Omofobia interiorizzata?

Salve. Sono un ragazzo di 28 anni omosessuale e generalmente non ho mai avuto grossi problemi ad accettarmi tranne attualmente. In famiglia non sono dichiarato anche se presumo lo sospettino e ho una relazione da poco più di un anno. Ultimamente, sto avendo un' avversione per il mondo gay in generale: provo una fortissima invidia nei confronti degli amici etero che possono vivere la loro condizione senza nessuna preoccupazione (i più fidati sanno di me e del mio ragazzo) e per il fatto che potranno avere figli e che alcuni già ne abbiano; in giro, mi sento estremamente a disagio quando sono in compagnia di persone effeminate o non abbastanza maschili come vorrei io, ma ultimamente anche con il mio ragazzo, continuo a guardarmi in giro controllando che la gente non possa sospettare niente; nell'ultimo periodo con lui sono molto nervoso, non sopporto che in pubblico si avvicini troppo a me e quando cerca di salutarmi abbracciandomi lo evito.
Odio i gay-pride, perché credo che uno per chiedere diritti possa benissimo farlo senza andare in giro col sedere fuori; ho eliminato dal mio profilo facebook qualsiasi traccia o post che possa far sospettare che io sia gay.
Tutto ciò deriva anche dal lavoro che faccio, infatti insegno alle scuole medie da un anno. I colleghi mi dicono continuamente se ho la ragazza ecc. e degli alunni, addirittura, mi hanno domandato se fossi sposato o fidanzato, anche con un uomo dicendo "a noi lo può dire, siamo di mentalità aperta". Io ho reagito malissimo, e mi sono chiesto come possano aver potuto dire una cosa simile. Vuol dire che si vede che sono omosessuale? Da quel giorno sono entrato in completa crisi scatenando tutto quello detto sopra.
Ammetto che se avessi la possibilità di scegliere, vorrei essere eterosessuale per non aver nulla da nascondere e non temere di essere giudicato dagli altri.
Ho sentito parlare di omofobia interiozzata, e vorrei sapere se questi miei pensieri potrebbero stare a significare ciò.
In attesa di risposte, saluto cordialmente.
[#1]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597

Gentile utente,

l'aver messo a fuoco le maggiori difficoltà che le minoranze - anche sessuali - incontrano nella vita
a causa dei pregiudizi tuttora presenti nella società
può aver scatenato in Lei una forma d'ansia
legata al fatto di essere omosessuale.

Sia la diagnosi (ansia? xxx? ...?),
sia i meccanismi attraverso i quali il Suo disagio si esplica
hanno bisogno però di una consulenza di persona,
con uno Psicologo Psicoterapeuta.

Ritengo importante che Lei compia questo passo
al fine di poter vivere con maggiore serenità una condizione che non è
nè da curare,
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3480-gay-e-lesbiche-curarli-per-normalizzarli.html
nè da nascondere,
nè da sbandierare,
ma da vivere come la singola persona decide di farlo,
facendosi aiutare quando incontra delle difficoltà che da solo non riesce a superare.

Saluti cordiali.
Carla Maria Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buongiorno,

nel suo racconto ci sono diversi aspetti che possono far pensare a vissuti di tipo omofobico. Un senso di avversione, i vissuti di disagio, un senso di allerta e di vergogna, un senso di diffidenza, che mi sembrano rilevabili dalle sue parole, nella sua esperienza.

Questi vissuti mi fanno riflettere sul significato di non sentirsi liberi, come se si vivesse quotidianamente con un segreto. Questo è comprensibile, perché purtroppo la società odierna ha un certo tipo di impostazione, nonostante alcuni recenti cambiamenti sul tema dell'orientamento sessuale.

Il problema sussiste quando l'omofobia condiziona l'individuo e si costituisce come un impedimento alla sua espressività e alla sua possibilità di condividere la propria esperienza con gli altri. Siano essi i propri genitori, siano i colleghi a lavoro, siano il proprio fidanzato e gli amici. La paura genera una mancata possibilità di aprirsi e rischia di provocare un impoverimento di sé significativo. Il timore del giudizio degli altri pesa al punto che lei sacrifica se stesso e si priva di un abbraccio affettuoso con il suo fidanzato.

