Ossessione, relazione, esperienza lesbica, barriera, zona confort, disturbo ossessivo, pensieri osse
Gentilissimi, sono qui a chiedervi aiuto.
Frequento una ragazza, un rapporto molto stretto ed intenso. Tempo fa mi rivelò con onestà di avere avuto un rapporto lesbo anni prima in piena adolescenza, avendo perso il controllo a causa dell'alcol. Purtroppo la ragazza con cui lei ebbe questa esperienza aveva il ragazzo presente che provò ad aggiungersi,con scarso successo (causa alcol e della mia ragazza che non appena si accorse rintontita della situazione si rivestì e se ne andò - aveva interesse solo per l'altra, non a fare altro).
La prima domanda che vi porrei è la seguente: è normale per una adolescente voler provare e di fatto provare un'esperienza lesbica?
La seconda è: perché nonostante non siano andati oltre, io la colpevolizzo come se sia successo ugualmente?
Da quando ho appreso tutto ciò ho maturato un'ossessione. La mia unica speranza è che non sia grave perché non è costante, a volte riesco anche a sminuirla. Razionalmente riconosco che è passato, che non può influire sul presente, che questa ragazza ha indubbie qualità le quali possono anche essere frutto degli errori passati (sì, lo giudico un errore, ma egoisticamente solo perché mi fa stare male, non capisco neanche perché poi, forse per una presunta "violazione" percepita della mia possessività nei suoi confronti, possessività peraltro sbagliata ed infondata). Odio giudicare, so di non essere nessuno, e se lei è una ragazza seria anche perché con questa esperienza ha capito che l'intimità è un valore che va condiviso con chi si ama (parole sue, confermandomi in un dialogo costruttivo cosa avesse imparato proprio da quell'esperienza).
Pur se razionalmente mi dico questo, la mente viaggia da sola a scene poco piacevoli, troppo più condite di quanto non siano state davvero (gli effetti collaterali di certi siti, suppongo).
Queste immagini mi "sporcano" quella che io ho di lei, cosa peraltro ingiusta dato che io la costruisco sugli atti che lei fa con e verso me solo da quando la conosco, come è giusto che sia.
Una mia grande paura è che io sia destinato "per tutta la vita" a dover avere queste immagini in testa (virgolettato di proposito, è quello che penso durante le mie crisi). Il proposito serio c'è, ma in questi termini mi fa paura. Autoanalizzandomi ho pensato che forse è paura di una cosa bella ma nuova? e il mio cervello la maschera con altro per renderla più efficace allo scopo di difendermi da un potenziale pericolo?
Fa rabbia perché mi rovino per una cosa "virtuale": se non me l'avesse detto o se non fosse mai accaduto, per me sarebbe stato lo stesso. Dunque è nella mia testa il problema.
La terza domanda è se tutto ciò può influire sulla percezione dei sentimenti che si nutrono o anche direttamente su di essi e se l'effetto in caso è transitorio, perché il malessere non è continuo ma va ad "ondate".
Aggiungo, se potesse essere utile questa informazione, che circa un mese fa ho smesso di fumare.
Grazie di cuore per la vostra attenzione
Frequento una ragazza, un rapporto molto stretto ed intenso. Tempo fa mi rivelò con onestà di avere avuto un rapporto lesbo anni prima in piena adolescenza, avendo perso il controllo a causa dell'alcol. Purtroppo la ragazza con cui lei ebbe questa esperienza aveva il ragazzo presente che provò ad aggiungersi,con scarso successo (causa alcol e della mia ragazza che non appena si accorse rintontita della situazione si rivestì e se ne andò - aveva interesse solo per l'altra, non a fare altro).
La prima domanda che vi porrei è la seguente: è normale per una adolescente voler provare e di fatto provare un'esperienza lesbica?
La seconda è: perché nonostante non siano andati oltre, io la colpevolizzo come se sia successo ugualmente?
Da quando ho appreso tutto ciò ho maturato un'ossessione. La mia unica speranza è che non sia grave perché non è costante, a volte riesco anche a sminuirla. Razionalmente riconosco che è passato, che non può influire sul presente, che questa ragazza ha indubbie qualità le quali possono anche essere frutto degli errori passati (sì, lo giudico un errore, ma egoisticamente solo perché mi fa stare male, non capisco neanche perché poi, forse per una presunta "violazione" percepita della mia possessività nei suoi confronti, possessività peraltro sbagliata ed infondata). Odio giudicare, so di non essere nessuno, e se lei è una ragazza seria anche perché con questa esperienza ha capito che l'intimità è un valore che va condiviso con chi si ama (parole sue, confermandomi in un dialogo costruttivo cosa avesse imparato proprio da quell'esperienza).
Pur se razionalmente mi dico questo, la mente viaggia da sola a scene poco piacevoli, troppo più condite di quanto non siano state davvero (gli effetti collaterali di certi siti, suppongo).
Queste immagini mi "sporcano" quella che io ho di lei, cosa peraltro ingiusta dato che io la costruisco sugli atti che lei fa con e verso me solo da quando la conosco, come è giusto che sia.
Una mia grande paura è che io sia destinato "per tutta la vita" a dover avere queste immagini in testa (virgolettato di proposito, è quello che penso durante le mie crisi). Il proposito serio c'è, ma in questi termini mi fa paura. Autoanalizzandomi ho pensato che forse è paura di una cosa bella ma nuova? e il mio cervello la maschera con altro per renderla più efficace allo scopo di difendermi da un potenziale pericolo?
Fa rabbia perché mi rovino per una cosa "virtuale": se non me l'avesse detto o se non fosse mai accaduto, per me sarebbe stato lo stesso. Dunque è nella mia testa il problema.
La terza domanda è se tutto ciò può influire sulla percezione dei sentimenti che si nutrono o anche direttamente su di essi e se l'effetto in caso è transitorio, perché il malessere non è continuo ma va ad "ondate".
Aggiungo, se potesse essere utile questa informazione, che circa un mese fa ho smesso di fumare.
Grazie di cuore per la vostra attenzione
[#1]
Buonasera,
leggendo il suo racconto mi sono posto diverse domande. Provo a fargliene quattro, se non sono indiscreto e ha voglia a soffermarsi a rispondere.
La prima domanda che mi sono posto leggendo il suo racconto è se il malessere che vive è legato solamente all'episodio in cui la ragazza che sta frequentando ha avuto un avvicinamento sessuale con un'altra ragazza prima che vi conosceste, mentre non sente lo stesso malessere per il passato sessuale di lei con altri ragazzi. È corretto?
Una seconda domanda, collegata alla prima, riguarda l'orientamento sessuale della ragazza. Per lei sarebbe un problema se fosse bisessuale e non eterosessuale?
Una terza domanda riguarda il senso di timore che potrebbe avere all'idea che la questa sia incuriosita o attratta da avventure occasionali, come se questo potesse sviluppare in lei un turbamento o senso di diffidenza?
Infine, quando parla della paura di un'esperienza bella ma nuova, mi sembra fare una riflessione importante. Il senso di pericolo di cui parla sarebbe legato al suo mondo interiore, ad esempio al timore di affidarsi, di stringere un legame intimo, di perdere la sua libertà?
Relativamente all'ultima domanda che pone, mi sento di dirle che questi sentimenti che prova possono entrare nella relazione sì, che si può caratterizzare quindi anche per la loro presenza.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
leggendo il suo racconto mi sono posto diverse domande. Provo a fargliene quattro, se non sono indiscreto e ha voglia a soffermarsi a rispondere.
