Sensi di colpa, genitori, aborto
Gentili dottori,
vi scrivo perchè ultimamente sto passando un periodo confuso. Otto anni fa uno scelto per una ivg, avevo 25 anni, ho scelto autonomamente senza coinvolgere i miei genitori, ero convinta della mia decisione e lo sono stata per molto tempo. Dopo qualche anno ho avvertito i primi momenti di smarrimento e poca convinzione, senso di colpa e autoflagellazione. Grazie a un professionista sono riuscita in parte a "curare" queste mie ossessioni, insieme ad altre e, in generale, a sentimenti di colpa e inadeguatezza che abbiamo concluso derivare principalmente dalla mia famiglia e dal mio ideale irrealizzabile di "perfezione". Ora, nuovi pensieri ossessivi e intrusivi mi stanno rovinando le giornate: la scelta di non dire nulla alla mia famiglia è sempre stata viva e convinta e non ha mai rovinato i miei rapporti con loro. Ultimamente, non so perchè, ho il pensiero martellante di dovergli dire tutta la verità perchè altrimenti non "merito" l'amore che mi danno e i momenti che passo con loro. Premetto che il dialogo con i miei genitori non è mai stato dei migliori, nè tra loro e me e nemmeno tra loro due. Inoltre sono sempre stata convinta che quella dell'aborto fosse un'esperienza talmente intima che spettava solo a me decidere a chi, se e quando parlarne, non ho mai reputato un "dovere" farlo.
Adesso, non so perchè, questo pensiero ossessivo. Questa voce in testa che mi dice che se mia madre non riesce a vedermi al 100% come sono anche per le cose brutte che ho fatto, allora non mi merito di starle vicino e in generale di essere amata. Il problema è che vedo questa cosa come un obbligo, non come un desiderio spontaneo di apertura perchè se così fosse non sarebbe un'ossessione, credo. E' come se dovessi mettermi alla prova, punirmi, vedere di meritare davvero l'affetto che ho.
Premetto che ho un compagno con il quale mi confronto spesso sulla cosa e con cui ho un ottimo dialogo, oltre a un paio di amiche partecipi di questa mia esperienza e che mi hanno sempre sostenuta. Insomma, ho scelto con chi parlarne e ho trovato persone che mi fanno sentire bene.
Allora mi domando se non ho il diritto come figlia ad avere dei segreti con i miei genitori, se per forza per avere un bel rapporto in una famiglia ci si debba dire per forza tutto...o se sono ancora in balia dei miei ideali di perfezione e della ricerca dell'accettazione esterna (soprattutto genitoriale) quando in realtà l'unica che dovrebbe accettarsi e perdonarsi sono io.
vi scrivo perchè ultimamente sto passando un periodo confuso. Otto anni fa uno scelto per una ivg, avevo 25 anni, ho scelto autonomamente senza coinvolgere i miei genitori, ero convinta della mia decisione e lo sono stata per molto tempo. Dopo qualche anno ho avvertito i primi momenti di smarrimento e poca convinzione, senso di colpa e autoflagellazione. Grazie a un professionista sono riuscita in parte a "curare" queste mie ossessioni, insieme ad altre e, in generale, a sentimenti di colpa e inadeguatezza che abbiamo concluso derivare principalmente dalla mia famiglia e dal mio ideale irrealizzabile di "perfezione". Ora, nuovi pensieri ossessivi e intrusivi mi stanno rovinando le giornate: la scelta di non dire nulla alla mia famiglia è sempre stata viva e convinta e non ha mai rovinato i miei rapporti con loro. Ultimamente, non so perchè, ho il pensiero martellante di dovergli dire tutta la verità perchè altrimenti non "merito" l'amore che mi danno e i momenti che passo con loro. Premetto che il dialogo con i miei genitori non è mai stato dei migliori, nè tra loro e me e nemmeno tra loro due. Inoltre sono sempre stata convinta che quella dell'aborto fosse un'esperienza talmente intima che spettava solo a me decidere a chi, se e quando parlarne, non ho mai reputato un "dovere" farlo.
Adesso, non so perchè, questo pensiero ossessivo. Questa voce in testa che mi dice che se mia madre non riesce a vedermi al 100% come sono anche per le cose brutte che ho fatto, allora non mi merito di starle vicino e in generale di essere amata. Il problema è che vedo questa cosa come un obbligo, non come un desiderio spontaneo di apertura perchè se così fosse non sarebbe un'ossessione, credo. E' come se dovessi mettermi alla prova, punirmi, vedere di meritare davvero l'affetto che ho.
Premetto che ho un compagno con il quale mi confronto spesso sulla cosa e con cui ho un ottimo dialogo, oltre a un paio di amiche partecipi di questa mia esperienza e che mi hanno sempre sostenuta. Insomma, ho scelto con chi parlarne e ho trovato persone che mi fanno sentire bene.
Allora mi domando se non ho il diritto come figlia ad avere dei segreti con i miei genitori, se per forza per avere un bel rapporto in una famiglia ci si debba dire per forza tutto...o se sono ancora in balia dei miei ideali di perfezione e della ricerca dell'accettazione esterna (soprattutto genitoriale) quando in realtà l'unica che dovrebbe accettarsi e perdonarsi sono io.
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"sono ancora in balia dei miei ideali di perfezione e della ricerca dell'accettazione esterna (soprattutto genitoriale) quando in realtà l'unica che dovrebbe accettarsi e perdonarsi sono io."
Gent.le Ragazza,
come vedi il percorso terapeutico affrontato in passato ti ha consentito di sviluppare una buona autoconsapevolezza grazie alla quale puoi individuare l'aspetto da consolidare magari riprendendo le sedute con lo specialista che ti ha seguito in passato. Si tratta di completare un percorso che è a già a buon punto quindi dovrebbe essere un intervento breve.
Gent.le Ragazza,
come vedi il percorso terapeutico affrontato in passato ti ha consentito di sviluppare una buona autoconsapevolezza grazie alla quale puoi individuare l'aspetto da consolidare magari riprendendo le sedute con lo specialista che ti ha seguito in passato. Si tratta di completare un percorso che è a già a buon punto quindi dovrebbe essere un intervento breve.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
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Utente
A quanto capisco, quindi, lei ritiene che il problema da affrontare, più che quello di parlare con i miei genitori che sarebbe solo un ulteriore modo per "punirmi" in un certo senso, è quello di accettarmi e perdonarmi io per prima...forse solo in questo modo potrò avere un rapporto sincero con chi mi sta intorno, famiglia o meno, indipendente da quello che decido di rivelare o meno di stessa...
[#6]
Utente
Il fatto è che non riesco a capire cosa sia razionalità e preconcetti e cosa siano emozioni positive per me...le cose si intrecciano mandandomi in confusione. Succedeva anche durante la terapia: riuscivo a vedere tutto chiaramente, i costrutti mentali condizionanti, ciò che sarebbe stato veramente "utile" per me...ma non riuscivo a interiorizzare del tutto questi insegnamenti per promuovere fattivamente un benessere.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 2k visite dal 25/06/2018.
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