Lutti
Salve,
Sono una ragazza di 27 anni. Poco meno di 2 anni fa è morta mia mamma a causa di una malattia improvvisa e dal decorso molto rapido. In pratica, dalla diagnosi alla morte sono trascorsi 3 mesi. Ora, non voglio soffermarmi su quanto sia cambiata la mia vita a livello pratico e su quanta sia la sofferenza che comporta un lutto così grave. Piuttosto voglio soffermarmi su quello che è diventato il concetto di morte per me. All’esperienza di mia madre ha fatto seguito, 3
mesi dopo, la morte di un altro importante componente della mia famiglia, e dopo poco anche mia nonna se ne è andata. Prima di vivere queste esperienze non ho mai pensato concretamente alla morte, ho sempre pensato che in fondo le cose brutte succedevano agli altri, considerandomi, sulla base di non so cosa, immune da realtà così tragiche. Quando mia madre è morta ho trascorso il primo anno in una sorta di incoscienza: non realizzavo fino in fondo che non l’avrei mai più rivista. Quello stato di incoscienza si è protratto e accentuato con la morte di mio zio, avvenuta, come dicevo sopra, poco dopo. A volte mi dimentico che mio zio sia morto, ho ricordi molto confusi del funerale, penso sia dovuto al fatto che sia successo tutto in modo molto ravvicinato. Quella di mia nonna è stata la botta finale,
ma quando è mancata ormai non sentivo più niente. Ora è trascorso un altro anno, e mi sono resa conto di vivere costantemente nella paura di morire, e nel pensiero che “se è morta mia madre posso morire anche io da un momento all’altro” , “se in 6 mesi sono morte tre persone importanti per me, anche io allora posso morire”. Vivo in questo stato di pericolo, sento come se fosse il mio turno da un momento all’altro. Solo scrivendolo mi rendo conto di quanto possa essere privo di senso un ragionamento simile, ma inconsciamente questo è diventato il mio modo di vivere: con la consapevolezza che “tanto prima o poi muoio (e forse neanche troppo “poi”)”. Questi pensieri mi condizionano la vita, non riesco a godere di niente, non apprezzo più quello che apprezzavo prima. È possibile che dopo due anni sia ancora così travolgente la morte di mia madre? È normale che ogni mese che passa scopro “sintomi” diversi? Non so più se attribuire ogni cosa che sento e che provo al “lutto”, non so neanche a quale “lutto” attribuirla sinceramente. Mi sento meno spaesata rispetto allo scorso anno, sto iniziando a gestire la vita pratica con la consapevolezza di non avere più l’appoggio di mia madre, ma dentro di me sento questo peso enorme che mi fa percepire il tempo che passa, che mi angoscia e non mi lascia vivere spensierata neanche nei momenti più leggeri della giornata.
Grazie per il tempo dedicatomi.
Cordiali saluti
Sono una ragazza di 27 anni. Poco meno di 2 anni fa è morta mia mamma a causa di una malattia improvvisa e dal decorso molto rapido. In pratica, dalla diagnosi alla morte sono trascorsi 3 mesi. Ora, non voglio soffermarmi su quanto sia cambiata la mia vita a livello pratico e su quanta sia la sofferenza che comporta un lutto così grave. Piuttosto voglio soffermarmi su quello che è diventato il concetto di morte per me. All’esperienza di mia madre ha fatto seguito, 3
mesi dopo, la morte di un altro importante componente della mia famiglia, e dopo poco anche mia nonna se ne è andata. Prima di vivere queste esperienze non ho mai pensato concretamente alla morte, ho sempre pensato che in fondo le cose brutte succedevano agli altri, considerandomi, sulla base di non so cosa, immune da realtà così tragiche. Quando mia madre è morta ho trascorso il primo anno in una sorta di incoscienza: non realizzavo fino in fondo che non l’avrei mai più rivista. Quello stato di incoscienza si è protratto e accentuato con la morte di mio zio, avvenuta, come dicevo sopra, poco dopo. A volte mi dimentico che mio zio sia morto, ho ricordi molto confusi del funerale, penso sia dovuto al fatto che sia successo tutto in modo molto ravvicinato. Quella di mia nonna è stata la botta finale,
ma quando è mancata ormai non sentivo più niente. Ora è trascorso un altro anno, e mi sono resa conto di vivere costantemente nella paura di morire, e nel pensiero che “se è morta mia madre posso morire anche io da un momento all’altro” , “se in 6 mesi sono morte tre persone importanti per me, anche io allora posso morire”. Vivo in questo stato di pericolo, sento come se fosse il mio turno da un momento all’altro. Solo scrivendolo mi rendo conto di quanto possa essere privo di senso un ragionamento simile, ma inconsciamente questo è diventato il mio modo di vivere: con la consapevolezza che “tanto prima o poi muoio (e forse neanche troppo “poi”)”. Questi pensieri mi condizionano la vita, non riesco a godere di niente, non apprezzo più quello che apprezzavo prima. È possibile che dopo due anni sia ancora così travolgente la morte di mia madre? È normale che ogni mese che passa scopro “sintomi” diversi? Non so più se attribuire ogni cosa che sento e che provo al “lutto”, non so neanche a quale “lutto” attribuirla sinceramente. Mi sento meno spaesata rispetto allo scorso anno, sto iniziando a gestire la vita pratica con la consapevolezza di non avere più l’appoggio di mia madre, ma dentro di me sento questo peso enorme che mi fa percepire il tempo che passa, che mi angoscia e non mi lascia vivere spensierata neanche nei momenti più leggeri della giornata.
Grazie per il tempo dedicatomi.
Cordiali saluti
[#1]
Cara Ragazza,
Mi associo al suo lutto e le faccio le mie condoglianze.
Due anni sono davvero pochissimo, si dia tempo e si armi di pazienza.
Se non riesce da sola a superare - anzi attraversare questo momento - ed i sintomi si sostituiscono alla voglia di vivere, si faccia aiutare.
Le allego una lettura sul lutto
https://www.valeriarandone.it/articoli/congresso-nazionale-sia-2015/
Mi associo al suo lutto e le faccio le mie condoglianze.
Due anni sono davvero pochissimo, si dia tempo e si armi di pazienza.
Se non riesce da sola a superare - anzi attraversare questo momento - ed i sintomi si sostituiscono alla voglia di vivere, si faccia aiutare.
Le allego una lettura sul lutto
https://www.valeriarandone.it/articoli/congresso-nazionale-sia-2015/
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Gentile utente,
lutti ripetuti e molto sofferti
- innanzi tutto mettono di fronte crudelmente all'ineluttabile finitezza della vita,
anche la propria,
di cui magari fini a quel momento non ci si era resi pienamente conto.
- mettono a rischio di sviluppare forme ipocondriache molto ingombranti per la vita: ".. È normale che ogni mese che passa scopro “sintomi” diversi?.." .
Ritrovare la gioiosità della vità significa esplorare un altro percorso.
Quello che, proprio perchè parte realisticamente dalla finitezza,
porta a vivere appieno ogni momento,
a "celebrare la vita", diceva uno scrittore.
Percorso tutto da costruire e da inventare.
Saluti cordiali.
Carlamaria Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.1k visite dal 24/04/2018.
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