La prima domanda che mi sono posto leggendo il suo racconto è se il malessere che vive è legato solamente all'episodio in cui la ragazza che sta frequentando ha avuto un avvicinamento sessuale con un'altra ragazza prima che vi conosceste, mentre non sente lo stesso malessere per il passato sessuale di lei con altri ragazzi. È corretto?
Una seconda domanda, collegata alla prima, riguarda l'orientamento sessuale della ragazza. Per lei sarebbe un problema se fosse bisessuale e non eterosessuale?
Una terza domanda riguarda il senso di timore che potrebbe avere all'idea che la questa sia incuriosita o attratta da avventure occasionali, come se questo potesse sviluppare in lei un turbamento o senso di diffidenza?
Infine, quando parla della paura di un'esperienza bella ma nuova, mi sembra fare una riflessione importante. Il senso di pericolo di cui parla sarebbe legato al suo mondo interiore, ad esempio al timore di affidarsi, di stringere un legame intimo, di perdere la sua libertà?
Relativamente all'ultima domanda che pone, mi sento di dirle che questi sentimenti che prova possono entrare nella relazione sì, che si può caratterizzare quindi anche per la loro presenza.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Utente
Buonasera a lei ed innanzi tutto grazie per la sua
cortese attenzione.
Le rispondo punto per punto:
1) Sono sempre stato molto geloso, ma non da stare male in questo modo. Il passato sessuale della mia ragazza non mi impensierisce finché riguarda situazioni che definirei "standard", ossia uno ad uno, possibilmente etero. Forse è un tipo di esperienza che io nella mia mentalità (forse limitata) giudico oltre i miei limiti morali, e scatta il giudizio, cosa di cui non ho diritto. Sarà anche un senso di invidia per quel ragazzo, anche se non vorrei mai fare io una cosa del genere con la mia ragazza, non la vorrei mai vedere in una situazione simile, anche se con me, distruggerebbe la stima che io ho di lei.
2) Non saprei onestamente rispondere, dato che non so a livello comportamentale cosa significhi essere bisessuale all'interno di una coppia stabile. Sicuramente sarebbe un elemento di disturbo per me, un "pensiero" da tener serbato, non necessariamente minaccioso. Ma forse proietto il concetto di bisessualità su me stesso, e da qui il rifiuto totale, mentre credo di aver capito che per le donne la sperimentazione con lo stesso sesso ha più leggerezza.
3) Aver scoperto questa cosa mi ha fatto vedere lei con occhi diversi, come se avesse perso l'aura di innocenza di cui l'avevo cosparsa giudicando il suo comportamento. E' stato come vivere una cesura: come era possibile che la ragazza che avevo conosciuto era stata capace di una cosa simile? So di enfatizzare ed esagerare, ma purtroppo la mia mente mi presenta tutto come se fosse un delitto. Cerco di minimizzare, ma i tentativi non sono convincenti.
4) Io credo sia più una paura generale di cambiamento. Non ho mai avuto fortuna nelle relazioni, sono sempre stato molto geloso dei miei spazi e timoroso di "invasioni", questa relazione era iniziata in maniera perfetta, per mia iniziativa (contrariamente alla mia passività abituale), finché questo evento mi ha gettato queste ombre.
Ciononostante io sarei comunque pronto a portare avanti, perché in momenti di razionalità estrema mi dico che mandare tutto all'aria per immagini ossessive di un passato lontano non mio sarebbe davvero paradossale.
Onestamente ho timore di avere qualche intimo desiderio di soffrire, o fobia di essere felice. Potrebbe essere? E secondo lei è possibile in qualche modo, senza magari ricorrere alla terapia, convivere con questi pensieri (o meglio immagini che faccio) esautorandoli del tutto?
Son sempre stato convinto che il dolore sia necessario ma è la sofferenza ad essere opzionale...il problema sta nel trovare il metodo...
Sto inoltre notando che quando penso a lei, automaticamente immagino frasi denigratorie, totalmente avulse da realtà e contesto, come se io forzosamente volessi farmi del male e screditarla. A forza di cercare di non soffrirci, rischio di eliminare i miei sentimenti. Infatti capita di avere perfino il dubbio di provare qualcosa, altre volte sono totalmente certo di dover troncare tutto per smettere di pensarci, pur sapendo che perderla mi farebbe stare peggio, perché avrei perso una inutile guerra contro mulini a vento messi lì da me stesso.
Dilemma totale, per ora mi sembra che l'unica cosa sia mantenere la calma e non dar peso ai pensieri, anche se ci sono, come se dovessi assecondare un malato di mente...
Grazie di nuovo
cortese attenzione.
Le rispondo punto per punto:
1) Sono sempre stato molto geloso, ma non da stare male in questo modo. Il passato sessuale della mia ragazza non mi impensierisce finché riguarda situazioni che definirei "standard", ossia uno ad uno, possibilmente etero. Forse è un tipo di esperienza che io nella mia mentalità (forse limitata) giudico oltre i miei limiti morali, e scatta il giudizio, cosa di cui non ho diritto. Sarà anche un senso di invidia per quel ragazzo, anche se non vorrei mai fare io una cosa del genere con la mia ragazza, non la vorrei mai vedere in una situazione simile, anche se con me, distruggerebbe la stima che io ho di lei.
2) Non saprei onestamente rispondere, dato che non so a livello comportamentale cosa significhi essere bisessuale all'interno di una coppia stabile. Sicuramente sarebbe un elemento di disturbo per me, un "pensiero" da tener serbato, non necessariamente minaccioso. Ma forse proietto il concetto di bisessualità su me stesso, e da qui il rifiuto totale, mentre credo di aver capito che per le donne la sperimentazione con lo stesso sesso ha più leggerezza.
3) Aver scoperto questa cosa mi ha fatto vedere lei con occhi diversi, come se avesse perso l'aura di innocenza di cui l'avevo cosparsa giudicando il suo comportamento. E' stato come vivere una cesura: come era possibile che la ragazza che avevo conosciuto era stata capace di una cosa simile? So di enfatizzare ed esagerare, ma purtroppo la mia mente mi presenta tutto come se fosse un delitto. Cerco di minimizzare, ma i tentativi non sono convincenti.
4) Io credo sia più una paura generale di cambiamento. Non ho mai avuto fortuna nelle relazioni, sono sempre stato molto geloso dei miei spazi e timoroso di "invasioni", questa relazione era iniziata in maniera perfetta, per mia iniziativa (contrariamente alla mia passività abituale), finché questo evento mi ha gettato queste ombre.
Ciononostante io sarei comunque pronto a portare avanti, perché in momenti di razionalità estrema mi dico che mandare tutto all'aria per immagini ossessive di un passato lontano non mio sarebbe davvero paradossale.
Onestamente ho timore di avere qualche intimo desiderio di soffrire, o fobia di essere felice. Potrebbe essere? E secondo lei è possibile in qualche modo, senza magari ricorrere alla terapia, convivere con questi pensieri (o meglio immagini che faccio) esautorandoli del tutto?
Son sempre stato convinto che il dolore sia necessario ma è la sofferenza ad essere opzionale...il problema sta nel trovare il metodo...
Sto inoltre notando che quando penso a lei, automaticamente immagino frasi denigratorie, totalmente avulse da realtà e contesto, come se io forzosamente volessi farmi del male e screditarla. A forza di cercare di non soffrirci, rischio di eliminare i miei sentimenti. Infatti capita di avere perfino il dubbio di provare qualcosa, altre volte sono totalmente certo di dover troncare tutto per smettere di pensarci, pur sapendo che perderla mi farebbe stare peggio, perché avrei perso una inutile guerra contro mulini a vento messi lì da me stesso.
