Pianto frequente bimbo 4 anni
Buongiorno, ho in bimbo di 4 anni e mezzo che da qualche mese ha iniziato a piangere per motivi futili. Inizialmente gli episodi si verificavano esclusivamente all'asilo, da qualche settimana anche a casa.
Preciso che qualche mese fa ho subito un intervento chirurgico (senza però assentarmi da casa) e che nello stesso periodo anchr mio padre (che il bimbo vede a giorni alterni) è stato operato per un cancro, perdendo la voce.
Preciso che il pianto del bimbo non è isterico, ma silente, che noi abbiamo reagito quasi sempre tranquillizzandolo e le rare.volte che abbiamo tentato un approccio più severo non è cambiato nulla.
Esempi di situazioni che scatenano il pianto: al bimbo non vengono messe le posate a tavola come agli altri bimbi, oppure, al bimbo viene detto che occorre fare in fretta a uscire di casa, oppure, non riesce a prendere i giochi che più gli piacciono perché gli altri bambini se ne appropriano prima.
In media piange 3 volte al giorno all'asilo, a casa solo occasionalmente.
In generale sembrerebbe un bambino allegro e gli piace ridere di gusto, cosa che io lo stimolo sempre a fare giocando con lui.
Ultima precisazione: è un bimbo molto metodico e dotato di grande capacità di concentrazione (sa già leggere e nessuno lo ha forzato a imparare)
Vi ringrazio anticipatamente per il riscontro.
Cordiali saluti.
Preciso che qualche mese fa ho subito un intervento chirurgico (senza però assentarmi da casa) e che nello stesso periodo anchr mio padre (che il bimbo vede a giorni alterni) è stato operato per un cancro, perdendo la voce.
Preciso che il pianto del bimbo non è isterico, ma silente, che noi abbiamo reagito quasi sempre tranquillizzandolo e le rare.volte che abbiamo tentato un approccio più severo non è cambiato nulla.
Esempi di situazioni che scatenano il pianto: al bimbo non vengono messe le posate a tavola come agli altri bimbi, oppure, al bimbo viene detto che occorre fare in fretta a uscire di casa, oppure, non riesce a prendere i giochi che più gli piacciono perché gli altri bambini se ne appropriano prima.
In media piange 3 volte al giorno all'asilo, a casa solo occasionalmente.
In generale sembrerebbe un bambino allegro e gli piace ridere di gusto, cosa che io lo stimolo sempre a fare giocando con lui.
Ultima precisazione: è un bimbo molto metodico e dotato di grande capacità di concentrazione (sa già leggere e nessuno lo ha forzato a imparare)
Vi ringrazio anticipatamente per il riscontro.
Cordiali saluti.
[#1]
Gentile utente,
partendo dal presupposto che denominare come futile il
pianto di un bambino, è esclusivamente una percezione sua dato che i bambini non piangono mai per motivi “futili”
Le chiedo innanzitutto: ha fatto visitare già il bambino da un pediatra?
Se si, quale è stato il responso della visita?
Occorrerebbe valutare il tutto (una volta esclusi motivi organici in visita pediatrica) in sede di consulenza specialista presso un/una collega psicologo psicoterapeuta perfezionata in psicologia dell’eta evolutiva.
C’è da considerare che i bambini, anche molto piccoli, avvertono le emozioni ambientali e tanto il suo quanto l’intervento chirurgico subito da suo padre, potrebbero aver slatentizzato il pianto che ci riferisce che potrebbe, a sua volta, essere diventato una modalità di comunicazione che il bambino adotta.
Le faccio un esempio (resta una ipotesi perché come ben comprenderà online altro non si può fare):
- quando lei si è operata, come è stato? Come si è sentito?
- Gli sono stati spiegati, con terminologia ed emotività proporzionate all’eta, i motivi del vissuto familiare riferito ai due episodi suddetti?
- il bambino è legato emotivamente al nonno? (adesso non sente più la sua voce)
C’è da capire probabilmente: che cosa vuole comunicarci con questo pianto?
