Labilità emotiva, ansia, anedonia, mancanza di gioia e prospettive

Egregi Dottori,

Da 20 mesi vivo una situazione che ritenevo dover essere transitoria. Mi sto separando e sto vivendo tutti i lati più nauseanti che un essere umano maschio possa sperimentare. Vivo da mia madre,10/13 del mio stipendio vanno via fra assegni per i bambini e mutuo di una casa in cui non vivo. I bambini li vedo meno di quanto vorrei e, per due mesi, per colpa di mia moglie li ho visti solo 3 ore alla settimana. Mia moglie mi ha accusato di molestare sessualmente i bambini, ma la sua accusa è stata (giustamente) ritenuta inattendibile dal giudice. Ciò nonostante, col passare del tempo, questa accusa, non creduta anche dagli amici, mi sta emotivamente seppellendo vivo. All'inizio mi pareva talmente assurdo da vivere la cosa come se non mi riguardasse, ma ora mi pesa sullo stomaco come un macigno. Nonostante io sia un uomo che attrae spesso il sesso opposto, sono ancora solo e non riesco ad aprirmi con maschi o con donne con le quali non ci sia un'affinità elettiva. Gli amici, nel momento del bisogno, si sono dileguati e in tanti momenti, i miei sentimenti salgono come se li dovessi rigurgitare, ma non so con chi parlare. La vita non mi è cara. Penso spesso al suicidio perché, come nella poesia di Yeats, il domani mi sembra uno spreco di fiato. Resisto solo per o bambini (che mi adorabo) e con l'aiuto di farmaci (depakin chrono 300 e Laroxyl 30mg, oltre a un sempre maggiore uso di lorazepam per il creacente stato d'ansia e zolpidem per obbligare il mio cervello di spegnersi e dormire).
Anche quando mi sento meglio percepisco una sensazione di labilità costante, come se stessi camminando su del ghiaccio sottile. Le cattiverie della mia ex non si lasciano attendere e io faccio finta di essere forte, ma ogni volta che osservo un'altezza, mi chiedo se sarebbe abbastanza alta per uccidermi. Non ho proprio più voglia, anche se ho passato momenti peggiori. Mi sto logorando. I nervi si assottigliano e i farmaci fanno sempre meno effetto.
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Dr.ssa Magda Muscarà Fregonese Psicoterapeuta, Psicologo 3.8k 149
Gentile utente, comprendo il suo dolore e la sua rabbia per una accusa ingiusta, Le consiglio con tutto il cuore di rivolgersi al Consultorio per chiedere un percorso con un Collega de visu, Lei ha bisogno di parlare, di parlarne, per sentirsi accolto e compreso, reggere da solo , pur con le medicine una tale angoscia è oggettivamente molto pesante.. i Consultori sono stati creati proprio per risolvere i problemi legati alla famiglia e la separazione con la dura consapevolezza del fallimento del progetto in cui si è creduto tanto, è un evento molto doloroso..Si dia aiuto, la prego, ci scriva se crede.. restiamo in ascolto con molti auguri..

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Utente
Utente
La ringrazio molto per l'attenzione. Sono già in cura da un bravo psicologo e un bravo psichiatra. Nel tempo la differenza la fanno la labilità e quel senso sempre più angosciante di instabilità si ogni sorta. Non ho una casa, una macchina affidabile, la maggior parte del mio stipendio evapora nonappena entra. L'atteggiamento di questa psicologa mi ha dapprima lasciato indifferente, come se fosse qualcosa di talmente lontano da non riguardarmi. Ma ora penso a cosa ho rischiato per colpa di una "professionista" che, non solo non mi ha mai parlato, ma non ha mai nemmeno visto i miei figli!
Un ulteriore peso che stento a reggere, tanto più che mi riesco ad aprire solo con donne sentimentalmente coinvolte che, però, ora non mi posso permettere.

E mi ritrovo a sentire di nuovo quel peso che sale, e penso "sono già passato da qua...", ma la cosa, anziché incoraggiarmi, mi avvilisce, perché non voglio più percorrere cicatrici ancora aperte e infette... Non ce la faccio...
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Utente
Utente
Quanto può resistere una mente umana in questa condizione, con continue pressioni, tribunali, mancanza di affetto e di affetti, mancanza di interlocutori, mancanza di prospettive, mancanza di soldi, mancanza di una vita dignitosa, mancanza di una compagna che non posso avere anche se le pretendenti non sono mancate... Quanto può resistere una mente umana pensando "io non ce la faccio... non ho voglia di farcela"? Quanto ci vuole prima che collassi in sé stessa definitivamente? Qual è il punto di non ritorno? Perché è tutto così fragile? E' possibile rimanere in questo stato per sempre? Davvero ne vale la pena? Scomporsi e ricomporsi, spremersi, arrabattarsi quotidianamente per non ottenere nulla, se non un bonus per un nuovo risveglio, spaventoso come quello precedente?
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