Vergognarsi del proprio passato
Buonasera, sono una ragazza venticinquenne abbastanza timida e molto insicura. Soffro di attacchi di ansia ed ultimamente anche di pensieri ossessivi. Al momento il mio problema sta nel vergognarmi della frequentazione che per qualche mese ho intrattenuto con un ragazzo lo scorso anno e di come ero io in quel periodo. Per quanto riguarda il ragazzo si tratta di una persona un po’ particolare, un tipo definibile “alternativo” ma che, al di là dell’aspetto esteriore, poi ho capito essere scemotto (mi dispiace definirlo così). L’ho conosciuto in un periodo molto particolare della mia vita,un periodo di profonda crisi in quanto appena reduce da una storia quasi decennale finita malamente e non per mio volere. Ero consapevole del fatto che non fosse una persona adatta a me sotto tutti i punti di vista. In quel momento, so che è brutto da dire, ma penso di essere stata accecata dal “bisogno” di avere qualcuno a fianco e, a modo mio, vedevo in lui qualcosa di buono anche se mi vergognavo spesso della sua persona. Ai miei amici ovviamente non piaceva proprio per niente. Ad ogni modo la frequentazione non è andata avanti per molto date le incompatibilità caratteriali ma soprattutto l’essermi resa conto che in realtà non mi piaceva. Oggi, che di tempo ne è passato, mi ritrovo comunque a vergognarmi tremendamente quando mi fanno delle battute su di lui, mi vergogno di me stessa per essere stata con questa persona e mi vergogno di quello che ho condiviso con lui. Nella mia testa cominciano a rimbombare brutti pensieri come “chi mi prenderà mai dato che sono stata con un soggetto del genere”, a quello che il mio ex storico (una persona molto criticante) e tutte le altre persone hanno potuto pensare di negativo nel vedermi con questa persona o quello che potrebbe pensare un mio futuro partner di questa storia. Vorrei non farli questi pensieri ma li faccio e sto male. In quello stesso periodo, come dicevo prima, non ero la solita me: mi vestivo diversamente, in maniera meno fine rispetto ai miei standard, avevo cambiato colore di capelli, ero un po’ trascurata..la potrei definire “la mia fase trash”. Tra l’altro ultimamente ho la sensazione di non essere mai all’altezza di nessuno, tantomeno di persone con cui mi sono frequentata successivamente e che ovviamente erano all’oscuro di questa faccenda: per uno mi sentivo ignorante, per l’altro poco fine. Si tratta di frequentazioni che comunque si sono chiuse entrambe quasi sul nascere. Uno di questi due ragazzi lasciava intendere delle critiche verso di me (capelli, collana, arredamento della camera) seppure in maniera velata. Non riesco a sopportare nessun tipo di giudizio altrui sulla mia persona, ogni qualvolta succede entro in crisi, mi sento un rifiuto e penso che faccio vergognare di me chi mi vuole bene ma anche le persone con cui ho semplicemente a che fare. Vorrei uscire da questo loop di pensieri e gradirei un parere.
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Mia cara ragazza, sarò drastica: dal loop dei pensieri che la perseguitano facendola sentire vergognosa, inferiore, indegna perché ha fruito dell'affettuosa compagnia di un ragazzo giudicato da lei e dal suo gruppo "non all'altezza" si esce in un solo modo: eradicando da sé stessa il razzismo.
Con questo termine si definisce ogni concezione che fondandosi sul pregiudizio, sulla superbia, sullo snobismo, afferma la superiorità di certe persone sulle altre in base a come si vestono, a cosa dicono, a cosa pensano, a quali sono le loro attività. Ci sono razzismi di etnia ma anche di classe, di categoria sociale e professionale, di genere, di età anagrafica, e questi razzismi si diffondono particolarmente in provincia, dove per noia e per inerzia culturale qualche persona che si sente un leader o un gruppo di "capetti" da due soldi decidono per tutti quali sono le attività "in" e quelle "out", quali automobili si possono comprare e quali sono "da cafoni", perfino quali locali si frequentano, quali cibi si mangiano e così via, secondo criterietti piccoli piccoli, sui quali sarebbe opportuno farsi una risata, recuperando la propria autonomia di giudizio, la propria libertà, e soprattutto il rispetto di tutti gli esseri umani.
Rilegga la sua lettera e verifichi lei stessa se nei confronti del ragazzo "scemotto" non sia alquanto ingiusta, e se non lo sia anche nei confronti di sé stessa, esponendosi al giudizio di un gruppo di persone rigide, limitate, forse tutt'altro che benevole, se continuano a mortificarla facendole delle battute... su cosa? Sulla "inferiorità" del ragazzo che era diverso da loro? Ma come si permettono?
