Faccio una terapia da uno psicoterapeuta
Buonasera, vi scrivo per chiedervi un parere circa un certo modo di percepire le cose che seppure reputo molto “vero”, inerente cioè alla realtà più autentica, mi fa stare male, sganciata da tutto e tutti.
Lavoro ma sono anche un’artista e mi piace la solitudine seppure in certi momenti viva negativamente anche quella.
In sintesi mi capita spesso di avere una sensazione di assurdità che si insinua in quello che sto facendo/pensando e in quello che sta facendo chi mi circonda e infine in tutte le azioni delle persone che sono collegate con un certo contesto o uno schema.
Vedo il mondo funzionare come serie di contesti ognuno con propri codici e mi è estremamente palese il meccanismo intrinseco di questi contesti, in alcuni momenti, tanto da innescare il senso di falsità, assurdità.
Mi sento di non appartenere quindi a nessun contesto e perdo il legame con le persone che ne fanno parte come se fossi “chiusa fuori” da quello che in quei momenti percepisco come un loro mondo.
Sento anche molto una improvvisa perdita di senso rispetto a tutto ciò che fa parte di contesti e purtroppo i contesti sono numerosissimi.
Il lavoro (faccio l' educatrice) è diventato un contesto, per esempio. La psicoanalisi mi sembra un contesto. La politica è un altro tipo di contesto, la gente parla secondo contesti; mi sembra che ci siano circoli viziosi, a volte ho l’impressione di vedere più profondamente la realtà della maggior parte della gente e dover quindi mio malgrado osservare, cogliere questo funzionamento “a schema” che caratterizza la struttura sociale.
La presenza di questi contesti mi suscita un senso di relativismo totale in cui sono assenti punti fermi e certezze rispetto a qualsiasi cosa. Perfino il pensare è legato al contesto e quasi mi sembra assurdo il pensiero stesso. A volte sembra di guardare/ascoltare le cose come fosse la prima volta e accorgermi così della falsità, illusorietà su cui si fondono.
Rifiuto allora categoricamente di considerare “vero” i saperi, i discorsi, le azioni che si legano a dei contesti arrivando alla conclusione di essere condannata a vivere osservando questi migliaia di schemi senza poter essere a questi collegata, o poterne appartenere. Ho l'impulso a isolarmi.
Considero vera invece la vita spogliata da questi schemi che però diventa un paesaggio alquanto desolante, popolato dalle cose (materia) che sono le uniche realtà ferme e verso le quali ho una predilezione (anche in senso artistico).
Faccio una terapia da uno psicoterapeuta (anche se non vado da settimane) a cui ho espresso molte volte queste sensazioni. Lui ritiene che sia uno sguardo da artista a farmi vivere così il mondo e mi incita a esprimermi creativamente. In effetti considero l’arte libera da questo meccanismo e traggo conforto e piacere dall’atto creativo.
Oggi sono due mesi che non produco nulla, un momento di aridità.
Certo è che mi sembra quasi invivibile la vita quando emergono queste sensazioni, a meno di non stare al mondo come le pietre.
Grazie
Lavoro ma sono anche un’artista e mi piace la solitudine seppure in certi momenti viva negativamente anche quella.
In sintesi mi capita spesso di avere una sensazione di assurdità che si insinua in quello che sto facendo/pensando e in quello che sta facendo chi mi circonda e infine in tutte le azioni delle persone che sono collegate con un certo contesto o uno schema.
Vedo il mondo funzionare come serie di contesti ognuno con propri codici e mi è estremamente palese il meccanismo intrinseco di questi contesti, in alcuni momenti, tanto da innescare il senso di falsità, assurdità.
Mi sento di non appartenere quindi a nessun contesto e perdo il legame con le persone che ne fanno parte come se fossi “chiusa fuori” da quello che in quei momenti percepisco come un loro mondo.
Sento anche molto una improvvisa perdita di senso rispetto a tutto ciò che fa parte di contesti e purtroppo i contesti sono numerosissimi.
Il lavoro (faccio l' educatrice) è diventato un contesto, per esempio. La psicoanalisi mi sembra un contesto. La politica è un altro tipo di contesto, la gente parla secondo contesti; mi sembra che ci siano circoli viziosi, a volte ho l’impressione di vedere più profondamente la realtà della maggior parte della gente e dover quindi mio malgrado osservare, cogliere questo funzionamento “a schema” che caratterizza la struttura sociale.