La psicologia dell’età evolutiva è estremamente variegata e sottile. Ben diversa da quella di noi adulti.
Oltretutto racconta di incongruenze nel tentativo di gestione del pianto: “abbiamo reagito quasi sempre tranquillizzandolo e le rare.volte che abbiamo tentato un approccio più severo“.
Anche qui, il bambino: come e dove si colloca emotivamente? Nella tendenza a tranquillizzarlo o nell’”approccio più severo”?
Vede quante sfaccettature andrebbero prese in considerazione per avere un quadro chiaro delle cause del pianto, e individuare delle strategie mirate alla risoluzione delle modalità di espressione comportamentale e del pianto?
In tutto ciò sarà dirimente una consulenza presso una collega come sopra detto da parte di voi genitori.
Le ipotesi che le ho fatto vanno vagliate, quantificate, verificate o escluse in sede di consulenza. Ma è questo che ora serve!
I bambini sono portatori inconsapevoli di dinamiche familiari e/o extrafamiliari non funzionali al loro benessere.
Cordiali saluti
partendo dal presupposto che denominare come futile il
pianto di un bambino, è esclusivamente una percezione sua dato che i bambini non piangono mai per motivi “futili”
Le chiedo innanzitutto: ha fatto visitare già il bambino da un pediatra?
Se si, quale è stato il responso della visita?
Occorrerebbe valutare il tutto (una volta esclusi motivi organici in visita pediatrica) in sede di consulenza specialista presso un/una collega psicologo psicoterapeuta perfezionata in psicologia dell’eta evolutiva.
C’è da considerare che i bambini, anche molto piccoli, avvertono le emozioni ambientali e tanto il suo quanto l’intervento chirurgico subito da suo padre, potrebbero aver slatentizzato il pianto che ci riferisce che potrebbe, a sua volta, essere diventato una modalità di comunicazione che il bambino adotta.
Le faccio un esempio (resta una ipotesi perché come ben comprenderà online altro non si può fare):
- quando lei si è operata, come è stato? Come si è sentito?
- Gli sono stati spiegati, con terminologia ed emotività proporzionate all’eta, i motivi del vissuto familiare riferito ai due episodi suddetti?
- il bambino è legato emotivamente al nonno? (adesso non sente più la sua voce)
C’è da capire probabilmente: che cosa vuole comunicarci con questo pianto?
La psicologia dell’età evolutiva è estremamente variegata e sottile. Ben diversa da quella di noi adulti.
Oltretutto racconta di incongruenze nel tentativo di gestione del pianto: “abbiamo reagito quasi sempre tranquillizzandolo e le rare.volte che abbiamo tentato un approccio più severo“.
Anche qui, il bambino: come e dove si colloca emotivamente? Nella tendenza a tranquillizzarlo o nell’”approccio più severo”?
Vede quante sfaccettature andrebbero prese in considerazione per avere un quadro chiaro delle cause del pianto, e individuare delle strategie mirate alla risoluzione delle modalità di espressione comportamentale e del pianto?
In tutto ciò sarà dirimente una consulenza presso una collega come sopra detto da parte di voi genitori.
Le ipotesi che le ho fatto vanno vagliate, quantificate, verificate o escluse in sede di consulenza. Ma è questo che ora serve!
I bambini sono portatori inconsapevoli di dinamiche familiari e/o extrafamiliari non funzionali al loro benessere.
Cordiali saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#2]
Utente
Gentile Dottore, molte grazie per il consulto.
Rispondo ad alcuni quesiti: il bambino è stato visitato dal pediatra, che al momento non riscontra alcun problema fisiologico.
Per quanto concerne gli interventi chirurgici subiti da me e mio padre, preciso che era solo una mia ipotesi ettribuirvi una relazione con l'inizio di questo comportamento nel bambino: potrebbe trattarsi di una coincidenza cronologica senza nesso causale, tanto più che il mio intervento è stato eseguito in day hospital e non mi ha lasciato conseguenze fisiche apprezzabili. Il certotto e, in seguito, la piccola cicatrice, non sono stati nascosti al bimbo: ho pensato che nascondere l'origine della "bua" potesse essere più traumatico. Non so se le mie spiegazioni sono state adeguate all'età del bimbo perché non sono una psicologa, certamente ho cercato di usare la massima delicatezza espressiva e di minimizzare il problema.