Dilemma totale, per ora mi sembra che l'unica cosa sia mantenere la calma e non dar peso ai pensieri, anche se ci sono, come se dovessi assecondare un malato di mente...
Grazie di nuovo
[#3]
Mi sembra di poter dire che sono presenti diversi aspetti preziosi, che emergono dalle sue parole che meritano la massima attenzione.
Prima di lasciarle alcune suggestioni, mi sento innanzitutto di dirle di non essere troppo severo con se stesso. È importante avere uno spirito osservativo ed autocritico, e nel consulto lei lo mostra. Non arrivi però ad autopunirsi.
Quando parla dell'innocenza perduta della ragazza che sta frequentando, bisogna dire che in parte questo è vero. La cesura che sente può essere comprensibile e può generare una forte tensione.
Non è così infrequente provare disagio per non essere stati i primi, per non essere gli unici. L'importante è che questo non diventi un cruccio, perché ognuno di noi ha il suo passato.
La cosa da fare è disporsi a conoscere il più intimamente possibile questa ragazza per capire quali sono i suoi desideri, se può fidarsi, se intendete la vita di coppia allo stesso modo.
Relativamente alla paura generale del cambiamento, trovo particolarmente suggestiva la sua riflessione e importante il fatto di mettersi in gioco. È possibile che lei enfatizzi l'episodio in questione, che magari per lei comunque rappresenta un'ombra, per avere una distanza di sicurezza. Su questo aspetto, che riguarderebbe il suo mondo interiore, sarebbe necessario un approfondimento dal vivo. In questa sede non so dirle se ha una "fobia di essere felice", deve considerare anche altri elementi, ad esempio la paura dell'intimità e della dipendenza, il timore del tradimento e della perdita, il senso di vincolo del legame.
Se veniamo al discorso omosessualità, ci sono due cose principali che provo a dirle. La prima è che mi sembra che da una parte lei abbia un giudizio negativo in proposito, dall'altra sente il suo giudizio eccessivo. La parte di sé che giudica l'omosessualità negativamente cerca di confinarla in esperienze adolescenziali transitorie, immagino allo scopo di liberarsene. Oppure anche cerca di fare una distinzione tra omosessualità femminile e maschile, volendo forse convincersi del fatto che l'omosessualità femminile sia più "leggera", così mostrando però quanto sia grave per lei quella maschile?
Mi sento di dire che una parte di sé sa che non è questa la strada. Bisogna infatti capire come mai vive questi sentimenti, senza aggirare l'ostacolo.
So di non doverle ricordare che omosessualità e bisessualità sono due orientamenti sessuali normali dell'essere umano. Sono differenti dall'eterosessualità, ma anch'essi sono "standard".
La seconda cosa relativa all'omosessualità che volevo dirle riguarda il turbamento che può vivere e l'invidia di cui accenna per quel ragazzo, al di là del fatto che fosse fidanzato. Diciamo che se fosse single, forse anche lei vorrebbe meno limiti morali per sé?
Il suo tentativo di affrancarsi dal suo malessere è giusto. Provi da solo se è quello che sente di fare, magari valutando di volta in volta come si sente. Non sottovaluti però la forza delle sue emozioni. L'emozione non sente ragione, come lei descrive con molta chiarezza. Quindi l'importante è che non si sforzi semplicemente di razionalizzare i suoi vissuti, magari minimizzandoli o evitandoli, perché il rischio è che poi l'emozione resti viva in modo sotterraneo e in qualche modo interferisca o addirittura esploda.
Diciamo che per poter esautorare e togliere potere a certi pensieri ed emozioni, è fondamentale a mio avviso comprenderli, guardando dentro di sé e dando loro il giusto senso.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Prima di lasciarle alcune suggestioni, mi sento innanzitutto di dirle di non essere troppo severo con se stesso. È importante avere uno spirito osservativo ed autocritico, e nel consulto lei lo mostra. Non arrivi però ad autopunirsi.
Quando parla dell'innocenza perduta della ragazza che sta frequentando, bisogna dire che in parte questo è vero. La cesura che sente può essere comprensibile e può generare una forte tensione.
Non è così infrequente provare disagio per non essere stati i primi, per non essere gli unici. L'importante è che questo non diventi un cruccio, perché ognuno di noi ha il suo passato.
La cosa da fare è disporsi a conoscere il più intimamente possibile questa ragazza per capire quali sono i suoi desideri, se può fidarsi, se intendete la vita di coppia allo stesso modo.
Relativamente alla paura generale del cambiamento, trovo particolarmente suggestiva la sua riflessione e importante il fatto di mettersi in gioco. È possibile che lei enfatizzi l'episodio in questione, che magari per lei comunque rappresenta un'ombra, per avere una distanza di sicurezza. Su questo aspetto, che riguarderebbe il suo mondo interiore, sarebbe necessario un approfondimento dal vivo. In questa sede non so dirle se ha una "fobia di essere felice", deve considerare anche altri elementi, ad esempio la paura dell'intimità e della dipendenza, il timore del tradimento e della perdita, il senso di vincolo del legame.
Se veniamo al discorso omosessualità, ci sono due cose principali che provo a dirle. La prima è che mi sembra che da una parte lei abbia un giudizio negativo in proposito, dall'altra sente il suo giudizio eccessivo. La parte di sé che giudica l'omosessualità negativamente cerca di confinarla in esperienze adolescenziali transitorie, immagino allo scopo di liberarsene. Oppure anche cerca di fare una distinzione tra omosessualità femminile e maschile, volendo forse convincersi del fatto che l'omosessualità femminile sia più "leggera", così mostrando però quanto sia grave per lei quella maschile?
Mi sento di dire che una parte di sé sa che non è questa la strada. Bisogna infatti capire come mai vive questi sentimenti, senza aggirare l'ostacolo.
So di non doverle ricordare che omosessualità e bisessualità sono due orientamenti sessuali normali dell'essere umano. Sono differenti dall'eterosessualità, ma anch'essi sono "standard".
La seconda cosa relativa all'omosessualità che volevo dirle riguarda il turbamento che può vivere e l'invidia di cui accenna per quel ragazzo, al di là del fatto che fosse fidanzato. Diciamo che se fosse single, forse anche lei vorrebbe meno limiti morali per sé?
Il suo tentativo di affrancarsi dal suo malessere è giusto. Provi da solo se è quello che sente di fare, magari valutando di volta in volta come si sente. Non sottovaluti però la forza delle sue emozioni. L'emozione non sente ragione, come lei descrive con molta chiarezza. Quindi l'importante è che non si sforzi semplicemente di razionalizzare i suoi vissuti, magari minimizzandoli o evitandoli, perché il rischio è che poi l'emozione resti viva in modo sotterraneo e in qualche modo interferisca o addirittura esploda.
Diciamo che per poter esautorare e togliere potere a certi pensieri ed emozioni, è fondamentale a mio avviso comprenderli, guardando dentro di sé e dando loro il giusto senso.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
Utente
Dottore, la ringrazio tantissimo per continuare ad interessarsi al mio caso.
Vorrei chiederle un chiarimento. Cosa intende con l'autopunirsi? Cioè, in che modo io sono troppo severo con me stesso?
L'innocenza perduta razionalmente direi che è un bene, perché ho accanto a me una donna consapevole delle sue scelte in base a cause-effetti.
