Psicoanalisi

Sono da sempre stato attratto dalla psicoanalisi, come teoria e come clinica.
Solo da pochi mesi però - dallo scorso settembre precisamente - ho deciso di intraprendere questo percorso presso uno psicoanalista della mia città. I motivi di fondo sono legati all'ansia generalizzata e all'ipocondria.
In questi quattro mesi ho messo in moto un processo di maggiore consapevolezza e autonomia sotto alcune dimensioni esistenziali.
Recentemente, tuttavia, sono purtroppo intervenuti dei problemi di salute che ora stanno rallentando o frenando questo percorso e il tema di fondo dell'ipocondria è riemerso nettamente.
La mia richiesta di consulto, però, riguarda certi miei dubbi circa l'analista stesso: non sento di aver stabilito un rapporto empatico e inoltre mi piacerebbe che fosse più "attivo" durante le sedute: certo, le "libere associazioni" sono il motore dell'analisi, ma spesso sento la necessità che egli si esprima, non solo che senta ciò che dico.
Nell'ultimo mese ho anche contattato un altro professionista (donna) che si occupa di psicoanalisi e nell'incontro propedeutico avuto ho percepito maggiore partecipazione, sia per il modo con cui interagisce che per il fatto che prenda scrupolosamente nota di tutto (a differenza dell'attuale analista che non prende mai appunti in seduta).
Insomma, sono molto tentato di cambiare.
Sono consapevole che i rilievi appena fatti possano essere essi stessi tema di analisi, così come il mio desiderio di cambiare possa essere esso stesso un nucleo su cui lavorare con l'analista (a cui probabilmente dovrei riferire tutto ciò). Resta il fatto che è come se "sentissi" - umanamente - il bisogno di ripartire con quest'altra psicoanalista.
Cambiare significherebbe partire da zero?
Infine una domanda più "tecnica": una sola seduta settimanale è sufficiente o ne occorrerebbero almeno due?
Grazie per l'attenzione e per i pareri che vorrete darmi.
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Dr.ssa Patrizia Pezzella Psicologo, Psicoterapeuta 273 13
gentilissimo lettore,
la chiarezza con cui ha espresso le sue riflessioni meritano una risposta e soprattutto una analisi che è opportuno che lei riporti e faccia con il suo analista. Sul numero delle sedute esistono scuole di pensiero e di orientamento diverse , fasi e situazioni diverse da affrontare in terapia, e anche su questo punto le suggerirei di confrontarsi con la persona che la seguirà dal punto di vista psicoterapeutico.
Molti auguri.
dssa Patrizia Pezzella, Roma
[#2]
Utente
Utente
Grazie per la rapida risposta.
Quindi mi suggerisce di riferire questi dubbi al terapeuta attuale. Ma il fatto che io senta il bisogno di recarmi presso l'altra analista non può essere considerato come un dato "extra-analitico" (cioè esente da interpretazioni analitiche) di cui - anche per una migliore 'compliance' verso la terapia - debba tenere conto? O è da leggere esclusivamente come un sintomo (l'indecisione) che fa parte del quadro generale, quindi da portare in analisi?
[#3]
Dr.ssa Patrizia Pezzella Psicologo, Psicoterapeuta 273 13
Gentilissimo lettore, è opportuno per il percorso psicoterapeutico in atto che porti in seduta ciò.
In risposta alle sue ultime domande le riporto un pensiero di Carl G. Jung " Il Sè è il punto culminante del percorso di realizzazione della propria personalità, nel quale si portano un'unificazione tutti gli aspetti consci e inconsci del soggetto".

Le rinnovo gli auguri.
Cordialmente

dssa Patrizia Pezzella, Roma
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