Pensieri intrusivi sul suicidio
Buonasera, sono un ragazzo di 33 anni e da diverso tempo sono in terapia da uno psicologo per alcuni stati ansiosi che mi porto sin dall'infanzia nonché da tutta una serie di ossessioni e compulsioni e paure che ho sviluppato nell’adolescenza come la paura di essere omosessuale. Circa un anno fa ho avuto una crisi molto forte con pensieri intrusivi sul suicidio dopo aver ascoltato delle storie di persone che si sono tolte la vita. Lo psichiatra mi ha prescritto 20 gocce di minias la sera e una capsula al giorno da 100mg di zoloft. Il minias l'ho gradualmente interrotto dopo due mesi e così anche lo zoloft senza dire niente allo psicologo. Per un po' le cose sono andate meglio ma ultimamente mentre ero fuori casa per lavoro sono ricaduto nei miei stati ansiosi. Ho iniziato a riprendere quindi i 100mg di zoloft e qualche goccia di minias per dormire dopo aver parlato con lo psicologo. Premetto che sono una persona che pensa troppo e con un eccessivo autocontrollo. Ho difficoltà ad esprimere le mie emozioni ed anche ad intraprendere una relazione con una donna. Il problema sono questi pensieri molto intrusivi e destabilizzanti, come se mi fossi convinto di star male e di essere destinato alla sofferenza. C’è questa strana paura di perdere il controllo e togliermi la vita. Non riesco a trovare il modo di allontanare questi pensieri e quindi sto cercando di interpretarli. Lo specialista mi ha detto che si tratta di ossessioni e un esame attento della realtà e delle conquiste che sono riuscito ad ottenere nella vita rappresentano la cura per uscirne fuori, tuttavia non ho ancora trovato il modo di elaborare qualche conflitto interiore che scatena i miei stati angosciosi. Io sono convinto che si tratta di ossessioni ma forse una parte di me ancora non lo è e non riesco a vivere serenamente la quotidianità. Volevo chiedere a voi specialisti qualche possibile chiave di lettura dei miei stati d’animo. Grazie mille.
ps. da due anni circa avverto una pressione alla fronte nei momenti in cui sono agitato, come se qualcosa volesse uscire fuori. Oltre a questa pressione avverto anche delle pulsazioni nelle orecchie.
ps. da due anni circa avverto una pressione alla fronte nei momenti in cui sono agitato, come se qualcosa volesse uscire fuori. Oltre a questa pressione avverto anche delle pulsazioni nelle orecchie.
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Gentile utente,
Uno studio americano recentissimo dello scorso anno (Hirschtritt et al. 2017) ha esaminato i lavori scientifici, pubblicati negli ultimi cinque anni, riguardanti il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo.
Gli autori hanno condotto una revisione degli articoli pubblicati su PubMed, EMBASE e PsycINFO (riviste scientifiche internazionali) per identificare studi controllati randomizzati (RCTs), meta-analisi e review sistematiche che trattavano il disturbo ossessivo compulsivo.
I dati hanno hanno evidenziato come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), con o senza inibitori della ricaptazione della serotonina (antidepressivi) sia la strategia curativa elettiva per decrementare intensità, durata e frequenza dei sintomi ossessivo compulsivi.
La letteratura a riguardo ne evidenzia sempre più l’efficacia ed efficienza.
Infatti, un altro recentissimo lavoro, pubblicato su JAMA Psychiatry, ha evidenziato come la migliore strategia di trattamento nei pazienti con DOC è la Terapia comportamentale basata sulla Esposizione e Prevenzione dei Rituali, ( esposizione e prevenzione della risposta. chiamata ER/P). In cosa consiste questa tecnica? Per esposizione graduale si intende un tecnica di derivazione comportamentale basata sul confronto sistematico e progressivo con stimoli temuti con l’obiettivo di ridurre la conseguente reazione ansiosa (fenomeno di estinzione).
A tali tecniche comportamentali si possono associare tecniche cognitive come per esempio il lavoro sulla riduzione del rimuginio ansioso e su una componente prevalente del DOC: la fusione pensiero-azione. Chi soffre di DOC pensa, a causa proprio dei pensieri intrusivi , che ciò che pensa (in modo automatico) si possa trasformare in realtà. Ma il pensiero resta semplicemente pensiero e la realtà resta realtà. Non si fondono: il pensiero non si trasforma in realtà. Quindi si impara a capire e mentalizzare fondamentalmente 2 aspetti:
- a lasciar scorrere via uno sgradevole pensiero suicidario perché È SOLO UN PENSIERO
- e proprio perché è solo un pensiero non può trasformarsi in realtà.
Idem con il pensiero sull’omosessualità: pensiero intrusivo = e se fossi omosessuale? —-> Ansia.
Ok. È solo un pensiero, non corrisponde e non corrisponderà a realtà quindi non sono e non sarò omosessuale.
Detto ciò, le tecniche di matrice cognitivo comportamentale sono comunque ad personam e vanno necessariamente adeguate al paziente e adattate in base alle necessità del processo terapeutico.
Un collega cognitivo comportamentale potrebbe certamente fare a suo caso.
Cordiali saluti
Uno studio americano recentissimo dello scorso anno (Hirschtritt et al. 2017) ha esaminato i lavori scientifici, pubblicati negli ultimi cinque anni, riguardanti il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo.
Gli autori hanno condotto una revisione degli articoli pubblicati su PubMed, EMBASE e PsycINFO (riviste scientifiche internazionali) per identificare studi controllati randomizzati (RCTs), meta-analisi e review sistematiche che trattavano il disturbo ossessivo compulsivo.