Vale il discorso tipico dell'irrealtà di voler trovare una vergine, né io vorrei perché lo considererei un valore non necessario alla felicità e stabilità di una coppia.
Senza contare che anche io ho le mie esperienze, le quali con occhio altrui potrebbero risultare altrettanto indigeste.
Al contempo, laddove potrei vedere il bicchiere mezzo pieno, il mio automatico sarcasmo mi fa notare che se lei avesse avuto tale consapevolezza di sé senza aver avuto questa esperienza sarebbe stato meglio. Dunque, svuoto il bicchiere. E' come se volessi trovare di proposito qualcosa per starci male ed enfatizzare il male sul bene.
Conosco intimamente questa ragazza, c'è totale sintonia su tutto ciò che ha indicato. Sulla fiducia ho avuto ombre, gettate da questa rivelazione. Mi chiedevo come posso fidarmi di una persona che è riuscita ad arrivare a tanto (di nuovo, esagero forse la portata dell'accaduto).
Ma almeno questo sta passando, perché ho razionalizzato, anche grazie alle parole di lei, che è anche in virtù di questa esperienza che lei ha voluto avere per pura curiosità, consentita solo dalla disinibizione alcolica (altrimenti non sarebbe mai successo) e sfuggita al suo controllo (non aveva altre intenzioni al di fuori di provare con una ragazza) che ora da' un certo valore all'intimità. A tal proposito infatti io fui colpito proprio dal fatto che lei volle aspettare per "conoscerci", per essere sicura di quel che lei provava per me e viceversa, atteggiamento che io valorizzo tantissimo in una donna. Fu una dimostrazione di serietà su cui basai la mia fiducia, ed obbiettivamente non riuscivo a sposarla con una esperienza di lei pregressa così fuori dalle righe. Ma ripeto, anche dalle parole di lei, proprio grazie anche a questa esperienza di cui lei non andava fiera ora lei ha maturato certi valori. Mi chiedo perché non mi concentro e rallegro sulla presenza effettiva di questi ultimi, piuttosto che torturarmi con la loro eziologia.
Pensando alla distanza di sicurezza che ha menzionato, potrebbe essere che l'imminenza di una convivenza mi faccia percepire l'urgenza del cambiamento, ed io reagisca in questo modo per paura. Non capisco davvero, perché sono sicuro che andrebbe tutto benissimo, dunque non capisco di cosa dovrei aver paura così tanto da dovermi distaccare da lei usando queste immagini. Non ha senso, almeno io non lo trovo...secondo lei?
Sull'omosessualità purtroppo temo di essermi scoperto omofobico, in qualche lieve misura, e sinceramente mi dispiace, perché non mi sono mai ritenuto così ristretto di idee, né avrei mai pensato che il sesso potesse condizionare la mia visione dell'essere umano. E' anche vero che non si finisce mai di scoprirsi, e che molto spesso alcune cose le valutiamo molto superficialmente solo perché non ci coinvolgono direttamente, convinti di avere opinioni genuine che poi si rivelano solo bozze frettolose.
Cerco di confinare questa esperienza omosessuale in contesto transitorio perché per prima la mia ragazza mi ha confermato che era stato un errore dovuto alla disinibizione, in un periodo difficile della sua vita, in cui ha voluto trasgredire per sentirsi viva, provando qualcosa di nuovo, un atto puramente "esplorativo" a cui non ha dato alcuna importanza. Io personalmente non potrei mai fare lo stesso con un uomo, non tanto per gravità ma proprio per differenze meccaniche e dinamiche, che implicano un diverso uso del corpo e che mi fanno vedere l'omosessualità tra donne (specie in forma accidentale ed accennata come questa) meno "invasiva". Ho poi letto che la sessualità delle donne è più fluida. In questo senso dicevo che forse la sua è stata un'esperienza meno grave, ossia con minori implicazioni sulla identità sessuale. Credo che la mia paura sia semplicemente quella di sporcare la mia immagine idealizzata di lei, la quale ho costruito su fatti concreti tra l'altro, dunque distruggerei la realtà per un'illusione, inaudito.
Per quanto riguarda l'invidia per quel ragazzo, diciamo che è più un fastidio che la mia donna sia stata coinvolta in una simile situazione. Un passato di cui non andare orgogliosi. Ma di nuovo, cosa c'entro io? E' il suo passato. La vivo come se mi avesse tradito, cosa per me inspiegabile, perché ovviamente non mi ha tradito, e tutti hanno il diritto di sbagliare, anche io ho sbagliato, dunque perché mi trovo a giudicare? Come se l'avere accanto a me una donna con questa esperienza possa costituire uno smacco alla mia credibilità ed immagine. Dunque forse il mio problema è legato alla mia paura di essere giudicato dagli altri? Cosa strana perché mi son sempre ritenuto indipendente dal pensiero altrui, ma di nuovo, non si finisce mai di scoprirsi. Pensare razionalmente che sia assurdo non mi aiuta a sconfiggere questo disagio latente.
In tutta onestà non ho mai avuto fantasie sessuali di questo tipo, o meglio, non hanno mai avuto la minima importanza. Non nego che un rapporto a tre potrebbe essere un'esperienza interessante, ma nella mia scala di priorità non occupa alcun gradino, prediligendo un partner stabile con cui costruire una relazione. Senza contare che io mi comporto e vedo tutto come se lei l'avesse avuto, quando in realtà non c'è praticamente stato. E' più forse il fastidio per la situazione che si è creata piuttosto che per ciò che si è effettivamente o no consumato. Ho pensato che potessi soffrire di nostalgia per i miei anni giovanili, tra l'altro sessualmente molto moderati. Credo di essere certo che non sia un senso di invidia e desiderio di emulazione. Se anche emulassi poi, non risolverei il problema perché se da una parte mi sentirei alla pari, il mio disagio continuerebbe ad essere generato dal fatto che è successo a lei.
Cerco di razionalizzare il più possibile, come vede l'introspezione mi sta facendo snocciolare molti dettagli di me che poco fa neanche io conoscevo. Ma non so neanche quanto sia normale vivere in questo modo una relazione che se non fosse per questa mia debolezza potrebbe essere davvero appagante.
Compio questa introspezione praticamente ogni giorno ormai da mesi, la cosa strana è che prima che io conoscessi tutti i dettagli (chiesti in un tentativo disperato di conoscere tutta la scena per poterla affrontare adeguatamente) stavo meglio, adesso invece che conosco i dettagli e hanno edulcorato enormemente il film che mi ero fatto in testa paradossalmente sto peggio, ed a volte ho la sensazione di non amare più lei. Mi chiedo anche se la amo davvero, se basta un niente come questo a mettermi in crisi così.
Ho notato anche una cosa molto strana: di sera prima di dormire mi sento ottimista e possibilista, appena mi sveglio cado subito nel tormento, che poi si allevia pian piano durante la giornata. In ogni caso non sono tranquillo, avverto spesso voglia di piangere (e quando succede, c'è sollievo), difficoltà a concentrarmi sul lavoro (ma non sugli hobby), dormo di meno del solito (ma almeno per ora non ho stanchezza) e una sensazione di tensione al petto, come se fossi sempre teso.
Secondo la sua esperienza, è possibile che questa situazione possa svanire da sola con il tempo? O è destinata per forza di cose ad incancrenirsi?
Di nuovo, grazie
Vorrei chiederle un chiarimento. Cosa intende con l'autopunirsi? Cioè, in che modo io sono troppo severo con me stesso?
