Attacchi di panico...conosco la causa,ma non come risolvere!
Salve dottori,
Da 4 anni mi sono trasferita, da Roma sono passata ad un piccolo paese a 250km da casa,per il lavoro di mio marito.
Questo posto non mi piace...non mi piace il clima,non mi piace la mentalità della gente,non mi piace proprio niente,ma ci devo stare.
Sono arrivata qui con la prospettiva ritrovare lavoro,fare amicizia...insomma fare una vita normale.
Invece mi sono ritrovata a casa disoccupata per due lunghi anni.
Poi tramite conoscenza (qui il lavoro si trova solo così),ho trovato un lavoro.
La situazione è peggiorata,perché il lavoro non mi piaceva...non mi piaceva l'ambiente,non mi piaceva come mi trattavano e soprattutto mi davano una miseria.
Mi sono detta che era un modo per uscire e passare il tempo,che anche pochi soldi ci facevano comodo.
Era quasi una violenza andare a lavorare,mi dicevo "passerà quest'ora....passerà la prossima".
Poi gli attacchi di panico.
Due in una settimana...il pronto soccorso.
La delusione di mio marito e la preoccupazione per il lavoro.
Era preoccupato per i soldi...e cosí con tutta la forza che avevo sono tornata a lavorare.
Di nuovo attacchi di panico.
Mio marito ha capito che non era un capriccio,ma che stavo male davvero.Ho lasciato il lavoro e sono stata in terapia con una psicologa 7 mesi,gli attacchi di panico dopo aver lasciato il lavoro non sono più tornati e io ho condotto una vita normale.
In questi 7 mesi ci siamo concentrate soprattutto sulla mia situazione famigliare .
Dopo circa un anno ripensando agli attacchi di panico ho finalmente capito perché proprio qndo avevo trovato lavoro....il lavoro significava dover rimanere in questo posto.
Sono tornata a Roma per il periodo di Natale e ho lavorato 20 gg,nessun problema,solo felicità e soddisfazione. Iniziavo a pensare davvero a tornare a Roma con mio marito,ma lui non era molto convinto,sopratutto perchè di questi tempi non vuole lasciare un lavoro sicuro.
Tornata qui ,mi hanno proposto un lavoro,io non volevo neanche fare il colloquio,mi sono sentita costretta (rifiutare per i miei parenti equivale a dire che non hai voglia di lavorare).
Sono stata presa,lunedì ho iniziato e già da martedì attacchi d'ansia.
Dopo 4 giorni di nuovo attacchi di panico.
Sto malissimo,sono tornata dalla psicologa,la conclusione è che io non voglio stare qui,andare a lavorare è una violenza che mi faccio ogni giorno,ma sono combattuta tra "resto qui e sto male oppure torno a Roma e perdo mio marito".
Mia zia mi ha suggerito di prendere dei tranquillanti e andare a lavorare,io la vedo come una costrizione e sono contraria ai farmaci.Nessuno sa di questa situazione,continuo a dire che va tutto bene.
Scusi se mi sono dilungata,ma volevo spiegare bene.
Cosa ne pensa?Cosa dovrei fare?
Grazie mille
Da 4 anni mi sono trasferita, da Roma sono passata ad un piccolo paese a 250km da casa,per il lavoro di mio marito.
Questo posto non mi piace...non mi piace il clima,non mi piace la mentalità della gente,non mi piace proprio niente,ma ci devo stare.
Sono arrivata qui con la prospettiva ritrovare lavoro,fare amicizia...insomma fare una vita normale.
Invece mi sono ritrovata a casa disoccupata per due lunghi anni.
Poi tramite conoscenza (qui il lavoro si trova solo così),ho trovato un lavoro.
La situazione è peggiorata,perché il lavoro non mi piaceva...non mi piaceva l'ambiente,non mi piaceva come mi trattavano e soprattutto mi davano una miseria.
Mi sono detta che era un modo per uscire e passare il tempo,che anche pochi soldi ci facevano comodo.
Era quasi una violenza andare a lavorare,mi dicevo "passerà quest'ora....passerà la prossima".
Poi gli attacchi di panico.
Due in una settimana...il pronto soccorso.
La delusione di mio marito e la preoccupazione per il lavoro.
Era preoccupato per i soldi...e cosí con tutta la forza che avevo sono tornata a lavorare.
