Incertezza sul trattamento
Ciao, sono un ragazzo di 20 anni e sto riscontrando problemi nel superare una delusione amorosa temo per dei problemi legati alla mia autostima. Sono una persona estremamente sensibile, penso di appartenere al gruppo di HSP ma non l’ho mai accertato e non sono un medio, e ho passato un’infanzia e adolescenza travagliata per dei genitori che utilizzavano toni forti, dispregiativi e critici nei miei confronti per molte degli errori dei bambini e adolescenti. A 8 anni mi sono filmato con una videocamera esplicitando il desiderio di smettere di vivere, per smettere di soffrire e di essere triste, pensieri che ho tutt’ora in momenti difficili come questo. Questo mi ha portato a vivere fino ai 13 anni in maniera vuota, buia e in solitudine perché timoroso di espormi e di sbagliare e sopratutto di avere legami che potessero ferirmi tanto quanto mi ferivano i miei genitori Tuttora non riesco mai ad aprirmi, a fidarmi completamente di una persona e a tenere veramente a essa; temo di espormi, di non essere all’altezza e non mi fido di rendermi vulnerabile agli occhi di qualcuno. Questa condizione mi ha portato ad avere una vita affettiva, sociale e sentimentale quasi totalmente vuota, il che ha peggiorato il giudizio su me stesso, non ritenendomi in grado di avere una vita normale con amici e una ragazza. Di recente ho conosciuto una persona molto simile a me, con la quale ho avuto un rapporto sincero, spontaneo fatto di fiducia e affetto ma che non è riuscito a sfociare in una relazione sentimentale e che anzi ha visto lei intraprenderne un’altra dopo due mesi. Sono 4 mesi che ormai mi sento umiliato e calpestato nei miei sentimenti, che soffro e piango e che nonostante provi s distrarmi e a guardare i lati positivi della situazione non riesco a stare bene. Con lei sono stato veramente bene, forse per la prima volta e il fatto che sia finita in maniera così dolorosa mi fa soffrire con pianti quotidiani. Ho infatti da qualche settimana intrapreso un percorso con uno psicoterapeuta. Sono un ragazzo abbastanza introspettivo, mi rendo conto della negatività di certi miei comportamenti (confronto continuo con gli altri, sofferenza eccessiva per il divario tra il me ideale e quello reale, un io autodistruttivo dovuto a una mancanza di austostima). Ho intrapreso un percorso con uno psicoterapeuta il quale ha anche lui riconosciuto il mio “parlare da analista” e una certa consapevolezza di certi meccanismi psicologici. Purtroppo sono incapace di far prevalere il mio io costruttivo. In sostanza più che “capire i miei problemi” ho bisogno di “mettere in pratica le soluzioni” aumentando l’autostima e rafforzando l’io.Mi sento consapevole dei problemi ma troppo debole per porvi rimedio. Il vostro collega ha stimato 8 mesi di terapia con una frequenza settimanale ma mi viene il dubbio se sia un tempo eccessivo o necessiti di uno specialista con un approccio diverso
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Psicologo
Gentile Utente,
il suo vissuto di forte tristezza e umiliazione riguardo l'esito di questa conoscenza è probabilmente la punta di un iceberg che si è strutturato, come lei stesso ha detto, fin dalla sua infanzia.
Sembra infatti pervaso da una costante paura di non essere all'altezza degli altri e, aggiungo io, dalla paura di sentirsi rifiutato e "debole".
Ai miei occhi sembra che quanto detto abbia fatto si che lei abbia iper-investito se stesso in questa possibile relazione, e l'esito della stessa l'ha quindi portato ad uno stato di disperazione.
Grazie anche alle sue capacità introspettive ha saggiamente riconosciuto di avere bisogno di uno psicoterapeuta, tuttavia le vorrei attenzionare un virgolettato.
"Purtroppo sono incapace di far prevalere il mio io costruttivo. In sostanza più che “capire i miei problemi” ho bisogno di “mettere in pratica le soluzioni” aumentando l’autostima e rafforzando l’io."
Mi permetta di dirle che, secondo me, lei non dovrebbe ne "capire" i suoi problemi (che mi sembrano già ampiamente capiti) nè mettere in pratica soluzioni. Piuttosto ciò su cui dovrebbe lavorare sono i suoi vissuti, dunque le sue emozioni, passate e presenti.
Ciò che la fa stare male sono le sue emozioni che, a loro volta, determinano certi pensieri.
Le emozioni hanno dei significati che solo in un clima di forte accettazione ed empatia possono venir fuori.
"Il vostro collega ha stimato 8 mesi di terapia con una frequenza settimanale ma mi viene il dubbio se sia un tempo eccessivo o necessiti di uno specialista con un approccio diverso"
Proprio perchè lei è focalizzato sulle soluzione, le sembra un tempo eccessivo, ma come le ho detto il lavoro andrebbe fatto su dinamiche molto più profonde rispetto a ipotetiche soluzioni.
La stima del collega andrebbe presa come ipotesi, nel senso che non è possibile pronosticare con certezza quanto tempo una persona può arrivare ad un cambiamento del proprio modo di funzionare.
il suo vissuto di forte tristezza e umiliazione riguardo l'esito di questa conoscenza è probabilmente la punta di un iceberg che si è strutturato, come lei stesso ha detto, fin dalla sua infanzia.
Sembra infatti pervaso da una costante paura di non essere all'altezza degli altri e, aggiungo io, dalla paura di sentirsi rifiutato e "debole".
Ai miei occhi sembra che quanto detto abbia fatto si che lei abbia iper-investito se stesso in questa possibile relazione, e l'esito della stessa l'ha quindi portato ad uno stato di disperazione.
Grazie anche alle sue capacità introspettive ha saggiamente riconosciuto di avere bisogno di uno psicoterapeuta, tuttavia le vorrei attenzionare un virgolettato.
"Purtroppo sono incapace di far prevalere il mio io costruttivo. In sostanza più che “capire i miei problemi” ho bisogno di “mettere in pratica le soluzioni” aumentando l’autostima e rafforzando l’io."
Mi permetta di dirle che, secondo me, lei non dovrebbe ne "capire" i suoi problemi (che mi sembrano già ampiamente capiti) nè mettere in pratica soluzioni. Piuttosto ciò su cui dovrebbe lavorare sono i suoi vissuti, dunque le sue emozioni, passate e presenti.
Ciò che la fa stare male sono le sue emozioni che, a loro volta, determinano certi pensieri.
Le emozioni hanno dei significati che solo in un clima di forte accettazione ed empatia possono venir fuori.
"Il vostro collega ha stimato 8 mesi di terapia con una frequenza settimanale ma mi viene il dubbio se sia un tempo eccessivo o necessiti di uno specialista con un approccio diverso"
Proprio perchè lei è focalizzato sulle soluzione, le sembra un tempo eccessivo, ma come le ho detto il lavoro andrebbe fatto su dinamiche molto più profonde rispetto a ipotetiche soluzioni.
La stima del collega andrebbe presa come ipotesi, nel senso che non è possibile pronosticare con certezza quanto tempo una persona può arrivare ad un cambiamento del proprio modo di funzionare.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 733 visite dal 23/05/2018.
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