L'innocenza perduta razionalmente direi che è un bene, perché ho accanto a me una donna consapevole delle sue scelte in base a cause-effetti.
Vale il discorso tipico dell'irrealtà di voler trovare una vergine, né io vorrei perché lo considererei un valore non necessario alla felicità e stabilità di una coppia.
Senza contare che anche io ho le mie esperienze, le quali con occhio altrui potrebbero risultare altrettanto indigeste.
Al contempo, laddove potrei vedere il bicchiere mezzo pieno, il mio automatico sarcasmo mi fa notare che se lei avesse avuto tale consapevolezza di sé senza aver avuto questa esperienza sarebbe stato meglio. Dunque, svuoto il bicchiere. E' come se volessi trovare di proposito qualcosa per starci male ed enfatizzare il male sul bene.
Conosco intimamente questa ragazza, c'è totale sintonia su tutto ciò che ha indicato. Sulla fiducia ho avuto ombre, gettate da questa rivelazione. Mi chiedevo come posso fidarmi di una persona che è riuscita ad arrivare a tanto (di nuovo, esagero forse la portata dell'accaduto).
Ma almeno questo sta passando, perché ho razionalizzato, anche grazie alle parole di lei, che è anche in virtù di questa esperienza che lei ha voluto avere per pura curiosità, consentita solo dalla disinibizione alcolica (altrimenti non sarebbe mai successo) e sfuggita al suo controllo (non aveva altre intenzioni al di fuori di provare con una ragazza) che ora da' un certo valore all'intimità. A tal proposito infatti io fui colpito proprio dal fatto che lei volle aspettare per "conoscerci", per essere sicura di quel che lei provava per me e viceversa, atteggiamento che io valorizzo tantissimo in una donna. Fu una dimostrazione di serietà su cui basai la mia fiducia, ed obbiettivamente non riuscivo a sposarla con una esperienza di lei pregressa così fuori dalle righe. Ma ripeto, anche dalle parole di lei, proprio grazie anche a questa esperienza di cui lei non andava fiera ora lei ha maturato certi valori. Mi chiedo perché non mi concentro e rallegro sulla presenza effettiva di questi ultimi, piuttosto che torturarmi con la loro eziologia.
Pensando alla distanza di sicurezza che ha menzionato, potrebbe essere che l'imminenza di una convivenza mi faccia percepire l'urgenza del cambiamento, ed io reagisca in questo modo per paura. Non capisco davvero, perché sono sicuro che andrebbe tutto benissimo, dunque non capisco di cosa dovrei aver paura così tanto da dovermi distaccare da lei usando queste immagini. Non ha senso, almeno io non lo trovo...secondo lei?
Sull'omosessualità purtroppo temo di essermi scoperto omofobico, in qualche lieve misura, e sinceramente mi dispiace, perché non mi sono mai ritenuto così ristretto di idee, né avrei mai pensato che il sesso potesse condizionare la mia visione dell'essere umano. E' anche vero che non si finisce mai di scoprirsi, e che molto spesso alcune cose le valutiamo molto superficialmente solo perché non ci coinvolgono direttamente, convinti di avere opinioni genuine che poi si rivelano solo bozze frettolose.
Cerco di confinare questa esperienza omosessuale in contesto transitorio perché per prima la mia ragazza mi ha confermato che era stato un errore dovuto alla disinibizione, in un periodo difficile della sua vita, in cui ha voluto trasgredire per sentirsi viva, provando qualcosa di nuovo, un atto puramente "esplorativo" a cui non ha dato alcuna importanza. Io personalmente non potrei mai fare lo stesso con un uomo, non tanto per gravità ma proprio per differenze meccaniche e dinamiche, che implicano un diverso uso del corpo e che mi fanno vedere l'omosessualità tra donne (specie in forma accidentale ed accennata come questa) meno "invasiva". Ho poi letto che la sessualità delle donne è più fluida. In questo senso dicevo che forse la sua è stata un'esperienza meno grave, ossia con minori implicazioni sulla identità sessuale. Credo che la mia paura sia semplicemente quella di sporcare la mia immagine idealizzata di lei, la quale ho costruito su fatti concreti tra l'altro, dunque distruggerei la realtà per un'illusione, inaudito.
Per quanto riguarda l'invidia per quel ragazzo, diciamo che è più un fastidio che la mia donna sia stata coinvolta in una simile situazione. Un passato di cui non andare orgogliosi. Ma di nuovo, cosa c'entro io? E' il suo passato. La vivo come se mi avesse tradito, cosa per me inspiegabile, perché ovviamente non mi ha tradito, e tutti hanno il diritto di sbagliare, anche io ho sbagliato, dunque perché mi trovo a giudicare? Come se l'avere accanto a me una donna con questa esperienza possa costituire uno smacco alla mia credibilità ed immagine. Dunque forse il mio problema è legato alla mia paura di essere giudicato dagli altri? Cosa strana perché mi son sempre ritenuto indipendente dal pensiero altrui, ma di nuovo, non si finisce mai di scoprirsi. Pensare razionalmente che sia assurdo non mi aiuta a sconfiggere questo disagio latente.
In tutta onestà non ho mai avuto fantasie sessuali di questo tipo, o meglio, non hanno mai avuto la minima importanza. Non nego che un rapporto a tre potrebbe essere un'esperienza interessante, ma nella mia scala di priorità non occupa alcun gradino, prediligendo un partner stabile con cui costruire una relazione. Senza contare che io mi comporto e vedo tutto come se lei l'avesse avuto, quando in realtà non c'è praticamente stato. E' più forse il fastidio per la situazione che si è creata piuttosto che per ciò che si è effettivamente o no consumato. Ho pensato che potessi soffrire di nostalgia per i miei anni giovanili, tra l'altro sessualmente molto moderati. Credo di essere certo che non sia un senso di invidia e desiderio di emulazione. Se anche emulassi poi, non risolverei il problema perché se da una parte mi sentirei alla pari, il mio disagio continuerebbe ad essere generato dal fatto che è successo a lei.
Cerco di razionalizzare il più possibile, come vede l'introspezione mi sta facendo snocciolare molti dettagli di me che poco fa neanche io conoscevo. Ma non so neanche quanto sia normale vivere in questo modo una relazione che se non fosse per questa mia debolezza potrebbe essere davvero appagante.
Compio questa introspezione praticamente ogni giorno ormai da mesi, la cosa strana è che prima che io conoscessi tutti i dettagli (chiesti in un tentativo disperato di conoscere tutta la scena per poterla affrontare adeguatamente) stavo meglio, adesso invece che conosco i dettagli e hanno edulcorato enormemente il film che mi ero fatto in testa paradossalmente sto peggio, ed a volte ho la sensazione di non amare più lei. Mi chiedo anche se la amo davvero, se basta un niente come questo a mettermi in crisi così.
Ho notato anche una cosa molto strana: di sera prima di dormire mi sento ottimista e possibilista, appena mi sveglio cado subito nel tormento, che poi si allevia pian piano durante la giornata. In ogni caso non sono tranquillo, avverto spesso voglia di piangere (e quando succede, c'è sollievo), difficoltà a concentrarmi sul lavoro (ma non sugli hobby), dormo di meno del solito (ma almeno per ora non ho stanchezza) e una sensazione di tensione al petto, come se fossi sempre teso.
Secondo la sua esperienza, è possibile che questa situazione possa svanire da sola con il tempo? O è destinata per forza di cose ad incancrenirsi?