Questo è il senso della definizione di omofobia interiorizzata: la paura che la società mostra per l'omosessualità diventa sua. È necessario quindi fare un lavoro importante e impegnativo, quello di riconquistare la sua voce, di riflettere con pazienza sui motivi per cui gli altri hanno paura, di dare valore ai suoi pensieri e, infine, senza mai rinnegarsi, di essere se stesso con coraggio e forza.

Accanto a questo sarebbe importante capire come mai i suoi vissuti si siano sviluppati di recente, se ho capito bene.
In proposito bisognerebbe approfondire la relazione che sta vivendo e il lavoro. Forse sta vivendo un passaggio grande nella sua vita, sta diventando un uomo. E magari sente che questo implichi fare i conti con la sua famiglia, con le sue paure, con il modo in cui lei vuole vivere, con chi vuole diventare.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#3]
Utente
Utente
Grazie a entrambi per le tempestive risposte.
Per la Dott.ssa Brunialti: si, la società ma soprattutto la politica sicuramente influiscono. Lo avrà visto anche Lei, prima della legge Cirinnà, in televisione l'argomento omosessualità era pressoché inesistente, perché era una cosa che avveniva tutta di nascosto e di cui era quasi proibito parlarne. Adesso, essendo molto più "sbandierata", espone a molta più visiblità e discussione l'argomento omosessualità.
Per il Dott. De Sanctis: oltre al mio lavoro ho una seconda attività strettamente collegata con la Chiesa (che non dico per motivi di privacy), e quindi può capire che non posso certo trovare discorsi rassicuranti in merito, quindi per non "destare sospetti" e non rischiare di perdere questa mia seconda attività sono costretto in presenza di alcune persone ad approvare discorsi omofobi.
[#4]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

Forse giungerà il momento in cui Lei non avrà più bisogno del "secondo lavoro"
e dunque si sentirà più libero di esprimersi,
nella maniera che Lei riterrà più opportuna.

Se ha letto il linkato
avrà visto, nella frase di conclusione,
quanto uno Psicologo può fare a vantaggio della qualità di vita anche di una persona omosessuale che,
come tutti noi (ma forse un po' di più per i motivi già detti) vive conflitti e talvolta lacerazioni.

Ognuno vive la propria vita come meglio ritiene e può;
ma, dato che probabilmente è unica, è preferibile che sia di qualità
ossia in serenità dentro e fuori.

E' il mio auspicio per Lei.

Saluti cordiali.
Carla Maria Brunialti
[#5]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
So che è difficile, il consiglio che posso lasciarle in questa sede è di non farsi vincere dalla paura. E ogni volta che i sentimenti di giudizio, avversione e vergogna sopraggiungono, è importante che si disponga a prendersene cura attivamente. Vorrei dirle non si lasci sopraffare.

A volte ci guidano emozioni di cui non ci accorgiamo. E a causa di questo può succedere di non sentire la vita nelle nostre mani, di non vedere alternative né soluzioni quando ci sono alcuni ostacoli davanti a noi. Come a lavoro ad esempio.

Mi associo alle parole della Dottoressa Brunialti. È importante che sia forte, che non si senta sbagliato e non diventi il nemico di se stesso. Ed è fondamentale che trovi intorno a sé un senso di appartenenza. Non dia per scontato le possibilità che potrebbe creare, che al momento sono forse negate: condividere la sua vita con i suoi genitori ad esempio oppure non arrivare ad approvare discorsi omofobi a lavoro per paura di ritorsioni.

Prima mi aveva colpito che lei desideri essere eterosessuale e non desideri invece un mondo sinceramente inclusivo in cui ognuno può esserci e condividere la sua vita insieme agli altri. Sono sicuro che questo desiderio in lei ci sia, anche se forse nascosto. Perché però non concepirlo?
Non lasci prevalere una logica di conformità a una presunta norma, senza assumere uno spirito critico e riflessivo su questo.

Comprendo il suo stato d'animo e so che le mie parole potrebbero scatenare in lei sentimenti contrastanti anche intensi. Ma so anche che una parte di lei desidera sentirsi un uomo, come tutti. Come immagino direbbe la Cirinnà, ne ha il diritto e, aggiungo io, deve crederci lei per primo.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
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