Di nuovo attacchi di panico.
Mio marito ha capito che non era un capriccio,ma che stavo male davvero.Ho lasciato il lavoro e sono stata in terapia con una psicologa 7 mesi,gli attacchi di panico dopo aver lasciato il lavoro non sono più tornati e io ho condotto una vita normale.
In questi 7 mesi ci siamo concentrate soprattutto sulla mia situazione famigliare .
Dopo circa un anno ripensando agli attacchi di panico ho finalmente capito perché proprio qndo avevo trovato lavoro....il lavoro significava dover rimanere in questo posto.
Sono tornata a Roma per il periodo di Natale e ho lavorato 20 gg,nessun problema,solo felicità e soddisfazione. Iniziavo a pensare davvero a tornare a Roma con mio marito,ma lui non era molto convinto,sopratutto perchè di questi tempi non vuole lasciare un lavoro sicuro.
Tornata qui ,mi hanno proposto un lavoro,io non volevo neanche fare il colloquio,mi sono sentita costretta (rifiutare per i miei parenti equivale a dire che non hai voglia di lavorare).
Sono stata presa,lunedì ho iniziato e già da martedì attacchi d'ansia.
Dopo 4 giorni di nuovo attacchi di panico.
Sto malissimo,sono tornata dalla psicologa,la conclusione è che io non voglio stare qui,andare a lavorare è una violenza che mi faccio ogni giorno,ma sono combattuta tra "resto qui e sto male oppure torno a Roma e perdo mio marito".
Mia zia mi ha suggerito di prendere dei tranquillanti e andare a lavorare,io la vedo come una costrizione e sono contraria ai farmaci.Nessuno sa di questa situazione,continuo a dire che va tutto bene.
Scusi se mi sono dilungata,ma volevo spiegare bene.
Cosa ne pensa?Cosa dovrei fare?
Grazie mille
[#1]
Gentile utente, lei ha già una psicologa che la segue, con la quale a quanto dice ha raggiunto gli obiettivi che si prefiggeva: sconfiggere gli attacchi di panico e addirittura conoscerne la causa, e questa è una chance che non capita a tutti... sempre che le ragioni trovate siano quelle reali, profonde. A quanto pare, discutendo con la sua psicologa i nuovi disagi che sono emersi, lei teme di dover arrivare ad una decisione traumatica che comporta una drastica rinuncia. Siamo certi che il lavoro sia la principale causa del disagio? O che lo sia la lontananza da Roma? Si dia tempo, esplori serenamente, assieme alla psicologa, e se può assieme a suo marito, quello che realmente desidera. Per ora non affronti in termini di aut-aut le decisioni da prendere. E soprattutto, non si faccia influenzare da parenti che propongono tranquillanti come se fossero confetti; se i tranquillanti avessero risolto tutte le crisi di panico, tutte le lacerazioni esistenziali, il mondo forse sarebbe più bello... oppure saremmo tanti robottini. Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Grazie mille della risposta.
La psicologa mi ha proposto una terapia di coppia con un altra collega,perché il mio malessere non riguarda solo me,ma riguarda il mio stare in questo posto, che è legato appunto a mio marito e al suo lavoro .
Quindi va affrontato insieme a mio marito per trovare una soluzione che faccia stare bene entrambi.
In attesa di iniziare le sedute però,devo andare a lavoro,che è la causa del mio disagio,o meglio diciamo che è la punta dell'iceberg,perché il motivo reale è che voglio tornare a Roma e questo lavoro in qualche modo me lo impedisce.
Come faccio ad andare a lavorare serenamente? Ha qualche consiglio?
La psicologa mi ha proposto una terapia di coppia con un altra collega,perché il mio malessere non riguarda solo me,ma riguarda il mio stare in questo posto, che è legato appunto a mio marito e al suo lavoro .
Quindi va affrontato insieme a mio marito per trovare una soluzione che faccia stare bene entrambi.
In attesa di iniziare le sedute però,devo andare a lavoro,che è la causa del mio disagio,o meglio diciamo che è la punta dell'iceberg,perché il motivo reale è che voglio tornare a Roma e questo lavoro in qualche modo me lo impedisce.
Come faccio ad andare a lavorare serenamente? Ha qualche consiglio?
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.1k visite dal 24/01/2018.
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