Di nuovo, grazie
[#5]
Buon pomeriggio,
quando le ho detto di non autopunirsi è perché mi è parso di rintracciare in alcuni punti del suo racconto un giudizio su se stesso. Quando ha parlato di omosessualità ad esempio, ha espresso un giudizio negativo e poi ha voluto comunicare di non averne diritto, affermando di "non essere nessuno".
Più che giudicare noi stessi penso sia importante ascoltarsi e dare senso a quello che viviamo. Cosa che lei comunque riesce a fare.
C'è una complessità di elementi nel suo racconto e purtroppo online non riusciamo a considerare nel modo dovuto tutti gli aspetti che stanno emergendo attraverso il nostro dialogo.
Lei parla di una sua omofobia e questa potrebbe essere una via importante su cui soffermarsi. Parla di una "proiezione della bisessualità su di sé" che scatena un "rifiuto totale".
Questo può avere a che fare con il suo mondo interno e anche con il modo in cui, di conseguenza, interpreta e dà peso al comportamento degli altri, e in questo caso della ragazza che sta frequentando.
Quello che dice della vergine è vero, è un sogno. Si fanno però i conti con la vita e, come lei dice, ci sono anche degli aspetti positivi rintracciabili in chi ha già avuto esperienze.
Rispetto alla distanza di sicurezza, non mi sento in questa sede di aggiungere altro alle suggestioni di cui abbiamo già detto. Abbiamo parlato della paura del cambiamento, del timore di non essere più libero, così come della paura di essere tradito, rifiutato, abbandonato. Anche questi aspetti necessitano di una consultazione dal vivo perché si possano col tempo chiarire.
Il giudizio altrui è un elemento che sta emergendo, e devo dire che lei ha una capacità introspettiva ricca. Potrebbe esserci anche questo aspetto collegato all'idea di una conformità verso cui bisogna dimostrare di essere adeguati. Essere conformi conferma un'immagine di noi stessi socialmente accettabile ed è rassicurante. Ma essere conformi può non corrispondere alla nostra autenticità e così c'è il rischio di annientare la propria voce, sostituendola con quella degli altri.
In questo senso potremmo riflettere se l'invidia per quel ragazzo, al netto del suo fidanzamento, nasca dal fatto che lei non si sente libero, come forse lo è stato lui. Lui ha fatto un'esperienza, in effetti, che lei definisce interessante. Che forse almeno in parte anche lei avrebbe voluto avere l'occasione di fare (senza sentire il peso del giudizio?), quando era single.
Quando dice: "Ora lei ha maturato certi valori. Mi chiedo perché non mi concentro e rallegro sulla presenza effettiva di questi ultimi", la risposta è in tutti questi vissuti di cui stiamo parlando. E chissà quanto altro emergerebbe proseguendo un dialogo come abbiamo iniziato a fare.
Prima di salutarla, ci tengo a sottolineare una distinzione cruciale tra introspezione e razionalizzazione. L'introspezione è la possibilità di guardarsi dentro, di osservare nel giusto modo le proprie esperienze e di riconoscere le proprie emozioni. L'introspezione implica una domanda e un'apertura. È questo che lei fa quando si chiede se è omofobo, quando si interroga sul senso e sul ruolo della bisessualità nella sua vita ad esempio.
La razionalizzazione invece, dal mio punto di vista, è un modo per tenere distanti le emozioni che ci disturbano, è un modo per tenere sotto controllo ed evitare un malessere che non riusciamo a gestire diversamente. È un modo per minimizzare ciò che ci spaventa, in quanto lo sentiamo troppo grande. Attraverso la razionalizzazione rischiamo di illuderci che stiamo gestendo vissuti scomodi o paure, mentre questi restano grandi, e forse possono diventare ancora più grandi. Lei dice di utilizzare la razionalizzazione quando racconta di non volerci pensare o di convincersi che va tutto bene, ma poi questa modalità sembra non reggere e non ripagarla. Sembra lo dica in diversi momenti, ad esempio qui: "Pur se razionalmente mi dico questo, la mente viaggia da sola a scene poco piacevoli" o qui: "Pensare razionalmente che sia assurdo non mi aiuta a sconfiggere questo disagio latente".
Nella mia esperienza questa situazione non svanisce da sola con il tempo. Può attutirsi, ma poi anche tornare. Lei comunque sta cercando di mettersi in gioco e capire come procedere, per imparare a gestire questa situazione senza esserne sopraffatto. Si sta prendendo cura di se stesso e sta valutando se in futuro fare una consultazione. Quindi non sta lasciando andare le cose né è fermo nella sua posizione.
È necessario tempo per capire se la situazione si mitigherà o se invece maturerà in lei il desiderio di confrontarsi come abbiamo iniziato a fare noi qui, pur nei limiti di un consulto online.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
quando le ho detto di non autopunirsi è perché mi è parso di rintracciare in alcuni punti del suo racconto un giudizio su se stesso. Quando ha parlato di omosessualità ad esempio, ha espresso un giudizio negativo e poi ha voluto comunicare di non averne diritto, affermando di "non essere nessuno".
Più che giudicare noi stessi penso sia importante ascoltarsi e dare senso a quello che viviamo. Cosa che lei comunque riesce a fare.
C'è una complessità di elementi nel suo racconto e purtroppo online non riusciamo a considerare nel modo dovuto tutti gli aspetti che stanno emergendo attraverso il nostro dialogo.
Lei parla di una sua omofobia e questa potrebbe essere una via importante su cui soffermarsi. Parla di una "proiezione della bisessualità su di sé" che scatena un "rifiuto totale".
Questo può avere a che fare con il suo mondo interno e anche con il modo in cui, di conseguenza, interpreta e dà peso al comportamento degli altri, e in questo caso della ragazza che sta frequentando.
Quello che dice della vergine è vero, è un sogno. Si fanno però i conti con la vita e, come lei dice, ci sono anche degli aspetti positivi rintracciabili in chi ha già avuto esperienze.
Rispetto alla distanza di sicurezza, non mi sento in questa sede di aggiungere altro alle suggestioni di cui abbiamo già detto. Abbiamo parlato della paura del cambiamento, del timore di non essere più libero, così come della paura di essere tradito, rifiutato, abbandonato. Anche questi aspetti necessitano di una consultazione dal vivo perché si possano col tempo chiarire.
Il giudizio altrui è un elemento che sta emergendo, e devo dire che lei ha una capacità introspettiva ricca. Potrebbe esserci anche questo aspetto collegato all'idea di una conformità verso cui bisogna dimostrare di essere adeguati. Essere conformi conferma un'immagine di noi stessi socialmente accettabile ed è rassicurante. Ma essere conformi può non corrispondere alla nostra autenticità e così c'è il rischio di annientare la propria voce, sostituendola con quella degli altri.
In questo senso potremmo riflettere se l'invidia per quel ragazzo, al netto del suo fidanzamento, nasca dal fatto che lei non si sente libero, come forse lo è stato lui. Lui ha fatto un'esperienza, in effetti, che lei definisce interessante. Che forse almeno in parte anche lei avrebbe voluto avere l'occasione di fare (senza sentire il peso del giudizio?), quando era single.
Quando dice: "Ora lei ha maturato certi valori. Mi chiedo perché non mi concentro e rallegro sulla presenza effettiva di questi ultimi", la risposta è in tutti questi vissuti di cui stiamo parlando. E chissà quanto altro emergerebbe proseguendo un dialogo come abbiamo iniziato a fare.
