Ansia, somatizzazioni e ipocondria

Buongiorno, vi chiedo cosa ne pensate della mia situazione. Nel 2011 è nato il mio primo figlio e a pochi mesi dalla sua nascita ho iniziato ad avere disturbi gastrici (nausea, conati di vomito e inappetenza) associati a forti preoccupazioni per la mia salute. Avendo poi avuto anche alcuni episodi di ansia/panico che mi hanno condotto al ps, dopo aver fatto innumerevoli visite, su consiglio del mio medico ho iniziato una psicoterapia (sistemico relazionale) che dopo circa 1 anno ha dato ottimi frutti e infatti venne interrotta. Non ho più avuto somatizzazioni corporee, nè ansia. Sono stata proprio bene per oltre 3 anni. A fine 2015 è nato il mio secondo figlio e anche questa volta, a pochi mesi dalla sua nascita, ho avuto disturbi gastrici, a cui si sono associati stati di ansia/agitazione intensa (soprattutto al mattino), preoccupazioni per la mia salute, sensazioni di sbandamento, oppressione toracica, tensione ai muscoli cervicali, altre volte stanchezza. Questi sintomi non si sono mai presentati tutti insieme, ma cessato uno, ne emergeva un altro. Il medico ha voluto escludere varie patologie (altre volte, invece, mi sono recata io di mia iniziativa da un medico a pagamento per avere un consulto). Non è mai emerso niente di patologico. In ogni caso, due anni fa, ho ricominciato la psicoterapia e il terapeuta mi consigliò una visita neurologica per provare ad associare un farmaco alla terapia. Mi vennero prescritti paroxetina e alprazolam al bisogno (da interrompere quando la paroxetina avrebbe fatto effetto). Purtroppo la paroxetina non sono riuscita a tollerarla e mi sono limitata ad assumere al bisogno 4/5 gocce al giorno di alprazolam, anche perchè la psicoterapia stava dando i suoi frutti e i momenti di ansia si erano ridotti. Nell'ultimo anno ho avuto vari cambiamenti professionali e problematiche (ho lasciato il vecchio lavoro, ho aperto una mia attività, l'azienda di mio marito ora è in crisi e deve cercare un nuovo lavoro) alle quali ho reagito a volte con difficoltà e preoccupazioni. Molte somatizzazioni sono scomparse da tempo (oppressione al petto e problemi gastrici), mentre da qualche giorno ho di nuovo la testa pesante, tensione cervicale/muscolare ed è tornata una lieve agitazione al mattino. Rimane costante una preoccupazione per la mia salute (sento dei sintomi fisici e temo chissà cosa), così come sono preoccupata per questa mia ansia. Ho paura dell'ansia, del malumore che talora avverto causato proprio da questa situazione. Sono 2 anni che tra alti e bassi sto così e penso di non essere stata "curata" bene. Quindi mi sono decisa e ho preso appuntamento da uno psichiatra per inquadrare meglio il mio disturbo (il neurologo e il terapeuta mi hanno sempre parlato di ansia generalizzata con ipocondria) ed eventualmente per iniziare una terapia cognitivo comportamentale (mi è stato detto che è molto efficace). Cosa ne pensate? Si può guarire da ansia e ipocondria (ammesso che sia questa la diagnosi psicologica corretta)?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le Sig.ra,
considerando che ha già affrontato due percorsi di psicoterapia sarebbe forse consigliabile riprendere le sedute con lo psicoterapeuta che l'ha seguita in precedenza anche se sembrerebbe che in situazioni stressogene lei faccia fatica ad attingere alle proprie risorse.
Sarebbe opportuno approfondire questi aspetti e quindi il suo attuale vissuto uscendo dall'ottica che circoscrive il suo disagio ad una patologia da curare.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Utente
Utente
Gent.ma Dott.ssa, la ringrazio per la sua risposta. Secondo lei la valutazione psichiatrica potrebbe non essere così importante? Io ormai ho preso l’appuntamento, pensavo fosse utile avere una diagnosi (che magari sarà la stessa fatta dal suo collega terapeuta) per procedere con un percorso opportuno.
Effettivamente non riesco a uscire dall’iper attenzione sul mio corpo, a temerne i sintomi e così so che incremento anche l’ansia. È un circuito sul quale non sono riuscita a trovare ancora una soluzione.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Io credo che lo psicoterapeuta che l'ha seguita in passato dovrebbe avere il quadro della situazione ed eventualmente potrà indicarle se è opportuno fare anche una visita psichiatrica.
Tuttavia non si tratta di trovare una soluzione ma di avviare un processo di cambiamento e in questo senso i farmaci non possono sostituirsi a lei, pur rappresentando una "stampella" in una fase acuta, ma si tratta di valutazioni che lascerei agli specialisti che la incontreranno di persona.
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Utente
Utente
Grazie per la cortesia e le indicazioni. La mia difficoltà più grande in questo periodo è “accettare” i disturbi somatici, attendere che passino grazie alla psicoterapia e soprattutto non allarmarmi quando si manifestano. Mi capita infatti di temere che possano essere dovuti a qualche patologia non individuata e non a somatizzazioni. Lo so che questo fa parte dell’ipocondria e che soltanto con i farmaci non troverei una soluzione, perché dovrei fare un percorso dentro di me. Ma il fatto di averlo fatto già due volte senza un successo totale, mi demoralizza un po’. Ma ovviamente non demordo e so che affidandomi a professionisti riuscirò a stare meglio. Per me e per la mia famiglia! Grazie
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Infatti condivido le sue osservazioni e mi sembra che abbia scelto l'approccio più adeguato, purtroppo a volte succede di non trovare lo specialista giusto al primo tentativo ma questo può avvenire anche con i medici dunque non bisogna desistere.
