Sento il bisogno di morire
Buona sera, sono una ragazza di 18 anni e sento di dover condividere qualcosa qui, perché non riesco più a tenere tutto dentro.
Sono ormai sei anni che sono rinchiusa in casa, senza vedere praticamente nessuno oltre la mia famiglia. Ho iniziato ad aver paura di mettere piede fuori di casa, non appena esco anche solo per una decina di minuti il mio cervello va in tilt: mi gira la testa, ho il batticuore e non riesco più a parlare fluidamente, ho sempre l'impressione di avere tutta l'attenzione delle persone su di me ed ogni volta che torno in casa ho una forte crisi di pianto. Questo (in parte) è anche il motivo per cui ho lasciato scuola al termine del quarto anno, nonostante amassi il mio indirizzo. Nell'ultimo periodo soprattutto, non riuscivo più ad andare a scuola. Troppe persone, trattenevo le lacrime dal momento in cui mettevo piede fuori casa al momento in cui vi tornavo. Non dimenticherò mai un episodio: ero all'interrogazione di matematica alla lavagna e dopo aver scritto la traccia di un esercizio mi sono bloccata. Continuavo a fissare i numeri ma non riuscivo a muovermi, nonostante sapessi esattamente cosa fare. Sentivo gli sguardi di tutti dietro di me e non riuscivo a pensare lucidamente, così sono scoppiata a piangere (per la prima volta davanti a tante persone) e sono dovuta andare a casa perché non riuscivo a smettere, ero davvero confusa. Proprio quel giorno ho perso anche i miei amici e i miei familiari. Mi sono allontanata totalmente da quelli che erano i miei amici, alcuni di loro non li ho più rivisti da quel giorno. I miei familiari, invece, hanno preso questa vicenda come una prova del mio essere pigra, apatica ed hanno detto a tutti che ho lasciato scuola per un litigio con un docente. I giorni dopo questa vicenda, sono stati i più difficili, perché ho cercato di far capire il mio stato d'animo ai miei genitori e fratelli, ma non hanno capito e tutt'ora continuano a farmi sentire ancor più una nullità, uno spreco inutile che non farà mai strada. Perché è così che mi sento, non vedo un futuro davanti a me, non voglio continuare e non riesco a vedere un minimo di positività. I giorni scorrono fin troppo veloci e mi sento messa alle strette. Ho provato a chiedere aiuto ad uno psicologo ma questa mia paura di espormi alle persone (seppure sconosciute e/o medici specializzati) mi blocca totalmente. Anche solo il pensiero di trovarmi faccia a faccia con qualcuno mi fa provare una forte ansia. So che sembra un qualcosa di brutto da dire, ma a questo punto spero solo di avere un altro brutto episodio che mi faccia avere abbastanza coraggio da farla finita. Ho perso la voglia di vivere.
Grazie per aver letto fin qui, qualsiasi consiglio o commenti è ben accetto, avevo davvero bisogno di rimettere i pensieri in ordine.
Sono ormai sei anni che sono rinchiusa in casa, senza vedere praticamente nessuno oltre la mia famiglia. Ho iniziato ad aver paura di mettere piede fuori di casa, non appena esco anche solo per una decina di minuti il mio cervello va in tilt: mi gira la testa, ho il batticuore e non riesco più a parlare fluidamente, ho sempre l'impressione di avere tutta l'attenzione delle persone su di me ed ogni volta che torno in casa ho una forte crisi di pianto. Questo (in parte) è anche il motivo per cui ho lasciato scuola al termine del quarto anno, nonostante amassi il mio indirizzo. Nell'ultimo periodo soprattutto, non riuscivo più ad andare a scuola. Troppe persone, trattenevo le lacrime dal momento in cui mettevo piede fuori casa al momento in cui vi tornavo. Non dimenticherò mai un episodio: ero all'interrogazione di matematica alla lavagna e dopo aver scritto la traccia di un esercizio mi sono bloccata. Continuavo a fissare i numeri ma non riuscivo a muovermi, nonostante sapessi esattamente cosa fare. Sentivo gli sguardi di tutti dietro di me e non riuscivo a pensare lucidamente, così sono scoppiata a piangere (per la prima volta davanti a tante persone) e sono dovuta andare a casa perché non riuscivo a smettere, ero davvero confusa. Proprio quel giorno ho perso anche i miei amici e i miei familiari. Mi sono allontanata totalmente da quelli che erano i miei amici, alcuni di loro non li ho più rivisti da quel giorno. I miei familiari, invece, hanno preso questa vicenda come una prova del mio essere pigra, apatica ed hanno detto a tutti che ho lasciato scuola per un litigio con un docente. I giorni dopo questa vicenda, sono stati i più difficili, perché ho cercato di far capire il mio stato d'animo ai miei genitori e fratelli, ma non hanno capito e tutt'ora continuano a farmi sentire ancor più una nullità, uno spreco inutile che non farà mai strada. Perché è così che mi sento, non vedo un futuro davanti a me, non voglio continuare e non riesco a vedere un minimo di positività. I giorni scorrono fin troppo veloci e mi sento messa alle strette. Ho provato a chiedere aiuto ad uno psicologo ma questa mia paura di espormi alle persone (seppure sconosciute e/o medici specializzati) mi blocca totalmente. Anche solo il pensiero di trovarmi faccia a faccia con qualcuno mi fa provare una forte ansia. So che sembra un qualcosa di brutto da dire, ma a questo punto spero solo di avere un altro brutto episodio che mi faccia avere abbastanza coraggio da farla finita. Ho perso la voglia di vivere.