Prima di salutarla, ci tengo a sottolineare una distinzione cruciale tra introspezione e razionalizzazione. L'introspezione è la possibilità di guardarsi dentro, di osservare nel giusto modo le proprie esperienze e di riconoscere le proprie emozioni. L'introspezione implica una domanda e un'apertura. È questo che lei fa quando si chiede se è omofobo, quando si interroga sul senso e sul ruolo della bisessualità nella sua vita ad esempio.
La razionalizzazione invece, dal mio punto di vista, è un modo per tenere distanti le emozioni che ci disturbano, è un modo per tenere sotto controllo ed evitare un malessere che non riusciamo a gestire diversamente. È un modo per minimizzare ciò che ci spaventa, in quanto lo sentiamo troppo grande. Attraverso la razionalizzazione rischiamo di illuderci che stiamo gestendo vissuti scomodi o paure, mentre questi restano grandi, e forse possono diventare ancora più grandi. Lei dice di utilizzare la razionalizzazione quando racconta di non volerci pensare o di convincersi che va tutto bene, ma poi questa modalità sembra non reggere e non ripagarla. Sembra lo dica in diversi momenti, ad esempio qui: "Pur se razionalmente mi dico questo, la mente viaggia da sola a scene poco piacevoli" o qui: "Pensare razionalmente che sia assurdo non mi aiuta a sconfiggere questo disagio latente".
Nella mia esperienza questa situazione non svanisce da sola con il tempo. Può attutirsi, ma poi anche tornare. Lei comunque sta cercando di mettersi in gioco e capire come procedere, per imparare a gestire questa situazione senza esserne sopraffatto. Si sta prendendo cura di se stesso e sta valutando se in futuro fare una consultazione. Quindi non sta lasciando andare le cose né è fermo nella sua posizione.
È necessario tempo per capire se la situazione si mitigherà o se invece maturerà in lei il desiderio di confrontarsi come abbiamo iniziato a fare noi qui, pur nei limiti di un consulto online.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#6]
Utente
Dottore, ho capito perfettamente cosa intende dire.
La ringrazio per la sua considerazione fatta sulla mia capacità introspettiva. Purtroppo a volte può essere un'arma a doppio taglio, senza opportuna guida. Personalmente è la prima volta che mi è successa una cosa simile, ed il panico che ne è scaturito mi ha ristretto enormemente la visuale.
Ma a mente più lucida ieri e con la calma più totale possibile nonostante la confusione, ho provato ad analizzarmi ulteriormente.
Ne sono scaturiti spunti di riflessione interessanti. La distinzione che ha fatto tra introspezione e razionalizzazione è stata fondamentale in questo caso, per nulla banale da realizzare. Ho capito che se conoscere se stessi è difficile (ma a volte, come in questi casi, è necessario), il modo di conoscersi ed indagarsi deve essere adeguato.
Parlavo di bozze frettolose del conoscersi proprio in questo senso, probabilmente su alcuni punti non mi sono mai analizzato, ho fatto solo razionalizzazione, che è andata bene finché la realtà mi ha posto di fronte a situazioni che hanno messo in dubbio alcuni miei corollari. Il punirmi forse scaturiva dalla mia incapacità di inquadrarmi in schemi prestabiliti nei quali chissà perché ritenevo di rientrare. Come fa un cerchio a non notare subito di essere piuttosto un'ellisse?
Analizzarsi già sapendo a quali risultati si desidererebbe arrivare non è a conti fatti un'analisi ma un forzarsi per entrare in detti schemi (di qualsiasi natura essi siano) che però evidentemente già non funzionano. Forse è in questo senso che occorre uscire dalla zona di comfort, forse è questa proprio la zona di comfort? Ovviamente se gli schemi in cui si cerca di entrare non sono quelli giusti, i tentativi falliscono e si genera panico, perché si realizza che non esiste una soluzione al problema. Ed in effetti non c'è, perché nel mio caso cerco di applicare una spiegazione definita e desiderabile e collaudata ad un problema mal posto. Il contrasto genera confusione, paura, dubbio, paranoia ecc, più si tenta di far "cerchiare" l'ellisse più il tutto ne risente e si incancrenisce.
(parlo all'impersonale per semplicità mia di esposizione, in realtà sto provando ad ipotizzare e comunicare cosa penso mi sia successo dentro).
Ho riflettuto sulla sua domanda di mio desiderio di emulazione di quel ragazzo ed in tutta onestà posso dire che se dovesse capitare ovviamente non rifiuterei. Ma considero anche che lui non era libero, la sua ragazza era coinvolta con la mia, dunque lui aveva una vita di coppia con conseguenti legami. Inoltre non riuscì neanche a partecipare a causa dell'alcol e del rifiuto della mia ragazza, dunque non posso neanche considerare che si consumò un rapporto a tre. Tale tipologia di rapporto posso dire quasi con certezza di non essere un mio pensiero fisso. A conferma di ciò mi viene da pensare che la crisi vera e propria mi venne non subito dopo aver saputo del rapporto a tre, quanto piuttosto dall'aver saputo, a seguito di mia richiesta di dettagli dopo mesi di tentativi inutili di razionalizzare, che il movente principale era l'aver voluto sperimentare con una donna. A nulla sono valse poi le descrizioni su quanto goffo, breve, ridicolo, deludente e senza senso sia stato il tutto (tutti giudizi fatti dalla mia ragazza).
In un primo momento in cui pensavo fosse un mio frustrato desiderio di emulazione, purtroppo colpevolizzandola (grazie a Dio è stata comprensiva) le feci intendere con una certa urgenza e pressione che una soluzione poteva essere il ripetere il tutto con me. Ora non penso assolutamente possa essere una soluzione, al massimo un'esperienza casuale che può succedere solo in quanto tale e non come rimedio. Il mio male risiede altrove. Il tutto è nato da un mio senso di dignità e reputazione offeso. A cui si è aggiunto un mio giudicare lei per un atto che mi repelleva.
Sto cercando di capire il perché della repulsione, e credo sinceramente che sia collegato con il senso di dignità offesa che ho avuto all'inizio. Sessualità e dignita/reputazione, forse è questa la chiave. Non nego che sono stato male fin da subito (come credo possa essere normale), era un senso di delusione abbastanza forte (ho sempre avuto una buona dose di gelosia retroattiva nelle mie relazioni, ma mai sfociate nell'ossessione).
Ma invece di svanire come dovrebbe essere nel liquidare qualcosa che non ci riguarda, si è aggravato con i dettagli sulla premeditazione dell'atto omosessuale. L'ho presa come se fosse stato fatto un torto direttamente a me. Forse la mia stessa sessualità è più articolata di quanto abitudine e (pre)giudizi mi hanno fatto finora credere che fosse, e l'esposizione a questo evento ha minato alcuni miei pilastri.
Continuerò ad indagare. Per adesso devo dire che da quando non ho più escluso a priori tale eventualità, il tutto mi sembra molto più leggero, e non avverto neanche sensi di rifiuto. Ma è solo il primo giorno e non voglio cantare vittoria troppo presto.
Per adesso la ringrazio di cuore, per ulteriori sviluppi eventualmente mi avvarrò del suo consulto dal vivo, in quanto mi rendo conto che l'on-line ha dei grandi limiti, pur avendo già così sviluppato in me nuovi percorsi di ricerca.
Buona giornata
La ringrazio per la sua considerazione fatta sulla mia capacità introspettiva. Purtroppo a volte può essere un'arma a doppio taglio, senza opportuna guida. Personalmente è la prima volta che mi è successa una cosa simile, ed il panico che ne è scaturito mi ha ristretto enormemente la visuale.