La presenza di questi contesti mi suscita un senso di relativismo totale in cui sono assenti punti fermi e certezze rispetto a qualsiasi cosa. Perfino il pensare è legato al contesto e quasi mi sembra assurdo il pensiero stesso. A volte sembra di guardare/ascoltare le cose come fosse la prima volta e accorgermi così della falsità, illusorietà su cui si fondono.
Rifiuto allora categoricamente di considerare “vero” i saperi, i discorsi, le azioni che si legano a dei contesti arrivando alla conclusione di essere condannata a vivere osservando questi migliaia di schemi senza poter essere a questi collegata, o poterne appartenere. Ho l'impulso a isolarmi.
Considero vera invece la vita spogliata da questi schemi che però diventa un paesaggio alquanto desolante, popolato dalle cose (materia) che sono le uniche realtà ferme e verso le quali ho una predilezione (anche in senso artistico).
Faccio una terapia da uno psicoterapeuta (anche se non vado da settimane) a cui ho espresso molte volte queste sensazioni. Lui ritiene che sia uno sguardo da artista a farmi vivere così il mondo e mi incita a esprimermi creativamente. In effetti considero l’arte libera da questo meccanismo e traggo conforto e piacere dall’atto creativo.
Oggi sono due mesi che non produco nulla, un momento di aridità.
Certo è che mi sembra quasi invivibile la vita quando emergono queste sensazioni, a meno di non stare al mondo come le pietre.
Grazie
[#1]
Gentile ragazza,
sembra di capire che lei segua un percorso psicoanalitico.
Certamente c'è del vero in ciò che dice, ma la maggior parte delle persone, come lei avverte, non sembra vivere queste sue sensazioni di assurdità in relazione ai contesti in cui è inserita. E' probabile perciò che ci sia anche una problematica individuale che mi sembra un po' troppo superficiale liquidare come "uno sguardo di artista".
Le consiglierei di concordare col terapeuta obiettivi certi e chiari, di modo che sia anche più facile valutare l'efficacia del percorso terapeutico. Se eliminare o ridurre questa sensazione di "assurdità" rappresenta per lei un obiettivo della terapia, lo espliciti chiaramente, sollecitando una altrettanto chiara risposta in merito da parte del terapeuta.
cordiali saluti
sembra di capire che lei segua un percorso psicoanalitico.
Certamente c'è del vero in ciò che dice, ma la maggior parte delle persone, come lei avverte, non sembra vivere queste sue sensazioni di assurdità in relazione ai contesti in cui è inserita. E' probabile perciò che ci sia anche una problematica individuale che mi sembra un po' troppo superficiale liquidare come "uno sguardo di artista".
Le consiglierei di concordare col terapeuta obiettivi certi e chiari, di modo che sia anche più facile valutare l'efficacia del percorso terapeutico. Se eliminare o ridurre questa sensazione di "assurdità" rappresenta per lei un obiettivo della terapia, lo espliciti chiaramente, sollecitando una altrettanto chiara risposta in merito da parte del terapeuta.
cordiali saluti
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#2]
Ex utente
Grazie dr.ssa Sciubbba,
vorrei patire meno queste sensazioni ma altrettanto mi preme di vedere la realtà nel modo più autentico. E' un po' un grattacapo. Credo che il mio psicoterapeuta mi stia aiutando a trovare un contatto tra la realtà degli schemi umani e "il mondo delle cose" e abbiamo parlato del fatto che la produzione artistica possa essere un ponte essendo che "parla del mondo delle cose" utilizzando in parte gli schemi umani. Al di fuori della produzione artistica però, in cui lui vede questo collegamento, io non riesco a trovare mediazione.
Per me l'una è falsa e mi suscita assurdità, l'altra vera ma pago il prezzo di essere "chiusa fuori".
Non so...
vorrei patire meno queste sensazioni ma altrettanto mi preme di vedere la realtà nel modo più autentico. E' un po' un grattacapo. Credo che il mio psicoterapeuta mi stia aiutando a trovare un contatto tra la realtà degli schemi umani e "il mondo delle cose" e abbiamo parlato del fatto che la produzione artistica possa essere un ponte essendo che "parla del mondo delle cose" utilizzando in parte gli schemi umani. Al di fuori della produzione artistica però, in cui lui vede questo collegamento, io non riesco a trovare mediazione.
Per me l'una è falsa e mi suscita assurdità, l'altra vera ma pago il prezzo di essere "chiusa fuori".
Non so...
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 781 visite dal 09/05/2018.
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