Il suo ex storico lei lo definisce "una persona molto criticante"; dei nuovi partner, quelli graditi al suo gruppo, afferma "per uno mi sentivo ignorante, per l’altro poco fine". Ma cosa vuol dire ignorante e cosa vuol dire poco fine? Che non si atteneva a certi criteri che appena uscita dalla sua cittadina non avrebbero senso per nessuno? Addirittura uno di questi due le criticava "capelli, collana, arredamento della camera"!
Io direi che il suo momento di libertà, la libertà di vestirsi sperimentando modi nuovi, di pensare in modi diversi dal solito, eccetera, lei l'ha vissuta col ragazzo che definisce "scemotto". Le consiglierei di procurarsi altre esperienze analoghe, ampi spazi di questa libertà, magari cercando lavoro altrove e sperimentando che non esiste solo la provincia, col suo snobismo e i suoi pregiudizi.
Le faccio i migliori auguri.
Con questo termine si definisce ogni concezione che fondandosi sul pregiudizio, sulla superbia, sullo snobismo, afferma la superiorità di certe persone sulle altre in base a come si vestono, a cosa dicono, a cosa pensano, a quali sono le loro attività. Ci sono razzismi di etnia ma anche di classe, di categoria sociale e professionale, di genere, di età anagrafica, e questi razzismi si diffondono particolarmente in provincia, dove per noia e per inerzia culturale qualche persona che si sente un leader o un gruppo di "capetti" da due soldi decidono per tutti quali sono le attività "in" e quelle "out", quali automobili si possono comprare e quali sono "da cafoni", perfino quali locali si frequentano, quali cibi si mangiano e così via, secondo criterietti piccoli piccoli, sui quali sarebbe opportuno farsi una risata, recuperando la propria autonomia di giudizio, la propria libertà, e soprattutto il rispetto di tutti gli esseri umani.
Rilegga la sua lettera e verifichi lei stessa se nei confronti del ragazzo "scemotto" non sia alquanto ingiusta, e se non lo sia anche nei confronti di sé stessa, esponendosi al giudizio di un gruppo di persone rigide, limitate, forse tutt'altro che benevole, se continuano a mortificarla facendole delle battute... su cosa? Sulla "inferiorità" del ragazzo che era diverso da loro? Ma come si permettono?
Il suo ex storico lei lo definisce "una persona molto criticante"; dei nuovi partner, quelli graditi al suo gruppo, afferma "per uno mi sentivo ignorante, per l’altro poco fine". Ma cosa vuol dire ignorante e cosa vuol dire poco fine? Che non si atteneva a certi criteri che appena uscita dalla sua cittadina non avrebbero senso per nessuno? Addirittura uno di questi due le criticava "capelli, collana, arredamento della camera"!
Io direi che il suo momento di libertà, la libertà di vestirsi sperimentando modi nuovi, di pensare in modi diversi dal solito, eccetera, lei l'ha vissuta col ragazzo che definisce "scemotto". Le consiglierei di procurarsi altre esperienze analoghe, ampi spazi di questa libertà, magari cercando lavoro altrove e sperimentando che non esiste solo la provincia, col suo snobismo e i suoi pregiudizi.
Le faccio i migliori auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gentile Dr. Potenza,
La ringrazio per la sua risposta che, seppur “drastica” come Lei stessa la definisce, mi è senza dubbio stata di aiuto e conforto. Probabilmente il mio malessere al riguardo nasce dalla consapevolezza di essermi avvalsa della compagnia di questa persona pur di colmare i vuoti lasciati dalla precedente e totalizzante relazione. Inoltre, oltre alle incompatibilità caratteriali ed un diverso livello culturale, sicuramente non hanno influito positivamente in questa faccenda gli atteggiamenti patologici che questa persona metteva in atto quotidianamente e soprattutto nei miei confronti.
Fortunatamente vivo già in città, pur provenendo dalla provincia dove ovviamente questa vicenda si è svolta, e mi rendo conto di quanto la mentalità provinciale sia ancora molto radicata in me. Forse è proprio questo che mi spinge ad essere il mio giudice più severo.
Le successive frequentazioni sono avvenute in città ma probabilmente la provenienza provinciale di entrambi i ragazzi ha dato quegli esiti. Inoltre, a dire del mio terapeuta, sono attratta da soggetti altamente critici e prevaricanti nei miei confronti. Credo che questo derivi dall’insicurezza e dal cattivo rapporto che ho con me stessa che, tra l’altro, mi fanno sentire sempre inadeguata e non all’altezza nei rapporti interpersonali in genere, mi paralizzano.