Per quanto riguarda il nonno, non mi sembra che vi fosse un legame particolare e comunque la voce è scomparsa gradualmente.
Le preciso inoltre che hi consultato le maestre dell'asilo, visto che gli epusodi di pianto si verificano quasi esclusivamente in quella sede: benché riconoscano la coincidenza cronologica con le malattie che hanno colpito la mia famiglia, attribuiscono il pianto a una eccessiva insicurezza del bambino, poiché si verifica sempre in occasione di "lavoretti" da fare, o azioni che il bimbo è chiamato a compiere in autonomia. Il bimbo (sempre a detta delle maestre) è cognitivamente molto precoce, come forse già ho anticipato, riesce già a leggere, per fare un esempio... tuttavia sembra sempre sentirsi inferiore agli altri bambini. Inoltre (questo succede anche a casa quando ha la sensazione, ancorché infondata, di avere sbagliato qualcosa) inizia a piangere.
Noi siamo tutti molto orgogliosi di lui e lo dimostriamo sempre, ma non sappiamo più come aiutarlo a essere più sicuro di sé.
Infine, per quanto riguarda la nostra reazione al pianto, ho notato che un approccio più "severo" o comunque più indifferente sortisce un effetto migliore.
La ringrazio se vorrà fornirmi una sua ulteriore opinione.
I miei più cordiali saluti.
Rispondo ad alcuni quesiti: il bambino è stato visitato dal pediatra, che al momento non riscontra alcun problema fisiologico.
Per quanto concerne gli interventi chirurgici subiti da me e mio padre, preciso che era solo una mia ipotesi ettribuirvi una relazione con l'inizio di questo comportamento nel bambino: potrebbe trattarsi di una coincidenza cronologica senza nesso causale, tanto più che il mio intervento è stato eseguito in day hospital e non mi ha lasciato conseguenze fisiche apprezzabili. Il certotto e, in seguito, la piccola cicatrice, non sono stati nascosti al bimbo: ho pensato che nascondere l'origine della "bua" potesse essere più traumatico. Non so se le mie spiegazioni sono state adeguate all'età del bimbo perché non sono una psicologa, certamente ho cercato di usare la massima delicatezza espressiva e di minimizzare il problema.
Per quanto riguarda il nonno, non mi sembra che vi fosse un legame particolare e comunque la voce è scomparsa gradualmente.
Le preciso inoltre che hi consultato le maestre dell'asilo, visto che gli epusodi di pianto si verificano quasi esclusivamente in quella sede: benché riconoscano la coincidenza cronologica con le malattie che hanno colpito la mia famiglia, attribuiscono il pianto a una eccessiva insicurezza del bambino, poiché si verifica sempre in occasione di "lavoretti" da fare, o azioni che il bimbo è chiamato a compiere in autonomia. Il bimbo (sempre a detta delle maestre) è cognitivamente molto precoce, come forse già ho anticipato, riesce già a leggere, per fare un esempio... tuttavia sembra sempre sentirsi inferiore agli altri bambini. Inoltre (questo succede anche a casa quando ha la sensazione, ancorché infondata, di avere sbagliato qualcosa) inizia a piangere.
Noi siamo tutti molto orgogliosi di lui e lo dimostriamo sempre, ma non sappiamo più come aiutarlo a essere più sicuro di sé.
Infine, per quanto riguarda la nostra reazione al pianto, ho notato che un approccio più "severo" o comunque più indifferente sortisce un effetto migliore.
La ringrazio se vorrà fornirmi una sua ulteriore opinione.
I miei più cordiali saluti.
[#3]
Signora, direi di considerare come opinabili le interpretazioni che le maestre hanno dato, aggettivando il tutto con un termine scientificamente privo di significato: insicuro/insicurezza.