I dati hanno hanno evidenziato come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), con o senza inibitori della ricaptazione della serotonina (antidepressivi) sia la strategia curativa elettiva per decrementare intensità, durata e frequenza dei sintomi ossessivo compulsivi.
La letteratura a riguardo ne evidenzia sempre più l’efficacia ed efficienza.
Infatti, un altro recentissimo lavoro, pubblicato su JAMA Psychiatry, ha evidenziato come la migliore strategia di trattamento nei pazienti con DOC è la Terapia comportamentale basata sulla Esposizione e Prevenzione dei Rituali, ( esposizione e prevenzione della risposta. chiamata ER/P). In cosa consiste questa tecnica? Per esposizione graduale si intende un tecnica di derivazione comportamentale basata sul confronto sistematico e progressivo con stimoli temuti con l’obiettivo di ridurre la conseguente reazione ansiosa (fenomeno di estinzione).
A tali tecniche comportamentali si possono associare tecniche cognitive come per esempio il lavoro sulla riduzione del rimuginio ansioso e su una componente prevalente del DOC: la fusione pensiero-azione. Chi soffre di DOC pensa, a causa proprio dei pensieri intrusivi , che ciò che pensa (in modo automatico) si possa trasformare in realtà. Ma il pensiero resta semplicemente pensiero e la realtà resta realtà. Non si fondono: il pensiero non si trasforma in realtà. Quindi si impara a capire e mentalizzare fondamentalmente 2 aspetti:
- a lasciar scorrere via uno sgradevole pensiero suicidario perché È SOLO UN PENSIERO
- e proprio perché è solo un pensiero non può trasformarsi in realtà.
Idem con il pensiero sull’omosessualità: pensiero intrusivo = e se fossi omosessuale? —-> Ansia.
Ok. È solo un pensiero, non corrisponde e non corrisponderà a realtà quindi non sono e non sarò omosessuale.
Detto ciò, le tecniche di matrice cognitivo comportamentale sono comunque ad personam e vanno necessariamente adeguate al paziente e adattate in base alle necessità del processo terapeutico.
Un collega cognitivo comportamentale potrebbe certamente fare a suo caso.
Cordiali saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
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Utente
Grazie mille per la risposta. Il pensiero resta tale e su questo non ho dubbi ma i meccanismi ansiosi sono molto difficili da gestire e la consapevolezza che si tratta solo di pensieri non semplice da elaborare. Forse è perché proprio ora che sto decidendo di affrontare seriamente le mie paure che qualcosa sta cambiando e la mia mente reagisce ad un nuovo modo di pensare diverso da quello che è sempre stato.
A questo aggiungo che ho sempre affrontato la mia vita come se ci fosse una qualche forza esterna a decidere il mio destino. Come se non fossi io padrone delle mie scelte. Il che significa quindi che non mi fido di me stesso ed è un paradosso perché poi alla fine gli unici di cui possiamo fidarci veramente siamo solo noi. Questa secondo lei può essere la causa dei miei disturbi?
A questo aggiungo che ho sempre affrontato la mia vita come se ci fosse una qualche forza esterna a decidere il mio destino. Come se non fossi io padrone delle mie scelte. Il che significa quindi che non mi fido di me stesso ed è un paradosso perché poi alla fine gli unici di cui possiamo fidarci veramente siamo solo noi. Questa secondo lei può essere la causa dei miei disturbi?
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“A questo aggiungo che ho sempre affrontato la mia vita come se ci fosse una qualche forza esterna a decidere il mio destino.”
Non esistono variabili esterne a determinare il nostro destino e quindi:
- un pensiero intrusivo che giunge non deriva dall’esterno e non dirige il nostro destino ma resta, come detto, solo un pensiero nostro che insorge a causa di credenze disfunzionali costruite in infanzia e/o tarda adolescenza e prima età adulta e viene mantenuto dalla nostra ansia. Andare a alla ricerca delle credenze disfunzionali di base, per esempio, è un lavoro che uso fare nella terapia del DOC.
Se questo aspetto possa essere causa del suo disturbo, online e non conoscendo la sua storia di vita e storia clinica è impossibile da dire. Tuttavia è possibile ricercare la risposta al suo quesito con l’aiuto di un collega specialista nel trattamento dei disturbi d’ansia, per poi impostare le strategie opportune per lavorare sulle ossessioni e disputare la credenza che ci possano essere induzioni esterne che ci guidano.
Non dimentichi di determinarsi con il suo medico psichiatra e di essere compliante alle terapie. Questo è un aspetto predittivo fondamentale per buona riuscita di una terapia.
In bocca al lupo!
Non esistono variabili esterne a determinare il nostro destino e quindi:
- un pensiero intrusivo che giunge non deriva dall’esterno e non dirige il nostro destino ma resta, come detto, solo un pensiero nostro che insorge a causa di credenze disfunzionali costruite in infanzia e/o tarda adolescenza e prima età adulta e viene mantenuto dalla nostra ansia. Andare a alla ricerca delle credenze disfunzionali di base, per esempio, è un lavoro che uso fare nella terapia del DOC.
Se questo aspetto possa essere causa del suo disturbo, online e non conoscendo la sua storia di vita e storia clinica è impossibile da dire. Tuttavia è possibile ricercare la risposta al suo quesito con l’aiuto di un collega specialista nel trattamento dei disturbi d’ansia, per poi impostare le strategie opportune per lavorare sulle ossessioni e disputare la credenza che ci possano essere induzioni esterne che ci guidano.
Non dimentichi di determinarsi con il suo medico psichiatra e di essere compliante alle terapie. Questo è un aspetto predittivo fondamentale per buona riuscita di una terapia.
In bocca al lupo!
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 17k visite dal 02/06/2018.
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