, trasformandosi in fastidio, quando lei le è stato troppo vicino e le ha rivolto discorsi troppo personali, mentre è solo un estraneo.
Per questa sua difficoltà a gestire la giusta distanza e la gradualità degli approcci, come per la tendenza a raccontarsi quello che l'altro pensa e desidera, il suo terapeuta le ha dato senza dubbio dei consigli e forse anche una diagnosi. Se si trovava bene con lui, dovrebbe proprio ricominciare le sedute. Lei non parla del suo lavoro, ma non può essere un impiego tanto malpagato da non permetterle di curare il suo benessere psicologico. E anche se così fosse, lei può reperire uno psicologo alle ASL, al Consultorio, al CSM.
Le consiglio di cercarlo, perché a quanto lei scrive la ragazza le ha detto più di una volta di provare fastidio da queste sue "attenzioni". Eviti di compromettere del tutto la sua situazione, e si faccia aiutare. Con molti auguri.
Per questa sua difficoltà a gestire la giusta distanza e la gradualità degli approcci, come per la tendenza a raccontarsi quello che l'altro pensa e desidera, il suo terapeuta le ha dato senza dubbio dei consigli e forse anche una diagnosi. Se si trovava bene con lui, dovrebbe proprio ricominciare le sedute. Lei non parla del suo lavoro, ma non può essere un impiego tanto malpagato da non permetterle di curare il suo benessere psicologico. E anche se così fosse, lei può reperire uno psicologo alle ASL, al Consultorio, al CSM.
Le consiglio di cercarlo, perché a quanto lei scrive la ragazza le ha detto più di una volta di provare fastidio da queste sue "attenzioni". Eviti di compromettere del tutto la sua situazione, e si faccia aiutare. Con molti auguri.
[#4]
Utente
Gentile dottoressa Potenza la ringrazio ancora per la risposta peraltro anche celere. Preciso che questi segnali d'interesse non sono mai avvenuti nel rapporto commessa/cliente, non sono mai entrato nel suo luogo di lavoro durante il suo orario di lavoro, ma sono rimasto sempre a quella che nella prossemica viene definita distanza sociale, per farmi capire, il negozio dove questa ragazza lavora ha delle vetrate laterali ed un tappeto mobile come in molti centri commerciali, che costeggia la vetrata del negozio in questione, ogni volta che io passavo di lì, era lei a guardarmi, già da prima di conoscerla, mi guardava e mi sorrideva, io mi sentivo osservato e così iniziai anch'io a ricambiare gli sguardi ed i sorrisi, poi quella sera ebbi modo di parlare con lei, e la settimana successiva ci presentammo, sempre fuori dal suo orario di lavoro e dal contesto lavorativo, per cui non era obbligata a sorridermi, peraltro poi gli sguardi ed i sorrisi non erano di cortesia come farebbe con un normale cliente, penso almeno di sapere distinguere un sorriso di semplice cortesia, di circostanza, da uno sguardo più profondo che rivolge una donna ad un uomo quando vuole comunicare interesse anche con il linguaggio del corpo, con il paraverbale o non verbale. Forse il primo approccio è andato anche bene, ma è il seguito che non è andato altrettanto bene, fatto sta però che questa ragazza continua ad avere questo atteggiamento ambiguo, forse dovrei seguire davvero il consiglio del mio precedente terapeuta, mi dovrei esporre e ricevere anche molti rifiuti fino a desensibilizzarmi dal dolore causato dal rifiuto in modo da non avere più paura di essere rifiutato, essendo in fondo anche una cosa normale un rifiuto. Purtroppo essendo io solo un tirocinante avvocato e non precependo nulla come tanti giovani in Italia, non posso permettermi una nuova psicoterapia, per cui dovrò risolvere da solo il problema, io però vorrei capire anche se questa ragazza prova un reale interesse per me, o sono solo un fastidio per lei, in modo da evitare di essere inopportuno ed invadente, ed il suo comportamento ambiguo non mi facilita in questo. Ad ogni modo la ringrazio per la sua disponibilità e per l'attenzione che mi ha prestato. Saluti.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 7.5k visite dal 26/07/2018.
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