Disturbo ansia_panico al volante

Buongiorno
Vorrei avere un vostro parere riguardo il mio disturbo di ansia da cui soffro ormai da quasi otto anni, prima in forma più leggere per poi arrivare fino ad essere un vero e proprio limite alla mia vita.
Quando sono alla guida vengo colpito da attacchi di panico, dapprima solo in guida su viadotti e ponti, poi anche in altitudine (ad es collina e montagna) ed infine a non poter più guidare in autostrada nemmeno per tratti brevi inoltre anche su strade normali a me sconosciute.
Premetto che ho sempre amato guidare tanto da scegliere il lavoro di camionista e proprio durante questo periodo è iniziato a sorgere il problema.
Un anno fa ho intrapreso una terapia psicologica di tipo cognitivo comportamentale la quale mi ha dato qualche beneficio ma comunque lieve e trascurabile. La terapia ho preferito di fatto interromperla io dopo circa 15 sedute visto la scarsità dei risultati e visto che la terapeuta mi aveva proposto di iniziare ad accompagnarmi da passeggera in alcune tratte per proseguire la terapia. A quel punto ho perso fiducia nella terapia in forza anche di quanto dettomi all’inizio e ho preferito abbandonare.
Il problema per me persiste e parimenti persiste la voglia ed il desiderio di superarlo, mi chiedo però quale sia il procedimento corretto, ho forse sbagliato la scelta ed il metodo della terapia? Sarebbe meglio uno psichiatra rispetto ad uno psicologo? O invece dovrei riprendere la terapia già iniziata?
Mi sento un po’ spaesato visto da un lato il problema che voglio superare e dall’altro la mia completa ignoranza in materia da cui ne deriva anche la paura di finire col sperperare denaro per nulla..
Vi ringrazio molto per l’attenzione
Un saluto
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile utente,
Due domande prima di proseguire il consulto:
- le è stata fatta diagnosi prima di intraprendere la terapia? Se si, che cosa le è stato diagnosticato?
- poi scrive: “A quel punto ho perso fiducia nella terapia in forza anche di quanto dettomi all’inizio“. Ecco, che cosa le è stato detto/ proposto all’inizio? Ha avvertito che quanto detto all’inizio poco si accordava con le sue aspettative? Se si, come mai? Che accordi terapeutici avevate stabilito con la collega? Erano stati accordi condivisi o no?

Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

[#2]
Utente
Utente
Buonasera Dottore e grazie per l’interessamento,
Dopo le prime sedute la sua collega ha confermato disturbo di ansia e attacchi di panico. Dopo i primi incontri in cui ho descritto in dettaglio le situazioni in cui mi son trovato e più in generale anche altri aspetti della mia vita la terapia vera e propria è iniziata dapprima con insegnamenti di esercizi appositi di distrazione della mente tra cui di respirazione e muscolari per alleviare la tensione per poi passare a non so come si chiami la tecnica in cui si cerca di stimolare il subconscio nel raccontare gli eventi.
Ad ogni seduta mi veniva spiegato il funzionamento della mente in determinate situazioni e come cercare di “guarire”, tutto molto interessante ma che non mi pare abbia fruttato a dovere.
Al primo incontro mi era stato detto che probabilmente in max otto sedute si sarebbe risolto il problema o buona parte di esso, dopo le prime tre invece che il caso non sembrava essere importante per cui ne sarebbero servite anche di meno.
Mi ha fatto perdere fiducia il fatto che ad un certo punto non vedevo più una linearità nella terapia, mi spiego, mi sentivo dire “ok abbiamo fatto un po di questo ed un po di quello” e quando mi ha chiesto come ad ogni appuntamento cosa pensavo le ho detto che non vedevo più utilità nella terapia e che forse l’unica cosa che mi serviva era provare con qualcuno a guidare in determinate circostanze per iniziare una scaletta che avevamo prefissato. Per risposta la professionista si è proposta di essere lei quella persona e li sinceramente ho iniziato a dubitare sul percorso che stavo portando avanti.
Come detto nel primo messaggio ho timore di poter sprecare tempo e soldi senza reale beneficio, mi chiedo quindi se volendo proseguire il lavoro per risolvere questi disturbi mi convenga cambiare approccio o invece riprendere da dove mi sono fermato.
Grazie
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Considerando che svolge un lavoro in cui guidare è imprescindibile, il mio personale suggerimento è quello di rivolgersi o ad un altro terapeuta, oppure alla stessa collega che lo ha precedentemente seguito. Le motivo il tutto dicendole che molti possono essere i fattori che determinano una mancata o non sufficiente compliance (aderenza) del paziente alla terapia e che, in un caso come il suo, andrebbero indagati ancor prima di iniziare un percorso curativo vero e proprio.
In alcune circostanze è bene e utile che il paziente, sulla base dell’esperienza passata, descriva al terapeuta ciò che ritiene sia andato bene e quello da cui non ha trovato beneficio.
Comprendo oltretutto il suo timore di poter spendere altro denaro senza ottenere i risultati sperati ma se ci riflettiamo bene cercando di vedere il tutto da una prospettiva diversa, lei non ha speso soldi senza risultato. Anzi, ha capito che la metodologia utilizzata nel precedente (e breve) percorso terapeutico, non ha portato ai risultati che sperava/desiderava. Questa consapevolezza le consentirà di avvalersi della possibilità di discutere in modo verosimilmente maggiormente proficuo, con il nuovo collega oppure con la collega precedente, sulle metodologie utilizzate e sull’andamento della terapia stessa.

Le allego un articolo attraverso il quale potrà farsi un’idea della differenza e varietà di approcci psicoterapici esistenti.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html.

Cordiali saluti e in bocca al lupo!
Ansia

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