Ma a mente più lucida ieri e con la calma più totale possibile nonostante la confusione, ho provato ad analizzarmi ulteriormente.
Ne sono scaturiti spunti di riflessione interessanti. La distinzione che ha fatto tra introspezione e razionalizzazione è stata fondamentale in questo caso, per nulla banale da realizzare. Ho capito che se conoscere se stessi è difficile (ma a volte, come in questi casi, è necessario), il modo di conoscersi ed indagarsi deve essere adeguato.
Parlavo di bozze frettolose del conoscersi proprio in questo senso, probabilmente su alcuni punti non mi sono mai analizzato, ho fatto solo razionalizzazione, che è andata bene finché la realtà mi ha posto di fronte a situazioni che hanno messo in dubbio alcuni miei corollari. Il punirmi forse scaturiva dalla mia incapacità di inquadrarmi in schemi prestabiliti nei quali chissà perché ritenevo di rientrare. Come fa un cerchio a non notare subito di essere piuttosto un'ellisse?
Analizzarsi già sapendo a quali risultati si desidererebbe arrivare non è a conti fatti un'analisi ma un forzarsi per entrare in detti schemi (di qualsiasi natura essi siano) che però evidentemente già non funzionano. Forse è in questo senso che occorre uscire dalla zona di comfort, forse è questa proprio la zona di comfort? Ovviamente se gli schemi in cui si cerca di entrare non sono quelli giusti, i tentativi falliscono e si genera panico, perché si realizza che non esiste una soluzione al problema. Ed in effetti non c'è, perché nel mio caso cerco di applicare una spiegazione definita e desiderabile e collaudata ad un problema mal posto. Il contrasto genera confusione, paura, dubbio, paranoia ecc, più si tenta di far "cerchiare" l'ellisse più il tutto ne risente e si incancrenisce.
(parlo all'impersonale per semplicità mia di esposizione, in realtà sto provando ad ipotizzare e comunicare cosa penso mi sia successo dentro).
Ho riflettuto sulla sua domanda di mio desiderio di emulazione di quel ragazzo ed in tutta onestà posso dire che se dovesse capitare ovviamente non rifiuterei. Ma considero anche che lui non era libero, la sua ragazza era coinvolta con la mia, dunque lui aveva una vita di coppia con conseguenti legami. Inoltre non riuscì neanche a partecipare a causa dell'alcol e del rifiuto della mia ragazza, dunque non posso neanche considerare che si consumò un rapporto a tre. Tale tipologia di rapporto posso dire quasi con certezza di non essere un mio pensiero fisso. A conferma di ciò mi viene da pensare che la crisi vera e propria mi venne non subito dopo aver saputo del rapporto a tre, quanto piuttosto dall'aver saputo, a seguito di mia richiesta di dettagli dopo mesi di tentativi inutili di razionalizzare, che il movente principale era l'aver voluto sperimentare con una donna. A nulla sono valse poi le descrizioni su quanto goffo, breve, ridicolo, deludente e senza senso sia stato il tutto (tutti giudizi fatti dalla mia ragazza).
In un primo momento in cui pensavo fosse un mio frustrato desiderio di emulazione, purtroppo colpevolizzandola (grazie a Dio è stata comprensiva) le feci intendere con una certa urgenza e pressione che una soluzione poteva essere il ripetere il tutto con me. Ora non penso assolutamente possa essere una soluzione, al massimo un'esperienza casuale che può succedere solo in quanto tale e non come rimedio. Il mio male risiede altrove. Il tutto è nato da un mio senso di dignità e reputazione offeso. A cui si è aggiunto un mio giudicare lei per un atto che mi repelleva.
Sto cercando di capire il perché della repulsione, e credo sinceramente che sia collegato con il senso di dignità offesa che ho avuto all'inizio. Sessualità e dignita/reputazione, forse è questa la chiave. Non nego che sono stato male fin da subito (come credo possa essere normale), era un senso di delusione abbastanza forte (ho sempre avuto una buona dose di gelosia retroattiva nelle mie relazioni, ma mai sfociate nell'ossessione).
Ma invece di svanire come dovrebbe essere nel liquidare qualcosa che non ci riguarda, si è aggravato con i dettagli sulla premeditazione dell'atto omosessuale. L'ho presa come se fosse stato fatto un torto direttamente a me. Forse la mia stessa sessualità è più articolata di quanto abitudine e (pre)giudizi mi hanno fatto finora credere che fosse, e l'esposizione a questo evento ha minato alcuni miei pilastri.
Continuerò ad indagare. Per adesso devo dire che da quando non ho più escluso a priori tale eventualità, il tutto mi sembra molto più leggero, e non avverto neanche sensi di rifiuto. Ma è solo il primo giorno e non voglio cantare vittoria troppo presto.
Per adesso la ringrazio di cuore, per ulteriori sviluppi eventualmente mi avvarrò del suo consulto dal vivo, in quanto mi rendo conto che l'on-line ha dei grandi limiti, pur avendo già così sviluppato in me nuovi percorsi di ricerca.
Buona giornata
[#7]
Sta facendo una ricerca molto ambiziosa, di cui mostra il procedere. Sono necessarie forza e pazienza, è importante non scoraggiarsi. L'introspezione è trasformativa e quindi può essere destabilizzante e fare paura. Provoca una crepa nella zona di comfort e getta nell'ignoto. Le dico così, seguendo le sue riflessioni, che lei stesso emblematicamente scrive: "Analizzarsi già sapendo a quali risultati si desidererebbe arrivare non è a conti fatti un'analisi ma un forzarsi per entrare in detti schemi (di qualsiasi natura essi siano) che però evidentemente già non funzionano. Forse è in questo senso che occorre uscire dalla zona di comfort, forse è questa proprio la zona di comfort?". È proprio così, e aggiungerei che gli schemi possono essere suoi o di altri.
È come quando bisogna ristrutturare la propria casa. Bisogna svuotarla, perché è piena di certi "schemi". E bisogna darsi il tempo di capire come riorganizzarla, secondo le proprie possibilità e il proprio gusto. Un gusto che magari neanche noi ancora conosciamo.
Ci sono dei vuoti da creare, in cui non è comodo stare, ma sono passaggi inevitabili da fare per poter ricostituire una nuova casa, che magari possiamo sentire più nostra.
Comprendo che senza una guida possa sentirsi solo, mentre un confronto potrebbe aiutarla nel suo procedere, di volta in volta. Se sentisse la necessità di condividere il suo cammino, mi faccia senz'altro sapere.
Intanto la ringrazio anche io per questo nostro dialogo, di cui ho sentito il valore.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
È come quando bisogna ristrutturare la propria casa. Bisogna svuotarla, perché è piena di certi "schemi". E bisogna darsi il tempo di capire come riorganizzarla, secondo le proprie possibilità e il proprio gusto. Un gusto che magari neanche noi ancora conosciamo.
Ci sono dei vuoti da creare, in cui non è comodo stare, ma sono passaggi inevitabili da fare per poter ricostituire una nuova casa, che magari possiamo sentire più nostra.
Comprendo che senza una guida possa sentirsi solo, mentre un confronto potrebbe aiutarla nel suo procedere, di volta in volta. Se sentisse la necessità di condividere il suo cammino, mi faccia senz'altro sapere.
Intanto la ringrazio anche io per questo nostro dialogo, di cui ho sentito il valore.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 5.1k visite dal 22/05/2018.
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