Dubbi relazionali
Buongiorno,
Sono un ragazzo di 26 anni e sto con un coetaneo da 5 anni. Siamo visti come una coppia modello, e sono contento del rapporto, non abbiamo mai avuto episodi di tradimenti, gelosia, liti, ci siamo sempre confrontati su tutto per evitare incomprensioni. Quest'anno ho avuto una possibilità di lavorare all'estero per 3 anni. Questo lavoro mi permette di tornare spesso e per molto in Italia. Entrambi abbiamo accettato la situazione come temporanea, e non c'è stato problema.
Questo lavoro che mi trovo a fare all'estero, che prima idealizzavo, sto rendendomi conto che non mi piace più di tanto. Quando sono all'estero, torno dal lavoro e mi sento un senso di vuoto. Spesso fatico a svegliarmi e ad uscire di casa, forse ho perso interesse nelle cose che prima amavo.
Ultimamente sono ritornato in Italia per 20 giorni e ho passato una settimana dal mio partner. Pensavo di poter finalmente essere confortato, ma in realtà è stato peggio. Davanti a qualsiasi richiesta di conforto, lui mi risponde (mai in modo violento) che sostanzialmente è "colpa mia" se il lavoro non sta andando bene, che sono io che devo essere innamorato di quello faccio, che sono io l'artefice della mia vita. Questa situazione mi ha portato a sviluppare ansia nel chiedere a lui certe cose, tanto che ad un certo punto ho deciso quasi di "fingere" di essere contento per evitare la "critica ansiogena" continua. La stessa cosa è successa parlando delle prospettive future: dopo aver realizzato com'è questo lavoro, ho capito che per me la cosa più importante è stabilirsi in un posto, avere una casa mia circondato dalle persone che mi vogliono bene, con un lavoro che centri con quello che ho studiato (anche se non è il migliore, come quello che ho adesso: avrei una possibilità concreta in Italia alla fine di questo periodo). Davanti a questi pensieri, lui mi dice che faccio male perché è un ripiego e che non lo voglio veramente. Inoltre, non mi dice mai "sì, tra tre anni voglio vivere stabilmente insieme a te" (o lo dice, ma con perifrastiche, dicendo che parlando di un futuro ipotetico si parla di aria fritta). Se parlo di queste cose con altre persone, amici storici, sento di avere una boccata d'aria fresca, invece.
Ho accusato il malessere molto anche a casa sua. Verso la fine della settimana sono esploso: abbiamo concordato di lasciarci. Torno a casa dei miei genitori, ma l'indomani lo chiamo, ci rincontriamo e ci "rimettiamo insieme". Mi sono auto accusato di essere stato spinto a quella decisione dal malessere accumulato. Siamo stati insieme dopo, ma mi sono accorto di notare ossessivamente dei difetti fisici suoi (che potrebbero essere irrilevanti). Lui mi ha promesso di evitare di giudicarmi ancora così, ammettendo i suoi errori, ma io sono confuso. Ho provato una sensazione di rifiuto verso di lui dopo il continuo giudicare, ho provato la sua mancanza, ma quando l'ho riavuto la stessa sensazione di prima si è fatta strada in me. E' un problema mio o della relazione?
Sono un ragazzo di 26 anni e sto con un coetaneo da 5 anni. Siamo visti come una coppia modello, e sono contento del rapporto, non abbiamo mai avuto episodi di tradimenti, gelosia, liti, ci siamo sempre confrontati su tutto per evitare incomprensioni. Quest'anno ho avuto una possibilità di lavorare all'estero per 3 anni. Questo lavoro mi permette di tornare spesso e per molto in Italia. Entrambi abbiamo accettato la situazione come temporanea, e non c'è stato problema.
Questo lavoro che mi trovo a fare all'estero, che prima idealizzavo, sto rendendomi conto che non mi piace più di tanto. Quando sono all'estero, torno dal lavoro e mi sento un senso di vuoto. Spesso fatico a svegliarmi e ad uscire di casa, forse ho perso interesse nelle cose che prima amavo.
