Accettare le cose di cui non possiamo avere controllo: cosa devo fare?
Salve,
da un anno sono seguito da una terapeuta cognitivo-comportamentale.
Ho sviluppato un'invidia depressiva dovuta al fatto che in lei vedo quello che non ho mai avuto e son -quasi- convinto mai avrò, perchè mi sento difettato. Son sempre stato bene da solo, ma adesso fuori dallo studio percepisco la solitudine e il sentirsi abbandonato.
Ho capito che potrei stare meglio ridando importanza al mio quotidiano. Ma è qui la mia grande difficoltà: io stesso mi impedisco di farlo perchè, così facendo, è come se la mettessi da parte: finita la terapia, lei continuerà la sua vita, e io "rimarrò fregato".
Sembrerà una cosa banale, ma questa specifica cosa mi sta rovinando una vita già disastrata di suo.
Dev'essere un grave problema di ego o narcisismo o non so che altro (disturbi affettivi?).
In base a queste poche informazioni, cosa devo fare? Continuare a lavorarci (in terapia con lei)? O magari ci sono casi in cui una apparentemente semplice accettazione della realtà va curata con i farmaci? O ancora, interrompere la terapia con lei e iniziarne una nuova?
da un anno sono seguito da una terapeuta cognitivo-comportamentale.
Ho sviluppato un'invidia depressiva dovuta al fatto che in lei vedo quello che non ho mai avuto e son -quasi- convinto mai avrò, perchè mi sento difettato. Son sempre stato bene da solo, ma adesso fuori dallo studio percepisco la solitudine e il sentirsi abbandonato.
Ho capito che potrei stare meglio ridando importanza al mio quotidiano. Ma è qui la mia grande difficoltà: io stesso mi impedisco di farlo perchè, così facendo, è come se la mettessi da parte: finita la terapia, lei continuerà la sua vita, e io "rimarrò fregato".
Sembrerà una cosa banale, ma questa specifica cosa mi sta rovinando una vita già disastrata di suo.
Dev'essere un grave problema di ego o narcisismo o non so che altro (disturbi affettivi?).
In base a queste poche informazioni, cosa devo fare? Continuare a lavorarci (in terapia con lei)? O magari ci sono casi in cui una apparentemente semplice accettazione della realtà va curata con i farmaci? O ancora, interrompere la terapia con lei e iniziarne una nuova?
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Gentile utente,
In questi casi la cosa più utile da fare è riferire proprio alla sua stessa terapeuta quello che ha scritto qui rispetto alle sensazioni che avverte nella relazione con lei: “Ho sviluppato un'invidia depressiva dovuta al fatto che in lei vedo quello che non ho mai avuto e son -quasi- convinto mai avrò, perchè mi sento difettato. Son sempre stato bene da solo, ma adesso fuori dallo studio percepisco la solitudine e il sentirsi abbandonato“. Riferire al proprio terapeuta il proprio vissuto (ciò che si sente, avverte e si percepisce dentro e fuori lo studio) è di basilare importanza per poter comprendere e condividere quanto sta accadendo all’interno della relazione terapeutica e pensare, insieme, se e come proseguire oppure cambiare terapeuta, sempre ai fini del suo miglioramento della qualità della vita.
Da qui non possiamo sapere o presumere di sapere di che tipo di problema si tratta, è la terapeuta che conosce la sua storia clinica e il suo vissuto affettivo/emotivo. Quindi...è suggeribile caldamente che segua le indicazioni che le ho dato.