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Utente
Utente
Mi permetto di aggiornarla in seguito al consulto psichiatrico di stamattina (presso professionista privato, non del CSM). La diagnosi di ansia generalizzata con somatizzazioni e ipocondria è stata confermata. Mi è stato detto che nel mio caso non è una situazione grave, ma in generale è complessa da risolvere, perchè occorre trovare il farmaco giusto, al giusto dosaggio, e perchè l'ansia (ancor di più l'ipocondria) ha delle fasi nel corso della vita, quindi ci sono ricadute e periodi di benessere. Mi è stata proposta una terapia farmacologica di questo tipo: citalopram in gocce, iniziando con 1 goccia per una settimana, aumentando di 1 goccia a settimana per arrivare a una dose di 5 gocce (questo per minimizzare eventuali effetti collaterali). In associazione, alprazolam 3 gocce al mattino e al bisogno 3/5 gocce, che andremo a scalare non appena il citalopram darà i suoi benefici. Poi tra 3 settimane ci rivediamo per valutare l'andamento. La terapia farmacologica sarà lunga (oltre 1 anno).
Per quanto riguarda la psicoterapia, pensa che non sia opportuno iniziare ora una psicoterapia cognitivo comportamentale, ma di attendere eventualmente qualche mese per poi riparlarne. Posso invece proseguire con il mio terapeuta sistemico relazionale (anche se non è l'approccio terapeutico che lo psichiatra predilige).
Mi ha spiegato che dovrei paragonare la mia ansia a una patologia organica, come la pressione alta o il diabete. Che occorre curarla, senza pensare di guarire. Ci possono essere periodi di remissione, altri di ricaduta. Io faccio veramente fatica ad accettare questa visione: ero portata a credere che prima o poi avrei risolto questa situazione in modo definitivo o quasi.
Lei cosa ne pensa?
Sono anche piuttosto spaventata dal nuovo farmaco che mi è stato consigliato e dall'idea di prenderlo per lungo tempo. Ma so anche che occorre tentare e che magari non avrò disturbi pesanti come con gli altri farmaci.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le Utente,
ci sono psichiatri che hanno una visione focalizzata sulla terapia farmacologica a differenza di molti altri loro colleghi che oramai da anni consigliano di integrarla con la psicoterapia.
Ci sono studi che hanno dimostrato che una psicoterapia efficace produce modificazioni nelle connessioni neuronali che sono irreversibili e a confronto quelle prodotte dal farmaco si sono rivelate reversibili.
Naturalmente non bisogna generalizzare ma su questo portale ci scrivono quotidianamente persone che hanno ricadute dopo la conclusione della terapia farmacologica, ribadisco che non si deve generalizzare.
Pertanto il mio consiglio è di iniziare la terapia farmacologica monitorandola periodicamente con le visite di controllo e proseguire con la psicoterapia.
Infine se le capita può spiegare al suo psichiatra che decenni di ricerca scientifica sui fattori di efficacia hanno dimostrato che il fattore che fa la differenza è aspecifico e attiene alla relazione terapeutica quindi non ha senso dire che un orientamento è migliore di un altro, si rischia solo di rivelare la propria ignoranza.
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Utente
Utente
La ringrazio per il prezioso supporto. Io sono fortemente intenzionata a proseguire la psicoterapia perché, nonostante la ricaduta, mi ha aiutato tanto e donato tante risorse. Sono pienamente convinta del fatto che un farmaco può aiutare nella fase acuta per rialzarsi più rapidamente, ma occorre fare un percorso dentro di se per trovare le giuste risorse e consapevolezze. Oggi vedrò il mio terapeuta e parlerò con lui di quanto mi è stato riferito dallo psichiatra. Grazie mille!
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Sono pienanamente d'accordo con Lei.
In bocca al lupo per il suo percorso.
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Utente
Utente
Buongiorno dottoressa,
Mi permetto di segnalarle quanto mi è stato riferito ieri dal mio psicoterapeuta dopo il nostro incontro. Lui ravvisa una forma di depressione reattiva, come conseguenza di un mio scoraggiamento difronte alla ricomparsa dello stato ansioso, ma anche come “risposta” ad alcune difficoltà relazionali in famiglia: l’azienda di mio marito è in crisi (e consideri che ha cambiato lavoro due anni fa perché anche l’altra azienda era in crisi); mio marito che deve cercare un altro lavoro ma si sente in difficoltà; problemi legali; carico delle responsabilità famigliari perché mio marito è spesso assente per lavoro, ho due figli e poco aiuto; mia difficoltà a esternare rabbia e delusioni; la mia nuova attività imprenditoriale con tutte le responsabilità del caso...
Ovviamente intensificheremo gli incontri.
Mi ha suggerito di non iniziare nell’immediato la terapia farmacologica suggerita dallo psichiatra.
Io sono un po’ confusa.
Lei cosa ne pensa?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Penso che se si è sentita compresa e si fida della psicoterapeuta sarebbe opportuno avviare il percorso dandosi comunque periodicamente la possibilità di fare il punto della situazione rispetto all'obiettivo terapeutico inizialmente identificato.
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Utente
Utente
Con “avviare il percorso” intende quello con il mio terapeuta o quello farmacologico?
Io mi fido molto del mio terapeuta e intendo avviare il percorso con lui.
Mi sento soltanton un po’ combattuta circa la sua decisione di procrastinare l’assunzione dei farmaci.
Così come questa diagnosi di “depressione reattiva” mi spaventa molto. Perché la parola depressione mi spaventa.
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