Ultimamente sono ritornato in Italia per 20 giorni e ho passato una settimana dal mio partner. Pensavo di poter finalmente essere confortato, ma in realtà è stato peggio. Davanti a qualsiasi richiesta di conforto, lui mi risponde (mai in modo violento) che sostanzialmente è "colpa mia" se il lavoro non sta andando bene, che sono io che devo essere innamorato di quello faccio, che sono io l'artefice della mia vita. Questa situazione mi ha portato a sviluppare ansia nel chiedere a lui certe cose, tanto che ad un certo punto ho deciso quasi di "fingere" di essere contento per evitare la "critica ansiogena" continua. La stessa cosa è successa parlando delle prospettive future: dopo aver realizzato com'è questo lavoro, ho capito che per me la cosa più importante è stabilirsi in un posto, avere una casa mia circondato dalle persone che mi vogliono bene, con un lavoro che centri con quello che ho studiato (anche se non è il migliore, come quello che ho adesso: avrei una possibilità concreta in Italia alla fine di questo periodo). Davanti a questi pensieri, lui mi dice che faccio male perché è un ripiego e che non lo voglio veramente. Inoltre, non mi dice mai "sì, tra tre anni voglio vivere stabilmente insieme a te" (o lo dice, ma con perifrastiche, dicendo che parlando di un futuro ipotetico si parla di aria fritta). Se parlo di queste cose con altre persone, amici storici, sento di avere una boccata d'aria fresca, invece.
Ho accusato il malessere molto anche a casa sua. Verso la fine della settimana sono esploso: abbiamo concordato di lasciarci. Torno a casa dei miei genitori, ma l'indomani lo chiamo, ci rincontriamo e ci "rimettiamo insieme". Mi sono auto accusato di essere stato spinto a quella decisione dal malessere accumulato. Siamo stati insieme dopo, ma mi sono accorto di notare ossessivamente dei difetti fisici suoi (che potrebbero essere irrilevanti). Lui mi ha promesso di evitare di giudicarmi ancora così, ammettendo i suoi errori, ma io sono confuso. Ho provato una sensazione di rifiuto verso di lui dopo il continuo giudicare, ho provato la sua mancanza, ma quando l'ho riavuto la stessa sensazione di prima si è fatta strada in me. E' un problema mio o della relazione?
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"...Lui mi ha promesso di evitare di giudicarmi ancora così, ammettendo i suoi errori, ma io sono confuso. Ho provato una sensazione di rifiuto verso di lui dopo il continuo giudicare, ho provato la sua mancanza, ma quando l'ho riavuto la stessa sensazione di prima si è fatta strada in me. E' un problema mio o della relazione?"
Gentile Utente,
Lei dice che il Suo compagno Le fa notare alcune cose, ma mai in modo violento.
Probabilmente è una persona molto diretta, franca e magari questa modalità comunicativa NON va bene con Lei.
Lei gradirebbe un modo più morbido, pur sentendo dire al Suo compagno le stesse cose?
Gentile Utente,
Lei dice che il Suo compagno Le fa notare alcune cose, ma mai in modo violento.
Probabilmente è una persona molto diretta, franca e magari questa modalità comunicativa NON va bene con Lei.
Lei gradirebbe un modo più morbido, pur sentendo dire al Suo compagno le stesse cose?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
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Ex utente
Grazie dott.ssa Pelici.
Io ho sempre apprezzato la sua sincerità, ed è sulla reciproca franchezza che si basa il nostro rapporto. Il punto è che questa volta mi fa sentire inferiore. In questo caso mi fa percepire che non prende sul serio le mie motivazioni perché lui "la sa più lunga" e io "devo essere educato". Per questo non riesco ad immaginare questa persona dirmi (in modo pacato) "questa scelta è un ripiego per i perdenti" senza giudicare o porsi in una prospettiva di superiorità. Non penso siano concetti esprimibili senza porsi "al di sopra", quindi probabilmente la risposta alla domanda è no. Date le sensazioni fisiche che ho avuto, ho iniziato a preoccuparmi, ma non capisco se sia veramente un problema solo mio o dipendente dalla relazione.
Io ho sempre apprezzato la sua sincerità, ed è sulla reciproca franchezza che si basa il nostro rapporto. Il punto è che questa volta mi fa sentire inferiore. In questo caso mi fa percepire che non prende sul serio le mie motivazioni perché lui "la sa più lunga" e io "devo essere educato". Per questo non riesco ad immaginare questa persona dirmi (in modo pacato) "questa scelta è un ripiego per i perdenti" senza giudicare o porsi in una prospettiva di superiorità. Non penso siano concetti esprimibili senza porsi "al di sopra", quindi probabilmente la risposta alla domanda è no. Date le sensazioni fisiche che ho avuto, ho iniziato a preoccuparmi, ma non capisco se sia veramente un problema solo mio o dipendente dalla relazione.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.3k visite dal 19/03/2018.
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