Rancore, rimuginazione e fiducia nella ragione
Ho sofferto a lungo per un' insolenza grave e senza ragione da parte di un vecchio amico, con scritto passibile di querela. Faceva parte di una certa tendenza persecutoria, altre volte accaduta in un lontano passato.
È vero che rimugino, ma con la fiducia in fondo che comprenderó un giorno.
Non è accaduto e sono stato in pena, perché non riuscivo a trovare una spiegazione, una verità. Ma con la ragione, ho capito che era impossibile, perché le verità sono due, opposte che coesistono nella stessa persona: da un lato l'amico, amicone, sinceramente affezionato, che si convince di poter compiere gesti irresponsabili, provocatori od ostili, proprio in ragione del suo affetto. I fatti mostrano che è sicuro di poter compiere gesti pesanti, senza perdere l'amico. Cioè che sarà comunque accettato. Va detto che in tutto il tempo non è privo di meriti e di reale benevolenza.
Ma ho capito che anch'io ho una doppia verità : da un lato trovo odiosi certi suoi comportamenti da mitomane, ma dall'altro non posso negare il mio affetto, per una persona che me ne ha combinate tante, ma mi ha reso spesso felice.
Quindi anch'io sono contraddittorio: non è solo odio, come pensavo, ma un amore e odio in una sola persona: cioè il povero io.
Se accetto le contraddizioni di entrambi, penso di aver finito di soffrire. È così?
Grazie
Buongiorno
È vero che rimugino, ma con la fiducia in fondo che comprenderó un giorno.
Non è accaduto e sono stato in pena, perché non riuscivo a trovare una spiegazione, una verità. Ma con la ragione, ho capito che era impossibile, perché le verità sono due, opposte che coesistono nella stessa persona: da un lato l'amico, amicone, sinceramente affezionato, che si convince di poter compiere gesti irresponsabili, provocatori od ostili, proprio in ragione del suo affetto. I fatti mostrano che è sicuro di poter compiere gesti pesanti, senza perdere l'amico. Cioè che sarà comunque accettato. Va detto che in tutto il tempo non è privo di meriti e di reale benevolenza.
Ma ho capito che anch'io ho una doppia verità : da un lato trovo odiosi certi suoi comportamenti da mitomane, ma dall'altro non posso negare il mio affetto, per una persona che me ne ha combinate tante, ma mi ha reso spesso felice.
Quindi anch'io sono contraddittorio: non è solo odio, come pensavo, ma un amore e odio in una sola persona: cioè il povero io.
Se accetto le contraddizioni di entrambi, penso di aver finito di soffrire. È così?
Grazie
Buongiorno
[#1]
Gentile Utente,
senz'altro ogni essere umano fa sia del bene e ha dei pregi sia del male (magari anche non intenzionalmente) e ha difetti (magari non ne è neppure consapevole...), quindi sorprende poco la situazione che descrive.
Ma ad una certa bisogna anche fare delle scelte per poter vivere bene: Lei se la sente di continuare questa amicizia?
Oppure si sentirebbe meglio se troncasse?
senz'altro ogni essere umano fa sia del bene e ha dei pregi sia del male (magari anche non intenzionalmente) e ha difetti (magari non ne è neppure consapevole...), quindi sorprende poco la situazione che descrive.
Ma ad una certa bisogna anche fare delle scelte per poter vivere bene: Lei se la sente di continuare questa amicizia?
Oppure si sentirebbe meglio se troncasse?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Buongiorno, Dottoressa
in prima battuta direi che non mi sentirei di riprendere quest'amicizia, perché ritroverei subito tanti aspetti che già non mi andavano. Anche se poi magari un'occasione casuale può risultare distensiva, perché al momento ci si accorge di essere di nuovo disponibili, cosa che la mente in astratto non riesce a fare.
Ma ho capito perché questa rabbia residua sembrava inestinguibile: il fatto di sentirmi ferito (anche perché di brutti ricordi ce ne sono tanti, essendo stata una lunga e travagliata storia) mi fa scattare un automatismo : cercare di "colpire" subito idealmente il mio amico-nemico. Ma ogni colpo che vibro, non fa che riaprire le mie ferite, e quindi cercare di colpire ancora, ottenendo solo di riaprire altre ferite, fino ad occuparmi a volte intere giornate di rimuginazione.
Basta! Il problema non è lui , ma questa mia dinamica infernale inconsapevole, alla quale ho posto drasticamente fine.
Mi sono posto l'obiettivo di non sentirmi ferito, qualsiasi ricordo mi vanga in mente. Così mi passa la voglia di colpire. Quel che affiora ancora è blando e si spegne subito, senza il consueto seguito di amara rimuginazione.
Col tempo, penso che questo fuoco di brace si spegnerà del tutto, lasciando forse il posto ad aspetti emotivi diversi, più accettabili e a tratti forse anche positivi.
Grazie
in prima battuta direi che non mi sentirei di riprendere quest'amicizia, perché ritroverei subito tanti aspetti che già non mi andavano. Anche se poi magari un'occasione casuale può risultare distensiva, perché al momento ci si accorge di essere di nuovo disponibili, cosa che la mente in astratto non riesce a fare.
Ma ho capito perché questa rabbia residua sembrava inestinguibile: il fatto di sentirmi ferito (anche perché di brutti ricordi ce ne sono tanti, essendo stata una lunga e travagliata storia) mi fa scattare un automatismo : cercare di "colpire" subito idealmente il mio amico-nemico. Ma ogni colpo che vibro, non fa che riaprire le mie ferite, e quindi cercare di colpire ancora, ottenendo solo di riaprire altre ferite, fino ad occuparmi a volte intere giornate di rimuginazione.
Basta! Il problema non è lui , ma questa mia dinamica infernale inconsapevole, alla quale ho posto drasticamente fine.
Mi sono posto l'obiettivo di non sentirmi ferito, qualsiasi ricordo mi vanga in mente. Così mi passa la voglia di colpire. Quel che affiora ancora è blando e si spegne subito, senza il consueto seguito di amara rimuginazione.
Col tempo, penso che questo fuoco di brace si spegnerà del tutto, lasciando forse il posto ad aspetti emotivi diversi, più accettabili e a tratti forse anche positivi.
Grazie
[#3]
Utente
È un mese che ho pensato : "non mi sento ferito" e sono venuto fuori dalla sofferenza, come non ero riuscito in 6 anni di tentativi, preghiere comprese.
Ora mi capita di ricordare alcuni fatti che furono dolorosi, ma non li sento più da dentro; piuttosto invece in modo esteriore. In assenza di pathos, essi sfumano facilmente, non c'è più quell'insopportabile persistenza.
Ora mi capita di ricordare alcuni fatti che furono dolorosi, ma non li sento più da dentro; piuttosto invece in modo esteriore. In assenza di pathos, essi sfumano facilmente, non c'è più quell'insopportabile persistenza.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.2k visite dal 30/05/2018.
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