Come presentarmi in terapia
Fra tre giorni finalmente avrò il primo colloquio con la dottoressa.
Volevo fare qui il punto della situazione e chiedere come presentarmi.
Questo perché, per lo stesso problema (di cui ho parlato, con finale del quale mi scuso, in un altro consulto) sono già stato in terapia. Tuttavia non sono riuscito ad esporlo e dopo un po' ho lasciato. Anche la volta scorsa, quando andai a compilare i test psicometrici per il colloquio che avrò martedì, non riuscii a dire niente. Mi presentai lì ed esposi un altro problema, un problema diverso e marginale.
Non riesco a parlare dei miei problemi con la sessualità con la dottoressa. Proprio per niente. Ho un imbarazzo di fondo... Non tanto perché temo di essere giudicato, ma perché temo di essere giudicante. Ho paura che da "giudicante", sarei giudicato.
Inoltre il linguaggio analogico della dottoressa (ma anche degli altri terapeuti) mi fa sentire "nudo" e "colpevole" di ciò che sto per dire. Così mi freno. Mi freno perché mi sembra come di stare lì lì per offendere la dottoressa, senza però avere l'intenzione di farlo: come a dire che mentre sto per dire la cosa la dottoressa mi dicesse con il corpo "attento perché stai per offendermi".
E allora mi invento un problema secondario. E' più forte di me. Prima del colloquio mi immagino tutto quello che dirò e poi però lì non riesco a dirlo. In altri tentativi di terapia invece non sono riuscito proprio a parlare, ma perché il terapeuta mi "interrompeva", o mi faceva domande che non riuscivo minimamente a capire.
Però il mio problema è non riuscire affatto a parlare di quello che mi affligge.
E allora non lo so. Come faccio a parlare della mia impotenza, dei rifiuti subiti, della mia frustrazione. Di ragazze che mi "leggono nel pensiero", anticipano i miei desideri verso di loro e mi "castrano" verbalmente, dicendomi espressamente a parole che non mi vogliono, prima ancora che possa esprimere il desiderio stesso in maniera cosciente e senza che io possa desiderare in silenzio ed essere silenziosamente frustrato. Oltre alla frustrazione, infatti, c'è anche l'umiliazione: "sei uno sfigato, io sono una "fi*a", io valgo, tu no, e questo tuo segreto è in mio potere e posso portarti a fare quello che voglio". Come faccio a parlare di mille altre cose che non riesco minimamente ad esporre se non per iscritto? Mi preparo uno scritto da leggerle? Una volta ci ho provato, ma di nuovo poi mi interruppi perché quello che leggevo non me la sentivo di dirlo.
Volevo fare qui il punto della situazione e chiedere come presentarmi.
Questo perché, per lo stesso problema (di cui ho parlato, con finale del quale mi scuso, in un altro consulto) sono già stato in terapia. Tuttavia non sono riuscito ad esporlo e dopo un po' ho lasciato. Anche la volta scorsa, quando andai a compilare i test psicometrici per il colloquio che avrò martedì, non riuscii a dire niente. Mi presentai lì ed esposi un altro problema, un problema diverso e marginale.
Non riesco a parlare dei miei problemi con la sessualità con la dottoressa. Proprio per niente. Ho un imbarazzo di fondo... Non tanto perché temo di essere giudicato, ma perché temo di essere giudicante. Ho paura che da "giudicante", sarei giudicato.
Inoltre il linguaggio analogico della dottoressa (ma anche degli altri terapeuti) mi fa sentire "nudo" e "colpevole" di ciò che sto per dire. Così mi freno. Mi freno perché mi sembra come di stare lì lì per offendere la dottoressa, senza però avere l'intenzione di farlo: come a dire che mentre sto per dire la cosa la dottoressa mi dicesse con il corpo "attento perché stai per offendermi".
E allora mi invento un problema secondario. E' più forte di me. Prima del colloquio mi immagino tutto quello che dirò e poi però lì non riesco a dirlo. In altri tentativi di terapia invece non sono riuscito proprio a parlare, ma perché il terapeuta mi "interrompeva", o mi faceva domande che non riuscivo minimamente a capire.
Però il mio problema è non riuscire affatto a parlare di quello che mi affligge.
E allora non lo so. Come faccio a parlare della mia impotenza, dei rifiuti subiti, della mia frustrazione. Di ragazze che mi "leggono nel pensiero", anticipano i miei desideri verso di loro e mi "castrano" verbalmente, dicendomi espressamente a parole che non mi vogliono, prima ancora che possa esprimere il desiderio stesso in maniera cosciente e senza che io possa desiderare in silenzio ed essere silenziosamente frustrato. Oltre alla frustrazione, infatti, c'è anche l'umiliazione: "sei uno sfigato, io sono una "fi*a", io valgo, tu no, e questo tuo segreto è in mio potere e posso portarti a fare quello che voglio". Come faccio a parlare di mille altre cose che non riesco minimamente ad esporre se non per iscritto? Mi preparo uno scritto da leggerle? Una volta ci ho provato, ma di nuovo poi mi interruppi perché quello che leggevo non me la sentivo di dirlo.
[#1]
Gentile utente,
al limite può stampare il carteggio (virtuale) che ha avuto con noi nel precedente consulto e
o leggerlo
o farlo leggere alla professionista.
On line è impossibile suggerirLe strategie per superare blocchi profondi, se di questo si tratta.
Saluti cordiali.
al limite può stampare il carteggio (virtuale) che ha avuto con noi nel precedente consulto e
o leggerlo
o farlo leggere alla professionista.
On line è impossibile suggerirLe strategie per superare blocchi profondi, se di questo si tratta.
Saluti cordiali.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#3]
Gentile utente,
forse non sono stata sufficientemente chiara.
A fronte della Sua domanda:
"Come faccio a parlare di mille altre cose che non riesco minimamente ad esporre se non per iscritto?"
Le ho suggerito di utilizzare PROPRIO tale strategia:
"Stampi il precedente consulto da Lei scritto
e lo legga o faccia leggere".
Si tratta di una strategia di aggiramento che utilizza la difficoltà stessa.
Saluti cordiali.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 1.2k visite dal 21/01/2018.
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