Grazie per aver letto fin qui, qualsiasi consiglio o commenti è ben accetto, avevo davvero bisogno di rimettere i pensieri in ordine.
[#1]
Psicologo
Gentile ragazza,
seppur tramite uno schermo, mi arriva il forte senso di angoscia che lei prova da diverso tempo sia rispetto al suo futuro, sia rispetto a se stessa.
Sembra infatti che da quel "fatidico" giorno tutto sia precipitato.
Sembra infatti che i suoi tentativi di parlare del suo malessere non siano stati minimamente accolti da chi le sta attorno e ciò ha generato la convinzione in lei di essere una persona che non vale.
Da quel momento lei sembra essersi ritirata dentro se stessa, come se quell'episodio abbia rappresentato la più grande sconfitta nella sua vita.
Lei racconta che quando prova ad uscire da casa ha una serie di sintomi che la schiacciano, sembra infatti quasi come se rivivesse parte dei sintomi di quel "famoso" giorno.
Tuttavia lei ha provato ad uscire di casa, qualcosa dentro di lei la spinge a provarci malgrado le difficoltà.
É questa la parte più energica di lei, ed é la stessa su cui ripartire "osando" qualcosa che in passato le è sembrato troppo difficile, ossia contattare uno psicoterapeuta.
Mi rendo conto che lei viva con grosse difficoltà la possibilità di parlare del suo disagio, ma questo è proprio uno degli elementi cardine che può affrontare in psicoterapia ad esempio.
Quello che le serve in questo momento, é un atto di coraggio nel ri-prendere l'iniziativa che le ho suggerito.
L'alternativa è rappresentata dall'arrendersi ad una condizione che, dalle sue parole, mi sembra quasi di non-vita.
E da ciò che ha scritto, sono certo che quest'ultima ipotesi non é quella preferenziale.
seppur tramite uno schermo, mi arriva il forte senso di angoscia che lei prova da diverso tempo sia rispetto al suo futuro, sia rispetto a se stessa.
Sembra infatti che da quel "fatidico" giorno tutto sia precipitato.
Sembra infatti che i suoi tentativi di parlare del suo malessere non siano stati minimamente accolti da chi le sta attorno e ciò ha generato la convinzione in lei di essere una persona che non vale.
Da quel momento lei sembra essersi ritirata dentro se stessa, come se quell'episodio abbia rappresentato la più grande sconfitta nella sua vita.
Lei racconta che quando prova ad uscire da casa ha una serie di sintomi che la schiacciano, sembra infatti quasi come se rivivesse parte dei sintomi di quel "famoso" giorno.
Tuttavia lei ha provato ad uscire di casa, qualcosa dentro di lei la spinge a provarci malgrado le difficoltà.
É questa la parte più energica di lei, ed é la stessa su cui ripartire "osando" qualcosa che in passato le è sembrato troppo difficile, ossia contattare uno psicoterapeuta.
Mi rendo conto che lei viva con grosse difficoltà la possibilità di parlare del suo disagio, ma questo è proprio uno degli elementi cardine che può affrontare in psicoterapia ad esempio.
Quello che le serve in questo momento, é un atto di coraggio nel ri-prendere l'iniziativa che le ho suggerito.
L'alternativa è rappresentata dall'arrendersi ad una condizione che, dalle sue parole, mi sembra quasi di non-vita.
E da ciò che ha scritto, sono certo che quest'ultima ipotesi non é quella preferenziale.
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 770 visite dal 04/06/2018.
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