Difficoltà nella socializzazione
Salve,
sono un ragazzo di quasi 20 anni, e penso di avere qualche difficoltà rispetto alla socialità. Sono stato affetto da Mutismo Selettivo per una parte della mia infanzia, e ne sono "uscito" all'età di circa 10 anni. Questa "emancipazione" però è stata piuttosto abborracciata e raffazzonata: non è stata supportata da alcun percorso di psicologia o psicoterapia, essendo mancata del tutto una diagnosi a monte.
Da allora ho alternato nella mia vita periodi più sereni in cui potevo contare su un paio di buoni amici, ad altri periodi più mesti in cui non avevo al mio attivo alcun rapporto di amicizia. Tale alternanza è sempre stata dovuta alla mia scarsa capacità di interagire con gli altri al fine di creare legami significativi, principalmente per la convinzione radicata in me che non sarei stato ritenuto meritevole di interesse, e la paura di essere rifiutato. Proprio a causa dell'assenza di legami significativi, per buona parte del liceo ho vagheggiato una sorta di mondo di fantasia, parallelo a quello reale. Tutto ciò mentre la maggioranza dei miei conoscenti viveva appieno il mondo della realtà.
Durante l'estate dopo la maturità ho finalmente stabilito dei rapporti di amicizia propriamente detti, per la prima volta dopo la scuola media. Ma cominciando gli studi in diverse università ci siamo comprensibilmente allontanati, e solo ora mi accorgo a posteriori di quanto la mia adolescenza sia stata solitaria in confronto a quella della persona tipica. Ciò fa nascere in me un sentimento di rimpianto malinconico per tutte le esperienze non fatte durante gli anni liceali. Oggi, pur frequentando l'ambiente universitario, ho la sensazione di non esserne veramente parte, per i motivi spiegati sopra.
La mia domanda è la seguente: ritenete consigliabile che io intraprenda un percorso di psicologia/psicoterapia? Vi ringrazio molto per la vostra attenzione.
sono un ragazzo di quasi 20 anni, e penso di avere qualche difficoltà rispetto alla socialità. Sono stato affetto da Mutismo Selettivo per una parte della mia infanzia, e ne sono "uscito" all'età di circa 10 anni. Questa "emancipazione" però è stata piuttosto abborracciata e raffazzonata: non è stata supportata da alcun percorso di psicologia o psicoterapia, essendo mancata del tutto una diagnosi a monte.
Da allora ho alternato nella mia vita periodi più sereni in cui potevo contare su un paio di buoni amici, ad altri periodi più mesti in cui non avevo al mio attivo alcun rapporto di amicizia. Tale alternanza è sempre stata dovuta alla mia scarsa capacità di interagire con gli altri al fine di creare legami significativi, principalmente per la convinzione radicata in me che non sarei stato ritenuto meritevole di interesse, e la paura di essere rifiutato. Proprio a causa dell'assenza di legami significativi, per buona parte del liceo ho vagheggiato una sorta di mondo di fantasia, parallelo a quello reale. Tutto ciò mentre la maggioranza dei miei conoscenti viveva appieno il mondo della realtà.
Durante l'estate dopo la maturità ho finalmente stabilito dei rapporti di amicizia propriamente detti, per la prima volta dopo la scuola media. Ma cominciando gli studi in diverse università ci siamo comprensibilmente allontanati, e solo ora mi accorgo a posteriori di quanto la mia adolescenza sia stata solitaria in confronto a quella della persona tipica. Ciò fa nascere in me un sentimento di rimpianto malinconico per tutte le esperienze non fatte durante gli anni liceali. Oggi, pur frequentando l'ambiente universitario, ho la sensazione di non esserne veramente parte, per i motivi spiegati sopra.
La mia domanda è la seguente: ritenete consigliabile che io intraprenda un percorso di psicologia/psicoterapia? Vi ringrazio molto per la vostra attenzione.
[#1]
Gentile utente, noi siamo la nostra storia, e certo un'infanzia solitaria , con scarsi contatti e scambi verbali con altri bambini e forse con la sua famiglia , hanno generato in Lei questa difficoltà, difficoltà a parlare , strettamente legata alla difficoltà a fidarsi.. paura del giudizio, paura di sbagliare , di non essere capito, accettato, amato.. Come sono ora i rapporti coi suoi genitori ? , in certi ambienti, parlare poco, non dimostrare l'affetto , la tenerezza, non sono l'espressione di disamore, sono un'abitudine, un fatto culturale condiviso da tante persone, anche ad esprimersi , a dare affetto, conferme , a scambiare emozioni si impara come tutto..
Ora è proprio necessario che per uscire da qesto problema ,solo parzialmente risolto, Lei si faccia aiutare. Le consiglio di organizzarsi per fare un percorso con un Collega de visu, per chiarire, riflettere su tante cose, tanti silenzi e tanto dolore, si informi col suo medico di base che conosce l'ambiente.
Lo faccia, lo faccia presto con fiducia, le assicuro che si sentirà meglio presto e comprenderà anche la sua famiglia che forse non aveva allora abbastanza strumenti per aiutarla di più..Restiamo in ascolto, ci riscriva quando crede, molti auguri per la sua vita..
Ora è proprio necessario che per uscire da qesto problema ,solo parzialmente risolto, Lei si faccia aiutare. Le consiglio di organizzarsi per fare un percorso con un Collega de visu, per chiarire, riflettere su tante cose, tanti silenzi e tanto dolore, si informi col suo medico di base che conosce l'ambiente.
Lo faccia, lo faccia presto con fiducia, le assicuro che si sentirà meglio presto e comprenderà anche la sua famiglia che forse non aveva allora abbastanza strumenti per aiutarla di più..Restiamo in ascolto, ci riscriva quando crede, molti auguri per la sua vita..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.9k visite dal 28/01/2018.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.