In questi casi la cosa più utile da fare è riferire proprio alla sua stessa terapeuta quello che ha scritto qui rispetto alle sensazioni che avverte nella relazione con lei: “Ho sviluppato un'invidia depressiva dovuta al fatto che in lei vedo quello che non ho mai avuto e son -quasi- convinto mai avrò, perchè mi sento difettato. Son sempre stato bene da solo, ma adesso fuori dallo studio percepisco la solitudine e il sentirsi abbandonato“. Riferire al proprio terapeuta il proprio vissuto (ciò che si sente, avverte e si percepisce dentro e fuori lo studio) è di basilare importanza per poter comprendere e condividere quanto sta accadendo all’interno della relazione terapeutica e pensare, insieme, se e come proseguire oppure cambiare terapeuta, sempre ai fini del suo miglioramento della qualità della vita.
Da qui non possiamo sapere o presumere di sapere di che tipo di problema si tratta, è la terapeuta che conosce la sua storia clinica e il suo vissuto affettivo/emotivo. Quindi...è suggeribile caldamente che segua le indicazioni che le ho dato.
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#2]
Utente
Ne ho già parlato con lei, più volte.
Cercherò di parlarne in maniera ancora più esplicita.
Purtroppo è passato quasi un anno e sotto questo punto di vista la situazione è praticamente in stallo. Mi sono avvicinato più volte al suicidio, e comunque l'idea ricorrente suicidaria di certo non esalta la mia qualità della vita. Comincio a sentire un pò la stanchezza ad essere onesto.
Perchè chiedere un parere qui e non parlarne con la diretta interessata (di cui mi fido ciecamente) ?
Perchè rappresenta comunque un singolo punto di vista.
Inoltre temo molto che lei abbia capito che forse è il caso di interrompere questa terapia, ma non lo comunica temendo un contraccolpo psicologico di un paziente a rischio suicidio. Le ho detto anche questo, ma mi assicura che non è la sua intenzione, almeno per il momento.
Volevo capire meglio a livello generico come si affronta in genere questo tipo di situazione.
Mi sembra di capire che, come spesso succede, non c'è una risposta univoca. Cercherò di capire se è il caso di continuare con lei, oppure no.
Grazie Dottore.
Cercherò di parlarne in maniera ancora più esplicita.
Purtroppo è passato quasi un anno e sotto questo punto di vista la situazione è praticamente in stallo. Mi sono avvicinato più volte al suicidio, e comunque l'idea ricorrente suicidaria di certo non esalta la mia qualità della vita. Comincio a sentire un pò la stanchezza ad essere onesto.
Perchè chiedere un parere qui e non parlarne con la diretta interessata (di cui mi fido ciecamente) ?
Perchè rappresenta comunque un singolo punto di vista.
Inoltre temo molto che lei abbia capito che forse è il caso di interrompere questa terapia, ma non lo comunica temendo un contraccolpo psicologico di un paziente a rischio suicidio. Le ho detto anche questo, ma mi assicura che non è la sua intenzione, almeno per il momento.
Volevo capire meglio a livello generico come si affronta in genere questo tipo di situazione.
Mi sembra di capire che, come spesso succede, non c'è una risposta univoca. Cercherò di capire se è il caso di continuare con lei, oppure no.
Grazie Dottore.
[#3]
Deve sentire lei stesso se la terapia che sta seguendo la sta conducendo agli scopi desiderati e, una volta avuta questa consapevolezza, riferire le sue intenzioni alla collega.
La psicoterapia è una relazione clinica curativa tra 2 persone: paziente e terapeuta. Come tutte le relazioni e come in tutte le relazioni interpersonali, se si avverte mancanza di compatibilità è giusto che o da una parte o dall’altra, tale sensazione venga messa chiaramente su un piano di confronto dialettico ai fini:
- o di ri-costruire una relazione terapeuta curativa;
- o interrompere per avvalersi dell’aiuto di un altro/a collega.
Lei ha scritto: “devo capire...”
Non occorre capire, ma sentire emotivamente quello che le sta dando o meno la terapia che sta seguendo.
Le domande da porsi dovrebbero essere: io come mi sento in terapia e all’esterno della stessa?
Sto bene nella relazione?
A queste variabili occorre pensare per poter prendere una decisione.
Le auguro il meglio!