Sarà il periodo di oscurità che sto vivendo ma ho l’impressione che qualsiasi mia scelta sia sbagliata.
Cordialità.
La ringrazio per la sua risposta che, seppur “drastica” come Lei stessa la definisce, mi è senza dubbio stata di aiuto e conforto. Probabilmente il mio malessere al riguardo nasce dalla consapevolezza di essermi avvalsa della compagnia di questa persona pur di colmare i vuoti lasciati dalla precedente e totalizzante relazione. Inoltre, oltre alle incompatibilità caratteriali ed un diverso livello culturale, sicuramente non hanno influito positivamente in questa faccenda gli atteggiamenti patologici che questa persona metteva in atto quotidianamente e soprattutto nei miei confronti.
Fortunatamente vivo già in città, pur provenendo dalla provincia dove ovviamente questa vicenda si è svolta, e mi rendo conto di quanto la mentalità provinciale sia ancora molto radicata in me. Forse è proprio questo che mi spinge ad essere il mio giudice più severo.
Le successive frequentazioni sono avvenute in città ma probabilmente la provenienza provinciale di entrambi i ragazzi ha dato quegli esiti. Inoltre, a dire del mio terapeuta, sono attratta da soggetti altamente critici e prevaricanti nei miei confronti. Credo che questo derivi dall’insicurezza e dal cattivo rapporto che ho con me stessa che, tra l’altro, mi fanno sentire sempre inadeguata e non all’altezza nei rapporti interpersonali in genere, mi paralizzano.
Sarà il periodo di oscurità che sto vivendo ma ho l’impressione che qualsiasi mia scelta sia sbagliata.
Cordialità.
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Sono lieta di esserle stata in qualche modo di aiuto e di conforto. Dal suo ultimo scritto mi confermo nell'idea che lei ha intelligenza e profondità di pensiero (il che mi ha permesso di essere "drastica", usando una tecnica del metodo cognitivo-comportamentale). Vedo però che non abbandona la critica impietosa e la scarsa simpatia verso sé stessa. Spero che stia facendo passi avanti col suo terapeuta. Tenga conto che una filiazione del metodo cognitivo-comportamentale è la Compassion Focused Therapy, che ritengo potrebbe risolvere questa sua ostilità verso sé stessa, anche affiancandosi alla terapia che attualmente segue. Provi a guardare on-line il sito della Compassionate Mind. Le faccio molti auguri.
[#4]
Utente
La ringrazio per queste sue delucidazioni e ne terrò certamente conto.
Purtroppo sì, non riesco a porre fine a questa feroce autocritica.. sarà che, come riportavo sopra, in seguito all’aver attraversato questo periodo così travagliato della mia vita mi sono ritrovata spesso a fare scelte dettate più dal malessere e dalla “disperazione” che dalla razionalità, quella che mi ha sempre guidata nei periodi meno oscuri della mia vita. In passato difficilmente mi sono affidata all’istinto ed ho sempre cercato di mettere in atto comportamenti “corretti” seguendo, spesso in maniera molto rigida, i dettami impostici pur andando contro i miei reali desideri. Sarà forse quella stessa razionalità che genera in me penseri così “catastrofici” di cui non riesco a liberarmi?
Purtroppo sì, non riesco a porre fine a questa feroce autocritica.. sarà che, come riportavo sopra, in seguito all’aver attraversato questo periodo così travagliato della mia vita mi sono ritrovata spesso a fare scelte dettate più dal malessere e dalla “disperazione” che dalla razionalità, quella che mi ha sempre guidata nei periodi meno oscuri della mia vita. In passato difficilmente mi sono affidata all’istinto ed ho sempre cercato di mettere in atto comportamenti “corretti” seguendo, spesso in maniera molto rigida, i dettami impostici pur andando contro i miei reali desideri. Sarà forse quella stessa razionalità che genera in me penseri così “catastrofici” di cui non riesco a liberarmi?
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La razionalità, se ben orientata, non può fare che bene. E' il contenuto della nostra mente che a volte, mentre appare razionale, è solo automutilante. Sempre sul sito della Compassionate mind Italia c'è la locandina di un ritiro esperienziale di tre giorni, a ottobre, al quale potrebbe esserle utile partecipare. Ci sono altri siti, tra cui quello inglese, con un video molto espressivo che spiega come questa tecnica può far superare le paure paralizzanti e l'autocritica. Ancora auguri.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 17.2k visite dal 12/07/2018.
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