Con ciò non intendo giudicare la percezione delle maestre ma sarebbe utile capire che la didattica e la pedagogia sono una cosa, la scienza psicologica è altro, e che esistono dei ruoli sociali e di competenze che occorre necessariamente considerare e rispettare: una maestra o professoressa non potrà mai sostituirsi ad uno psicologo come uno psicologo non potrà mai sostituirsi ad una maestra o professoressa. Semmai, quello che occorre, in taluni casi, è un lavoro concordato e integrato tra le due figure professionali se ne sussiste necessità.
Considerando quanto detto e, nel contempo, la verosimile tendenza dubbiosa che sperimentate circa la coincidenza temporale o meno nell’insorgenza dei sintomi(?) che il bambino evidenzia,
perché non avvalersi della consulenza proposta? Oggi la psicologia e psicoterapia dell’infanzia e dell’età evolutiva ci mette a disposizione tantissimi strumenti per:
- comprendere l’eziologia di un comportamento e/o di un modo di esprimersi;
- valutare se questi possano o meno essere considerati meritevoli di intervento e/o trattamento;
- e nell’eventualità intervenire ai fini dell’ incremento del benessere di tutto l’ambiente affettivo familiare e ambientale.
- identificare quale tipologia di intervento (torno a ripetere: se necessario) è maggiormente idonea al raggiungimento dello scopo di cui sopra.
Con ciò non intendo giudicare la percezione delle maestre ma sarebbe utile capire che la didattica e la pedagogia sono una cosa, la scienza psicologica è altro, e che esistono dei ruoli sociali e di competenze che occorre necessariamente considerare e rispettare: una maestra o professoressa non potrà mai sostituirsi ad uno psicologo come uno psicologo non potrà mai sostituirsi ad una maestra o professoressa. Semmai, quello che occorre, in taluni casi, è un lavoro concordato e integrato tra le due figure professionali se ne sussiste necessità.
Considerando quanto detto e, nel contempo, la verosimile tendenza dubbiosa che sperimentate circa la coincidenza temporale o meno nell’insorgenza dei sintomi(?) che il bambino evidenzia,
perché non avvalersi della consulenza proposta? Oggi la psicologia e psicoterapia dell’infanzia e dell’età evolutiva ci mette a disposizione tantissimi strumenti per:
- comprendere l’eziologia di un comportamento e/o di un modo di esprimersi;
- valutare se questi possano o meno essere considerati meritevoli di intervento e/o trattamento;
- e nell’eventualità intervenire ai fini dell’ incremento del benessere di tutto l’ambiente affettivo familiare e ambientale.
- identificare quale tipologia di intervento (torno a ripetere: se necessario) è maggiormente idonea al raggiungimento dello scopo di cui sopra.
[#5]
No aspetti,
Probabilmente non sono stato chiaro o omesso questo:
non deve essere il bimbo ad essere portato dallo specialista! Ma VOI GENITORI. sarà la consulenza con il collega a chiarire il tutto (come detto) e permettere di comprendere se occorre:
- che solo voi genitori seguiate un percorso di parent training genitoriale (aiuto indiretto per il bambino)
- se il bambino abbia direttamente bisogno di aiuto
- se è suggeribile che sia voi che il bimbo abbiate bisogno dello specialista di persona.
Ma alla prima consulenza dovete andare SOLO voi genitori!
Saluti
Probabilmente non sono stato chiaro o omesso questo:
non deve essere il bimbo ad essere portato dallo specialista! Ma VOI GENITORI. sarà la consulenza con il collega a chiarire il tutto (come detto) e permettere di comprendere se occorre:
- che solo voi genitori seguiate un percorso di parent training genitoriale (aiuto indiretto per il bambino)
- se il bambino abbia direttamente bisogno di aiuto
- se è suggeribile che sia voi che il bimbo abbiate bisogno dello specialista di persona.
Ma alla prima consulenza dovete andare SOLO voi genitori!
Saluti
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 3.8k visite dal 12/06/2018.
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