La psicoterapia è una relazione clinica curativa tra 2 persone: paziente e terapeuta. Come tutte le relazioni e come in tutte le relazioni interpersonali, se si avverte mancanza di compatibilità è giusto che o da una parte o dall’altra, tale sensazione venga messa chiaramente su un piano di confronto dialettico ai fini:
- o di ri-costruire una relazione terapeuta curativa;
- o interrompere per avvalersi dell’aiuto di un altro/a collega.
Lei ha scritto: “devo capire...”
Non occorre capire, ma sentire emotivamente quello che le sta dando o meno la terapia che sta seguendo.
Le domande da porsi dovrebbero essere: io come mi sento in terapia e all’esterno della stessa?
Sto bene nella relazione?
A queste variabili occorre pensare per poter prendere una decisione.
Le auguro il meglio!
[#4]
Utente
Dottore grazie per gli spunti di riflessione.
"Deve sentire lei stesso se la terapia che sta seguendo la sta conducendo agli scopi desiderati".
La terapia è riuscita a smuovere una situazione di stallo che durava da anni, o forse da tutta la vita.
"se si avverte mancanza di compatibilità..."
Tutt altro. La psicoterapia è stata la miglior esperienza della mia vita. Consideri che sono stato "addestrato" a non esprimermi (né verbalmente né fisicamente). In terapia quantomeno sono riuscito a parole ad esprimere me stesso, quello che sentivo.
Anche da parte sua, con le dovute proporzioni, dovrebbe esserci "l incastro" giusto (lo ha esplicitato più volte).
"io come mi sento in terapia e all’esterno della stessa?"
In terapia mi sento vitale. Mi sento a mio agio. Sento di poter essere me stesso.
All esterno mi spengo. Inizialmente era semplice mancanza. Poi sono peggiorato.
"sto bene nella relazione?"
Certamente.
Il problema è che dentro di me sento nettamente due tipi di affetti:uno reale, sano e disinteressato, e uno malato (la classica dipendenza affettiva? ).
Devo riuscire a superare quest ultimo.
"Deve sentire lei stesso se la terapia che sta seguendo la sta conducendo agli scopi desiderati".
La terapia è riuscita a smuovere una situazione di stallo che durava da anni, o forse da tutta la vita.
"se si avverte mancanza di compatibilità..."
Tutt altro. La psicoterapia è stata la miglior esperienza della mia vita. Consideri che sono stato "addestrato" a non esprimermi (né verbalmente né fisicamente). In terapia quantomeno sono riuscito a parole ad esprimere me stesso, quello che sentivo.
Anche da parte sua, con le dovute proporzioni, dovrebbe esserci "l incastro" giusto (lo ha esplicitato più volte).
"io come mi sento in terapia e all’esterno della stessa?"
In terapia mi sento vitale. Mi sento a mio agio. Sento di poter essere me stesso.
All esterno mi spengo. Inizialmente era semplice mancanza. Poi sono peggiorato.
"sto bene nella relazione?"
Certamente.
Il problema è che dentro di me sento nettamente due tipi di affetti:uno reale, sano e disinteressato, e uno malato (la classica dipendenza affettiva? ).
Devo riuscire a superare quest ultimo.
[#5]
Sono lieto di averle indotto le riflessioni che ha riportato.
Spero che questa auto-riflessività espressa in questo consulto le possa tornare utile per far altrettanto chiarezza, in sede terapeutica, sulla sensazione avvertita di verosimile declino umorale al di fuori del setting terapeutico e sulla mancanza di coerenza affettiva: sano-malato.
Cordiali saluti
Spero che questa auto-riflessività espressa in questo consulto le possa tornare utile per far altrettanto chiarezza, in sede terapeutica, sulla sensazione avvertita di verosimile declino umorale al di fuori del setting terapeutico e sulla mancanza di coerenza affettiva: sano-malato.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 1.3k visite dal 09/06/2018.
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